NORMATIVA ACQUE E SEDIMENTI

Decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152
Decreto legislativo recante disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva
91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla
protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole
(G.U. n. 124 del 29 maggio 1999, s.o. n. 101/L)
(abrogato dal decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 152)
(ogni riferimento deve essere fatto alla Parte terza del decreto legislativo n. 152 del 2006)
Titolo I – Principi generali e competenze

  1. Finalità
  2. Definizi oni
  3. Competenz e
    Titolo II – Obiettivi di qualità
    Capo I – Obiettivo di qualità ambientale e obiettivo di qualità per specifica destinazione
  4. Disposizioni generali
  5. Individuazione e per seguimento dell’obiettivo di qualità ambientale
  6. Obiettivo di qualità per specifica destinazione
    Capo II – Acque a specifica destinazione
  7. Acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile
  8. Deroghe
  9. Acque di balneazione (omissis)
  10. Acque dolci idonee alla vita de i pesci
  11. Successive designazioni e revisioni
  12. Accertamento della qualità delle ac que idonee alla vita dei pesci (omissis)
  13. Deroghe (omissis)
  14. Acque destinate all a vita dei molluschi (omissis)
  15. Accertamento della qualità delle acque idonee alla vita dei molluschi (omissis)
  16. Deroghe(omissis)
  17. Norme sanitarie (o missis)
    Titolo III – Tutela dei corpi idrici e disciplina degli scarichi
    Capo I – Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall’inquinamento e di risanamento
  18. Aree sensibili
  19. Zone vulnerab ili da nitrati di origine agricola
  20. Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e altr e zone vulnerabili
  21. Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e s otterranee destinate al consumo umano
    Capo II – Tutela quantitativa della risorsa e risparmio idrico
  22. Pianificazione del bacino idrico
  23. Modifiche al R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775
  24. Acque minerali naturali
  25. Risparmio idrico
  26. Riutilizzo dell’acq ua
    Capo III – Tutela qualitativa della risorsa: disciplina degli scarichi
  27. Reti fognarie
  28. Criteri genera li della disciplina degli scarichi
  29. Scarichi sul suolo
  30. Scarichi nel sottos uolo e nelle acque sotterranee
  31. Scarichi in acque superficiali
  32. Scarichi di acque reflue urban e in corpi idrici ricadenti in aree sensibili
  33. Scarichi in reti fognarie
  34. Scarichi di sostanze peri colose
    Capo IV – Ulteriori misure per la tutela dei corpi idrici
  35. Immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e di posa in mare di cavi e condotte (omissis)
  36. Autorizzazione al trattamento di rifiuti costituiti da acque reflue
  37. Impianti di acquacoltura e piscicoltura
  38. Utilizzazione agronomica
  39. Acque di prima pioggia e di lavaggio di aree esterne
  40. Dighe
  41. Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici
    Titolo IV – Strumenti di tutela
    Capo I – Piani di tutela delle ac que
  42. Rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico e analisi dell’impatto esercitato dall’attività antropica
  43. Rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici
  44. Piani di tutela delle acque
    Capo II – Autorizzazione agli scarichi
  45. Criteri generali
  46. Domanda di aut orizzazione agli scarichi di acque reflue industriali
  47. Approvazione degli impianti di trattamento delle acque reflue urba ne
  48. Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue
    Capo III – Controllo degli scarichi
  49. Soggetti tenuti al controllo
  50. Accessi ed ispezioni
  51. Inosservanza delle p rescrizioni dell’autorizzazione allo scarico
  52. Controllo degli scarichi di sostanze pericolose
  53. Interventi sostitutivi
    Titolo V – Sanzioni
    Capo I – Sanzioni a mministrative e danno ambientale
  54. Sanzioni amministrative
  55. Sanzioni in materia di are e di salvaguardia e modifiche al d.P.R. 24 maggio 1988, n. 236
  56. Competenza e giurisdizione
  57. Proventi delle sanzioni ammi nistrative pecuniarie
  58. Danno ambientale, bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati
    Capo II – Sanzioni penali
  59. Sanzioni penali
  60. Obblighi del con dannato
  61. Circostanza attenuante
    Titolo VI – Disposizioni finali
  62. Norme transitorie e finali
  63. Abrogazione
    ALLEGATO 1: Monitoraggio e classificazione delle acque in funzione degli obiettivi di qualità ambientale.
    ALLEGATO 2: Criteri per la classificazione dei corpi idrici a destinazione funzionale.
    ALLEGATO 3: Rilevamento delle caratteristiche dei bacini idrografici e analisi dell’im patto esercitato dall’attività antropica.
    ALLEGATO 4: Contenuti dei piani di tutela dei bacini idrografici.
    ALLEGATO 5: Limiti di emissione degli scarichi idrici.
    ALLEGATO 6: Criteri per la definizione delle aree sen sibili e meno sensibili.
    ALLEGATO 7: Zone vulnerabili.
    Titolo I – Principi generali e competenze
  64. Finalità
  65. Il presente decreto definisce la disciplina generale per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee perseguendo i
    seguenti obiettivi:
    a) prevenire e ridurre l’inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati;
    b) conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi;
    c) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili;
    d) mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici, nonché la capacità di sostenere comunità
    animali e vegetali ampie e ben diversificate.
  66. Il raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1 si realizza attraverso i seguenti strumenti:
    a) l’individuazione di obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione dei corpi idrici;
    b) la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell’ambito di ciascun bacino idrograf ico ed un adeguato
    sistema di controlli e di sanzioni;
    c) il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo Stato, nonché la definizione di valori limite in relazione agli
    obiettivi di qualità del corpo recettore;
    d) l’adeguamento dei sistemi di fognat ura, collettamento e depurazione degli scarichi idrici, nell’ambito del servizio
    idrico integrato di cui alla legge 5 gennaio 1994, n. 36;
    e) l’individuazione di misure per la prevenzione e la ridu zione dell’inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree
    sensibili;
    f) l’individ uazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche.
  67. Le regioni a statuto ordinario regolano la materia disciplinata dal presente decreto nel rispetto di quelle disposizioni in esso
    contenute che, per la loro natura riformatrice costituiscono principi fondamentali della legislazione statale ai sensi dell’articolo
    117, primo comma, della Costituzione. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la
    propria legislazione al presente decreto secondo quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione.
  68. Definizioni
  69. Ai fini del presente decreto si intende per:
    a) “abitante equivalente”: il carico organico biodegradabile avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni
    (BOD5) pari a 60 grammi di ossigeno al giorno;
    “acque ciprinicole”: le acque in cui vivono o pos sono vivere pesci appartenenti ai ciprinidi (Cyprinidae) o a specie
    come i lucci, i pesci persici e le anguille;
    c) “acque costiere”: le acque al di fuori d ella linea di bassa marea o del limite esterno di un estuario;
    d) “acque salmonicole”: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti a specie come le trote, i temoli
    e i coregoni;
    e) “estuario” : l’area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla foce di un fiume, i cui limiti esterni
    verso il mare sono definiti con decreto del Ministro dell’ambiente; in via transitoria sono fissati a cinquecento metri
    dalla linea di costa;
    f) “acque dolci”: le a cque che si presentano in natura con una bassa concentrazione di sali e sono considerate
    appropriate per l’estrazione e il trattamento al fine di produrre acqua potabile;
    g) “acque reflue domestiche”: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti
    prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;
    h) acque reflue industriali”: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate d a edifici o installazioni in cui si svolgono attività
    commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di
    dilavamento;
    i) “acque reflu e urbane”: acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue
    industriali, ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da
    agglomerato;
    l) “acque sott erranee”: le acque che si trovano al di sotto della superficie del terreno, nella zona di saturazione e in
    diretto contatto con il suolo e il sottosuolo; m) “agglomerato”: area in cui la popolazione ovvero le attività
    economiche sono sufficientemente concentrate così da rendere possibile la raccolta e il convogliamento delle
    acque reflue urbane verso un sistema di trattamento di acque reflue urbane o verso un punto di scarico finale;
    m) “agglomerato”: area in cui la popolazione, ovvero le attività economiche sono sufficientemente concentrate
    così da rendere possibile, e cioè tecnicamente ed economicamente realizzabile anche in rapporto ai benefici
    ambientali conseguibili la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento di
    acque reflue urbane o verso un punto di scarico finale;
    n) “applicazione al terreno”: l’apporto di materiale al te rreno mediante spandimento sulla superficie del terreno,
    iniezione nel terreno, interramento, mescolatura con gli strati superficiali del terreno;
    n-bis) “utilizzazione agronomica”: la gestione di effluenti di allevamento, di acque di v egetazione residuate dalla
    lavorazione delle olive, ovvero di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari,
    dalla loro produzione all’applicazione al terreno di cui alla lettera n), finalizzata all’utilizzo delle sostanze nutritive e
    ammendanti nei medesimi contenute, ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo;
    o) “autorità d’ambito”: la forma di cooperazione tra comuni e province ai sensi d ell’articolo 9, comma 2, della
    legge 5 gennaio 1994, n. 36;
    o-bis) “gestore del servizio id rico integrato”: il soggetto che in base alla convenzione di cui all’art. 11 della legge 5
    gennaio 1994, n. 36, gestisce i servizi idrici integrati e, soltanto fino alla piena operatività del servizio idrico
    integrato, il gestore esistente del servizio pubblico;
    p) “bestiame”: si intendono tutti gli animali allevati per uso o profitto;
    q) “composto azotato”: qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso l ’azoto allo stato molecolare gassoso;
    r) “concimi chimici”: qualsiasi fertilizzante prodotto mediante procedimento industriale;
    s) “effluente di allevamento”: le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di dei ezione di bestiame, anche
    sotto forma di prodotto trasformato;
    t) “eutrofizzazione”: arricchimento de lle acque in nutrienti, in particolare modo di composti dell’azoto ovvero del
    fosforo, che provoca una proliferazione delle alghe e di forme superiori di vita vegetale, producendo una
    indesiderata perturbazione dell’equilibrio degli organismi presenti nell’acqua e della qualità delle acque interessate;
    u) “fertilizzante”: fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, ai fini del presente decreto
    è fertilizzante qualsiasi sostanza contenente, uno o più composti azotati, sparsa sul terreno per stimolare la
    crescita della vegetazione; sono compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi di
    cui alla lettera v);
    v) “fanghi”: i fangh i residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue
    urbane;
    z) “inqu inamento”: lo scarico effettuato direttamente o indirettamente dall’uomo nel l’ambiente idrico di sostanze o
    di energia le cui conseguenze siano tali da mettere in pericolo la salute umana, nuocere alle risorse viventi e al
    sistema ecologico idrico, compromettere le attrattive o ostacolare altri usi legittimi delle acque;
    aa) “rete fognaria”: il sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane;
    aa-bis) “fognature separate”: la rete fognaria costituita da due condotte, una che canalizza le sole acqu e
    meteoriche di dilavamento e può essere dotata di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima
    pioggia, l’altra che canalizza le altre acque reflue unitamente alle eventuali acque di prima pioggia;
    bb) “scarico”: qualsiasi immissione diretta tramite condotta di acque reflue liquide, semiliquide e co munque
    convogliabili nelle acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro
    natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque
    previsti all’articolo 40;
    cc) “acque di scarico”: tutte le acque reflue provenienti da uno scarico;
    cc-bis) “scarichi esistenti”: gli scarichi di acque reflue urbane che alla da ta del 13 giugno 1999 sono in esercizio e
    conformi al regime autorizzativo previgente ovvero di impianti di trattamento di acque reflue urbane per i quali alla
    stessa data siano già state completate tutte le procedure relative alle gare di appalto e all’assegnazione lavori; gli
    scarichi di acque reflue domestiche che alla data del 13 giugno 1999 sono in esercizio e conformi al regime
    autorizzativo previgente; gli scarichi di acque reflue industriali che alla data del 13 giugno 1999 sono in esercizio e
    già autorizzati;
    dd) “trattamen to appropriato”: il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo ovvero un sistema
    di smaltimento che dopo lo scarico garantisca la conformità dei corpi idrici recettori ai relativi obiettivi di qualità
    ovvero sia conforme alle disposizioni del presente decreto;
    ee) “trattamento primario”: il trattamento delle acque reflu e urbane mediante un processo fisico ovvero chimico
    che comporti la sedimentazione dei solidi sospesi, ovvero mediante altri processi a seguito dei quali il BOD5 delle
    acque reflue in arrivo sia ridotto almeno del 20% prima dello scarico e i solidi sospesi totali delle acque reflue in
    arrivo siano ridotti almeno del 50%;
    ff) “trattamento secondario”: il tratta mento delle acque reflue urbane mediante un processo che in genere
    comporta il trattamento biologico con sedimentazioni secondarie, o un altro processo in cui vengano rispettati i
    requisiti di cui alla tabella 1 dell’allegato 5;
    gg) “stabilimento industriale” o, semplicem ente, “stabilimento”: qualsiasi stabilimento nel quale si svolgono attività
    commerciali o industriali che comportano la produzione, la trasformazione ovvero l’utilizzazione delle sostanze di
    cui alla tabella 3 dell’allegato 5 ovvero qualsiasi altro processo produttivo che comporti la presenza di tali sostanze
    nello scarico;
    hh) “valore lim ite di emissione”: limite di accettabilità di una sostanza inquinante contenuta in uno scarico,
    misurata in concentrazione, ovvero in peso per unità di prodotto o di materia prima lavorata, o in peso per unità di
    tempo;
    ii) “zone vulnerabili”: zone di territorio che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati di origine
    agricola o zootecnica in acque già inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali tipi di scarichi.
