Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
Norme in materia ambientale
(G.U. n. 88 del 14 aprile 2006)
Parte prima – Disposizioni comuni e principi generali
- Ambito di applicazione.
- Finalità.
- Criteri per l’adozione dei provvedimenti successivi.
3-bis. Principi sulla produzione del diritto ambientale.
3-ter. Principio dell’azione ambientale.
3-quater. Principio dello sviluppo sostenibile.
3-quinquies. Principi di sussidiarietà e di leale collaborazione.
3-sexies. Diritto di accesso alle informazioni ambientali e di partecipazione a scopo collaborativo.
Parte seconda – Procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione
d’impatto ambientale (VIA) e per l’autorizzazione ambientale integrata (IPPC)
Titolo I – Principi generali per le procedure di VIA, di VAS e per la valutazione d’incidenza e l’autorizzazione
integrata ambientale (AIA) - Finalità
- Definizioni.
- Oggetto della disciplina
- Competenze
7-bis. Competenze in materia di VIA e di verifica di assoggettabilità a VIA - Norme di organizzazione
8-bis. Commissione istruttoria per l’autorizzazione integrata ambientale – IPPC - Norme procedurali generali
- Norme per il coordinamento e la semplificazione dei procedimenti
Titolo II – La Valutazione ambientale strategica - Modalità di svolgimento
- Verifica di assoggettabilità
- Redazione del rapporto ambientale
- Consultazione
- Valutazione del rapporto ambientale e degli esiti i risultati della consultazione
- Decisione
- Informazione sulla decisione
- Monitoraggio
Titolo III – La Valutazione di impatto ambientale - Modalità di svolgimento
- Verifica di assoggettabilità
21.Definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale - Studio di impatto ambientale
- Presentazione dell’istanza
- Consultazione
24-bis. Inchiesta pubblica - Valutazione dello studio di impatto ambientale e degli esiti della consultazione
- Decisione
- Informazione sulla decisione
27-bis. Provvedimento autorizzatorio unico regionale - Monitoraggio
- Controlli e sanzioni
Titolo III-bis. L’autorizzazione integrata ambientale
29-bis. Individuazione e utilizzo delle migliori tecniche disponibili
29-ter. Domanda di autorizzazione integrata ambientale
29-quater. Procedura per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale
29-quinquies. Coordinamento per l’uniforme applicazione sul territorio nazionale
29-sexies. Autorizzazione integrata ambientale
29-septies. Migliori tecniche disponibili e norme di qualità ambientale
29-octies. Rinnovo e riesame
29-nonies. Modifica degli impianti o variazione del gestore
29-decies. Rispetto delle condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale
29-undecies. Inventario delle principali emissioni e loro fonti
29-duodecies. Comunicazioni
29-terdecies. Scambio di informazioni
29-quattuordecies. Sanzioni
Titolo IV – Valutazioni ambientali interregionali e transfrontaliere - Impatti ambientali interregionali
- Attribuzione competenze
- Consultazioni transfrontaliere
32-bis. Effetti transfrontalieri
Titolo V – Norme transitorie e finali - Oneri istruttori
- Norme tecniche, organizzative e integrative
- Disposizioni transitorie e finali
- Abrogazioni e modifiche
- – 52.(abrogati)
Parte terza – Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle
acque dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche
Sezione I – Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione
Titolo I – Principi generali e competenze
Capo I – Principi generali - Finalità.
- Definizioni.
- Attività conoscitiva.
- Attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione.
Capo II – Competenze - Presidente del Consiglio dei Ministri, Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della difesa del
suolo. - Competenze del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
- Competenze della conferenza Stato-regioni.
- Competenze dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – APAT.
- Competenze delle regioni.
- Competenze degli enti locali e di altri soggetti.
- Autorità di bacino distrettuale.
Titolo II – I distretti idrografici, gli strumenti, gli interventi
Capo I – Distretti idrografici - Distretti idrografici.
Capo II – Gli strumenti - Valore, finalità e contenuti del piano di bacino distrettuale.
- Adozione ed approvazione dei piani di bacino.
- I piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e le misure di prevenzione per le aree a rischio.
- Procedura per l’adozione dei progetti di piani stralcio.
68-bis. Contratti di fiume.
Capo III – Gli interventi - Programmi di intervento.
- Adozione dei programmi.
- Attuazione degli interventi.
- Finanziamento.
72-bis. Disposizioni per il finanziamento degli interventi di rimozione o di demolizione di immobili abusivi
realizzati in aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato ovvero esposti a rischio
idrogeologico
Sezione II – Tutela delle acque dall’inquinamento
Titolo I – Principi generali e competenze - Finalità.
- Definizioni.
- Competenze.
Titolo II – Obiettivi di qualità
Capo I – Obiettivo di qualità ambientale e obiettivo di qualità per specifica destinazione - Disposizioni generali.
- Individuazione e perseguimento dell’obiettivo di qualità ambientale.
- Standard di qualità per l’ambiente acquatico.
78-bis. Zone di mescolamento.
78-ter. Inventario dei rilasci da fonte diffusa, degli scarichi e delle perdite.
78-quater. Inquinamento transfrontaliero.
78-quinquies. Metodi di analisi per le acque superficiali e sotterranee.
78-sexies. Requisiti minimi di prestazione per i metodi di analisi.
78-septies. Calcolo dei valori medi.
78-octies. Garanzia e controllo di qualità. - Obiettivo di qualità per specifica destinazione.
Capo II – Acque a specifica destinazione - Acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile.
- Deroghe.
- Acque utilizzate per l’estrazione di acqua potabile.
- Acque di balneazione.
- Acque dolci idonee alla vita dei pesci.
- Accertamento della qualità delle acque idonee alla vita dei pesci.
- Deroghe.
- Acque destinate alla vita dei molluschi.
- Accertamento della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi.
- Deroghe.
- Norme sanitarie.
Titolo III – Tutela dei corpi idrici e disciplina degli scarichi
Capo I – Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall’inquinamento e di risanamento - Aree sensibili.
- Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola.
- Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e zone vulnerabili alla desertificazione.
- Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano.
Capo II – Tutela quantitativa della risorsa e risparmio idrico - Pianificazione del bilancio idrico.
- Modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.
- Acque minerali naturali e di sorgenti.
- Risparmio idrico.
- Riutilizzo dell’acqua.
Capo III – Tutela qualitativa della risorsa: disciplina degli scarichi - Reti fognarie.
- Criteri generali della disciplina degli scarichi.
- Scarichi di acque termali.
- Scarichi sul suolo.
- Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee.
- Scarichi in acque superficiali.
- Scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree sensibili.
- Scarichi in reti fognarie.
- Scarichi di sostanze pericolose.
Capo IV – Ulteriori misure per la tutela dei corpi idrici - Immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e
condotte. - Trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue urbane.
- Impianti di acquacoltura e piscicoltura.
- Utilizzazione agronomica.
- Acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia.
- Dighe.
149-bis. Affidamento del servizio. - Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici.
- Programmi di misure.
Titolo IV – Strumenti di tutela
Capo I – Piani di gestione e piani di tutela delle acque - Piani di gestione e registro delle aree protette.
- Rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed analisi dell’impatto esercitato dall’attività
antropica. - Principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici.
- Rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici.
- Piani di tutela delle acque.
- Informazione e consultazione pubblica.
- Trasmissione delle informazioni e delle relazioni.
Capo II – Autorizzazione agli scarichi - Criteri generali.
- Domanda dì autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali.
- Approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane.
- Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue.
Capo III – Controllo degli scarichi - Soggetti tenuti al controllo.
- Accessi ed ispezioni.
- Inosservanza delle prescrizioni della autorizzazione allo scarico.
- Controllo degli scarichi di sostanze pericolose.
- Interventi sostitutivi.
Titolo V – Sanzioni
Capo I – Sanzioni amministrative - Sanzioni amministrative.
- Sanzioni in materia di aree di salvaguardia.
- Competenza e giurisdizione.
- Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie.
Capo II – Sanzioni penali - Sanzioni penali.
- Ulteriori provvedimenti sanzionatori per l’attività di molluschicoltura.
- Obblighi del condannato.
- Circostanza attenuante.
Sezione III – Gestione delle risorse idriche
Titolo I – I principi generali e competenze - Ambito di applicazione.
- Competenze.
- Proprietà delle infrastrutture.
- Tutela e uso delle risorse idriche.
- Equilibrio del bilancio idrico.
- Risparmio idrico.
Titolo II – Servizio idrico integrato - Organizzazione territoriale del servizio idrico integrato.
- Autorità d’ambito territoriale ottimale. (abrogato)
- Piano d’ambito.
149-bis. Affidamento del servizio. - Scelta della forma di gestione e procedure di affidamento.
- Rapporti tra autorità d’ambito e soggetti gestori del servizio idrico integrato.
- Poteri di controllo e sostitutivi.
- Dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato.
- Tariffa del servizio idrico integrato.
- Tariffa del servizio di fognatura e depurazione.
- Riscossione della tariffa.
- Opere di adeguamento del servizio idrico.
- Opere e interventi per il trasferimento di acqua.
158-bis. Approvazione dei progetti degli interventi e individuazione dell’autorità espropriante
Titolo III – Vigilanza, controlli e partecipazione - Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti. (abrogato)
- Compiti e funzioni dell’Autorità di vigilanza. (abrogato)
- Osservatorio sulle risorse idriche e sui rifiuti.
- Partecipazione, garanzia e informazione degli utenti.
- Gestione delle aree di salvaguardia.
- Disciplina delle acque nelle aree protette.
- Controlli.
Titolo IV – Usi produttivi delle risorse idriche - Usi delle acque irrigue e di bonifica.
- Usi agricoli delle acque.
- Utilizzazione delle acque destinate ad uso idroelettrico.
- Piani, studi e ricerche.
Sezione IV – Disposizioni transitorie e finali - Norme transitorie.
- Canoni per le utenze di acqua pubblica.
- Gestioni esistenti.
- Personale.
- Disposizioni di attuazione e di esecuzione.
- Abrogazione di norme.
- Norma finale.
Parte quarta – Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati
Titolo I – Gestione dei rifiuti
Capo I – Disposizioni generali - Campo di applicazione.
- Finalità.
- Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti.
- Prevenzione della produzione di rifiuti.
180-bis. Riutilizzo di prodotti e preparazione per il riutilizzo dei rifiuti - Recupero dei rifiuti.
181-bis. Materie, sostanze e prodotti secondari. - Smaltimento dei rifiuti.
182-bis. Principi di autosufficienza e prossimità
182-ter. Rifiuti organici - Definizioni.
- Classificazione.
184-quater. Utilizzo dei materiali di dragaggio
184-bis. Sottoprodotto
184-ter. Cessazione della qualifica di rifiuto
184-quater. Utilizzo dei materiali di dragaggio - Limiti al campo di applicazione.
- Terre e rocce da scavo.
- Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi.
- Oneri dei produttori e dei detentori
188-bis. Controllo della tracciabilità dei rifiuti
188-ter. Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) - Catasto dei rifiuti.
- Registri di carico e scarico.
- Ordinanze contingibili e urgenti e poteri sostitutivi.
- Divieto di abbandono.
- Trasporto dei rifiuti.
- Spedizioni transfrontaliere.
194-bis. Semplificazione del procedimento di tracciabilità dei rifiuti e per il recupero dei contributi dovuti
per il SISTRI.
Capo II – Competenze - Competenze dello stato.
- Competenze delle regioni.
- Competenze delle province.
- Competenze dei comuni.
Capo III – Servizio di gestione integrata dei rifiuti - Piani regionali.
- Organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani.
- Disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani. (abrogato)
- Affidamento del servizio.
- Schema tipo di contratto di servizio.
- Gestioni esistenti.
- Misure per incrementare la raccolta differenziata.
- Accordi, contratti di programma, incentivi.
206-bis. Osservatorio nazionale sui rifiuti.
206-ter. Accordi e contratti di programma per incentivare l’acquisto di prodotti derivanti da materiali post
consumo o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi
206-quater. Incentivi per i prodotti derivanti da materiali post consumo o dal recupero degli scarti e dei
materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi
206-quinquies. Incentivi per l’acquisto e la commercializzazione di prodotti che impiegano materiali post
consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti
complessi
206-sexies. Azioni premianti l’utilizzo di prodotti che impiegano materiali post consumo o derivanti dal
recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi negli interventi
concernenti gli edifici scolastici, le pavimentazioni stradali e le barriere acustiche - Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti. (abrogato)
Capo IV – Autorizzazioni e iscrizioni - Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti.