  70. Competenze
  71. Le competenze nelle materie disciplinate dal presente decreto sono stabilite dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e
    dagli altri provvedimenti statali e regionali adottati ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59.
  72. Lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le autorità di bacino, l’Agenzia nazionale e le Agenzie regionali per la protezione
    dell’ambiente assicurano l’esercizio delle competenze già spettanti alla data di entrata in vigore della legge 15 marzo 1997, n.
    59, fino all’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1.
  73. In relazione alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali, in caso di accertata inattività che comporti
    inadempimento agli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea o pericolo di grave pregiudizio alla salute o
    all’ambiente o inottemperanza agli obblighi di informazione, il presidente del consiglio dei ministri, su proposta dei ministri
    competenti, esercita i poteri sostitutivi in conformità all’articolo 5 del decreto legislativo del 31 marzo 1998, n. 112 fermi
    restando i poteri di ordinanza previsti dall’ordinamento in caso di urgente necessità, nonché quanto disposto dall’articolo 53.Gli
    oneri economici connessi all’attività di sostituzione sono posti a carico dell’ente inadempiente.
  74. Le prescrizioni tecniche necessarie all’attuazione del presente decreto sono stabilite negli allegati al decreto stesso e con uno
    o più regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previa intesa con la Conferenza
    permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; attraverso i medesimi
    regolamenti possono altresì essere modificati gli allegati al presente decreto per adeguarli a sopravvenute esigenze o a nuove
    acquisizioni scientifiche o tecnologiche.
  75. Ai sensi dell’articolo 20 della legge 16 aprile 1987, n. 183, con decreto dei Ministri competenti per materia, si provvede alla
    modifica degli allegati al presente decreto per dare attuazione alle direttive che saranno emanate dall’Unione europea, per le
    parti in cui queste modifichino modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico delle direttive dell’Unione europea recepite
    dal presente decreto.
  76. I consorzi di bonifica e di irrigazione, anche attraverso appositi accordi di programma con le competenti autorità, concorrono
    alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque, anche al fine della loro utilizzazione irrigua,
    della rinaturalizzazione dei corsi d’acqua e della fitodepurazione.
  77. Le regioni assicurano la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato di qualità delle acque e trasmettono all’Agenzia
    nazionale per la protezione dell’ambiente i dati conoscitivi e le informazioni relative all’attuazione del presente decreto, nonché
    quelli prescritti dalla disciplina comunitaria, secondo le modalità indicate con decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con i
    Ministri competenti, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
    Trento e di Bolzano. L’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente elabora a livello nazionale, nell’ambito del Sistema
    informativo nazionale ambientale, le informazioni ricevute e le trasmette ai Ministeri interessati e al Ministero dell’ambiente
    anche per l’invio alla Commissione europea. Con lo stesso decreto sono individuati e disciplinati i casi in cui le regioni sono
    tenute a trasmettere al Ministero dell’ambiente i provvedimenti adottati ai fini delle comunicazioni all’Unione europea o in
    ragione degli obblighi internazionali assunti.
  78. Sono fatte salve le competenze spettanti alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano ai
    sensi dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.
  79. Le regioni favoriscono l’attiva partecipazione di tutte le parti interessate all’attuazione del presente decreto in particolare in
    sede di elaborazione, revisione e aggiornamento dei piani di tutela.
    Titolo II – Obiettivi di qualità
    Capo I – Obiettivo di qualità ambientale e obiettivo di qualità per specifica destinazione
  80. Disposizioni generali
  81. Al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali e sotterranee, il presente decreto individua gli obiettivi minimi di
    qualità ambientale per i corpi idrici significativi e gli obiettivi di qualità per specifica destinazione per i corpi idrici di cui all’articolo
    6, da garantirsi su tutto il territorio nazionale.
  82. L’obiettivo di qualità ambientale è definito in funzione della capacità dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di
    autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate.
  83. L’obiettivo di qualità per specifica destinazione individua lo stato dei corpi idrici idoneo a una particolare utilizzazione da parte
    dell’uomo, alla vita dei pesci e dei molluschi.
  84. In attuazione del presente decreto sono adottate, mediante il piano di tutela delle acque di cui all’articolo 44, misure atte a
    conseguire i seguenti obiettivi entro il 31 dicembre 2016:
    a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e sotterranei l’obiettivo di qualità ambientale
    corrispondente allo stato di “buono” come definito nell’Allegato 1;
    b) sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità ambientale “elevato” come definito nell’Allegato 1;
    c) siano mantenuti o raggiunti altresì per i corpi idrici a specifica destinazione di cui all’articolo 6 gli obiett ivi di
    qualità per specifica destinazione di cui all’allegato 2, salvo i termini di adempimento previsti dalla normativa
    previgente.
  85. Qualora per un corpo idrico siano designati obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione che prevedono per gli
    stessi parametri valori limite diversi, devono essere rispettati quelli più cautelativi; quando i limiti più cautelativi si riferiscono al
    conseguimento dell’obiettivo di qualità ambientale, il rispetto degli stessi decorre dal 31 dicembre 2016.
  86. Il piano di tutela provvede al coordinamento degli obiettivi di qualità ambientale con i diversi obiettivi di qualità per specifica
    destinazione
  87. Le regioni possono altresì definire obiettivi di qualità ambientale più elevati, nonché individuare ulteriori destinazioni dei corpi
    idrici e relativi obiettivi di qualità.
  88. Individuazione e perseguimento dell’obiettivo di qualità ambientale
  89. Entro il 30 aprile 2003, sulla base dei dati già acquisiti e dei risultati del primo rilevamento effettuato ai sensi degli articoli 42
    e 43 le regioni identificano per ciascun corpo idrico significativo, o parte di esso, la classe di qualità corrispondente ad una di
    quelle indicate nell’allegato 1.
  90. In relazione alla classificazione di cui al comma 1, le regioni stabiliscono e adottano le misure necessarie al raggiungimento o
    al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale di cui all’articolo 4, comma 4, lettere a) e b), tenendo conto del carico
    massimo ammissibile ove fissato sulla base delle indicazioni dell’autorità di bacino di rilievo nazionale e interregionale per i corpi
    idrici sovraregionali, assicurando in ogni caso per tutti i corpi idrici l’adozione di misure atte ad impedire un ulteriore degrado.
  91. Al fine di assicurare entro il 31 dicembre 2016 il raggiungimento dell’obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato
    “buono”, entro il 31 dicembre 2008 ogni corpo idrico superficiale classificato o tratto di esso deve conseguire almeno i requisiti
    dello stato “sufficiente” di cui all’allegato 1.
  92. Le regioni possono motivatamente stabilire termini diversi per i corpi idrici che presentano condizioni tali da non consentire il
    raggiungimento dello stato “buono” entro il 31 dicembre 2016.
  93. Le regioni possono motivatamente stabilire obiettivi di qualità ambientale meno rigorosi per taluni corpi idrici, qualora ricorra
    almeno una delle seguenti condizioni:
    a) il corpo idrico ha subito gravi ripercussioni in conseguenza dell’attività umana che rendono manifestamente
    impossibile o economicamente insostenibile un significativo miglioramento dello stato qualitativo;
    b) il raggiungimento dell’obiettivo di qualità previsto non è perseguibile a causa della natura litolo gica ovvero
    geomorfologica del bacino di appartenenza;
    c) l’esistenza di circostanze impreviste o ecc ezionali, quali alluvioni e siccità.
  94. Quando ricorrono le condizioni di cui al comma 5, la definizione di obiettivi meno rigorosi è consentita purché i medesimi non
    comportino l’ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico e, fatto salvo il caso di cui al comma 5, lettera b), non sia
    pregiudicato il raggiungimento degli obiettivi fissati dal presente decreto in altri corpi idrici all’interno dello stesso bacino
    idrografico.
  95. Nei casi previsti dai commi 4 e 5, i piani di tutela devono comprendere le misure volte alla tutela del corpo idrico, ivi compresi
    i provvedimenti integrativi o restrittivi della disciplina degli scarichi ovvero degli usi delle acque. I tempi e gli obiettivi, nonché le
    relative misure, sono rivisti almeno ogni sei anni ed ogni eventuale modifica deve essere inserita come aggiornamento del piano.
  96. Obiettivo di qualità per specifica destinazione
  97. Sono acque a specifica destinazione funzionale:
    a) le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
    b) le acque destinate alla balneazione;
    c) le acque dolci che richiedono protezi one e miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;
    d) le acque destinate alla vita dei molluschi.
  98. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 4, commi 4 e 5, per le acque indicate al comma 1, è perseguito, per ciascun uso,
    l’obiettivo di qualità per specifica destinazione stabilito nell’allegato 2, fatta eccezione per le acque di balneazione.
  99. Le regioni, al fine di un costante miglioramento dell’ambiente idrico, stabiliscono programmi, che vengono recepiti nel piano di
    tutela, per mantenere, ovvero adeguare, la qualità delle acque di cui al comma 1 all’obiettivo di qualità per specifica
    destinazione. Relativamente alle acque di cui al comma 1 le regioni predispongono apposito elenco che provvedono ad
    aggiornare periodicamente.
    Capo II – Acque a specifica destinazione
  100. Acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile
  101. Le acque dolci superficiali per essere utilizzate o destinate alla produzione di acqua potabile, sono classificate dalle regioni
    nelle categorie A1, A2 e A3 secondo le caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche di cui alla tabella 1/A dell’allegato 2.
  102. A seconda della categoria di appartenenza, le acque dolci superficiali di cui al comma 1 sono sottoposte ai seguenti
    trattamenti:
    a) Categoria A1: trattamento fisico semplice e disinfezione;
    b) Categoria A2: trattamento fisico e chimico normale e disi nfezione;
    c) Categoria A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinazione e dis infezione.
  103. Le regioni inviano i dati relativi al monitoraggio e classificazione delle acque di cui ai commi 1 e 2 al Ministero della sanità, che
    provvede al successivo inoltro alla Commissione europea.
  104. Le acque dolci superficiali che presentano caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche qualitativamente inferiori ai valori
    limite imperativi della categoria A3 possono essere utilizzate, in via eccezionale, solo nel caso in cui non sia possibile ricorrere ad
    altre fonti di approvvigionamento e a condizione che le acque siano sottoposte ad opportuno trattamento che consenta di
    rispettare le norme di qualità delle acque destinate al consumo umano.
  105. Deroghe
  106. Per le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le regioni possono derogare ai valori dei parametri di cui
    alla tabella 1/A dell’allegato 2:
    a) in caso di inondazioni o di catastrofi naturali;
    b) limitatamente ai parametri contraddistinti nel l’Allegato 2 tabella 1/A dal simbolo (o) in caso di circostanze
    meteorologiche eccezionali o condizioni geografiche particolari;
    c) quando le acque superficiali si arricchiscono naturalmente di talune sostanze con superamento dei valori fissati
    per le categorie A1, A2 e A3;
    d) nel caso di laghi poco prof ondi e con acque quasi stagnanti, per i parametri indicati con un asterisco
    nell’Allegato 2, tabella 1/A, fermo restando che tale deroga è applicabile unicamente ai laghi aventi una profondità
    non superiore ai 20 metri, che per rinnovare le loro acque impieghino più di un anno e nel cui specchio non
    defluiscano acque di scarico.
  107. Le deroghe di cui al comma 1 non sono ammesse se ne derivi concreto pericolo per la salute pubblica.
  108. Acque di balneazione (omissis)
  109. Acque dolci idonee alla vita dei pesci
  110. Ai fini della designazione delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per esser idonee alla vita dei pesci,
    sono privilegiati:
    a) i corsi d’acqua che attraversano il territorio di parchi nazionali e riserve naturali dello Stato, nonché di parchi e
    riserve naturali regionali;
    b) i laghi naturali ed artifi ciali, gli stagni ed altri corpi idrici, situati nei predetti ambiti territoriali;
    c) le acque dolci superficiali comprese nelle zone umide dichiarate “di importanza internazionale ” ai sensi della
    convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con il d.P.R. del 13 marzo 1976, n. 448, sulla
    protezione delle zone umide, nonché quelle comprese nelle “oasi di protezione della fauna”, istituite dalle regioni e
    province autonome ai sensi della legge 11 febbraio 1992, n. 157;
    d) le acque dolci superficiali che, ancorché non comprese nelle pr ecedenti categorie, presentino un rilevante
    interesse scientifico, naturalistico, ambientale e produttivo in quanto costituenti habitat di specie animali o vegetali
    rare o in via di estinzione, ovvero in quanto sede di complessi ecosistemi acquatici meritevoli di conservazione o,
    altresì, sede di antiche e tradizionali forme di produzione ittica, che presentano un elevato grado di sostenibilità
    ecologica ed economica.
  111. Sono escluse dall’applicazione del presente articolo e degli articoli 11, 12 e 13, le acque dolci superficiali dei bacini naturali o
    artificiali utilizzati per l’allevamento intensivo delle specie ittiche, nonché i canali artificiali adibiti a uso plurimo, di scolo o irriguo,
    e quelli appositamente costruiti per l’allontanamento dei liquami e di acque reflue industriali.
  112. Le acque dolci superficiali che presentino valori dei parametri di qualità conformi con quelli imperativi previsti dalla tabella 1/B
    dell’allegato 2, sono classificate, entro quindici mesi dalla designazione, come acque dolci “salmonicole” o “ciprinicole”.
  113. La designazione e la classificazione ai sensi dei commi 1 e 3 sono effettuate dalle regioni, ricorrendone le condizioni, devono
    essere gradualmente estese sino a coprire l’intero corpo idrico, ferma restando la possibilità di designare e classificare
    nell’ambito del medesimo, tratti come “acqua salmonicola” e tratti come “acqua ciprinicola”.
  114. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle acque, il Presidente della Giunta regionale
    o il Presidente della provincia, nell’ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o
    restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.
  115. Successive designazioni e revisioni
  116. Le regioni sottopongono a revisione la designazione e la classificazione di alcune acque dolci idonee alla vita dei pesci in
    funzione di elementi imprevisti o sopravvenuti.
  117. Accertamento della qualità delle acque idonee alla vita dei pesci (omissis)
  118. Deroghe (omissis)
  119. Acque destinate alla vita dei molluschi (omissis)
  120. Accertamento della qualità delle acque idonee alla vita dei molluschi (omissis)
  121. Deroghe (omissis)
  122. Norme sanitarie (omissis)
    Titolo III – Tutela dei corpi idrici e disciplina degli scarichi
    Capo I – Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall’inquinamento e di risanamento
  123. Aree sensibili
  124. Le aree sensibili sono individuate secondo i criteri dell’allegato 6.
  125. Ai fini della prima individuazione sono designate aree sensibili:
    a) i laghi di cui all’allegato 6, nonché i corsi d’acqua ad essi afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di
    costa;
    b) le a ree lagunari di Orbetello, Ravenna e Piallassa-Baiona, le Valli di Comacchio, i laghi salmastri e il delta del Po;
    c) le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con d.P.R.
    13 marzo 1976, n. 448;
    d) le aree costiere dell’A driatico nordoccidentale dalla foce dell’Adige al confine meridionale del comune di Pesaro
    e i corsi d’acqua a essi afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa.
  126. Resta fermo quanto disposto dalla legislazione vigente relativamente alla tutela di Venezia.
  127. Sulla base dei criteri stabiliti nell’Allegato 6 e sentita l’Autorità di bacino, le regioni, entro un anno dalla data di entrata in
    vigore del presente decreto, possono designare ulteriori aree sensibili ovvero individuano all’interno delle aree indicate nel
    comma 2, i corpi idrici che non costituiscono aree sensibili.
  128. Le regioni, sulla base di criteri previsti dall’Allegato 6, delimitano i bacini drenanti nelle aree sensibili che contribuiscono
    all’inquinamento di tali aree.
  129. Ogni quattro anni si provvede alla reidentificazione delle aree sensibili e dei rispettivi bacini drenanti che contribuiscono
    all’inquinamento delle aree sensibili.
  130. Le nuove aree sensibili identificate ai sensi dei commi 4 e 6 devono soddisfare i requisiti dell’articolo 32 entro sette anni
    dall’identificazione.
  131. Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola
  132. Le zone vulnerabili sono individuate secondo i criteri di cui all’allegato 7/A-I.
  133. Ai fini della prima individuazione sono designate zone vulnerabili le aree elencate nell’allegato 7/A-III.
  134. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sulla base dei dati disponibili, e per quanto possibile sulla
    base delle indicazioni stabilite nell’allegato 7/A-I, le regioni, sentita l’Autorità di bacino, possono individuare ulteriori zone
    vulnerabili ovvero, all’interno delle zone indicate nell’allegato 7/A-III, le parti che non costituiscono zone vulnerabili.
  135. Almeno ogni quattro anni le regioni, sentita l’Autorità di bacino, rivedono o completano le designazioni delle zone vulnerabili
    per tener conto dei cambiamenti e fattori imprevisti al momento della precedente designazione. A tal fine le regioni
    predispongono e attuano, ogni quattro anni, un programma di controllo per verificare le concentrazioni dei nitrati nelle acque
    dolci per il periodo di un anno, secondo le prescrizioni di cui all’allegato 7/A-I, nonché riesaminano lo stato eutrofico causato da
    azoto delle acque dolci superficiali, delle acque di transizione e delle acque marine costiere.
  136. Nelle zone individuate ai sensi dei commi 2, 3 e 4 devono essere attuati i programmi di azione di cui al comma 6, nonché le
    prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole in data
    19.4.1999, pubblicato nel S.O. alla G.U. n. 102 del 4.5.1999.
  137. Entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto per le zone designate ai sensi dei commi 2 e 3 ed entro un anno
    dalla data di designazione per le ulteriori zone di cui al comma 4, le regioni, sulla base delle indicazioni e delle misure di cui
    all’allegato 7/A-IV, definiscono ovvero rivedono, se già posti in essere, programmi d’azione obbligatori per la tutela e il
    risanamento delle acque dall’inquinamento causato da nitrati di origine agricola, e provvedono alla loro attuazione nell’anno
    successivo per le zone vulnerabili di cui ai commi 2 e 3 e nei successivi quattro anni per le zone di cui al comma 4.
  138. Le regioni provvedono, inoltre, a:
    a) integrare, se del caso, in relazione alle esigenze locali, il codice di buona pratica agricola, stabilendone le
    modalità di applicazione;
    b) predisporre ed attuare interventi di formazione e di informazione degli agricoltori sul programma di azione e sul
    codice di buona pratica agricola;
    c) elaborare ed applicare entro q uattro anni a decorrere dalla definizione o revisione dei programmi di cui al
    comma 6, i necessari strumenti di controllo e verifica dell’efficacia dei programmi stessi sulla base dei risultati
    ottenuti; ove necessario, modificare o integrare tali programmi individuando, tra le ulteriori misure possibili, quelle
    maggiormente efficaci, tenuto conto dei costi di attuazione delle misure stesse.
  139. Le variazioni apportate alle designazioni, i programmi di azione, i risultati delle verifiche dell’efficacia degli stessi e le revisioni
    effettuate devono essere comunicati al Ministero dell’ambiente, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all’articolo 3,
    comma 7. Al Ministero per le politiche agricole è data tempestiva notizia delle integrazioni apportate al codice di buona pratica
    agricola di cui al comma 7, lettera a) nonché degli interventi di formazione e informazione.
  140. Al fine di garantire un generale livello di protezione delle acque il codice di buona pratica agricola è di raccomandata
    applicazione al di fuori delle zone vulnerabili.
  141. Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e altre zone vulnerabili
  142. Con le modalità previste dall’articolo 19 e sulla base delle indicazioni contenute nell’Allegato 7/B, le regioni identificano le aree
    di cui all’articolo 5, comma 21, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, allo scopo di proteggere le risorse idriche o altri
    comparti ambientali dall’inquinamento derivante dall’uso di prodotti fitosanitari.
  143. Le regioni e le autorità di bacino verificano la presenza nel territorio di competenza di aree soggette o minacciate da fenomeni
    di siccità, degrado del suolo e processi di desertificazione e le designano quali aree vulnerabili alla desertificazione.
  144. Per le aree di cui al comma 2, nell’ambito della pianificazione di bacino e della sua attuazione, sono adottate specifiche misure
    di tutela, secondo i criteri previsti nel Piano d’Azione Nazionale di cui alla delibera CIPE del 22 dicembre 1998, pubblicata nella
    Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1999.
  145. Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano
  146. Su proposta delle autorità d’ambito, le regioni per mantenere e migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali
    e sotterranee destinate al consumo umano erogate a terzi mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico
    interesse, nonché per la tutela dello stato delle risorse, individuano le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e
    zone di rispetto, nonché, all’interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, le zone di protezione.
  147. Per gli approvvigionamenti diversi da quelli di cui al comma 1, le autorità competenti impartiscono, caso per caso, le
    prescrizioni necessarie per la conservazione, la tutela della risorsa e il controllo delle caratteristiche qualitative delle acque
    destinate al consumo umano.
  148. Per la gestione delle aree di salvaguardia si applicano le disposizioni dell’art. 13 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e le
    disposizioni dell’art. 24 della stessa legge, anche per quanto riguarda eventuali indennizzi per le attività preesistenti.
  149. La zona di tutela assoluta è costituita dall’area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni; essa deve avere
    un’estensione in caso di acque sotterranee e, ove possibile per le acque superficiali, di almeno dieci metri di raggio dal punto di
    captazione, deve essere adeguatamente protetta e adibita esclusivamente a opere di captazione o presa e a infrastrutture di
    servizio.
  150. La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e
    destinazioni d’uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata e può essere suddivida in zona di
    rispetto ristretta e zona di rispetto allargata in relazione alla tipologia dell’opera di presa o captazione e alla situazione locale di
    vulnerabilità e rischio della risorsa. In particolare nella zona di rispetto sono vietati l’insediamento dei seguenti centri di pericolo
    e lo svolgimento delle seguenti attività:
    a) dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;
    b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;
    c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pestic idi, salvo che l’impiego di tali sostanze sia effettuato sulla
    base delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle colture
    compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilità delle risorse idriche;
    d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche provenienti da piazzali e strade;
    e) aree cimiteriali;
    f) apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;
    g) apertura di pozzi a eccezione di quelli che estraggono acque dest inate al consumo umano e di quelli finalizzati
    alla variazione dell’estrazione e alla protezione delle caratteristiche quali-quantitative della risorsa idrica;
    h) gestioni di rifiuti;
    i) stoccaggio di prod otti ovvero sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;
    l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;
    m) pozzi perdenti;
    n) pascolo e stabu lazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di azoto presente negli effluenti, al
    netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione. È comunque vietata la stabulazione di bestiame nella zona di
    rispetto ristretta.
  151. Per gli insediamenti o le attività di cui al comma 5, preesistenti, ove possibile e comunque a eccezione delle aree cimiteriali,
    sono adottate le misure per il loro allontanamento: in ogni caso deve essere garantita la loro messa in sicurezza. Le regioni e le
    province autonome disciplinano all’interno delle zone di rispetto le seguenti strutture o attività:
    a) fognature;
    b) edilizia res idenziale e relative opere di urbanizzazione;
    c) opere viarie, ferroviarie e in genere infrastrutture di se rvizio;
    d) le pratiche agronomiche e i contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera c) del comma 5.
  152. In assenza dell’individuazione da parte della regione della zona di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha
    un’estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione.
  153. Le zone di protezione devono essere delimitate secondo le indicazioni delle regioni per assicurare la protezione del patrimonio
    idrico. In esse si possono adottare misure relative alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e prescrizioni per gli
    insediamenti civili, produttivi, turistici, agroforestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici comunali, provinciali,
    regionali, sia generali sia di settore.
  154. Le regioni, al fine della protezione delle acque sotterranee, anche di quelle non ancora utilizzate per l’uso umano, individuano
    e disciplinano, all’interno delle zone di protezione, le seguenti aree:
    a) aree di ricaduta della falda;
    b) emergenze naturali e artific iali della falda;
    c) zone di riserva.
    Capo II – Tutela quantitativa della risorsa e risparmio idrico
  155. Pianificazione del bacino idrico
  156. La tutela quantitativa della risorsa concorre al raggiungimento degli obiettivi di qualità attraverso una pianificazione delle
    utilizzazioni delle acque volta ad evitare ripercussioni sulla qualità delle stesse e a consentire un consumo idrico sostenibile.
  157. Nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad assicurare l’equilibrio del bilancio idrico come definito dall’Autorità di
    bacino, nel rispetto delle priorità della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e tenendo conto dei fabbisogni, delle disponibilità, del
    minimo deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della falda e delle destinazioni d’uso della risorsa compatibili con le
    relative caratteristiche qualitative e quantitative.
  158. Le regioni definiscono sulla base delle linee guida di cui al comma 4 e dei criteri adottati dai comitati istituzionali delle autorità
    di bacino gli obblighi di installazione e manutenzione in regolare stato di funzionamento di idonei dispositivi per la misurazione
    delle portate e dei volumi d’acqua pubblica derivati, in corrispondenza dei punti di prelievo e, ove presente, di restituzione,
    nonché gli obblighi e le modalità di trasmissione dei risultati delle misurazioni all’Autorità concedente per il loro successivo inoltro
    alla regione e alle autorità di bacino competenti. Le autorità di bacino provvedano a trasmettere i dati in proprio possesso
    all’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente secondo le modalità di cui all’articolo 3 comma 7
  159. Il Ministro dei lavori pubblici provvede entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto a definire, di
    concerto con gli altri Ministri competenti e previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
    province autonome di Trento e di Bolzano, le linee guida per la predisposizione del bilancio idrico di bacino, comprensive dei
    criteri per il censimento delle utilizzazioni in atto e per la definizione del minimo deflusso vitale.
  160. Salvo quanto previsto al comma 6, tutte le derivazioni di acqua comunque in atto alla data di entrata in vigore del presente
    decreto sono regolate dall’autorità concedente mediante la previsione di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi
    idrici come previsto dall’articolo 3, comma 1, lettera i), della legge 18 maggio 1989, n. 183 e dall’articolo 3, comma 3, della
    legge 5 gennaio 1994, n. 36, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica
    amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.
  161. Per le finalità di cui ai commi 1 e 2 le autorità concedenti, a seguito del censimento di tutte le utilizzazioni in atto nel
    medesimo corpo idrico provvedono, ove necessario, alla loro revisione, disponendo prescrizioni o limitazioni temporali o
    quantitative, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva
    la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.
    6-bis. Nel provvedimento di concessione preferenziale, rilasciato ai sensi dell’articolo 4 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, sono
    previsti i rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici e le prescrizioni necessarie ad assicurare l’equilibrio del
    bilancio idrico.