- Rinnovo delle autorizzazioni alle imprese in possesso di certificazione ambientale.
- Autorizzazioni in ipotesi particolari. (abrogato)
- Autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione.
- Albo nazionale gestori ambientali.
- Autorizzazioni integrate ambientali.
Capo V – Procedure semplificate - Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei rifiuti per l’ammissione alle procedure
semplificate.
214-bis. Sgombero della neve - Autosmaltimento.
- Operazioni di recupero.
216-bis. Oli usati.
216-ter. Comunicazioni alla Commissione europea
Titolo II – Gestione degli imballaggi - Ambito di applicazione.
- Definizioni.
- Criteri informatori dell’attività di gestione dei rifiuti di imballaggio.
219-bis. Sistema di restituzione di specifiche tipologie di imballaggi destinati all’uso alimentare. - Obiettivi di recupero e di riciclaggio.
- Obblighi dei produttori e degli utilizzatori.
- Raccolta differenziata e obblighi della pubblica amministrazione.
- Consorzi.
- Consorzio nazionale imballaggi.
- Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio.
- Divieti.
226-bis. Divieti di commercializzazione delle borse di plastica.
226-ter. Riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero.
226-quater. Plastiche monouso.
Titolo III – Gestione di particolari categorie di rifiuti - Rifiuti elettrici ed elettronici, rifiuti sanitari, veicoli fuori uso e prodotti contenenti amianto.
- Pneumatici fuori uso.
- Combustibile da rifiuti e combustibile da rifiuti di qualità elevata – cdr e cdr-q. (abrogato)
- Rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture.
- Veicoli fuori uso non disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209.
- Rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico.
232-bis. Rifiuti di prodotti da fumo.
232-ter. Divieto di abbandono di rifiuti di piccolissime dimensioni - Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti.
- Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene.
- Consorzio nazionale per la raccolta e trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti
piombosi. - Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati.
- Criteri direttivi dei sistemi di gestione.
Titolo III – Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani
237-bis. Finalità e oggetto
237-ter. Definizioni
237-quater. Ambito di applicazione ed esclusioni
237-quinquies. Domanda di autorizzazione
237-sexies. Contenuto dell’autorizzazione
237-septies. Consegna e ricezione dei rifiuti
237-octies. Condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e coincenerimento
237-nonies. Modifica delle condizioni di esercizio e modifica sostanziale dell’attività
237-decies. Coincenerimento di olii usati
237-undecies. Coincenerimento di rifiuti animali rientranti nell’ambito di applicazione del regolamento n.
1069/2009/UE.
237-duodecies. Emissione in atmosferaa.
237-terdecies. Scarico di acque reflue
237-quattuordecies. Campionamento ed analisi delle emissioni in atmosfera degli impianti di incenerimento
e di coincenerimento
237-quinquiesdecies. Controllo e sorveglianza delle emissioni nei corpi idrici
237-sexiesdecies. Residui
237-septiesdecies. Obblighi di comunicazione, informazione, accesso e partecipazione
237-octiesdecies. Condizioni anomale di funzionamento
237-noviesdecies. Incidenti o inconvenienti
237-vicies. Accessi ed ispezioni
237-unvicies. Spese
237-duovicies. Disposizioni transitorie e finali
Titolo IV – Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani - Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani.
Titolo V – Bonifica di siti contaminati - Princìpi e campo di applicazione.
- Definizioni.
- Regolamento aree agricole.
241-bis. Aree militari. - Procedure operative ed amministrative.
242-bis. Procedura semplificata per le operazioni di bonifica o di messa in sicurezza. - Acque di falda.
- Ordinanze.
- Obblighi di intervento e di notifica da parte dei soggetti non responsabili della potenziale
contaminazione. - Accordi di programma.
- Siti soggetti a sequestro.
- Controlli.
- Aree contaminate di ridotte dimensioni.
- Bonifica da parte dell’amministrazione.
- Censimento ed anagrafe dei siti da bonificare.
- Siti di interesse nazionale.
252-bis. Siti di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale - Oneri reali e privilegi speciali.
Titolo VI – Sistema sanzionatorio e disposizioni transitorie e finali
Capo I – Sanzioni - Norme speciali.
- Abbandono di rifiuti.
- Attività di gestione di rifiuti non autorizzata.
256-bis. Combustione illecita di rifiuti. - Bonifica dei siti.
- Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari.
- Traffico illecito di rifiuti
- (abrogato)
260-bis. Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti
260-ter. Sanzioni amministrative accessorie. Confisca - Imballaggi
261-bis. Sanzioni - Competenza e giurisdizione
- Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie
Capo II – Disposizioni transitorie e finali - Abrogazione di norme
264-bis. Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data
27 aprile 2010
264-ter. Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209
264-quater. Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151 - Disposizioni transitorie
- Disposizioni finali
Parte quinta – Norme in materia di tutela dell’aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera
Titolo I – Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti e attività - Campo di applicazione.
- Definizioni.
- Autorizzazione alle emissioni in atmosfera.
- Convogliamento delle emissioni.
- Valori limite di emissione e prescrizioni.
- Impianti e attività in deroga.
- Grandi impianti di combustione.
- Raccolta e trasmissione dei dati sulle emissioni dei grandi impianti di combustione.
- Emissioni di cov.
- Controllo delle emissioni di cov derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai
terminali agli impianti di distribuzione. - Recupero di cov prodotti durante le operazioni di rifornimento degli autoveicoli presso gli impianti di
distribuzione carburanti. - Poteri di ordinanza.
- Sanzioni.
- Abrogazioni.
- Disposizioni transitorie e finali.
Titolo II – Impianti termici civili - Campo di applicazione.
- Definizioni.
- Denuncia di installazione o modifica.
- Caratteristiche tecniche.
- Valori limite di emissione.
- Abilitazione alla conduzione.
- Controlli esanzioni.
- Abrogazioni.
- Disposizioni transitorie e finali.
Titolo III – Combustibili - Campo di applicazione.
- Definizioni.
- Combustibili consentiti.
- Prescrizioni per il rendimento di combustione.
- Raccolta e trasmissione di dati relativi al tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi.
- Sanzioni.
- Abrogazioni.
- Disposizioni transitorie e finali.
Parte quinta-bis – Disposizioni per particolari installazioni
Titolo I – Attività di produzione di biossido di titanio
298-bis. Disposizioni particolari per installazioni e stabilimenti che producono biossido di titanio
Parte sesta – Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente
Titolo I – Ambito di applicazione
298-bis. Principi generali. - Competenze ministeriali.
- Danno ambientale.
- Attuazione del principio di precauzione
- Definizioni.
- Esclusioni.
Titolo II – Prevenzione e ripristino ambientale - Azione di prevenzione.
- Ripristino ambientale.
- Determinazione delle misure per il ripristino ambientale.
306-bis. Determinazione delle misure per il risarcimento del danno ambientale e il ripristino ambientale dei
siti di interesse nazionale - Notificazione delle misure preventive e di ripristino.
- Costi dell’attività di prevenzione e di ripristino.
- Richiesta di intervento statale.
- Ricorsi.
Titolo III – Risarcimento del danno ambientale - Azione risarcitoria in forma specifica.
- Istruttoria per l’emanazione dell’ordinanza ministeriale.
- Ordinanza.
- Contenuto dell’ordinanza.
- Effetti dell’ordinanza sull’azione giudiziaria.
- Ricorso avverso l’ordinanza.
- Riscossione dei crediti e fondo di rotazione.
- Norme transitorie e finali.
Parte sesta-bis – Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di
tutela ambientale.
318-bis. Ambito di applicazione
318-ter. Prescrizioni
318-quater. Verifica dell’adempimento
318-quinquies. Notizie di reato non pervenute dall’organo accertatore
318-sexies. Sospensione del procedimento penale
318-septies. Estinzione del reato
318-octies. Norme di coordinamento e transitorie
Allegati:
- alla Parte seconda
- alla Parte terza
- alla Parte quarta
- alla Parte quinta
- alla Parte quinta-bis
- alla Parte sesta
Parte prima – Disposizioni comuni e principi generali
- Ambito di applicazione
- Il presente decreto legislativo disciplina, in attuazione della legge 15 dicembre 2004, n. 308, le materie
seguenti:
a) nella parte seconda, le procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la
valutazione d’impatto ambientale (VIA) e per l’autorizzazione ambientale integrata (IPPC);
b) nella parte terza, la difesa del suolo e la lotta alla desertificazione, la tutela delle acque
dall’inquinamento e la gestione delle risorse idriche;
c) nella parte quarta, la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati;
d) nella parte quinta, la tutela dell’aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera;
e) nella parte sesta, la tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente. - Finalità
- Il presente decreto legislativo ha come obiettivo primario la promozione dei livelli di qualità della vita
umana, da realizzare attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell’ambiente e
l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali. - Per le finalità di cui al comma 1, il presente decreto provvede al riordino, al coordinamento e
all’integrazione delle disposizioni legislative nelle materie di cui all’articolo 1, in conformità ai principi e
criteri direttivi di cui ai commi 8 e 9 dell’articolo 1 della legge 15 dicembre 2004, n. 308, e nel rispetto degli
obblighi internazionali, dell’ordinamento comunitario, delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali.
(comma così sostituito dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 128 del 2010) - Le disposizioni di cui al presente decreto sono attuate nell’ambito delle risorse umane, strumentali e
finanziarie previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. - Criteri per l’adozione dei provvedimenti successivi
- (abrogato dall’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 128 del 2010)
- (abrogato dall’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 128 del 2010)
- Per la modifica e l’integrazione dei regolamenti di attuazione ed esecuzione in materia ambientale, il
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare acquisisce, entro 30 giorni dalla richiesta, il
parere delle rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico
e sociale per le politiche ambientali (CESPA), senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
(comma così sostituito dall’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 128 del 2010) - (abrogato dall’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 128 del 2010)
- (abrogato dall’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 128 del 2010)
3-bis. Principi sulla produzione del diritto ambientale - I principi posti dalla presente Parte prima costituiscono i principi generali in tema di tutela dell’ambiente,
adottati in attuazione degli articoli 2, 3, 9, 32, 41, 42 e 44, 117 commi 1 e 3 della Costituzione e nel
rispetto degli obblighi internazionali e del diritto comunitario.
(comma così modificato dall’art. 1, comma 3, d.lgs. n. 128 del 2010) - I principi previsti dalla presente Parte Prima costituiscono regole generali della materia ambientale
nell’adozione degli atti normativi, di indirizzo e di coordinamento e nell’emanazione dei provvedimenti di
natura contingibile ed urgente. - Le norme di cui al presente decreto possono essere derogate, modificate o abrogate solo per
dichiarazione espressa da successive leggi della Repubblica, purché sia comunque sempre garantito il
rispetto del diritto europeo, degli obblighi internazionali e delle competenze delle Regioni e degli Enti locali.
(comma così sostituito dall’art. 1, comma 3, d.lgs. n. 128 del 2010)
3-ter. Principio dell’azione ambientale - La tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da
tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una
adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in
via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché al principio «chi inquina paga» che, ai sensi
dell’articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia
ambientale.
3-quater. Principio dello sviluppo sostenibile - Ogni attività umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente codice deve conformarsi al principio
dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non
possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future. - Anche l’attività della pubblica amministrazione deve essere finalizzata a consentire la migliore attuazione
possibile del principio dello sviluppo sostenibile, per cui nell’ambito della scelta comparativa di interessi
pubblici e privati connotata da discrezionalità gli interessi alla tutela dell’ambiente e del patrimonio
culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione. - Data la complessità delle relazioni e delle interferenze tra natura e attività umane, il principio dello
sviluppo sostenibile deve consentire di individuare un equilibrato rapporto, nell’ambito delle risorse
ereditate, tra quelle da risparmiare e quelle da trasmettere, affinché nell’ambito delle dinamiche della
produzione e del consumo si inserisca altresì il principio di solidarietà per salvaguardare e per migliorare la
qualità dell’ambiente anche futuro. - La risoluzione delle questioni che involgono aspetti ambientali deve essere cercata e trovata nella
prospettiva di garanzia dello sviluppo sostenibile, in modo da salvaguardare il corretto funzionamento e
l’evoluzione degli ecosistemi naturali dalle modificazioni negative che possono essere prodotte dalle attività
umane.