  162. Modifiche al R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775
  163. Il secondo comma dell’articolo 7 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici approvato con regio
    decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, introdotto dall’articolo 3 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275, è sostituito dal
    seguente: (omissis)
  164. Il comma 1 dell’articolo 9 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, così come sostituito dall’articolo 4 del decreto
    legislativo 12 luglio 1993, n. 275, è sostituito dal seguente: (omissis)
  165. L’articolo 12-bis del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, introdotto dall’articolo 5 del decreto legislativo 12 luglio 1993,
    n. 275, è sostituito dal seguente: (omissis)
  166. L’articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 è sostituito dal seguente: (omissis)
  167. E’ soppresso il secondo comma dell’articolo 54 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.
  168. Fatta salva la normativa transitoria di attuazione dell’articolo 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, per le derivazioni o
    utilizzazioni di acqua pubblica, in tutto o in parte abusivamente in atto, la sanzione di cui all’articolo 17, del r.d. 11 dicembre
    1933, n. 1775, come modificato dal presente articolo, è ridotta a un quinto qualora sia presentata domanda in sanatoria entro il
    31 dicembre 2000. Non sono soggetti a tale adempimento né al pagamento della sanzione coloro che abbiano presentato
    comunque domanda prima della data di entrata in vigore del presente decreto. La concessione in sanatoria è rilasciata nel
    rispetto della legislazione vigente e delle utenze regolarmente assentite. In pendenza del procedimento istruttorio della
    concessione in sanatoria, l’utilizzazione può proseguire, fermo restando l’obbligo del pagamento del canone per l’uso effettuato e
    il potere dell’autorità concedente di sospendere in qualsiasi momento l’utilizzazione qualora in contrasto con i diritti di terzi o con
    il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità.
    6-bis. I termini previsti dall’articolo 1, comma 4, del d.P.R. 18 febbraio 1999, n. 238, per la presentazione delle domande di
    riconoscimento o di concessione preferenziale di cui all’articolo 4 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, e dall’articolo 2 della legge
    17 agosto 1999, n. 290, per le denunce dei pozzi, sono prorogati al 31 dicembre 2007. In tali casi i canoni demaniali decorrono
    dal 10 agosto 1999.
    (comma così modifi cato dall’articolo 52, comma 73,d ella legge n. 448 del 2001)
    (termine da ultimo prorogato dall’articolo 2, comma 1, decreto-legge n. 300 de2 l 006)
  169. Il primo comma dell’articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, come modificato dal comma 1 dell’articolo 29
    della legge 5 gennaio 1994, n. 36, è sostituito dal seguente: (omissis)
  170. Il comma 7 si applica anche alle concessioni di derivazione già rilasciate. Qualora alla scadenza di queste ultime, per effetto
    dello stesso comma 7, risulti anticipata rispetto a quella originariamente fissata nel provvedimento di concessione, le relative
    derivazioni possono continuare a essere esercitate sino alla data di scadenza originaria, purché venga presentata domanda entro
    il 31 dicembre 2000, fatta salva l’applicazione di quanto previsto all’articolo 22, e sempre che alla prosecuzione della derivazione
    non osti uno specifico motivo di interesse pubblico. Le piccole derivazioni a uso idroelettrico di pertinenza dell’Enel, per le quali
    risulti decorso il termine di 30 anni fissato dal comma 7, sono prorogate per ulteriori 30 anni a far data dall’entrata in vigore del
    d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79, previa presentazione della relativa domanda entro il 31 dicembre 2000. Le regioni, anche su
    richiesta o parere dell’ente gestore qualora la concessione ricada in area protetta, ove si verifichino la mancanza di presupposti
    di cui al comma 1 procedono, senza indennizzo, alla modifica delle condizioni fissate dal relativo disciplinare ai fini di rendere
    compatibile il prelievo, ovvero alla revoca.
  171. Dopo il terzo comma dell’articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 è inserito il seguente: (omissis)
    9-bis. Fatta salva l’efficacia delle norme più restrittive tutto il territorio nazionale è assoggettato a tutela ai sensi dell’articolo 94
    del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775.
    9-ter. Le regioni disciplinano i procedimenti di rilascio delle concessioni di derivazione di acque pubbliche nel rispetto delle
    direttive sulla gestione del demanio idrico emanate, entro il 30 settembre 2000, ai sensi dell’articolo 88, comma 1, lettera p) del
    d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 su proposta del ministro dei lavori pubblici, nelle quali sono indicate anche le possibilità di libero
    utilizzo di acque superficiali scolanti su suoli o in fossi di canali di proprietà privata. Le regioni, sentite le autorità di bacino,
    disciplinano forme di regolazione dei prelievi delle acque sotterranee per usi domestici, come definiti dall’articolo 93 del regio
    decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, laddove sia necessario garantire l’equilibrio del bilancio idrico di cui all’articolo 3 della legge
    5 gennaio 1994, n. 36.
    9-quater. Il comma 2 dell’articolo 25 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, come modificato dall’articolo 28, comma 2, della legge
    30 aprile 1999, n. 136, è sostituito dal seguente: (omissis)
    9-quinquies. Il comma 3 dell’articolo 25 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, è abrogato.
  172. Acque minerali naturali e di sorgenti
  173. Le concessioni di utilizzazione delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente sono rilasciate tenuto conto delle
    esigenze di approvvigionamento e distribuzione delle acque potabili e delle previsioni del piano di tutela.
  174. Risparmio idrico
  175. Coloro che gestiscono o utilizzano la risorsa idrica adottano le misure necessarie all’eliminazione degli sprechi ed alla riduzione
    dei consumi e ad incrementare il riciclo ed il riutilizzo, anche mediante l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili.
  176. Il comma 1 dell’articolo 5 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, è sostituito dal seguente: (omissis)
  177. All’articolo 5 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 dopo il comma 1, è inserito il seguente: (omissis)
  178. All’articolo 13, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: (omissis)
  179. Le regioni, sentita le autorità di bacino, approvano specifiche norme sul risparmio idrico in agricoltura, basato sulla
    pianificazione degli usi, sulla corretta individuazione dei fabbisogni nel settore, e sui controlli degli effettivi emungimenti.
  180. Riutilizzo dell’acqua
  181. All’articolo 14 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, dopo il comma 4, è, in fine, aggiunto il seguente: (omissis)
  182. L’articolo 6 della legge 5 gennaio 1994, n.36, è sostituito dal seguente: (omissis)
  183. Il decreto di cui all’articolo 6, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, come sostituito dal comma 2, è emanato entro sei
    mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
  184. Con decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con i Ministri dell’ambiente e dell’industria, del commercio e
    dell’artigianato e d’intesa la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e di
    Bolzano sono definite le modalità per l’applicazione della riduzione di canone prevista dall’articolo 18, comma 1, lettere a) e d),
    della legge 5 gennaio 1994, n. 36.
    Capo III – Tutela qualitativa della risorsa: disciplina degli scarichi
  185. Reti fognarie
  186. Gli agglomerati devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane:
    a) entro il 31 dicembre 2000 per quelli con un numero di abitanti equivalenti superiore a 15.000;
    b) entro il 31 dicembre 2005 per quelli con un numero di abitanti equivalenti compreso tra 2.000 e 15.000.
  187. Per le acque reflue urbane che si immettono in acque recipienti considerate “aree sensibili” gli agglomerati con oltre 10.000
    abitanti equivalenti devono essere provvisti di rete fognaria.
  188. La progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti fognarie si effettuano adottando le tecniche migliori che non
    comportino costi eccessivi, tenendo conto in particolare:
    a) del volume e delle caratteristiche delle acque reflue urbane;
    b) della prevenzione di eventuali fuoriuscite;
    c) della limitazione dell’inquinamento delle ac que recipienti, dovuto a tracimazioni causate da piogge violente.
  189. Per gli insediamenti, installazioni o edifici isolati che scaricano acque reflue domestiche le regioni identificano sistemi
    individuali o altri sistemi pubblici o privati adeguati secondo i criteri di cui alla delibera indicata al comma 7 dell’articolo 62, che
    raggiungono lo stesso livello di protezione ambientale, indicando i tempi di adeguamento.
  190. Criteri generali della disciplina degli scarichi
  191. Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare
    i valori limite di emissione previsti dall’allegato 5
  192. Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nell’esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili, delle
    migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui all’allegato 5, sia in concentrazione
    massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in ordine a ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di
    sostanze affini. Le regioni non possono stabilire valori limiti meno restrittivi di quelli fissati nell’allegato 5:
    a) nella tabella 1 relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali;
    b) nella tabella 2 relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali r icadenti in aree
    sensibili;
    c) nella t abella 3/A per i cicli produttivi ivi indicati;
    d) nelle tabelle 3 e 4, per quelle sostanze indicate nella tabella 5 del medesimo allegato.
  193. Gli scarichi devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell’autorità competente per il controllo nel punto
    assunto per la misurazione. La misurazione degli scarichi, salvo quanto previsto al comma 3 dell’articolo 34, si intende effettuata
    subito a monte, dal punto di immissione in tutte le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, nonché in fognature, sul
    suolo e nel sottosuolo.
  194. L’autorità competente per il controllo è autorizzata a effettuare tutte le ispezioni che ritenga necessarie per l’accertamento
    delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Essa può richiedere che scarichi parziali contenenti le sostanze di
    cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 17 e 18 della tabella 5 dell’allegato 5, subiscano un trattamento particolare
    prima della loro confluenza nello scarico generale.
  195. I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti mediante diluizione con acque prelevate
    esclusivamente allo scopo. Non è comunque consentito diluire con acque di raffreddamento, di lavaggio o prelevate
    esclusivamente allo scopo gli scarichi parziali di cui al comma 4, prima del trattamento degli scarichi parziali stessi per adeguarli
    ai limiti previsti dal presente decreto. L’autorità competente, in sede di autorizzazione, può prescrivere che lo scarico delle acque
    di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia, sia separato dallo scarico terminale di ciascun
    stabilimento.
  196. Qualora le acque prelevate da un corpo idrico superficiale presentino parametri con valori superiori ai valori-limite di
    emissione, la disciplina dello scarico è fissata in base alla natura delle alterazioni e agli obiettivi di qualità del corpo idrico
    ricettore, fermo restando che le acque devono essere restituite con caratteristiche qualitative non peggiori di quelle prelevate e
    senza maggiorazioni di portata allo stesso corpo idrico dal quale sono state prelevate.
  197. Salvo quanto previsto dall’articolo 38, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque
    reflue domestiche le acque reflue:
    a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del fondo o alla silvicoltura;
    b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame che dispongono di almeno un et taro di terreno
    agricolo funzionalmente connesso con le attività di allevamento e di coltivazione del fondo per ogni 340
    chilogrammi di azoto presente negli effluenti di allevamento prodotti per un anno da computare secondo le
    modalità di calcolo stabilite alla tabella 6 dell’allegato 5. Per gli allevamenti esistenti il nuovo criterio di
    assimilabilità si applica a partire dal 13 giugno 2002;
    c) provenienti da imprese dedite alle attività di cui ai punti a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o
    di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel
    ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente per almeno due terzi esclusivamente
    dall’attività di coltivazione dei fondi di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;
    d) provenienti da impianti di acquacoltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e si caratterizzino per una
    densità di allevamento pari o inferiore a 1 kg per metro quadrato di specchio d’acqua o in cui venga utilizzata una
    portata d’acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo;
    e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle dom estiche e indicate dalla normativa regionale.
  198. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e successivamente ogni due anni, le regioni trasmettono
    all’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente le informazioni relative alla funzionalità dei depuratori, nonché allo
    smaltimento dei relativi fanghi, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all’articolo 3, comma 7.
  199. Al fine di assicurare la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato dell’ambiente le regioni pubblicano ogni due anni
    una relazione sulle attività di smaltimento delle acque reflue urbane nelle aree di loro competenza, secondo le modalità indicate
    nel decreto di cui all’articolo 3, comma 7.
  200. Le autorità competenti possono promuovere e stipulare accordi e contratti di programma con i soggetti economici
    interessati, al fine di favorire il risparmio idrico, il riutilizzo delle acque di scarico e il recupero come materia prima dei fanghi di
    depurazione, con la possibilità di ricorrere a strumenti economici, di stabilire agevolazioni in materia di adempimenti
    amministrativi e di fissare, per le sostanze ritenute utili, limiti agli scarichi in deroga alla disciplina generale, nel rispetto
    comunque delle norme comunitarie e delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualità.
  201. Scarichi sul suolo
  202. E’ vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo fatta eccezione:
    a) per i casi previsti dall’articolo 27, comma 4;
    b) per gli scaricatori di piena a servizio delle re ti fognarie;
    c) per gli scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali sia accertata l’impossibilità tecnica o l’eccessiva
    onerosità a fronte dei benefici ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici superficiali, purché gli stessi siano
    conformi ai criteri ed ai valori-limite di emissione fissati a tal fine dalle regioni ai sensi dell’articolo 28, comma 2.
    Sino all’emanazione di nuove norme regionali si applicano i valori limite di emissione della tabella 4 dell’allegato 5;
    d) per gli scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di rocce naturali nonché dagli impianti di lavaggio delle
    sostanze minerali, purché i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua e inerti naturali e non
    comportino danneggiamento delle falde acquifere o instabilità dei suoli;
    e) Per gli scarichi di acque meteoriche convogliate in reti fognarie separ ate.
  203. Al di fuori delle ipotesi previste al comma 1, gli scarichi sul suolo esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto,
    devono, entro il 31 dicembre 2003, essere convogliati in corpi idrici superficiali, in reti fognarie ovvero destinati al riutilizzo in
    conformità alle prescrizioni fissate con il decreto di cui all’articolo 6, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, così come
    sostituito dell’articolo 26, comma 2. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l’autorizzazione allo scarico si
    considera a tutti gli effetti revocata.