3-quinquies. Principi di sussidiarietà e di leale collaborazione - I principi contenuti nel presente decreto legislativo costituiscono le condizioni minime ed essenziali per
assicurare la tutela dell’ambiente su tutto il territorio nazionale.
(comma così modificato dall’art. 1, comma 4, d.lgs. n. 128 del 2010) - Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono adottare forme di tutela giuridica
dell’ambiente più restrittive, qualora lo richiedano situazioni particolari del loro territorio, purché ciò non
comporti un’arbitraria discriminazione, anche attraverso ingiustificati aggravi procedimentali. - Lo Stato interviene in questioni involgenti interessi ambientali ove gli obiettivi dell’azione prevista, in
considerazione delle dimensioni di essa e dell’entità’ dei relativi effetti, non possano essere
sufficientemente realizzati dai livelli territoriali inferiori di governo o non siano stati comunque
effettivamente realizzati. - Il principio di sussidiarietà di cui al comma 3 opera anche nei rapporti tra regioni ed enti locali minori.
Qualora sussistano i presupposti per l’esercizio del potere sostitutivo del Governo nei confronti di un ente
locale, nelle materie di propria competenza la Regione può esercitare il suo potere sostitutivo.
(comma così modificato dall’art. 1, comma 4, d.lgs. n. 128 del 2010)
3-sexies. Diritto di accesso alle informazioni ambientali e di partecipazione a scopo
collaborativo - In attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e delle previsioni della
Convenzione di Aarhus, ratificata dall’Italia con la legge 16 marzo 2001, n. 108, e ai sensi del decreto
legislativo 19 agosto 2005, n. 195, chiunque, senza essere tenuto a dimostrare la sussistenza di un
interesse giuridicamente rilevante, può accedere alle informazioni relative allo stato dell’ambiente e del
paesaggio nel territorio nazionale.
1-bis. Nel caso di piani o programmi da elaborare a norma delle disposizioni di cui all’allegato 1 alla
direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, qualora agli stessi non
si applichi l’articolo 6, comma 2, del presente decreto, l’autorità competente all’elaborazione e
all’approvazione dei predetti piani o programmi assicura la partecipazione del pubblico nel procedimento di
elaborazione, di modifica e di riesame delle proposte degli stessi piani o programmi prima che vengano
adottate decisioni sui medesimi piani o programmi.
1-ter. Delle proposte dei piani e programmi di cui al comma 1-bis l’autorità procedente dà avviso mediante
pubblicazione nel proprio sito web. La pubblicazione deve contenere l’indicazione del titolo del piano o del
programma, dell’autorità competente, delle sedi ove può essere presa visione del piano o programma e
delle modalità dettagliate per la loro consultazione.
1-quater. L’autorità competente mette altresì a disposizione del pubblico il piano o programma mediante il
deposito presso i propri uffici e la pubblicazione nel proprio sito web.
1-quinquies. Entro il termine di sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell’avviso di cui al comma 1-ter,
chiunque può prendere visione del piano o programma ed estrarne copia, anche in formato digitale, e
presentare all’autorità competente proprie osservazioni o pareri in forma scritta.
1-sexies. L’autorità procedente tiene adeguatamente conto delle osservazioni del pubblico presentate nei
termini di cui al comma 1-quinquies nell’adozione del piano o programma.
1-septies. Il piano o programma, dopo che è stato adottato, è pubblicato nel sito web dell’autorità
competente unitamente ad una dichiarazione di sintesi nella quale l’autorità stessa dà conto delle
considerazioni che sono state alla base della decisione. La dichiarazione contiene altresì informazioni sulla
partecipazione del pubblico.
(commi da 1-bis a 1-septies introdotti dall’art. 16, comma 5-bis, legge n. 116 del 2014)
Parte seconda – Procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione
d’impatto ambientale (VIA) e per l’autorizzazione ambientale integrata (IPPC)
Titolo I – PRINCIPI GENERALI PER LE PROCEDURE DI VIA, DI VAS E PER LA VALUTAZIONE
D’INCIDENZA E L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (AIA). - Finalità
- Le norme del presente decreto costituiscono recepimento ed attuazione:
a) della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001,
concernente la valutazione degli impatti di determinati piani e programmi sull’ambiente;
b) della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che
modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione di impatto ambientale di
determinati progetti pubblici e privati;
(lettera così sostituita dall’art. 1 del d.lgs. n. 104 del 2017)
c) della direttiva 2008/1/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 gennaio 2008,
concernente la prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento.
(lettera aggiunta dall’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 128 del 2010) - (comma abrogato dall’art. 26, comma 1, d.lgs. n. 104 del 2017)
- La valutazione ambientale di piani, programmi e progetti ha la finalità di assicurare che l’attività
antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo sostenibile, e quindi nel rispetto della capacità
rigenerativa degli ecosistemi e delle risorse, della salvaguardia della biodiversità e di un’equa distribuzione
dei vantaggi connessi all’attività economica. Per mezzo della stessa si affronta la determinazione della
valutazione preventiva integrata degli impatti ambientali nello svolgimento delle attività normative e
amministrative, di informazione ambientale, di pianificazione e programmazione. - In tale ambito:
a) la valutazione ambientale di piani e programmi che possono avere un impatto significativo
sull’ambiente ha la finalità di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e
contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione, dell’adozione
e approvazione di detti piani e programmi assicurando che siano coerenti e contribuiscano
alle condizioni per uno sviluppo sostenibile.
b) la valutazione ambientale dei progetti ha la finalità di proteggere la salute umana,
contribuire con un miglior ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento delle
specie e conservare la capacità di riproduzione degli ecosistemi in quanto risorse essenziali
per la vita. A questo scopo essa individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per
ciascun caso particolare e secondo le disposizioni del presente decreto, gli impatti ambientali
di un progetto come definiti all’articolo 5, comma 1, lettera c);
(lettera così sostituita dall’art. 1 del d.lgs. n. 104 del 2017)
c) l’autorizzazione integrata ambientale ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate
dell’inquinamento proveniente dalle attività di cui all’allegato VIII e prevede misure intese a
evitare, ove possibile, o a ridurre le emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo, comprese le
misure relative ai rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente salve le
disposizioni sulla valutazione di impatto ambientale.
(lettera aggiunta dall’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 128 del 2010) - Definizioni
- Ai fini del presente decreto si intende per:
(comma così modificato dall’art. 1 del d.lgs. n. 46 del 2014)
a) valutazione ambientale di piani e programmi, nel seguito valutazione ambientale
strategica, di seguito VAS: il processo che comprende, secondo le disposizioni di cui al titolo
II della seconda parte del presente decreto, lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità,
l’elaborazione del rapporto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del
piano o del programma, del rapporto e degli esiti delle consultazioni, l’espressione di un
parere motivato, l’informazione sulla decisione ed il monitoraggio;
b) valutazione d’impatto ambientale, di seguito VIA: il processo che comprende, secondo le
disposizioni di cui al Titolo III della parte seconda del presente decreto, l’elaborazione e la
presentazione dello studio d’impatto ambientale da parte del proponente, lo svolgimento delle
consultazioni, la valutazione dello studio d’impatto ambientale, delle eventuali informazioni
supplementari fornite dal proponente e degli esiti delle consultazioni, l’adozione del
provvedimento di VIA in merito agli impatti ambientali del progetto, l’integrazione del
provvedimento di VIA nel provvedimento di approvazione o autorizzazione del progetto;
b-bis) valutazione di impatto sanitario, di seguito VIS: elaborato predisposto dal proponente
sulla base delle linee guida adottate con decreto del Ministro della salute, che si avvale
dell’Istituto superiore di sanità, al fine di stimare gli impatti complessivi, diretti e indiretti, che
la realizzazione e l’esercizio del progetto può procurare sulla salute della popolazione;
b-ter) valutazione d’incidenza: procedimento di carattere preventivo al quale è necessario
sottoporre qualsiasi piano o progetto che possa avere incidenze significative su un sito o su
un’area geografica proposta come sito della rete Natura 2000, singolarmente o
congiuntamente ad altri piani e progetti e tenuto conto degli obiettivi di conservazione del
sito stesso;
(lettera b) così sostituita e lettere b-bis) e b-ter) introdotte dall’art. 2 del d.lgs. n. 104 del
2017)
c) impatti ambientali: effetti significativi, diretti e indiretti, di un piano, di un programma o di
un progetto, sui seguenti fattori:
popolazione e salute umana;
biodiversità, con particolare attenzione alle specie e agli habitat protetti in virtù
della direttiva 92/43/CEE e della direttiva 2009/147/CE;
territorio, suolo, acqua, aria e clima;
beni materiali, patrimonio culturale, paesaggio;
interazione tra i fattori sopra elencati.