    (comma così modificato dall’articolo 25, comma 1,d ella legge n. 179 del 2002)
  204. Gli scarichi di cui alla lettera c) del comma 1, autorizzati prima della data di entrata in vigore del presente decreto, devono
    conformarsi ai limiti della tabella 4 dell’allegato 5 entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Sino a tale
    data devono essere rispettati i limiti della tabella 3 dell’allegato 5 ovvero, se più restrittivi, i limiti fissati dalle normative regionali
    vigenti. Resta comunque fermo il divieto di scarico sul suolo delle sostanze indicate al punto 2.1 dell’allegato 5.
  205. Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee
  206. E’ vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo.
  207. In deroga a quanto previsto al comma 1 l’autorità competente, dopo indagine preventiva, può autorizzare gli scarichi nella
    stessa falda delle acque utilizzate per scopi geotermici, delle acque di infiltrazione di miniere o cave o delle acque pompate nel
    corso di determinati lavori di ingegneria civile, ivi comprese quelle degli impianti di scambio termico.
  208. In deroga a quanto previsto dal comma 1 il Ministero dell’ambiente per i giacimenti a mare e le regioni per i giacimenti a terra
    possono altresì autorizzare lo scarico di acque risultanti dall’estrazione di idrocarburi nelle unità geologiche profonde da cui gli
    stessi idrocarburi sono stati estratti ovvero in unità dotate delle stesse caratteristiche, che contengano o abbiano contenuto
    idrocarburi, indicando le modalità dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre acque di scarico o altre sostanze pericolose
    diverse, per qualità e quantità, da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi. Le relative autorizzazioni sono rilasciate
    con la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che le acque di scarico non possano raggiungere altri
    sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi.
  209. Per le perforazioni in mare con le quali è svolta attività di prospezione, ricerca e coltivazione di giacimenti di idrocarburi liquidi
    o gassosi, lo scarico delle acque diretto in mare avviene secondo le modalità previste dal decreto 28 luglio 1994 del ministro
    dell’ambiente, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 16 agosto 1994, e successive modifiche, purché la concentrazione di
    oli minerali sia inferiore a 40 mg/l. Lo scarico diretto a mare è progressivamente sostituito dalla iniezione o reiniezione in unità
    geologiche profonde, non appena disponibili pozzi non più produttivi, e deve avvenire comunque nel rispetto di quanto previsto
    ai commi 2 e 3.
  210. Lo scarico diretto in mare delle acque di cui al comma 4, è autorizzato previa presentazione di un piano di monitoraggio volto
    a verificare l’assenza di pericoli per le acque e per gli ecosistemi acquatici.
  211. Al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3, 4 e 5, gli scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, esistenti e
    debitamente autorizzati alla data di entrata in vigore del presente decreto, devono essere convogliati in corpi idrici superficiali
    ovvero destinati, ove possibile, al riciclo, al riutilizzo o all’utilizzazione agronomica entro tre anni dalla data di entrata in vigore
    del presente decreto. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l’autorizzazione allo scarico è a tutti gli effetti
    revocata.
  212. Scarichi in acque superficiali
  213. Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali devono rispettare i valori-limite di emissione fissati ai sensi
    dell’articolo 28, commi 1 e 2, in funzione del perseguimento degli obiettivi di qualità.
  214. Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie, provenienti da agglomerati con meno di 2.000 abitanti
    equivalenti e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione e gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di 10.000
    abitanti equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad un trattamento appropriato, in conformità con le
    indicazioni dell’allegato 5, entro il 31 dicembre 2005.
  215. Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento
    equivalente in conformità con le indicazioni dell’allegato 5 e secondo le seguenti cadenze temporali:
    a) entro il 31 dicembre 2000 per gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 15.000 abitanti equivalenti;
    b) entro il 31 dicembre 2005 per gli scarichi provenienti da agglomerati con un numero di abitanti equivalent i
    compreso tra 10.000 e 15.000;
    c) entro il 31 dicembre 2005 pe r gli scarichi in acque dolci ed in acque di transizione, provenienti da agglomerati
    con un numero di abitanti equivalenti compreso tra 2.000 e 10.000.
  216. Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresì, i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell’articolo 28, commi 1 e
    2.
  217. Le regioni dettano specifica disciplina per gli scarichi di reti fognarie provenienti da agglomerati a forte fluttuazione stagionale
    degli abitanti, tenuto conto di quanto disposto ai commi 2 e 3 e fermo restando il conseguimento degli obiettivi di qualità.
  218. Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate in zone d’alta montagna, al di sopra dei 1.500 metri sul livello del mare,
    dove a causa delle basse temperature è difficile effettuare un trattamento biologico efficace, possono essere sottoposti ad un
    trattamento meno spinto di quello previsto al comma 3, purché studi dettagliati comprovino che essi non avranno ripercussioni
    negative sull’ambiente.
  219. Scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree sensibili
  220. Ferme restando le disposizioni dell’articolo 28, commi 1 e 2, le acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre
    10.000 abitanti equivalenti, che scaricano in acque recipienti individuate quali aree sensibili, devono essere sottoposte ad un
    trattamento più spinto di quello previsto dall’articolo 31, comma 3, secondo i requisiti specifici indicati nell’allegato 5.
  221. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano nelle aree sensibili in cui può essere dimostrato che la percentuale minima
    di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane è pari almeno al 75%
    per il fosforo totale ovvero per almeno il 75% per l’azoto totale.
  222. Le regioni individuano tra gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all’interno dei
    bacini drenanti afferenti alle aree sensibili, quelli che, contribuendo all’inquinamento di tali aree, sono da assoggettare al
    trattamento di cui ai commi 1 e 2 in funzione del raggiungimento dell’obiettivo di qualità dei corpi idrici ricettori.
  223. Scarichi in reti fognarie
  224. Ferma restando l’inderogabilità dei valori-limite di emissione di cui alla tabella 3/A e, limitatamente ai parametri di cui alla
    nota 2 della tabella 5 dell’allegato 5, alla tabella 3 gli scarichi di acque reflue industriali che recapitano in reti fognarie sono
    sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari e ai valori-limite adottati dal gestore del servizio idrico integrato e
    approvati dall’amministrazione pubblica responsabile in base alle caratteristiche dell’impianto e in modo che sia assicurato il
    rispetto della disciplina degli scarichi di acque reflue urbane definita ai sensi dell’articolo 28, commi 1 e 2.
  225. Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie sono sempre ammessi purché osservino i regolamenti
    emanati dal gestore del servizio idrico integrato.
  226. Non è ammesso lo smaltimento dei rifiuti anche se triturati, in fognatura, ad eccezione di quelli organici provenienti dagli
    scarti dell’alimentazione umana, misti ad acque domestiche, trattati mediante apparecchi dissipatori di rifiuti alimentari che ne
    riducano la massa in particelle sottili, previa verifica tecnica degli impianti e delle reti da parte dell’ente gestore.
    (comma così modificato dall’articolo 25, comma 2,d ella legge n. 179 del 2002)
  227. Scarichi di sostanze pericolose
  228. Le disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose si applicano agli stabilimenti nei quali si svolgono attività che
    comportano la produzione, la trasformazione o l’utilizzazione delle sostanze di cui alle tabelle 3/A e 5 dell’allegato 5 e nei cui
    scarichi se accertata la presenza di tali sostanze in quantità o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilità delle metodiche di
    rilevamento in essere all’entrata in vigore del presente decreto o degli aggiornamenti messi a punto ai sensi del punto 4
    dell’allegato 5.
  229. Tenendo conto della tossicità, della persistenza e della bioaccumulazione della sostanza considerata nell’ambiente in cui è
    effettuato lo scarico, l’autorità competente in sede di rilascio dell’autorizzazione può fissare, in particolari situazioni di accertato
    pericolo per l’ambiente anche per la copresenza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di emissione più restrittivi di
    quelli fissati ai sensi dell’articolo 28, commi 1 e 2.
  230. Per le sostanze di cui alla tabella 3/A dell’allegato 5, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella, le
    autorizzazioni stabiliscono altresì la quantità massima della sostanza espressa in unità di peso per unità di elemento
    caratteristico dell’attività inquinante e cioè per materia prima o per unità di prodotto, in conformità con quanto indicato nella
    stessa tabella.
  231. Per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della tabella 5 dell’allegato 5, il punto di misurazione dello scarico si
    intende fissato subito dopo l’uscita dallo stabilimento o dall’impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo.
    L’autorità competente può richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5 dell’allegato 5 siano tenuti
    separati dallo scarico generale e disciplinati come rifiuti, ai sensi del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modifiche e
    integrazioni. Qualora, nel caso di cui all’articolo 45, comma 2, secondo periodo, l’impianto di trattamento di acque reflue
    industriali che tratta le sostanze pericolose di cui alla tabella 5 dell’allegato 5, riceva scarichi provenienti da altri stabilimenti o
    scarichi di acque reflue urbane, contenenti sostanze diverse non utili a una modifica o riduzione delle sostanze pericolose, in
    sede di autorizzazione l’autorità competente dovrà ridurre opportunamente i valori limite di emissione indicati nella tabella 3
    dell’allegato 5 per ciascuna delle predette sostanze pericolose indicate in tabella 5, tenendo conto della diluizione operata dalla
    miscelazione dei diversi scarichi.
  232. L’autorità che rilascia l’autorizzazione per le sostanze di cui alla tabella 3/A dell’allegato 5 derivanti dai cicli produttivi indicati
    nella stessa tabella, redige un elenco delle autorizzazioni rilasciate, degli scarichi e dei controlli effettuati, ai fini del successivo
    inoltro alla Commissione europea..
    Capo IV – Ulteriori misure per la tutela dei corpi idrici
  233. Immersione in mare di materiale derivante da attività di scavo e di posa in mare di cavi e condotte (omissis)
  234. Autorizzazione al trattamento di rifiuti costituiti da acque reflue
  235. Salvo quanto previsto ai commi 2 e 3 è vietato l’utilizzo degli impianti di trattamento di acque reflue urbane per lo
    smaltimento di rifiuti.
  236. In deroga al comma 1, l’autorità competente ai sensi del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, in relazione a particolari esigenze e nei
    limiti della capacità residua di trattamento può autorizzare il gestore del servizio idrico integrato a smaltire nell’impianto di
    trattamento di acque reflue urbane rifiuti liquidi limitatamente alle tipologie compatibili con il processo di depurazione.
  237. Il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all’autorità competente ai sensi dell’articolo 45 è, comunque,
    autorizzato ad accettare in impianti con caratteristiche e capacità depurative adeguate che rispettino i valori limite di cui
    all’articolo 28, commi 1 e 2 e purché provenienti dal medesimo ambito ottimale di cui alla legge 5 gennaio 1994, n. 36:
    a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura;
    b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche
    previsti ai sensi del comma 4 dell’articolo 27;
    c) materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché quelli derivanti da altri impianti di trattamento
    delle acque reflue urbane, nei quali l’ulteriore trattamento dei medesimi risulti tecnicamente o economicamente irrealizzabile.
  238. L’attività di cui ai commi 2 e 3 può essere consentita purché non sia compromesso il riutilizzo delle acque reflue e dei fanghi.
  239. Nella comunicazione prevista al comma 3 il gestore del servizio idrico integrato deve indicare la capacità residua dell’impianto
    e le caratteristiche e quantità dei rifiuti che intende trattare. L’autorità competente può indicare quantità diverse o vietare il
    trattamento di specifiche categorie di rifiuti. L’autorità competente provvede altresì all’iscrizione in appositi elenchi dei gestori di
    impianti di trattamento che hanno effettuato la comunicazione di cui al comma 3./b>
  240. Allo smaltimento dei rifiuti di cui al comma 3, si applica la tariffa prevista per il servizio di depurazione di cui all’articolo 14
    della legge 5 gennaio 1994, n. 36.
  241. Il produttore dei rifiuti di cui al comma 2 e 3 e il trasportatore dei rifiuti sono tenuti al rispetto della normativa in materia di
    rifiuti prevista dal d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e successive modifiche e integrazioni, fatta eccezione per il produttore dei rifiuti
    di cui al comma 3 lettera b) che è tenuto al rispetto dei soli obblighi di cui all’articolo 10 del medesimo decreto. Il gestore del
    servizio idrico integrato che, ai sensi dei precedenti commi 3 e 5, tratta rifiuti è soggetto ai soli obblighi di cui all’articolo 12 del
    decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
    37 Impianti di acquacoltura e piscicoltura
  242. Con decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con i Ministri per le politiche agricole, dei lavori pubblici, dell’industria, del
    commercio e dell’artigianato, della sanità e, previa intesa con Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
    province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al contenimento dell’impatto sull’ambiente derivante
    dalle attività di acquacoltura e di piscicoltura.
  243. Utilizzazione agronomica
  244. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 19 per le zone vulnerabili e dal d.lgs. 4 agosto 1999, n. 372, per gli impianti di
    allevamento intensivo di cui al punto 6.6 dell’allegato 1 al predetto decreto, l’utilizzazione agronomica degli effluenti di
    allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574,
    nonché dalle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all’articolo 28, comma 7, lettere a), b) e c) e da altre piccole aziende
    agroalimentari a esse assimilate, così come individuate in base al decreto del ministro delle politiche agricole e forestali di cui al
    comma 2, è soggetta a comunicazione all’autorità competente di cui all’articolo 3, commi 1 e 2 del presente decreto, fatti salvi i
    casi di esonero di cui al comma 3, lettera b).
  245. Le regioni disciplinano le attività di utilizzazione agronomica di cui al comma 1 sulla base dei criteri e delle norme tecniche
    generali adottati con decreto del ministro delle politiche agricole e forestali di concerto con i ministri dell’ambiente, dell’industria,
    del commercio e dell’artigianato, della sanità e dei lavori pubblici, di intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo
    stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del predetto dm,
    garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati e in particolare il raggiungimento o il mantenimento
    degli obiettivi di qualità di cui al presente decreto.