Negli impatti ambientali rientrano gli effetti derivanti dalla vulnerabilità del progetto a rischio
di gravi incidenti o calamità pertinenti il progetto medesimo;
(lettera così sostituita dall’art. 2 del d.lgs. n. 104 del 2017)
d) patrimonio culturale: l’insieme costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici in
conformità al disposto di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 22 gennaio 2004,
n. 42;
e) piani e programmi: gli atti e provvedimenti di pianificazione e di programmazione
comunque denominati, compresi quelli cofinanziati dalla Comunità europea, nonché le loro
modifiche:
1) che sono elaborati e/o adottati da un’autorità a livello nazionale, regionale o
locale oppure predisposti da un’autorità per essere approvati, mediante una
procedura legislativa, amministrativa o negoziale e
2) che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative;
f) rapporto ambientale: il documento del piano o del programma redatto in conformità alle
previsioni di cui all’articolo 13;
g) progetto: la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere e di altri
interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento
delle risorse del suolo. Ai fini del rilascio del provvedimento di VIA gli elaborati progettuali
presentati dal proponente sono predisposti con un livello informativo e di dettaglio almeno
equivalente a quello del progetto di fattibilità come definito dall’articolo 23, commi 5 e 6, del
decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, o comunque con un livello tale da consentire la
compiuta valutazione degli impatti ambientali in conformità con quanto definito in esito alla
procedura di cui all’articolo 20;
g-bis) studio preliminare ambientale: documento da presentare per l’avvio del procedimento
di verifica di assoggettabilità a VIA, contenente le informazioni sulle caratteristiche del
progetto e sui suoi probabili effetti significativi sull’ambiente, redatto in conformità alle
indicazioni contenute nell’allegato IV-bis alla parte seconda del presente decreto;
(lettera g) così sostituita e lettera g-bis) introdotta dall’art. 2 del d.lgs. n. 104 del 2017)
h) (lettera abrogata dall’art. 15, comma 1, legge n. 116 del 2014)
i) studio di impatto ambientale: documento che integra gli elaborati progettuali ai fini del
procedimento di VIA, redatto in conformità alle disposizioni di cui all’articolo 22 e alle
indicazioni contenute nell’allegato VII alla parte seconda del presente decreto;
(lettera così sostituita dall’art. 2 del d.lgs. n. 104 del 2017)
i-bis) sostanze: gli elementi chimici e loro composti, escluse le sostanze radioattive di cui al
decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e gli organismi geneticamente modificati di cui ali
decreti legislativi del 3 marzo 1993, n. 91 e n. 92;
i-ter) inquinamento: l’introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze,
vibrazioni, calore o rumore o più in generale di agenti fisici o chimici, nell’aria, nell’acqua o
nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell’ambiente, causare il
deterioramento dei beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi
dell’ambiente o ad altri suoi legittimi usi;
i-quater) ‘installazione’: unità tecnica permanente, in cui sono svolte una o più attività
elencate all’allegato VIII alla Parte Seconda e qualsiasi altra attività accessoria, che sia
tecnicamente connessa con le attività svolte nel luogo suddetto e possa influire sulle
emissioni e sull’inquinamento. E’ considerata accessoria l’attività tecnicamente connessa
anche quando condotta da diverso gestore;
i-quinquies) ‘installazione esistente’: ai fini dell’applicazione del Titolo III-bis alla Parte
Seconda una installazione che, al 6 gennaio 2013, ha ottenuto tutte le autorizzazioni
ambientali necessarie all’esercizio o il provvedimento positivo di compatibilità ambientale o
per la quale, a tale data, sono state presentate richieste complete per tutte le autorizzazioni
ambientali necessarie per il suo esercizio, a condizione che essa entri in funzione entro il 6
gennaio 2014. Le installazioni esistenti si qualificano come ‘non già soggette ad AIA’ se in
esse non si svolgono attività già ricomprese nelle categorie di cui all’Allegato VIII alla Parte
Seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come introdotto dal decreto legislativo
29 giugno 2010, n. 128;
i-sexies) ‘nuova installazione’: una installazione che non ricade nella definizione di
installazione esistente;
i-septies) emissione: lo scarico diretto o indiretto, da fonti puntiformi o diffuse dell’impianto,
opera o infrastruttura, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore, agenti fisici o chimici,
radiazioni, nell’aria, nell’acqua ovvero nel suolo;
i-octies) valori limite di emissione: la massa espressa in rapporto a determinati parametri
specifici, la concentrazione ovvero il livello di un’emissione che non possono essere superati
in uno o più periodi di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per
determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze, indicate nel allegato X. I valori limite di
emissione delle sostanze si applicano, tranne i casi diversamente previsti dalla legge, nel
punto di fuoriuscita delle emissioni dell’impianto; nella loro determinazione non devono
essere considerate eventuali diluizioni. Per quanto concerne gli scarichi indiretti in acqua,
l’effetto di una stazione di depurazione può essere preso in considerazione nella
determinazione dei valori limite di emissione dall’impianto, a condizione di garantire un livello
equivalente di protezione dell’ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti
maggiori nell’ambiente, fatto salvo il rispetto delle disposizioni di cui alla parte terza del
presente decreto;
i-nonies) norma di qualità ambientale: la serie di requisiti, inclusi gli obiettivi di qualità, che
sussistono in un dato momento in un determinato ambiente o in una specifica parte di esso,
come stabilito nella normativa vigente in materia ambientale;
l) modifica: la variazione di un piano, programma, impianto o progetto approvato, compresi,
nel caso degli impianti e dei progetti, le variazioni delle loro caratteristiche o del loro
funzionamento, ovvero un loro potenziamento, che possano produrre effetti sull’ambiente;
l-bis) modifica sostanziale di un progetto, opera o di un impianto: la variazione delle
caratteristiche o del funzionamento ovvero un potenziamento dell’impianto, dell’opera o
dell’infrastruttura o del progetto che, secondo l’autorità competente, producano effetti
negativi e significativi sull’ambiente o sulla salute umana. In particolare, con riferimento alla
disciplina dell’autorizzazione integrata ambientale, per ciascuna attività per la quale l’allegato
VIII indica valori di soglia, è sostanziale una modifica all’installazione che dia luogo ad un
incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore
della soglia stessa;
(lettera così modificata dall’art. 18, comma 1, della legge n. 167 del 2017)
l-ter) migliori tecniche disponibili (best available techniques- BAT): la più efficiente e avanzata
fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l’idoneità pratica di
determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei valori limite di emissione e
delle altre condizioni di autorizzazione intesi ad evitare oppure, ove ciò si riveli impossibile, a
ridurre in modo generale le emissioni e l’impatto sull’ambiente nel suo complesso. Nel
determinare le migliori tecniche disponibili, occorre tenere conto in particolare degli elementi
di cui all’allegato XI. Si intende per:
1) tecniche: sia le tecniche impiegate sia le modalità di progettazione,
costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell’impianto;
2) disponibili: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l’applicazione
in condizioni economicamente e tecnicamente idonee nell’ambito del relativo
comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi,
indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito
nazionale, purché il gestore possa utilizzarle a condizioni ragionevoli;
3) migliori: le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione
dell’ambiente nel suo complesso;
l-ter.1) ‘documento di riferimento sulle BAT’ o ‘BREF’: documento pubblicato dalla
Commissione europea ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 6, della direttiva 2010/75/UE;
l-ter.2) ‘conclusioni sulle BAT’: un documento adottato secondo quanto specificato all’articolo
13, paragrafo 5, della direttiva 2010/75/UE, e pubblicato in italiano nella Gazzetta Ufficiale
dell’Unione europea, contenente le parti di un BREF riguardanti le conclusioni sulle migliori
tecniche disponibili, la loro descrizione, le informazioni per valutarne l’applicabilità, i livelli di
emissione associati alle migliori tecniche disponibili, il monitoraggio associato, i livelli di
consumo associati e, se del caso, le pertinenti misure di bonifica del sito;
l-ter.4) ‘livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili’ o ‘BAT-AEL’: intervalli di
livelli di emissione ottenuti in condizioni di esercizio normali utilizzando una migliore tecnica
disponibile o una combinazione di migliori tecniche disponibili, come indicato nelle conclusioni
sulle BAT, espressi come media in un determinato arco di tempo e nell’ambito di condizioni di
riferimento specifiche;
l-ter.5) ‘tecnica emergente’: una tecnica innovativa per un’attività industriale che, se
sviluppata commercialmente, potrebbe assicurare un più elevato livello di protezione
dell’ambiente nel suo complesso o almeno lo stesso livello di protezione dell’ambiente e
maggiori risparmi di spesa rispetto alle migliori tecniche disponibili esistenti;
m) verifica di assoggettabilità a VIA di un progetto: la verifica attivata allo scopo di valutare,
ove previsto, se un progetto determina potenziali impatti ambientali significativi e negativi e
deve essere quindi sottoposto al procedimento di VIA secondo le disposizioni di cui al Titolo
III della parte seconda del presente decreto;
(lettera m) così sostituita dall’art. 2 del d.lgs. n. 104 del 2017)
m-bis) verifica di assoggettabilità di un piano o programma: la verifica attivata allo scopo di
valutare, ove previsto, se piani, programmi ovvero le loro modifiche, possano aver effetti
significativi sull’ambiente e devono essere sottoposti alla fase di valutazione secondo le
disposizioni del presente decreto considerato il diverso livello di sensibilità ambientale delle
aree interessate;
m-ter) parere motivato: il provvedimento obbligatorio con eventuali osservazioni e condizioni
che conclude la fase di valutazione di VAS, espresso dall’autorità competente sulla base
dell’istruttoria svolta e degli esiti delle consultazioni;
n) provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA: il provvedimento motivato, obbligatorio
e vincolante dell’autorità competente che conclude il procedimento di verifica di
assoggettabilità a VIA;
o) provvedimento di VIA: il provvedimento motivato, obbligatorio e vincolante, che esprime la
conclusione dell’autorità competente in merito agli impatti ambientali significativi e negativi
del progetto, adottato sulla base dell’istruttoria svolta, degli esiti delle consultazioni pubbliche
e delle eventuali consultazioni transfrontaliere;
(lettere n) e o), così sostituite dall’art. 2 del d.lgs. n. 104 del 2017)
o-bis) autorizzazione integrata ambientale: il provvedimento che autorizza l’esercizio di una
installazione rientrante fra quelle di cui all’articolo 4, comma 4, lettera c), o di parte di essa a
determinate condizioni che devono garantire che l’installazione sia conforme ai requisiti di cui
al Titolo III-bis ai fini dell’individuazione delle soluzioni più idonee al perseguimento degli
obiettivi di cui all’articolo 4, comma 4, lettera c). Un’autorizzazione integrata ambientale può
valere per una o più installazioni o parti di esse che siano localizzate sullo stesso sito e gestite
dal medesimo gestore. Nel caso in cui diverse parti di una installazione siano gestite da
gestori differenti, le relative autorizzazioni integrate ambientali sono opportunamente
coordinate a livello istruttorio;
o-ter) condizione ambientale del provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA:
prescrizione vincolante, se richiesta dal proponente, relativa alle caratteristiche del progetto
ovvero alle misure previste per evitare o prevenire impatti ambientali significativi e negativi,
eventualmente associata al provvedimento negativo di verifica di assoggettabilità a VIA;
o-quater) condizione ambientale del provvedimento di VIA: prescrizione vincolante
eventualmente associata al provvedimento di VIA che definisce i requisiti per la realizzazione
del progetto o l’esercizio delle relative attività, ovvero le misure previste per evitare,
prevenire, ridurre e, se possibile, compensare gli impatti ambientali significativi e negativi
nonché, ove opportuno, le misure di monitoraggio;
o-quinquies) autorizzazione: il provvedimento che abilita il proponente a realizzare il
progetto;
(lettere da o-ter) a o-quinquies) introdotte dall’art. 2 del d.lgs. n. 104 del 2017)
p) autorità competente: la pubblica amministrazione cui compete l’adozione del
provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, l’elaborazione del parere motivato, nel
caso di valutazione di piani e programmi, e l’adozione dei provvedimenti di VIA, nel caso di
progetti ovvero il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale o del provvedimento
comunque denominato che autorizza l’esercizio;
(lettera p) così sostituita dall’art. 2 del d.lgs. n. 104 del 2017)
q) autorità procedente: la pubblica amministrazione che elabora il piano, programma
soggetto alle disposizioni del presente decreto, ovvero nel caso in cui il soggetto che
predispone il piano, programma sia un diverso soggetto pubblico o privato, la pubblica
amministrazione che recepisce, adotta o approva il piano, programma;
r) proponente: il soggetto pubblico o privato che elabora il piano, programma o progetto
soggetto alle disposizioni del presente decreto;
r-bis) gestore: qualsiasi persona fisica o giuridica che detiene o gestisce, nella sua totalità o
in parte, l’installazione o l’impianto oppure che dispone di un potere economico determinante
sull’esercizio tecnico dei medesimi;
s) soggetti competenti in materia ambientale: le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici
che, per le loro specifiche competenze o responsabilità in campo ambientale, possono essere
interessate agli impatti sull’ambiente dovuti all’attuazione dei piani, programmi o progetti;
t) consultazione: l’insieme delle forme di informazione e partecipazione, anche diretta, delle
amministrazioni, del pubblico e del pubblico interessato nella raccolta dei dati e nella
valutazione dei piani, programmi e progetti;
u) pubblico: una o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi della legislazione vigente,
le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone;
v) pubblico interessato: il pubblico che subisce o può subire gli effetti delle procedure
decisionali in materia ambientale o che ha un interesse in tali procedure; ai fini della presente
definizione le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente e
che soddisfano i requisiti previsti dalla normativa statale vigente, nonché le organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative, sono considerate come aventi interesse;
v-bis) ‘relazione di riferimento’: informazioni sullo stato di qualità del suolo e delle acque
sotterranee, con riferimento alla presenza di sostanze pericolose pertinenti, necessarie al fine
di effettuare un raffronto in termini quantitativi con lo stato al momento della cessazione
definitiva delle attività. Tali informazioni riguardano almeno: l’uso attuale e, se possibile, gli
usi passati del sito, nonché, se disponibili, le misurazioni effettuate sul suolo e sulle acque
sotterranee che ne illustrino lo stato al momento dell’elaborazione della relazione o, in
alternativa, relative a nuove misurazioni effettuate sul suolo e sulle acque sotterranee
tenendo conto della possibilità di una contaminazione del suolo e delle acque sotterranee da
parte delle sostanze pericolose usate, prodotte o rilasciate dall’installazione interessata. Le
informazioni definite in virtù di altra normativa che soddisfano i requisiti di cui alla presente
lettera possono essere incluse o allegate alla relazione di riferimento. Nella redazione della
relazione di riferimento si terrà conto delle linee guida eventualmente emanate dalla
Commissione europea ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2010/75/UE;
v-ter) ‘acque sotterranee’: acque sotterranee quali definite all’articolo 74, comma 1, lettera l);
v-quater) ‘suolo’: lo strato più superficiale della crosta terrestre situato tra il substrato
roccioso e la superficie. Il suolo è costituito da componenti minerali, materia organica, acqua,
aria e organismi viventi. Ai soli fini dell’applicazione della Parte Terza, l’accezione del termine
comprende, oltre al suolo come precedentemente definito, anche il territorio, il sottosuolo, gli
abitati e le opere infrastrutturali;
v-quinquies) ‘ispezione ambientale’: tutte le azioni, ivi compresi visite in loco, controllo delle
emissioni e controlli delle relazioni interne e dei documenti di follow-up, verifica
dell’autocontrollo, controllo delle tecniche utilizzate e adeguatezza della gestione ambientale
dell’installazione, intraprese dall’autorità competente o per suo conto al fine di verificare e
promuovere il rispetto delle condizioni di autorizzazione da parte delle installazioni, nonché,
se del caso, monitorare l’impatto ambientale di queste ultime;
v-sexies) ‘pollame’: il pollame quale definito all’articolo 2, comma 2, lettera a), del d.P.R. 3
marzo 1993, n. 587;
v-septies) ‘combustibile’: qualsiasi materia combustibile solida, liquida o gassosa, che la
norma ammette possa essere combusta per utilizzare l’energia liberata dal processo;
v-octies) ‘sostanze pericolose’: le sostanze o miscele, come definite all’articolo 2, punti 7 e 8,
del regolamento (CE) n. 1272/2008, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre
2008, pericolose ai sensi dell’articolo 3 del medesimo regolamento. Ai fini della Parte Terza si
applica la definizione di cui all’articolo 74, comma 2, lettera ee
1-bis. Ai fini del della presente Parte Seconda si applicano inoltre le definizioni di ‘impianto di incenerimento
dei rifiuti’ e di ‘impianto di coincenerimento dei rifiuti di cui alle lettere b) e c) del comma 1 dell’articolo
237-ter.
(comma aggiunto dall’art. 1 del d.lgs. n. 46 del 2014) - Oggetto della disciplina
(articolo così modificato dall’art. 2, comma 3, d.lgs. n. 128 del 2010) - La valutazione ambientale strategica riguarda i piani e i programmi che possono avere impatti
significativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale. - Fatto salvo quanto disposto al comma 3, viene effettuata una valutazione per tutti i piani e i programmi:
a) che sono elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente, per i
settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei
rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della
destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l’approvazione,
l’autorizzazione, l’area di localizzazione o comunque la realizzazione dei progetti elencati negli
allegati II, II-bis, III e IV del presente decreto;
b) per i quali, in considerazione dei possibili impatti sulle finalità di conservazione dei siti
designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli
classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della
flora e della fauna selvatica, si ritiene necessaria una valutazione d’incidenza ai sensi
dell’articolo 5 del d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni. - Per i piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l’uso di piccole aree a livello locale e per le
modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 2, la valutazione ambientale è necessaria
qualora l’autorità competente valuti che producano impatti significativi sull’ambiente, secondo le
disposizioni di cui all’articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di sensibilità ambientale dell’area oggetto
di intervento.
3-bis. L’autorità competente valuta, secondo le disposizioni di cui all’articolo 12, se i piani e i programmi,
diversi da quelli di cui al comma 2, che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti,
producano impatti significativi sull’ambiente.
3-ter. Per progetti di opere e interventi da realizzarsi nell’ambito del Piano regolatore portuale, già
sottoposti ad una valutazione ambientale strategica, e che rientrano tra le categorie per le quali è prevista
la Valutazione di impatto ambientale, costituiscono dati acquisiti tutti gli elementi valutati in sede di VAS o
comunque desumibili dal Piano regolatore portuale. Qualora il Piano regolatore Portuale ovvero le rispettive
varianti abbiano contenuti tali da essere sottoposti a valutazione di impatto ambientale nella loro interezza
secondo le norme comunitarie, tale valutazione è effettuata secondo le modalità e le competenze previste
dalla Parte Seconda del presente decreto ed è integrata dalla valutazione ambientale strategica per gli
eventuali contenuti di pianificazione del Piano e si conclude con un unico provvedimento. - Sono comunque esclusi dal campo di applicazione del presente decreto:
a) i piani e i programmi destinati esclusivamente a scopi di difesa nazionale caratterizzati da
somma urgenza o coperti dal segreto di Stato ricadenti nella disciplina di cui all’articolo 17 del
decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni;
b) i piani e i programmi finanziari o di bilancio;
c) i piani di protezione civile in caso di pericolo per l’incolumità pubblica;
c-bis) i piani di gestione forestale o strumenti equivalenti, riferiti ad un ambito aziendale o
sovraziendale di livello locale, redatti secondo i criteri della gestione forestale sostenibile e
approvati dalle regioni o dagli organismi dalle stesse individuati.
(lettera aggiunta dall’art. 4-undecies della legge n. 205 del 2008) - La valutazione d’impatto ambientale si applica ai progetti che possono avere impatti ambientali
significativi e negativi, come definiti all’articolo 5, comma 1, lettera c).
(comma così sostituito dall’art. 3 del d.lgs. n. 104 del 2017) - La verifica di assoggettabilità a VIA è effettuata per:
(comma così sostituito dall’art. 3 del d.lgs. n. 104 del 2017)
a) i progetti elencati nell’allegato II alla parte seconda del presente decreto, che servono
esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e
non sono utilizzati per più di due anni;
b) le modifiche o le estensioni dei progetti elencati nell’allegato II, II-bis, III e IV alla parte
seconda del presente decreto, la cui realizzazione potenzialmente possa produrre impatti
ambientali significativi e negativi, ad eccezione delle modifiche o estensioni che risultino
conformi agli eventuali valori limite stabiliti nei medesimi allegati II e III;
c) i progetti elencati nell’allegato II-bis alla parte seconda del presente decreto, in
applicazione dei criteri e delle soglie definiti dal decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare del 30 marzo 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84
dell’11 aprile 2015;
d) i progetti elencati nell’allegato IV alla parte seconda del presente decreto, in applicazione
dei criteri e delle soglie definiti dal decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare del 30 marzo 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 dell’11 aprile
2015. - La VIA è effettuata per:
(comma così sostituito dall’art. 3 del d.lgs. n. 104 del 2017)
a) i progetti di cui agli allegati II e III alla parte seconda del presente decreto;
b) i progetti di cui agli allegati II-bis e IV alla parte seconda del presente decreto, relativi ad
opere o interventi di nuova realizzazione, che ricadono, anche parzialmente, all’interno di
aree naturali protette come definite dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, ovvero all’interno di
siti della rete Natura 2000;
c) i progetti elencati nell’allegato II alla parte seconda del presente decreto, che servono
esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e
non sono utilizzati per più di due anni, qualora, all’esito dello svolgimento della verifica di
assoggettabilità a VIA, l’autorità competente valuti che possano produrre impatti ambientali
significativi;
d) le modifiche o estensioni dei progetti elencati negli allegati II e III che comportano il
superamento degli eventuali valori limite ivi stabiliti;
e) le modifiche o estensioni dei progetti elencati nell’allegato II, II-bis, III e IV alla parte
seconda del presente decreto, qualora, all’esito dello svolgimento della verifica di
assoggettabilità a VIA, l’autorità competente valuti che possano produrre impatti ambientali
significativi e negativi;
f) i progetti di cui agli allegati II-bis e IV alla parte seconda del presente decreto, qualora
all’esito dello svolgimento della verifica di assoggettabilità a VIA, in applicazione dei criteri e
delle soglie definiti dal decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare del 30 marzo 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 dell’11 aprile 2015,
l’autorità competente valuti che possano produrre impatti ambientali significativi e negativi. - (comma abrogato dall’art. 3 del d.lgs. n. 104 del 2017)
- Per le modifiche, le estensioni o gli adeguamenti tecnici finalizzati a migliorare il rendimento e le
prestazioni ambientali dei progetti elencati negli allegati II, II-bis, III e IV alla parte seconda del presente
decreto, fatta eccezione per le modifiche o estensioni di cui al comma 7, lettera d), il proponente, in
ragione della presunta assenza di potenziali impatti ambientali significativi e negativi, ha la facoltà di
richiedere all’autorità competente, trasmettendo adeguati elementi informativi tramite apposite liste di
controllo, una valutazione preliminare al fine di individuare l’eventuale procedura da avviare. L’autorità
competente, entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta di valutazione preliminare, comunica al
proponente l’esito delle proprie valutazioni, indicando se le modifiche, le estensioni o gli adeguamenti
tecnici devono essere assoggettati a verifica di assoggettabilità a VIA, a VIA, ovvero non rientrano nelle
categorie di cui ai commi 6 o 7.
(comma così sostituito dall’art. 3 del d.lgs. n. 104 del 2017) - Per i progetti o parti di progetti aventi quale unico obiettivo la difesa nazionale e per i progetti aventi
quali unico obiettivo la risposta alle emergenze che riguardano la protezione civile, il Ministro dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del
turismo, dopo una valutazione caso per caso, può disporre, con decreto, l’esclusione di tali progetti dal
campo di applicazione delle norme di cui al titolo III della parte seconda del presente decreto, qualora
ritenga che tale applicazione possa pregiudicare i suddetti obiettivi.
(comma così sostituito dall’art. 3 del d.lgs. n. 104 del 2017) - Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 32, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare può, in casi eccezionali, previo parere del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo,
esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalle disposizioni di cui al titolo III della parte seconda del
presente decreto, qualora l’applicazione di tali disposizioni incida negativamente sulla finalità del progetto,
a condizione che siano rispettati gli obiettivi della normativa nazionale ed europea in materia di valutazione
di impatto ambientale. In tali casi il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare:
(comma così sostituito dall’art. 3 del d.lgs. n. 104 del 2017)
a) esamina se sia opportuna un’altra forma di valutazione;
b) mette a disposizione del pubblico coinvolto le informazioni raccolte con le altre forme di
valutazione di cui alla lettera a), le informazioni relative alla decisione di esenzione e le
ragioni per cui è stata concessa;
c) informa la Commissione europea, prima del rilascio dell’autorizzazione, dei motivi che
giustificano l’esenzione accordata fornendo tutte le informazioni acquisite. - Per le modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale o della destinazione
dei suoli conseguenti a provvedimenti di autorizzazione di opere singole che hanno per legge l’effetto di
variante ai suddetti piani e programmi, ferma restando l’applicazione della disciplina in materia di VIA, la
valutazione ambientale strategica non è necessaria per la localizzazione delle singole opere. - L’autorizzazione integrata ambientale è necessaria per:
a) le installazioni che svolgono attività di cui all’Allegato VIII alla Parte Seconda;
b) le modifiche sostanziali degli impianti di cui alla lettera a) del presente comma; - Per le attività di smaltimento o di recupero di rifiuti svolte nelle installazioni di cui all’articolo 6, comma
13, anche qualora costituiscano solo una parte delle attività svolte nell’installazione, l’autorizzazione
integrata ambientale, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 29-quater, comma 11, costituisce anche
autorizzazione alla realizzazione o alla modifica, come disciplinato dall’articolo 208.
(comma così sostituito dall’art. 2 del d.lgs. n. 46 del 2014) - Per le installazioni di cui alla lettera a) del comma 13, nonché per le loro modifiche sostanziali,
l’autorizzazione integrata ambientale è rilasciata nel rispetto della disciplina di cui al presente decreto e dei
termini di cui all’articolo 29-quater, comma 10.