  246. Nell’ambito della normativa di cui al comma 2, sono disciplinati in particolare:
    a) le modalità di attuazione degli articoli 3, 5, 6 e 9 della legge 11 novembre 1996, n. 574;
    b) i tempi e le modalità di effettuazione della comunicazione, prevedendo procedure sempl ificate, nonché specifici
    casi di esonero dall’obbligo di comunicazione per le attività di minor impatto ambientale;
    c) le norme tecniche di effettuazione delle operazioni di utilizzo agronomico;
    d) i criteri e le procedure di controllo, ivi compresi quelle inerenti l’imposizion e di prescrizioni da parte dell’autorità
    competente, il divieto di esercizio ovvero la sospensione a tempo determinato dell’attività di cui al comma 1 nel
    caso di mancata comunicazione o mancato rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni impartite;
    e) le sanzioni amministrative pecuniarie, fermo restando quanto disposto dall’articolo 59, comma 11-te r.
  247. Acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia
  248. Ai fini della prevenzione di rischi idraulici e ambientali, le regioni disciplinano:
    a) le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate;
    b) i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite
    altre condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l’eventuale autorizzazione.
  249. Le acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma precedente non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dal
    presente decreto.
  250. Le regioni disciplinano altresì i casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne
    siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolare ipotesi nelle quali, in relazione alle attività
    svolte, vi sia il rischio di dilavamento dalle superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano
    pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici.
  251. È comunque vietato lo scarico o l’immissione diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee.
  252. Dighe
  253. Le regioni adottano apposita disciplina in materia di restituzione delle acque utilizzate per la produzione idroelettrica, per scopi
    irrigui e in impianti di potabilizzazione, nonché delle acque derivanti da sondaggi o perforazioni diversi da quelli relativi alla
    ricerca ed estrazione di idrocarburi, al fine di garantire il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al
    Titolo II.
  254. Al fine di assicurare il mantenimento della capacità di invaso e la salvaguardia sia della qualità dell’acqua invasata, sia del
    corpo recettore, le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono effettuate sulla base di un progetto di
    gestione di ciascun impianto. Il progetto di gestione è finalizzato a definire sia il quadro previsionale di dette operazioni
    connesse con le attività di manutenzione da eseguire sull’impianto sia le misure di prevenzione e tutela del corpo ricettore,
    dell’ecosistema acquatico, delle attività di pesca e delle risorse idriche invasate e rilasciate a valle dello sbarramento durante le
    operazioni stesse.
  255. Il progetto di gestione individua altresì eventuali modalità di manovra degli organi di scarico, anche al fine di assicurare la
    tutela del corpo ricettore. Restano valide in ogni caso le disposizioni fissate tal d.P.R. 1° novembre 1959, n. 1363, volte a
    garantire la sicurezza di persone e cose.
  256. Il progetto di gestione di cui al comma 2, è predisposto dal gestore sulla base dei criteri fissati con decreto del Ministro dei
    lavori pubblici e del Ministro dell’ambiente di concerto con i Ministri dell’industria del commercio e dell’artigianato, per le politiche
    agricole e il Ministro delegato della Protezione Civile, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
    regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente
    decreto.
  257. Il progetto di gestione è approvato dalle regioni, con eventuali prescrizioni, entro sei mesi dalla sua presentazione, sentiti, ove
    necessario, gli enti gestori delle aree protette direttamente interessate; è trasmesso al Registro italiano dighe per l’inserimento
    come parte integrante del foglio condizioni per l’esercizio e la manutenzione di cui all’articolo 6 del d.P.R. 1° novembre 1959,
    n.1363, e relative disposizioni di attuazione. Il progetto di gestione si intende approvato e diviene operativo trascorsi sei mesi
    dalla data di presentazione senza che sia intervenuta alcuna pronuncia da parte della regione competente, fermo restando il
    potere di tali enti di dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso tale termine.
  258. Con l’approvazione del progetto il gestore è autorizzato ad eseguire le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento in
    conformità ai limiti indicati nel progetto stesso e alle relative prescrizioni.
  259. Nella definizione dei canoni di concessione di inerti ai sensi dell’articolo 89, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 31
    marzo 1998, n. 112, le amministrazioni determinano specifiche modalità ed importi per favorire lo sghiaiamento e sfangamento
    degli invasi per asporto meccanico.
  260. I gestori degli invasi esistenti sono tenuti a presentare il progetto di cui al comma 2 entro sei mesi dall’emanazione del
    decreto di cui al comma 4. Fino all’approvazione o alla operatività del progetto di gestione, e comunque non oltre dodici mesi
    dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 4, le operazioni periodiche di manovre prescritte ai sensi dell’articolo
    17 del d.P.R. 1° novembre 1959, n. 1363, volte a controllare la funzionalità degli organi di scarico, sono svolte in conformità ai
    fogli di condizione per l’esercizio e la manutenzione.
  261. Le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento degli invasi non devono pregiudicare gli usi in atto a valle dell’invaso, né
    il rispetto degli obiettivi di qualità ambientale e degli obiettivi di qualità per specifica destinazione.
  262. Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici
  263. Ferme restando le disposizioni di cui al Capo VII del regio decreto 25 luglio 1904, n. 523, al fine di assicurare il mantenimento
    o il ripristino della vegetazione spontanea nella fascia immediatamente adiacente i corpi idrici, con funzioni di filtro per i solidi
    sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, di stabilizzazione delle sponde e di conservazione della biodiversità da contemperarsi
    con le esigenze di funzionalità dell’alveo, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le regioni
    disciplinano gli interventi di trasformazione e di gestione del suolo e del soprassuolo previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla
    sponda di fiumi, laghi, stagni e lagune comunque vietando la copertura dei corsi d’acqua, che non sia imposta da ragioni di
    tutela della pubblica incolumità e la realizzazione di impianti di smaltimento dei rifiuti.
  264. Gli interventi di cui al comma 1 sono comunque soggetti all’autorizzazione prevista dal regio decreto 25 luglio 1904, n. 523,
    salvo quanto previsto per gli interventi a salvaguardia della pubblica incolumità.
  265. Per garantire le finalità di cui al comma 1, le aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque possono essere
    date in concessione allo scopo di destinarle a riserve naturali, a parchi fluviali o lacuali o comunque a interventi di ripristino e
    recupero ambientale. Qualora le aree demaniali siano già comprese in aree naturali protette statali o regionali inserite nell’elenco
    ufficiale di cui all’articolo 3, comma 4, lettera c), della legge 6 dicembre 1991, n. 394, la concessione è gratuita.
  266. Le aree del demanio fluviale di nuova formazione ai sensi della legge 5 gennaio 1994, n. 37, non possono essere oggetto di
    sdemanializzazione.
    Titolo IV – Strumenti di tutela
    Capo I – Piani di tutela delle acque
  267. Rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico e analisi dell’impatto esercitato dall’attività antropica
  268. Al fine di garantire l’acquisizione delle informazioni necessarie alla redazione del piano di tutela, le regioni provvedono ad
    elaborare programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico e a valutare l’impatto
    antropico esercitato sul medesimo.
  269. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui all’allegato 3 e sono resi operativi entro il 31
    dicembre 2000 e sono aggiornati ogni sei anni.
  270. Nell’espletamento dell’attività conoscitiva di cui al comma 1, le amministrazioni sono tenute ad utilizzare i dati e le
    informazioni già acquisite, con particolare riguardo a quelle preordinate alla redazione dei piani di risanamento delle acque di cui
    alla legge 10 maggio 1976, n. 319, nonché a quelle previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183.
  271. Rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici
  272. Le regioni elaborano programmi per la conoscenza e la verifica dello stato qualitativo e quantitativo delle acque superficiali e
    sotterranee all’interno di ciascun bacino idrografico.
  273. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui all’allegato 1 e resi operativi entro il 31
    dicembre 2000. Tali programmi devono essere integrati con quelli già esistenti per gli obiettivi a specifica destinazione stabiliti in
    conformità all’allegato 2.
  274. Al fine di evitare sovrapposizioni e di garantire il flusso delle informazioni raccolte e la loro compatibilità con il Sistema
    informativo nazionale dell’ambiente, nell’esercizio delle rispettive competenze, le regioni possono promuovere accordi di
    programma con le strutture definite ai sensi dell’articolo 92 del decreto legislativo del 31 marzo 1998 n. 112, con l’Agenzia
    nazionale per la protezione dell’ambiente, le agenzie regionali e provinciali dell’ambiente, le province, le autorità d’ambito, i
    consorzi di bonifica e gli altri enti pubblici interessati. Nei programmi devono essere definite altresì le modalità di
    standardizzazione dei dati e di interscambio delle informazioni.
  275. Piani di tutela delle acque
  276. Il piano di tutela delle acque costituisce un piano stralcio di settore del piano di bacino ai sensi dell’articolo 17, comma 6-ter,
    della legge 18 maggio 1989, n. 183, ed è articolato secondo le specifiche indicate nell’allegato 4.
  277. Entro il 31 dicembre 2001 le autorità di bacino di rilievo nazionale ed interregionale, sentite le province e le autorità d’ambito,
    definiscono gli obiettivi su scala di bacino, cui devono attenersi i piani di tutela delle acque, nonché le priorità degli interventi.
    Entro il 31 dicembre 2003, le regioni, sentite le province, previa adozione delle eventuali misure di salvaguardia, adottano il
    piano di tutela delle acque e lo trasmettono alle competenti autorità di bacino.
  278. Il piano di tutela contiene, oltre agli interventi volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di cui al
    presente decreto, le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico.
  279. A tal fine il piano di tutela contiene in particolare:
    a) i risultati dell’attività conoscitiva;
    b) l’individuazione degli obiettivi di q ualità ambientale e per specifica destinazione;
    c) l’elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree richiedenti specifiche misure di prevenzione
    dall’inquinamento e di risanamento;
    d) le misure di tutela qualitative e qu antitative tra loro integrate e coordinate per bacino idrografico;
    e) l’indicazione della cadenza temporale degli interventi e delle relative priorità;
    f) il programma di verifica dell’efficacia degli interventi previsti;
    g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici.
  280. Entro 90 giorni dalla trasmissione del piano di cui al comma 2 le autorità di bacino nazionali o interregionali verificano la
    conformità del piano agli obiettivi e alle priorità del comma 2 esprimendo parere vincolante. Il piano di tutela è approvato dalle
    regioni entro i successivi sei mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2004.
  281. Per i bacini regionali le regioni approvano il piano entro sei mesi dall’adozione e comunque non oltre il 31 dicembre 2004.
    Capo II – Autorizzazione agli scarichi
  282. Criteri generali
  283. Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati.
  284. L’autorizzazione è rilasciata al titolare dell’attività da cui origina lo scarico. Ove tra più stabilimenti sia costituito un consorzio
    per l’effettuazione in comune dello scarico delle acque reflue provenienti dalle attività dei consorziati, l’autorizzazione è rilasciata
    in capo al consorzio medesimo, ferme restando le responsabilità dei singoli consorziati e del gestore del relativo impianto di
    depurazione in caso di violazione delle disposizioni del presente decreto. Si applica l’articolo 62, comma 11, secondo periodo, del
    presente decreto.
  285. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, servite o meno da impianti di depurazione
    delle acque reflue urbane, è definito dalle regioni nell’ambito della disciplina di cui all’articolo 28, commi 1 e 2.
  286. In deroga al comma 1 gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie sono sempre ammessi nell’osservanza dei
    regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato.
  287. Le regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue per il
    tempo necessario al loro avvio.
  288. Salvo diversa disciplina regionale, la domanda di autorizzazione è presentata alla provincia ovvero al comune se lo scarico è in
    pubblica fognatura. L’autorità competente provvede entro novanta giorni dalla ricezione della domanda.
  289. Salvo quanto previsto dal d.lgs. 4 agosto 1999, n. 372, l’autorizzazione è valida per quattro anni dal momento del rilascio. Un
    anno prima della scadenza ne deve essere chiesto il rinnovo. Lo scarico può essere provvisoriamente mantenuto in funzione nel
    rispetto delle prescrizioni contenute nella precedente autorizzazione, fino all’adozione di un nuovo provvedimento, se la
    domanda di rinnovo è stata tempestivamente presentata. Per gli scarichi contenenti sostanze pericolose di cui all’articolo 34, il
    rinnovo deve essere concesso in modo espresso entro e non oltre sei mesi dalla data di scadenza; trascorso inutilmente tale
    termine, lo scarico dovrà cessare immediatamente. La disciplina regionale di cui al comma 3 può prevedere per specifiche
    tipologie di scarichi di acque reflue domestiche, ove soggetti ad autorizzazione, forme di rinnovo tacito della medesima.
  290. Per gli scarichi in un corso d’acqua che ha portata naturale nulla per oltre 120 giorni ovvero in un corpo idrico non
    significativo, l’autorizzazione tiene conto del periodo di portata nulla e della capacità di diluizione del corpo idrico e stabilisce
    prescrizioni e limiti al fine di garantire le capacità autodepurative del corpo ricettore e la difesa delle acque sotterranee.
  291. In relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni locali dell’ambiente interessato,
    l’autorizzazione contiene le ulteriori prescrizioni tecniche volte a garantire che gli scarichi, ivi comprese le operazioni ad esso
    funzionalmente connesse, siano effettuati in conformità alle disposizioni del presente decreto e senza pregiudizio per il corpo
    ricettore, per la salute pubblica e l’ambiente.
  292. Le spese occorrenti per effettuare i rilievi, gli accertamenti, i controlli e i sopralluoghi necessari per l’istruttoria delle
    domande d’autorizzazione previste dal presente decreto sono a carico del richiedente. L’autorità competente determina, in via
    provvisoria, la somma che il richiedente è tenuto a versare, a titolo di deposito, quale condizione di procedibilità della domanda.