(comma così sostituito dall’art. 2 del d.lgs. n. 46 del 2014) - L’autorità competente, nel determinare le condizioni per l’autorizzazione integrata ambientale, fermo
restando il rispetto delle norme di qualità ambientale, tiene conto dei seguenti principi generali:
(comma così modificato dall’art. 2 del d.lgs. n. 46 del 2014)
a) devono essere prese le opportune misure di prevenzione dell’inquinamento, applicando in
particolare le migliori tecniche disponibili;
b) non si devono verificare fenomeni di inquinamento significativi;
c) è prevenuta la produzione dei rifiuti, a norma della parte quarta del presente decreto; i
rifiuti la cui produzione non è prevenibile sono in ordine di priorità e conformemente alla
parte quarta del presente decreto, riutilizzati, riciclati, ricuperati o, ove ciò sia tecnicamente
ed economicamente impossibile, sono smaltiti evitando e riducendo ogni loro impatto
sull’ambiente;
d) l’energia deve essere utilizzata in modo efficace ed efficiente;
e) devono essere prese le misure necessarie per prevenire gli incidenti e limitarne le
conseguenze;
f) deve essere evitato qualsiasi rischio di inquinamento al momento della cessazione definitiva
delle attività e il sito stesso deve essere ripristinato conformemente a quanto previsto
all’articolo 29-sexies, comma 9-quinquies. - Ai fini di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a
qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di
atti e convenzioni dell’Unione europea e internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione
nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9
gennaio 1991, n. 9. Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di
costa lungo l’intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e
costiere protette. I titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento, nel
rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale. Sono sempre assicurate le attività di
manutenzione finalizzate all’adeguamento tecnologico necessario alla sicurezza degli impianti e alla tutela
dell’ambiente, nonché le operazioni finali di ripristino ambientale. Dall’entrata in vigore delle disposizioni di
cui al presente comma è abrogato il comma 81 dell’articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239. A
decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i titolari delle concessioni di
coltivazione in mare sono tenuti a corrispondere annualmente l’aliquota di prodotto di cui all’articolo 19,
comma 1 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, elevata dal 7% al 10% per il gas e dal 4% al
7% per l’olio. Il titolare unico o contitolare di ciascuna concessione è tenuto a versare le somme
corrispondenti al valore dell’incremento dell’aliquota ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello
Stato, per essere interamente riassegnate, in parti uguali, ad appositi capitoli istituiti nello stato di
previsione, rispettivamente, del Ministero dello sviluppo economico, per lo svolgimento delle attività di
vigilanza e controllo della sicurezza anche ambientale degli impianti di ricerca e coltivazione in mare, e del
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per assicurare il pieno svolgimento delle
azioni di monitoraggio, ivi compresi gli adempimenti connessi alle valutazioni ambientali in ambito costiero
e marino, anche mediante l’impiego dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale
(ISPRA), delle Agenzie regionali per l’ambiente e delle strutture tecniche dei corpi dello Stato preposti alla
vigilanza ambientale, e di contrasto dell’inquinamento marino.
(comma così sostituito dall’art. 35, comma 1, legge n. 134 del 2012, poi modificato dall’art. 1, comma 239,
legge n. 208 del 2015 e dall’art. 2, comma 1, legge n. 221 del 2015) - Competenze in materia di VAS e AIA
(articolo così modificato dall’art. 2, comma 4, d.lgs. n. 128 del 2010) - Sono sottoposti a VAS in sede statale i piani e programmi di cui all’articolo 6, commi da 1 a 4, la cui
approvazione compete ad organi dello Stato. - Sono sottoposti a VAS secondo le disposizioni delle leggi regionali, i piani e programmi di cui all’articolo
6, commi da 1 a 4, la cui approvazione compete alle regioni e province autonome o agli enti locali. - (comma abrogato dall’art. 26, comma 1, d.lgs. n. 104 del 2017)
- (comma abrogato dall’art. 26, comma 1, d.lgs. n. 104 del 2017)
4-bis. Sono sottoposti ad AIA in sede statale i progetti relativi alle attività di cui all’allegato XII al presente
decreto e loro modifiche sostanziali.
4-ter. Sono sottoposti ad AIA secondo le disposizioni delle leggi regionali e provinciali i progetti di cui
all’allegato VIII che non risultano ricompresi anche nell’allegato XII al presente decreto e loro modifiche
sostanziali. - In sede statale, l’autorità competente ai fini della VAS e dell’AIA è il Ministero dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare. Il parere motivato in sede di VAS è espresso dal Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, che
collabora alla relativa attività istruttoria. Il provvedimento di AIA è rilasciato dal Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare.
(comma così sostituito dall’art. 4 del d.lgs. n. 104 del 2017) - In sede regionale, l’autorità competente ai fini della VAS e dell’AIA è la pubblica amministrazione con
compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi
regionali o delle Province autonome.
(comma così sostituito dall’art. 4 del d.lgs. n. 104 del 2017) - Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi e regolamenti le
competenze proprie e quelle degli altri enti locali in materia di VAS e di AIA. Disciplinano inoltre:
(comma così sostituito dall’art. 4 del d.lgs. n. 104 del 2017)
a) i criteri per la individuazione degli enti locali territoriali interessati;
b) i criteri specifici per l’individuazione dei soggetti competenti in materia ambientale;
c) fermo il rispetto della legislazione europea, eventuali ulteriori modalità, rispetto a quelle
indicate nel presente decreto, purché con questo compatibili, per l’individuazione dei piani e
programmi o progetti o installazioni da sottoporre a VAS ed AIA e per lo svolgimento della
relativa consultazione;
d) le modalità di partecipazione delle regioni e province autonome confinanti al processo di
VAS, in coerenza con quanto stabilito dalle disposizioni nazionali in materia;
e) le regole procedurali per il rilascio dei provvedimenti di AIA e dei pareri motivati in sede di
VAS di propria competenza, fermo restando il rispetto dei limiti generali di cui al presente
decreto ed all’articolo 29 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. - Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano informano, ogni dodici mesi, il Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare circa i provvedimenti adottati e i
procedimenti di valutazione in corso. - Le Regioni e le Province Autonome esercitano la competenza ad esse assegnata dai commi 2, 4 e 7 nel
rispetto dei principi fondamentali dettati dal presente Titolo.
7-bis. Competenze in materia di VIA e di verifica di assoggettabilità a VIA
(articolo introdotto dall’art. 5 del d.lgs. n. 104 del 2017) - La verifica di assoggettabilità a VIA e la VIA vengono effettuate ai diversi livelli istituzionali, tenendo
conto dell’esigenza di razionalizzare i procedimenti ed evitare duplicazioni nelle valutazioni. - Sono sottoposti a VIA in sede statale i progetti di cui all’allegato II alla parte seconda del presente
decreto. Sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA in sede statale i progetti di cui all’allegato II-bis
alla parte seconda del presente decreto. - Sono sottoposti a VIA in sede regionale, i progetti di cui all’allegato III alla parte seconda del presente
decreto. Sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA in sede regionale i progetti di cui all’allegato IV
alla parte seconda del presente decreto. - In sede statale, l’autorità competente è il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare,
che esercita le proprie competenze in collaborazione con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del
turismo per le attività istruttorie relative al procedimento di VIA. Il provvedimento di verifica di
assoggettabilità a VIA è adottato dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il
provvedimento di VIA è adottato nelle forme e con le modalità di cui all’articolo 25, comma 2, e all’articolo
27, comma 8. - In sede regionale, l’autorità competente è la pubblica amministrazione con compiti di tutela, protezione
e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi regionali o delle Province
autonome. - Qualora nei procedimenti di VIA o di verifica di assoggettabilità a VIA l’autorità competente coincida con
l’autorità proponente di un progetto, le autorità medesime provvedono a separare in maniera appropriata,
nell’ambito della propria organizzazione delle competenze amministrative, le funzioni confliggenti in
relazione all’assolvimento dei compiti derivanti dal presente decreto. - Qualora un progetto sia sottoposto a verifica di assoggettabilità a VIA o a VIA di competenza regionale,
le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano assicurano che le procedure siano svolte in
conformità agli articoli da 19 a 26 e da 27-bis a 29 del presente decreto. Il procedimento di VIA di
competenza regionale si svolge con le modalità di cui all’articolo 27-bis. - Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi o regolamenti
l’organizzazione e le modalità di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA,
nonché l’eventuale conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agli altri enti territoriali sub-regionali.
La potestà normativa di cui al presente comma è esercitata in conformità alla legislazione europea e nel
rispetto di quanto previsto nel presente decreto, fatto salvo il potere di stabilire regole particolari ed
ulteriori per la semplificazione dei procedimenti, per le modalità della consultazione del pubblico e di tutti i
soggetti pubblici potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti e delle autorizzazioni
di competenza regionale e locale, nonché per la destinazione alle finalità di cui all’articolo 29, comma 8, dei
proventi derivanti dall’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie. In ogni caso non sono
derogabili i termini procedimentali massimi di cui agli articoli 19 e 27-bis. - A decorrere dal 31 dicembre 2017, e con cadenza biennale, le Regioni e le Province autonome di Trento
e di Bolzano informano il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare circa i
provvedimenti adottati e i procedimenti di verifica di assoggettabilità a VIA e di VIA, fornendo:
a) il numero di progetti di cui agli allegati III e IV sottoposti ad una valutazione dell’impatto
ambientale;
b) la ripartizione delle valutazioni dell’impatto ambientale secondo le categorie dei progetti di
cui agli allegati III e IV;
c) il numero di progetti di cui all’allegato IV sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA;
d) la durata media delle procedure di valutazione dell’impatto ambientale;
e) stime generali dei costi medi diretti delle valutazioni dell’impatto ambientale, incluse le
stime degli effetti sulle piccole e medie imprese. - A decorrere dal 16 maggio 2017, ed ogni 6 anni, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare informa la Commissione europea circa lo stato di attuazione della direttiva 2014/52/UE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente
la valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati. - Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale – VIA e VAS
(articolo così sostituito dall’art. 6 del d.lgs. n. 104 del 2017) - Il supporto tecnico-scientifico all’autorità competente per l’attuazione delle norme di cui ai Titoli II e III
della presente parte nel caso di piani, programmi e progetti per i quali le valutazioni ambientali VIA e VAS
spettano allo Stato è assicurato dalla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS,
composta da un numero massimo di quaranta commissari, inclusi il Presidente e il Segretario, posta alle
dipendenze funzionali del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per lo svolgimento
delle istruttorie tecniche la Commissione può avvalersi, tramite appositi protocolli d’intesa, del Sistema
nazionale a rete per la protezione dell’ambiente, a norma della legge 28 giugno 2016, n. 132. Per i
procedimenti per i quali sia riconosciuto un concorrente interesse regionale, all’attività istruttoria partecipa
un esperto designato dalle Regioni e dalle Province autonome interessate, individuato tra i soggetti in
possesso di adeguata professionalità ed esperienza nel settore della valutazione dell’impatto ambientale e
del diritto ambientale. - I commissari di cui al comma 1 sono scelti tra professori o ricercatori universitari, tra il personale di cui
agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165, ivi compreso quello appartenente ad
enti di ricerca, al Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente di cui alla legge 28 giugno 2016,
n. 132, all’Istituto superiore di sanità ovvero tra soggetti anche estranei alla pubblica amministrazione,
provvisti del diploma di laurea di vecchio ordinamento, di laurea specialistica o magistrale, con adeguata
esperienza professionale di almeno cinque anni, all’atto della nomina; il loro incarico dura quattro anni ed è
rinnovabile una sola volta. I commissari sono nominati dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio
e del mare, senza obbligo di procedura concorsuale e con determinazione motivata esclusivamente in
ordine al possesso da parte dei prescelti dei necessari requisiti di comprovata professionalità e competenza
nelle materie ambientali, economiche, giuridiche e di sanità pubblica, garantendo il rispetto del principio
dell’equilibrio di genere. Ai commissari, qualora provenienti dalle amministrazioni pubbliche di cui
all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché se personale di cui
all’articolo 3 del medesimo decreto legislativo, si applica quanto previsto dall’articolo 53 del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e, per il personale in regime di diritto pubblico, quanto stabilito dai
rispettivi ordinamenti. Ai commissari spetta il compenso definito con le modalità di cui al comma 5
esclusivamente in ragione dei compiti istruttori effettivamente svolti e solo a seguito dell’adozione del
relativo provvedimento finale. - Al fine di assicurare il necessario supporto tecnico e giuridico, la Commissione si avvale di un Comitato
tecnico istruttorio posto alle dipendenze funzionali del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare, formato da trenta unità di personale pubblico con almeno cinque anni di anzianità di servizio
nella pubblica amministrazione ed esperienza professionale e competenze adeguate ai profili individuati, e
collocato in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o analoga posizione prevista dall’ordinamento di
appartenenza, ai sensi dell’articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127. All’atto del
collocamento in fuori ruolo è reso indisponibile per tutta la durata dello stesso un numero di posti nella
dotazione organica dell’amministrazione di provenienza equivalente dal punto di vista finanziario. I
componenti del Comitato sono nominati dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, e
individuati tra gli appartenenti ad Amministrazioni pubbliche, al Sistema nazionale a rete per la protezione
dell’ambiente, all’ENEA, ad altri Enti di ricerca, nonché, per lo svolgimento delle attività istruttorie in
materia di impatto sanitario, sino a sei unità designate dal Ministro della salute. I componenti del Comitato
restano in carica cinque anni e sono rinominabili per una sola volta. - Con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti il Ministro
dell’economia e delle finanze e il Ministro della salute, sono stabilite per i profili di rispettiva competenza
l’articolazione, l’organizzazione, le modalità di funzionamento e la disciplina delle situazioni di
inconferibilità, incompatibilità e conflitto di interessi anche potenziale della Commissione e del Comitato
tecnico istruttorio. - A decorrere dall’anno 2017, con decreto annuale del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono definiti i costi di funzionamento
della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale e del Comitato tecnico istruttorio, comprensivi
dei compensi per i relativi componenti, in misura complessivamente non superiore all’ammontare delle
tariffe di cui all’articolo 33 del presente decreto, versate all’entrata del bilancio dello Stato nell’anno
precedente, senza che ne derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. I compensi sono stabiliti
proporzionalmente alle responsabilità di ciascun membro della Commissione e del Comitato e in ragione dei
compiti istruttori effettivamente svolti, fermo
restando che gli oneri relativi al trattamento economico fondamentale del personale di cui al comma 3
restano in carico all’amministrazione di appartenenza. - Resta in ogni caso fermo, per i commissari, quanto stabilito dall’articolo 6-bis della legge 7 agosto 1990,
n. 241, e dal decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39. In caso di accertata violazione delle prescrizioni del
decreto legislativo n. 39 del 2013, fermo restando ogni altro profilo di responsabilità, il componente
responsabile decade dall’incarico con effetto dalla data dell’accertamento. Per gli iscritti agli ordini
professionali la violazione viene segnalata dall’autorità competente. - Nel caso di progetti per i quali la VIA spetta alle Regioni e alle Province Autonome, queste ultime
assicurano che l’autorità competente disponga di adeguate competenze tecnico-scientifiche o, se
necessario, si avvalga di adeguate figure di comprovata professionalità, competenza ed esperienza per
l’attuazione delle norme di cui ai Titoli II e III della presente parte.