    L’autorità stessa, completata l’istruttoria, provvede alla liquidazione definitiva delle spese sostenute.
  293. Per gli insediamenti, edifici o installazioni la cui attività sia trasferita in altro luogo ovvero per quelli soggetti a diversa
    destinazione, ad ampliamento o a ristrutturazione da cui derivi uno scarico avente caratteristiche qualitativamente o
    quantitativamente diverse da quelle dello scarico preesistente deve essere richiesta una nuova autorizzazione allo scarico, ove
    prevista. Nelle ipotesi in cui lo scarico non abbia caratteristiche qualitative o quantitative diverse, deve essere data
    comunicazione all’autorità competente, la quale, verificata la compatibilità dello scarico con il corpo recettore, può adottare i
    provvedimenti che si rendessero eventualmente necessari.
  294. Domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali
  295. La domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali deve essere accompagnata dall’indicazione delle
    caratteristiche quantitative e qualitative dello scarico, della quantità di acqua da prelevare nell’anno solare, del corpo ricettore e
    del punto previsto per il prelievo al fine del controllo, dalla descrizione del sistema complessivo di scarico, ivi comprese le
    operazioni ad esso funzionalmente connesse, dall’eventuale sistema di misurazione del flusso degli scarichi, ove richiesto, dalla
    indicazione dei mezzi tecnici impiegati nel processo produttivo e nei sistemi di scarico, nonchè dall’indicazione dei sistemi di
    depurazione utilizzati per conseguire il rispetto dei valori limite di emissione.
  296. Nel caso di scarichi di sostanze di cui alla tabella 3/A dell’allegato 5 dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella 3/A, la
    domanda di cui al comma 1 deve altresì indicare:
    a) la capacità di produzione del singolo stabilimento industriale che comporta la produzione ovvero la
    trasformazione ovvero l’utilizzazione delle sostanze di cui alla medesima tabella, ovvero la presenza di tali sostanze
    nello scarico. La capacità di produzione deve essere indicata con riferimento alla massima capacità oraria
    moltiplicata per il numero massimo di ore lavorative giornaliere e per il numero massimo di giorni lavorativi;
    b) il fabbisogno orario di acque per ogni specifico processo produttivo.
  297. Approvazione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane
  298. Salve le disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale, le regioni disciplinano le modalità di approvazione dei
    progetti degli impianti di depurazione di acque reflue urbane che tengono conto dei criteri di cui all’allegato 5 e della
    corrispondenza tra la capacità dell’impianto e le esigenze delle aree asservite, nonché delle modalità delle gestioni che devono
    assicurare il rispetto dei valori limite degli scarichi, e definiscono le relative fasi di autorizzazione provvisoria necessaria all’avvio
    dell’impianto ovvero in caso di realizzazione per lotti funzionali.
  299. Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue
  300. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, e successive modifiche, i fanghi derivanti dal
    trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta ciò risulti
    appropriato.
  301. E’ comunque vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre.
  302. Lo smaltimento dei fanghi nelle acque marine mediante immersione da nave, scarico attraverso condotte ovvero altri mezzi è
    autorizzato ai sensi dell’articolo 18, comma 2, lettera p-bis) del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e deve comunque
    cessare entro il 2003. Fino a tale data le quantità totali di materie tossiche, persistenti ovvero bioaccumulabili, devono essere
    progressivamente ridotte. In ogni caso le modalità di smaltimento devono rendere minimo l’impatto negativo sull’ambiente.
    Capo III – Controllo degli scarichi
  303. Soggetti tenuti al controllo
  304. L’autorità competente effettua il controllo degli scarichi sulla base di un programma che assicuri un periodico, diffuso,
    effettivo ed imparziale sistema di controlli preventivi e successivi.
  305. Fermo restando quanto stabilito al comma 1, per gli scarichi in pubblica fognatura l’ente gestore, ai sensi dell’articolo 26 della
    legge 5 gennaio 1994, n. 36, organizza un adeguato servizio di controllo secondo le modalità previste nella convenzione di
    gestione.
  306. Accessi ed ispezioni
  307. Il soggetto incaricato del controllo è autorizzato a effettuare le ispezioni, i controlli e i prelievi necessari all’accertamento del
    rispetto dei valori limite di emissione, delle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori o regolamentari e delle
    condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Il titolare dello scarico è tenuto a fornire le informazioni richieste e a
    consentire l’accesso ai luoghi dai quali origina lo scarico.
  308. Inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione allo scarico
  309. Ferma restando l’applicazione delle norme sanzionatorie di cui al Titolo V, in caso di inosservanza delle prescrizioni
    dell’autorizzazione allo scarico, l’autorità competente al controllo procede, secondo la gravità dell’infrazione:
    a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le irregolarità;
    b) alla diffida e contestuale sospensione dell’autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestano
    situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente;
    c) alla revoca dell’autorizzazione in caso di mancato adeguam ento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso
    di reiterate violazioni che determinano situazione di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente.
  310. Controllo degli scarichi di sostanze pericolose
  311. Per gli scarichi contenenti le sostanze di cui alla tabella 5 dell’allegato 5 l’autorità competente nel rilasciare l’autorizzazione
    può prescrivere, a carico del titolare, l’installazione di strumenti di controllo in automatico, nonché le modalità di gestione degli
    stessi e di conservazione dei relativi risultati, che devono rimanere a disposizione dell’autorità competente al controllo per un
    periodo non inferiore a tre anni dalla data di effettuazione dei singoli controlli.
  312. Interventi sostitutivi
  313. Nel caso in cui non vengano effettuati i controlli ambientali previsti dal presente decreto, il Ministro dell’ambiente diffida la
    regione a provvedere nel termine di sei mesi ovvero nel termine imposto dalle esigenze di tutela sanitaria e ambientale. In caso
    di persistente inadempienza provvede il Ministro dell’ambiente, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, in via sostitutiva,
    con oneri a carico dell’Ente inadempiente.
  314. Nell’esercizio dei poteri sostitutivi, il Ministro dell’ambiente nomina un commissario ad acta che pone in essere gli atti
    necessari agli adempimenti previsti dalla normativa vigente a carico delle regioni al fine dell’organizzazione del sistema dei
    controlli.
    Titolo V – Sanzioni
    Capo I – Sanzioni a mministrative e danno ambientale
  315. Sanzioni amministrative
  316. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell’effettuazione di uno scarico supera i valori limite di emissione fissati nelle
    tabelle di cui all’allegato 5, ovvero i diversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell’articolo 28, comma 2, ovvero quelli
    fissati dall’autorità competente a norma dell’articolo 33, comma 1 o dell’articolo 34, comma 1, è punito con la sanzione
    amministrativa da lire 5 milioni a lire 50 milioni. Se l’inosservanza dei valori limite riguarda scarichi recapitanti nelle aree di
    salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all’articolo 21 ovvero in corpi idrici posti nelle aree protette
    di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, si applica la sanzione amministrativa non inferiore a lire 30 milioni.
  317. Chiunque apre o comunque effettua scarichi di acque reflue domestiche o di reti fognarie, servite o meno da impianti pubblici
    di depurazione, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 45, ovvero continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che
    l’autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con la sanzione amministrativa da lire dieci milioni a lire cento milioni.
    Nell’ipotesi di scarichi relativi ad edifici isolati adibiti ad uso abitativo la sanzione è da uno a cinque milioni.
  318. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato e al di fuori delle ipotesi di cui al comma 1, effettua o mantiene uno scarico
    senza osservare le prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione ovvero fissate ai sensi dell’articolo 33, comma 1, è
    punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 2 milioni a lire 25 milioni.
  319. Si applica la sanzione prevista al comma 3 a chi effettuando al momento dell’entrata in vigore del presente decreto scarichi di
    acque reflue esistenti, non ottempera alle disposizioni di cui all’articolo 62, comma 12.
  320. (comma abrogato dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258)
  321. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, effettua l’immersione in mare dei materiali indicati all’articolo 35, comma 1,
    lettere a) e b), ovvero svolge l’attività di posa in mare cui al comma 5 dello stesso articolo, senza autorizzazione, è punito con la
    sanzione amministrativa pecuniaria da lire due milioni a lire venti milioni.
  322. Salvo che il fatto non costituisca reato, fino all’emanazione della disciplina regionale di cui all’articolo 38, comma 2, chiunque
    non osserva le disposizioni di cui all’articolo 62, comma 10 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 1 milione a
    lire 10 milioni.
  323. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato non osserva il divieto di smaltimento dei fanghi previsto dall’articolo 48, comma
    2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire dieci milioni a lire cento milioni.
  324. (comma abrogato dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258)
  325. Salva che il fatto non costituisca reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire dieci milioni a lire cento
    milioni, chiunque:
    a) nell’effettuazione delle operazioni di svaso sghiaiamento o sfangamento delle dighe, supera i limiti o non
    osserva le altre prescrizioni contenute nello specifico progetto di gestione dell’impianto di cui all’articolo 40, commi
    2 e 3;
    b) effe ttua le medesime operazioni prima dell’approvazione del progetto di gestione;
  326. Chiunque viola le prescrizioni concernenti l’installazione e la manutenzione dei dispositivi per la misurazione delle portate e
    dei volumi ovvero l’obbligo di trasmissione dei risultati delle misurazioni di cui al comma 3 dell’articolo 22 è punito con la
    sanzione amministrativa pecuniaria da lire 2 milioni a lire 10 milioni. Nei casi di particolare tenuità la sanzione è ridotta a un
    quinto.
  327. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell’articolo 39, comma 1, lettera b), è punito con la
    sanzione amministrativa pecuniaria da lire 2 milioni a lire 25 milioni.
  328. Sanzioni in materia di aree di salvaguardia e modifiche al d.P.R. 24 maggio 1988, n. 236
  329. L’inosservanza delle disposizioni relative alle attività e destinazioni vietate nelle aree di salvaguardia di cui all’articolo 21 è
    punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 1 milione a lire 10 milioni.
  330. Il comma 3 dell’articolo 21, del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 236, è sostituito dal seguente: (omissis)
  331. Il comma 4 dell’articolo 21, del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 236, è così modificato: (omissis)
  332. Competenza e giurisdizione
  333. In materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede, salvo
    diversa disposizione delle regioni o delle province autonome, la regione o la provincia autonoma nel cui territorio è stata
    commessa la violazione, a eccezione delle sanzioni previste dall’art. 54, commi 8 e 9, per le quali è competente il comune, salve
    le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità.
    1-bis. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, alla sorveglianza e all’accertamento degli illeciti
    in violazione delle norme in materia di tutela delle acque dall’inquinamento e del relativo danno ambientale concorre il corpo
    forestale dello stato, in qualità di forza di polizia specializzata in materia ambientale.
  334. Avverso le ordinanze-ingiunzione relative alle sanzioni amministrative di cui al comma 1 è esperibile il giudizio di opposizione
    di cui all’articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
  335. Per i procedimenti penali pendenti alla entrata in vigore del presente decreto l’autorità giudiziaria, se non deve pronunziare
    decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli enti indicati al comma 1 ai fini
    dell’applicazione delle sanzioni amministrative.
  336. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente decreto non si applica il pagamento in misura ridotta di cui
    all’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
  337. Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie
  338. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste dal presente decreto, sono versate all’entrata del
    bilancio regionale per essere riassegnate ai capitoli di spesa destinati alle opere di risanamento e di riduzione dell’inquinamento
    dei corpi idrici. Le regioni provvedono alla ripartizione delle somme riscosse fra gli interventi di prevenzione e di risanamento.
  339. Danno ambientale, bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati
  340. Chi con il proprio comportamento omissivo o commissivo in violazione delle disposizioni del presente decreto provoca un
    danno alle acque, al suolo, al sottosuolo e alle altre risorse ambientali, ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di
    inquinamento ambientale, è tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino
    ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali è derivato il danno ovvero deriva il pericolo di inquinamento, ai sensi e
    secondo il procedimento di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
  341. Ai sensi dell’articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, è fatto salvo il diritto ad ottenere il risarcimento del danno non
    eliminabile con la bonifica ed il ripristino ambientale di cui al comma 1.
  342. Nel caso in cui non sia possibile una precisa quantificazione del danno di cui al comma 2, lo stesso si presume, salvo prova
    contraria, di ammontare non inferiore alla somma corrispondente alla sanzione pecuniaria amministrativa, ovvero alla sanzione
    penale, in concreto applicata. Nel caso in cui sia stata irrogata una pena detentiva, solo al fine della quantificazione del danno di
    cui al presente comma, il ragguaglio fra la stessa e la pena pecuniaria, ha luogo calcolando quattrocentomila lire, per un giorno
    di pena detentiva. In caso di sentenza di condanna in sede penale o di emanazione del provvedimento di cui all’articolo 444 del
    codice di procedura penale, la cancelleria del giudice che ha emanato il provvedimento trasmette copia dello stesso al Ministero
    dell’ambiente. Gli enti di cui al comma 1 dell’articolo 56 danno prontamente notizia dell’avvenuta erogazione delle sanzioni
    amministrative al Ministero dell’ambiente al fine del recupero del danno ambientale.
  343. Chi non ottempera alle prescrizioni di cui al comma 1, è punito con l’arresto da sei mesi ad un anno e con l’ammenda da lire
    cinque milioni a lire cinquanta milioni.
    Capo II – Sanzioni penali
  344. Sanzioni penali
  345. Chiunque apre o comunque effettua nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, ovvero continua ad
    effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l’autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con l’arresto da due mesi a
    due anni o con l’ammenda da lire due milioni a lire quindici milioni.