8-bis. Commissione istruttoria per l’autorizzazione integrata ambientale – IPPC
(articolo introdotto dall’art. 2, comma 6, d.lgs. n. 128 del 2010) - La Commissione istruttoria per l’IPPC, di cui all’articolo 28, commi 7, 8 e 9, del decreto legge 25 giugno
2008, n. 112, convertito, con modifiche, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, svolge l’attività di supporto
scientifico per il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare con specifico
riguardo alle norme di cui al titolo III-bis del presente decreto. La Commissione svolge i compiti di cui
all’articolo 10, comma 2, del d.P.R. 14 maggio 2007, n. 90. - I componenti della Commissione sono nominati nel rispetto dell’articolo 28, commi 7, 8 e 9, del decretolegge
25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modifiche, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Si applicano i
commi 2 e 3 dell’articolo 8 del presente decreto. - Norme procedurali generali
- Alle procedure di verifica e autorizzazione disciplinate dal presente decreto si applicano, in quanto
compatibili, le norme della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, concernente norme in
materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.
(comma così sostituito dall’art. 2, comma 7, d.lgs. n. 128 del 2010) - L’autorità competente, ove ritenuto utile indice, così come disciplinato dagli articoli che seguono, una o
più conferenze di servizi ai sensi dell’articolo 14 della legge n. 241 del 1990 al fine di acquisire elementi
informativi e le valutazioni delle altre autorità pubbliche interessate.
(comma così modificato dall’art. 5, comma 1, lettera a), d.lgs. n. 127 del 2016) - Nel rispetto dei tempi minimi definiti per la consultazione del pubblico, nell’ambito delle procedure di
seguito disciplinate, l’autorità competente può concludere con il proponente o l’autorità procedente e le
altre amministrazioni pubbliche interessate accordi per disciplinare lo svolgimento delle attività di interesse
comune ai fini della semplificazione e della maggiore efficacia dei procedimenti. - Per ragioni di segreto industriale o commerciale è facoltà del proponente presentare all’autorità
competente motivata richiesta di non rendere pubblica parte della documentazione relativa al progetto, allo
studio preliminare ambientale o allo studio di impatto ambientale. L’autorità competente, verificate le
ragioni del proponente, accoglie o respinge motivatamente la richiesta soppesando l’interesse alla
riservatezza con l’interesse pubblico all’accesso alle informazioni. L’autorità competente dispone comunque
della documentazione riservata, con l’obbligo di rispettare le disposizioni vigenti in materia. - Coordinamento delle procedure di VAS, VIA, Verifica di assoggettabilità a VIA, Valutazione
di incidenza e Autorizzazione integrata ambientale
(articolo così modificato dall’art. 2, comma 8, d.lgs. n. 128 del 2010) - Nel caso di progetti per i quali è prevista la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA,
l’autorizzazione integrata ambientale può essere rilasciata solo dopo che, ad esito della predetta procedura
di verifica, l’autorità competente abbia valutato di non assoggettare i progetti a VIA.
(comma così modificato dall’art. 7 del d.lgs. n. 104 del 2017)
1-bis. (comma abrogato dall’art. 26, comma 1, d.lgs. n. 104 del 2017)
1-ter. (comma abrogato dall’art. 26, comma 1, d.lgs. n. 104 del 2017) - (comma abrogato dall’art. 26, comma 1, d.lgs. n. 104 del 2017)
- La VAS e la VIA comprendono le procedure di valutazione d’incidenza di cui all’articolo 5 del decreto n.
357 del 1997; a tal fine, il rapporto ambientale, lo studio preliminare ambientale o lo studio di impatto
ambientale contengono gli elementi di cui all’allegato G dello stesso decreto n. 357 del 1997 e la
valutazione dell’autorità competente si estende alle finalità di conservazione proprie della valutazione
d’incidenza oppure dovrà dare atto degli esiti della valutazione di incidenza. Le modalità di informazione del
pubblico danno specifica evidenza della integrazione procedurale. - La verifica di assoggettabilità di cui all’articolo 19 può essere condotta, nel rispetto delle disposizioni
contenute nel presente decreto, nell’ambito della VAS. In tal caso le modalità di informazione del pubblico
danno specifica evidenza della integrazione procedurale. - Nella redazione dello studio di impatto ambientale di cui all’articolo 22, relativo a progetti previsti da
piani o programmi già sottoposti a valutazione ambientale, possono essere utilizzate le informazioni e le
analisi contenute nel rapporto ambientale. Nel corso della redazione dei progetti e nella fase della loro
valutazione, sono tenute in considerazione la documentazione e le conclusioni della VAS.
Titolo II – LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA - Modalità di svolgimento
(articolo così modificato dall’art. 2, comma 9, d.lgs. n. 128 del 2010) - La valutazione ambientale strategica è avviata dall’autorità procedente contestualmente al processo di
formazione del piano o programma e comprende, secondo le disposizioni di cui agli articoli da 12 a 18:
a) lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità limitatamente ai piani e ai programmi di
cui all’articolo 6, commi 3 e 3-bis;
b) l’elaborazione del rapporto ambientale;
c) lo svolgimento di consultazioni;
d) la valutazione del rapporto ambientale e gli esiti delle consultazioni;
e) la decisione;
f) l’informazione sulla decisione;
g) il monitoraggio. - L’autorità competente, al fine di promuovere l’integrazione degli obiettivi di sostenibilità ambientale nelle
politiche settoriali ed il rispetto degli obiettivi, dei piani e dei programmi ambientali, nazionali ed europei:
a) esprime il proprio parere sull’assoggettabilità delle proposte di piano o di programma alla
valutazione ambientale strategica nei casi previsti dal comma 3 dell’articolo 6;
b) collabora con l’autorità proponente al fine di definire le forme ed i soggetti della
consultazione pubblica, nonché l’impostazione ed i contenuti del Rapporto ambientale e le
modalità di monitoraggio di cui all’articolo 18;
c) esprime, tenendo conto della consultazione pubblica, dei pareri dei soggetti competenti in
materia ambientale, un proprio parere motivato sulla proposta di piano e di programma e sul
rapporto ambientale nonché sull’adeguatezza del piano di monitoraggio e con riferimento alla
sussistenza delle risorse finanziarie. - La fase di valutazione è effettuata anteriormente all’approvazione del piano o del programma, ovvero
all’avvio della relativa procedura legislativa, e comunque durante la fase di predisposizione dello stesso.
Essa è preordinata a garantire che gli impatti significativi sull’ambiente derivanti dall’attuazione di detti
piani e programmi siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro
approvazione. - La VAS viene effettuata ai vari livelli istituzionali tenendo conto dell’esigenza di razionalizzare i
procedimenti ed evitare duplicazioni nelle valutazioni. - La VAS costituisce per i piani e programmi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, parte
integrante del procedimento di adozione ed approvazione. I provvedimenti amministrativi di approvazione
adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di
legge. - Verifica di assoggettabilità
(articolo così modificato dall’art. 2, comma10, d.lgs. n. 128 del 2010) - Nel caso di piani e programmi di cui all’articolo 6, commi 3 e 3-bis, l’autorità procedente trasmette
all’autorità competente, su supporto informatico ovvero, nei casi di particolare difficoltà di ordine tecnico,
anche su supporto cartaceo, un rapporto preliminare comprendente una descrizione del piano o
programma e le informazioni e i dati necessari alla verifica degli impatti significativi sull’ambiente
dell’attuazione del piano o programma, facendo riferimento ai criteri dell’allegato I del presente decreto. - L’autorità competente in collaborazione con l’autorità procedente, individua i soggetti competenti in
materia ambientale da consultare e trasmette loro il documento preliminare per acquisirne il parere. Il
parere è inviato entro trenta giorni all’autorità competente ed all’autorità procedente. - Salvo quanto diversamente concordato dall’autorità competente con l’autorità procedente, l’autorità
competente, sulla base degli elementi di cui all’allegato I del presente decreto e tenuto conto delle
osservazioni pervenute, verifica se il piano o programma possa avere impatti significativi sull’ambiente. - L’autorità competente, sentita l’autorità procedente, tenuto conto dei contributi pervenuti, entro novanta
giorni dalla trasmissione di cui al comma 1, emette il provvedimento di verifica assoggettando o
escludendo il piano o il programma dalla valutazione di cui agli articoli da 13 a 18 e, se del caso, definendo
le necessarie prescrizioni. - Il risultato della verifica di assoggettabilità, comprese le motivazioni, è pubblicato integralmente nel sito
web dell’autorità competente.
(comma così sostituito dall’art. 15, comma 1, legge n. 116 del 2014) - La verifica di assoggettabilità a VAS ovvero la VAS relative a modifiche a piani e programmi ovvero a
strumenti attuativi di piani o programmi già sottoposti positivamente alla verifica di assoggettabilità di cui
all’articolo 12 o alla VAS di cui agli articoli da 12 a 17, si limita ai soli effetti significativi sull’ambiente che
non siano stati precedentemente considerati dagli strumenti normativamente sovraordinati. - Redazione del rapporto ambientale
- Sulla base di un rapporto preliminare sui possibili impatti ambientali significativi dell’attuazione del piano
o programma, il proponente e/o l’autorità procedente entrano in consultazione, sin dai momenti preliminari
dell’attività di elaborazione di piani e programmi, con l’autorità competente e gli altri soggetti competenti in
materia ambientale, al fine di definire la portata ed il livello di dettaglio delle informazioni da includere nel
rapporto ambientale. - La consultazione, salvo quanto diversamente concordato, si conclude entro novanta giorni dall’invio del
rapporto preliminare di cui al comma 1 del presente articolo.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 11, d.lgs. n. 128 del 2010) - La redazione del rapporto ambientale spetta al proponente o all’autorità procedente, senza nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il rapporto ambientale costituisce parte integrante del piano
o del programma e ne accompagna l’intero processo di elaborazione ed approvazione. - Nel rapporto ambientale debbono essere individuati, descritti e valutati gli impatti significativi che
l’attuazione del piano o del programma proposto potrebbe avere sull’ambiente e sul patrimonio culturale,
nonché le ragionevoli alternative che possono adottarsi in considerazione degli obiettivi e dell’ambito
territoriale del piano o del programma stesso. L’allegato VI al presente decreto riporta le informazioni da
fornire nel rapporto ambientale a tale scopo, nei limiti in cui possono essere ragionevolmente richieste,
tenuto conto del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione correnti, dei contenuti e del livello di
dettaglio del piano o del programma. Il Rapporto ambientale dà atto della consultazione di cui al comma 1
ed evidenzia come sono stati presi in considerazione i contributi pervenuti. Per evitare duplicazioni della
valutazione, possono essere utilizzati, se pertinenti, approfondimenti già effettuati ed informazioni ottenute
nell’ambito di altri livelli decisionali o altrimenti acquisite in attuazione di altre disposizioni normative.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 11, d.lgs. n. 128 del 2010) - La proposta di piano o di programma è comunicata, anche secondo modalità concordate, all’autorità
competente. La comunicazione comprende il rapporto ambientale e una sintesi non tecnica dello stesso.