  346. Alla stessa pena stabilita al comma 1, soggiace chi – effettuando al momento di entrata in vigore della presente decreto
    scarichi di acque reflue industriali autorizzati in base alla normativa previgente – non ottempera alle disposizioni di cui all’art. 62,
    comma 12.
  347. Quando le condotte descritte ai commi 1 e 2 riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze
    pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3A dell’allegato 5, la pena è dell’arresto da
    tre mesi a tre anni.
  348. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5, effettua uno scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze
    pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell’allegato 5, senza osservare le
    prescrizioni dell’autorizzazione, ovvero le altre prescrizioni dell’autorità competente a norma degli artt. 33, comma 1 e 34,
    comma 3 è punito con l’arresto fino a due anni.
    4-bis. Chiunque viola le prescrizioni concernenti l’installazione e la gestione dei controlli in automatico o l’obbligo di
    conservazione dei risultati degli stessi di cui all’art. 52 è punito con la pena di cui al precedente comma 4.
  349. Chiunque, nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, supera i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di
    scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’allegato 5 ovvero i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o
    dall’autorità competente a norma dell’art. 33, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’allegato 5, è punito
    con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da lire 5 milioni a lire 50 milioni. Se sono superati anche i valori limite fissati per le
    sostanze contenute nella tabella 3A dell’allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da lire 10 milioni a lire
    200 milioni.
  350. Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresì al gestore di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che
    nell’effettuazione dello scarico supera i valori limite previsti dallo stesso comma.
    6-bis. Al gestore del servizio idrico integrato che non ottempera all’obbligo di comunicazione di cui all’art. 36, comma 3, o non
    osserva le prescrizioni o i divieti di cui all’art. 36, comma 5, si applica la pena di cui all’art. 51, comma 1, del decreto legislativo 5
    febbraio 1997, n. 22.
    6-ter. Il titolare di uno scarico che non consente l’accesso agli insediamenti da parte del soggetto incaricato del controllo ai fini
    di cui all’art. 28, commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la pena dell’arresto fino a due anni.
    Restano fermi i poteri-doveri di interventi dei soggetti incaricati del controllo anche ai sensi dell’art. 13 della legge n. 689 del
    1981 e degli articoli 55 e 354 del codice di procedura penale.
    6-quater. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell’art. 39, comma 3, è punito con le sanzioni di
    cui all’art. 59, comma 1.
  351. Chiunque non ottempera al provvedimento adottato dall’autorità competente ai sensi dell’articolo 10, comma 5, ovvero
    dell’articolo 12, comma 2, è punito con l’ammenda da lire due milioni a lire venti milioni.
  352. Chiunque non osservi i divieti di scarico previsti dagli articoli 29 e 30 è punito con l’arresto sino a tre anni.
  353. Chiunque non osserva le prescrizioni regionali assunte a norma dell’articolo 15, commi 2 e 3, dirette ad assicurare il
    raggiungimento ovvero il ripristino degli obiettivi di qualità delle acque designate ai sensi dell’articolo 14, ovvero non ottempera
    ai provvedimenti adottati dall’autorità competente ai sensi dell’articolo 14, comma 3, è punito con l’arresto sino a due anni o con
    l’ammenda da lire sette milioni a lire settanta milioni.
  354. Nei casi previsti dal comma 9, il ministro della sanità e dell’ambiente, nonché la regione e la provincia autonoma
    competente, ai quali sono inviati copia delle notizie di reato, possono indipendentemente dall’esito del giudizio penale, disporre,
    ciascuno per quanto di competenza, la sospensione in via cautelare dell’attività di molluschicoltura e, a seguito di sentenza di
    condanna o di decisione emessa ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale definitive, valutata la gravità dei fatti,
    disporre la chiusura degli impianti.
  355. Si applica sempre la pena dell’arresto da due mesi a due anni se lo scarico nelle acque del mare da parte di navi od
    aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali è imposto il divieto assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni
    contenute nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e ratificate dall’Italia, salvo che siano in quantità tali da essere resi
    rapidamente innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare. Resta fermo, in quest’ultimo
    caso l’obbligo della preventiva autorizzazione da parte dell’autorità competente.
    11-bis. La sanzione di cui al comma 11 si applica anche a chiunque effettua, in violazione dell’art. 48, comma 3, lo smaltimento
    dei fanghi nelle acque marine mediante immersione da nave, scarico attraverso condotte ovvero altri mezzi o comunque effettua
    l’attività di smaltimento di rifiuti nelle acque marine senza essere munito dell’autorizzazione di cui all’art. 18, comma 2, lettera pbis)
    del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
    11-ter. Chiunque effettui l’utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari
    nonché delle acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all’art. 38 al di fuori dei casi e
    delle procedure ivi previste ovvero non ottemperi al divieto o all’ordine di sospensione dell’attività impartito a norma di detto
    articolo è punito con l’ammenda da lire 2 milioni a lire 15 milioni o con l’arresto fino a un anno. La stessa pena si applica a
    chiunque effettua l’utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente.
  356. Obblighi del condannato
  357. Con la sentenza di condanna per i reati previsti nel presente decreto, o con la decisione emessa ai sensi dell’articolo 444 del
    codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato al risarcimento del
    danno e all’esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino di cui all’articolo 58.
  358. Circostanza attenuante
  359. Nei confronti di chi, prima del giudizio penale o dell’ordinanza-ingiunzione, ha riparato interamente il danno, le sanzioni penali
    e amministrative previste nel presente titolo sono diminuite dalla metà a due terzi.
    Titolo VI – Disposizioni finali
  360. Norme transitorie e finali
  361. Il presente decreto contiene le norme di recepimento delle seguenti direttive comunitarie:
    a) direttiva 75/440/CEE relativa alla qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
    b) direttiva 76/464/CEE concernente l’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell’ambie nte
    idrico;
    c) dire ttiva 78/659/CEE relativa alla qualità delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere
    idonee alla vita dei pesci;
    d) direttiva 79/869/CEE re lativa ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti e delle analisi delle acque
    superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
    e) direttiva 79/923/CEE relativa ai requisiti di qualità de lle acque destinate alla molluschicoltura;
    f) direttiva 80/68/CEE relativa alla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento provoca to da certe
    sostanze pericolose;
    g) direttiva 82/176/C EE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio del settore
    dell’elettrolisi dei cloruri alcalini;
    h) direttiva 83/513/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di cadmio;
    i) direttiva 84/156/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio provenienti da
    settori diversi da quello dell’elettrolisi dei cloruri alcalini;
    l) direttiva 84/491/CEE relativa ai valori limite e obiettivi di qualità per gli scarichi di esaclorocicloesano;
    m) direttiva 88/347/CEE relativa alla modifica dell’allegato II della direttiva 86/280/CEE concernente i va lori limite
    e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell’elenco I dell’allegato della
    direttiva 76/464/CEE;
    n) direttiva 90/415/CE E relativa alla modifica della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di
    qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell’elenco I della direttiva 76/464/CEE;
    o) direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane;
    p) direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque da inquinamento p rovocato dai nitrati provenienti da
    fonti agricole;
    q) direttiva 98 /15/CE recante modifica della direttiva 91/271/CEE per quanto riguarda alcuni requisiti dell’allegato
    I.
  362. Le previsioni del presente decreto possono essere derogate solo temporaneamente e in caso di comprovate circostanze
    eccezionali, per motivi di sicurezza idraulica volti ad assicurare l’incolumità delle popolazioni.
  363. Le regioni definiscono, in termini non inferiori a due anni, i tempi di adeguamento alle prescrizioni, ivi comprese quelle
    adottate ai sensi dell’articolo 28, comma 2, contenute nella legislazione regionale attuativa del presente decreto e nei piani di
    tutela di cui all’articolo 44, comma 3.
  364. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 36 della legge 24 aprile 1998, n. 128 e relativi decreti legislativi di attuazione della
    direttiva 96/92/CE.
  365. (comma abrogato dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258)
  366. (comma abrogato dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258)
  367. Per quanto non espressamente disciplinato dal presente decreto, continuano ad applicarsi le norme tecniche di cui alla
    delibera del Comitato interministeriale per la tutela delle acque del 4 febbraio 1977 e successive modifiche ed integrazioni,
    pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 48 del 21 febbraio 1977.
  368. Le norme regolamentari e tecniche emanate ai sensi delle disposizioni abrogate con l’articolo 63 restano in vigore, ove
    compatibili con gli allegati al presente decreto e fino all’adozione di specifiche normative in materia.
  369. Le aziende agricole esistenti tenute al rispetto del codice di buona pratica agricola ai sensi dell’articolo 19, comma 5, devono
    provvedere all’adeguamento delle proprie strutture entro due anni dalla data di designazione delle zone vulnerabili da nitrati di
    origine agricola
  370. Fino all’emanazione della disciplina regionale di cui all’art. 38, le attività di utilizzazione agronomica sono effettuate secondo
    le disposizioni regionali vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto.
  371. Fatte salve le disposizioni specifiche previste dal presente decreto, i titolari degli scarichi esistenti devono adeguarsi alla
    nuova disciplina entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Lo stesso termine vale anche nel caso di
    scarichi per i quali l’obbligo di autorizzazione preventiva è stato introdotto dalla presente normativa. I titolari degli scarichi
    esistenti e autorizzati procedono alla richiesta di autorizzazione in conformità alla presente normativa allo scadere
    dell’autorizzazione e comunque non oltre quattro anni dall’entrata in vigore del presente decreto. Si applicano in tal caso il terzo
    e quarto periodo del comma 7 dell’art. 45.
  372. Coloro che effettuano scarichi esistenti di acque reflue, sono obbligati, fino al momento nel quale devono osservare i limiti di
    accettabilità stabiliti dal presente decreto, ad adottare le misure necessarie a evitare un aumento anche temporaneo
    dell’inquinamento. Essi sono comunque tenuti a osservare le norme, le prescrizioni e i valori limite stabiliti, secondo i casi, dalle
    normative regionali ovvero dall’autorità competente ai sensi dell’art. 33 vigenti alla data di entrata in vigore del presente
    decreto, in quanto compatibili con le disposizioni relative alla tutela qualitativa e alle scadenze temporali del presente decreto e,
    in particolare, con quanto già previsto dalla normativa previgente. Sono fatte salve in ogni caso le disposizioni più favorevoli
    introdotte dal presente decreto.
  373. Dall’attuazione del presente decreto non devono derivare maggiori oneri o minori entrate a carico del bilancio dello Stato,
    fatto salvo quanto previsto dal comma 14.
  374. Le regioni, le province autonome e gli enti attuatori provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto anche sulla
    base di risorse finanziarie definite da successive disposizioni di finanziamento nazionali e comunitarie.
    14-bis. In attuazione delle disposizioni statali di finanziamento di cui al comma 14, una quota non inferiore a 10 e non superiore
    al 15% degli stanziamenti è riservata alle attività di monitoraggio e studio destinati all’attuazione del presente decreto.
  375. All’articolo 6, comma 1, del decreto legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997,
    n. 135, così come sostituito dall’articolo 8, comma 2, della legge 8 ottobre 1997, n. 344, le parole: “tenendo conto della direttiva
    91/271/CEE del Consiglio del 21 maggio 1991 concernente il trattamento delle acque reflue urban” esono sostituite dalle
    seguenti “tenendo conto del decreto legislativo recante disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento
    della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla
    protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti dalle fonti agrico”l.e
    15-bis. Restano ferme le norme della legge 11 dicembre 1982, n. 979.
  376. Abrogazione
  377. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 3, comma 2, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono
    abrogate le norme contrarie o incompatibili con il medesimo, ed in particolare:
  • legge 10 maggio 1976, n. 319;
  • legge 8 ottobre 1976, n. 690, d i conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 1976, n.
    544;
  • legg e 24 dicembre 1979, n. 650;
  • legge 5 marzo 1982, n. 62, di con versione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 1981, n.
    801;
  • d.P .R. 3 luglio 1982, n. 515;
  • legge 25 luglio 1984, n. 381 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 1984, n.
    176;
  • gli articoli 4 e 5 della legge 5 aprile 1990, n. 71 di conversione in legge,con modificazioni, del decreto-legge 5
    febbraio 1990, n. 16;
  • decreto legislativo 2 5 gennaio, 1992, n. 130;
  • decreto legislativo 27 gennaio, 1992, n. 131;
  • decreto legislativo 27 gennaio, 1992, n. 132;
  • decreto legislativo 27 gennaio, 1992, n. 133;
  • art. 2, comma 1, legge 6 dicembre 1993, n. 5 02, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9
    ottobre 1993, n. 408;
  • art. 9-bis, legge 20 d icembre 1996, n. 642, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23
    ottobre 1996, n. 552;
  • legge 17 maggio 199 5, n. 172, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 1995, n.
    79.
  1. Sono fatti salvi, in ogni caso, gli effetti finanziari derivanti dai provvedimenti di cui al comma 1.
    ALLEGATO 1: Monitoraggio e classificazione delle acque in funzione degli obiettivi di qualità ambientale.
    ALLEGATO 2: Criteri per la classificazione dei corpi idrici a destinazione funzionale.
    ALLEGATO 3: Rilevamento delle caratteristiche dei bacini idrografici e analisi dell’im patto esercitato dall’attività antropica.
    ALLEGATO 4: Contenuti dei piani di tutela dei bacini idrografici.
    ALLEGATO 5: Limiti di emissione degli scarichi idrici.
    ALLEGATO 6: Criteri per la definizione delle aree sen sibili.
    ALLEGATO 7: Zone vulnerabili.