Dalla data pubblicazione dell’avviso di cui all’articolo 14, comma 1, decorrono i tempi dell’esame istruttorio
e della valutazione. La proposta di piano o programma ed il rapporto ambientale sono altresì messi a
disposizione dei soggetti competenti in materia ambientale e del pubblico interessato affinché questi
abbiano l’opportunità di esprimersi. - La documentazione è depositata presso gli uffici dell’autorità competente e presso gli uffici delle regioni
e delle province il cui territorio risulti anche solo parzialmente interessato dal piano o programma o dagli
impatti della sua attuazione. - Consultazione
(articolo così modificato dall’art. 2, comma 12, d.lgs. n. 128 del 2010) - Contestualmente alla comunicazione di cui all’articolo 13, comma 5, l’autorità procedente cura la
pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana o nel Bollettino Ufficiale della
regione o provincia autonoma interessata. L’avviso deve contenere: il titolo della proposta di piano o di
programma, il proponente, l’autorità procedente, l’indicazione delle sedi ove può essere presa visione del
piano o programma e del rapporto ambientale e delle sedi dove si può consultare la sintesi non tecnica. - L’autorità competente e l’autorità procedente mettono, altresì, a disposizione del pubblico la proposta di
piano o programma ed il rapporto ambientale mediante il deposito presso i propri uffici e la pubblicazione
sul proprio sito web. - Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell’avviso di cui al comma 1, chiunque può
prendere visione della proposta di piano o programma e del relativo rapporto ambientale e presentare
proprie osservazioni in forma scritta, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi. - In attuazione dei principi di economicità e di semplificazione, le procedure di deposito, pubblicità e
partecipazione, eventualmente previste dalle vigenti disposizioni anche regionali per specifici piani e
programmi, si coordinano con quelle di cui al presente articolo, in modo da evitare duplicazioni ed
assicurare il rispetto dei termini previsti dal comma 3 del presente articolo e dal comma 1 dell’articolo 15.
Tali forme di pubblicità tengono luogo delle comunicazioni di cui all’articolo 7 ed ai commi 3 e 4 dell’articolo
8 della legge 7 agosto 1990 n. 241. - Valutazione del rapporto ambientale e degli esiti i risultati della consultazione
(articolo così modificato dall’art. 2, comma 13, d.lgs. n. 128 del 2010) - L’autorità competente, in collaborazione con l’autorità procedente, svolge le attività tecnico-istruttorie,
acquisisce e valuta tutta la documentazione presentata, nonché le osservazioni, obiezioni e suggerimenti
inoltrati ai sensi dell’articolo 14 e dell’articolo 32, nonché i risultati delle consultazioni transfrontaliere di cui
al medesimo articolo 32 ed esprime il proprio parere motivato entro il termine di novanta giorni a decorrere
dalla scadenza di tutti i termini di cui all’articolo 14. La tutela avverso il silenzio dell’Amministrazione è
disciplinata dalle disposizioni generali del processo amministrativo. - L’autorità procedente, in collaborazione con l’autorità competente, provvede, prima della presentazione
del piano o programma per l’approvazione e tenendo conto delle risultanze del parere motivato di cui al
comma 1 e dei risultati delle consultazioni transfrontaliere, alle opportune revisioni del piano o programma. - Decisione
- Il piano o programma ed il rapporto ambientale, insieme con il parere motivato e la documentazione
acquisita nell’ambito della consultazione, sono trasmessi all’organo competente all’adozione o approvazione
del piano o programma.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 14, d.lgs. n. 128 del 2010) - Informazione sulla decisione
- La decisione finale è pubblicata sui siti web delle autorità interessate indicando la sede ove si possa
prendere visione del piano o programma adottato e di tutta la documentazione oggetto dell’istruttoria.
Sono inoltre rese pubbliche, attraverso la pubblicazione sui siti web della autorità interessate:
(comma così modificato dall’art. 15, comma 1, legge n. 116 del 2014)
a) il parere motivato espresso dall’autorità competente;
b) una dichiarazione di sintesi in cui si illustra in che modo le considerazioni ambientali sono
state integrate nel piano o programma e come si è tenuto conto del rapporto ambientale e
degli esiti delle consultazioni, nonché le ragioni per le quali è stato scelto il piano o il
programma adottato, alla luce delle alternative possibili che erano state individuate;
c) le misure adottate in merito al monitoraggio di cui all’articolo 18. - Monitoraggio
- Il monitoraggio assicura il controllo sugli impatti significativi sull’ambiente derivanti dall’attuazione dei
piani e dei programmi approvati e la verifica del raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità prefissati,
così da individuare tempestivamente gli impatti negativi imprevisti e da adottare le opportune misure
correttive. Il monitoraggio è effettuato dall’Autorità procedente in collaborazione con l’Autorità competente
anche avvalendosi del sistema delle Agenzie ambientali e dell’Istituto Superiore per la Protezione e la
Ricerca Ambientale.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 15, d.lgs. n. 128 del 2010) - Il piano o programma individua le responsabilità e la sussistenza delle le risorse necessarie per la
realizzazione e gestione del monitoraggio. - Delle modalità di svolgimento del monitoraggio, dei risultati e delle eventuali misure correttive adottate
ai sensi del comma 1 è data adeguata informazione attraverso i siti web dell’autorità competente e
dell’autorità procedente e delle Agenzie interessate. - Le informazioni raccolte attraverso il monitoraggio sono tenute in conto nel caso di eventuali modifiche
al piano o programma e comunque sempre incluse nel quadro conoscitivo dei successivi atti di
pianificazione o programmazione.
Titolo III – LA VALUTAZIONE D’IMPATTO AMBIENTALE - Modalità di svolgimento del procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA
(articolo così sostituito dall’art. 8 del d.lgs. n. 104 del 2017) - Il proponente trasmette all’autorità competente lo studio preliminare ambientale in formato elettronico,
redatto in conformità a quanto contenuto nell’allegato IV-bis alla parte seconda del presente decreto,
nonché copia dell’avvenuto pagamento del contributo di cui all’articolo 33. - Lo studio preliminare ambientale è pubblicato tempestivamente nel sito web dell’autorità competente,
con modalità tali da garantire la tutela della riservatezza di eventuali informazioni industriali o commerciali
indicate dal proponente, in conformità a quanto previsto dalla disciplina sull’accesso del pubblico
all’informazione ambientale. - L’autorità competente comunica per via telematica a tutte le Amministrazioni e a tutti gli enti territoriali
potenzialmente interessati l’avvenuta pubblicazione della documentazione nel proprio sito web. - Entro e non oltre quarantacinque giorni dalla comunicazione di cui al comma 3, chiunque abbia interesse
può prendere visione, sul sito web, dello studio preliminare ambientale e della documentazione a corredo,
presentando le proprie osservazioni all’autorità competente. - L’autorità competente, sulla base dei criteri di cui all’allegato V alla parte seconda del presente decreto,
tenuto conto delle osservazioni pervenute e, se del caso, dei risultati di eventuali altre valutazioni degli
effetti sull’ambiente effettuate in base ad altre pertinenti normative europee, nazionali o regionali, verifica
se il progetto ha possibili impatti ambientali significativi. - L’autorità competente può, per una sola volta, richiedere chiarimenti e integrazioni al proponente, entro
trenta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 4. In tal caso, il proponente provvede a
trasmettere i chiarimenti richiesti entro e non oltre i successivi quarantacinque giorni. Su richiesta motivata
del proponente l’autorità competente può concedere, per una sola volta, la sospensione dei termini per la
presentazione delle integrazioni e dei chiarimenti richiesti per un periodo non superiore a novanta giorni.
Qualora il proponente non trasmetta la documentazione richiesta entro il termine stabilito, la domanda si
intende respinta ed è fatto obbligo all’autorità competente di procedere all’archiviazione. - L’autorità competente adotta il provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA entro i successivi
quarantacinque giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 4, ovvero entro trenta giorni dal
ricevimento della documentazione di cui al comma 6. In casi eccezionali, relativi alla natura, alla
complessità, all’ubicazione o alle dimensioni del progetto, l’autorità competente può prorogare, per una
sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, il termine per l’adozione del provvedimento di
verifica; in tal caso, l’autorità competente comunica tempestivamente per iscritto al proponente le ragioni
che giustificano la proroga e la data entro la quale è prevista l’adozione del provvedimento. - Qualora l’autorità competente stabilisca di non assoggettare il progetto al procedimento di VIA, specifica
i motivi principali alla base della mancata richiesta di tale valutazione in relazione ai criteri pertinenti
elencati nell’allegato V, e, ove richiesto dal proponente, tenendo conto delle eventuali osservazioni del
Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per i profili di competenza, specifica le condizioni
ambientali necessarie per evitare o prevenire quelli che potrebbero altrimenti rappresentare impatti
ambientali significativi e negativi. - Qualora l’autorità competente stabilisca che il progetto debba essere assoggettato al procedimento di
VIA, specifica i motivi principali alla base della richiesta di VIA in relazione ai criteri pertinenti elencati
nell’allegato V. - Per i progetti elencati nell’allegato II-bis e nell’allegato IV alla parte seconda del presente decreto la
verifica di assoggettabilità a VIA è effettuata applicando i criteri e le soglie definiti dal decreto del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 marzo 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
n. 84 dell’11 aprile 2015. - Il provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, comprese le motivazioni, è pubblicato
integralmente nel sito web dell’autorità competente. - I termini per il rilascio del provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA si considerano perentori ai
sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2, commi da 9 a 9-quater, e 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n.
241. - Tutta la documentazione afferente al procedimento, nonché i risultati delle consultazioni svolte, le
informazioni raccolte, le osservazioni e i pareri sono tempestivamente pubblicati dall’autorità competente
sul proprio sito web. - Definizione del livello di dettaglio degli elaborati progettuali ai fini del procedimento di
VIA
(articolo così sostituito dall’art. 9 del d.lgs. n. 104 del 2017) - Il proponente ha la facoltà di richiedere, in qualunque momento, una fase di confronto con l’autorità
competente al fine di definire la portata delle informazioni e il relativo livello di dettaglio degli elaborati
progettuali necessari allo svolgimento del procedimento di VIA. A tal fine, il proponente trasmette, in
formato elettronico, una proposta di elaborati progettuali. - Sulla base della documentazione trasmessa dal proponente, l’autorità competente, entro trenta giorni
dalla presentazione della proposta, comunica al proponente l’esito delle proprie valutazioni, assicurando
che il livello di dettaglio degli elaborati progettuali sia di qualità sufficientemente elevata e tale da
consentire la compiuta valutazione degli impatti ambientali. - Definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale
(articolo così sostituito dall’art. 10 del d.lgs. n. 104 del 2017) - Il proponente ha la facoltà di richiedere una fase di consultazione con l’autorità competente e i soggetti
competenti in materia ambientale al fine di definire la portata delle informazioni, il relativo livello di
dettaglio e le metodologie da adottare per la predisposizione dello studio di impatto ambientale. A tal fine,
trasmette all’autorità competente, in formato elettronico, gli elaborati progettuali, lo studio preliminare
ambientale, nonché una relazione che, sulla base degli impatti ambientali attesi, illustra il piano di lavoro
per l’elaborazione dello studio di impatto ambientale. - La documentazione di cui al comma 1, è pubblicata e resa accessibile, con modalità tali da garantire la
tutela della riservatezza di eventuali informazioni industriali o commerciali indicate dal proponente, in
conformità a quanto previsto dalla disciplina sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, nel sito
web dell’autorità competente che comunica per via telematica a tutte le Amministrazioni e a tutti gli enti
territoriali potenzialmente interessati l’avvenuta pubblicazione della documentazione nel proprio sito web. - Sulla base della documentazione trasmessa dal proponente e della consultazione con i soggetti di cui al
comma 2, entro sessanta giorni dalla messa a disposizione della documentazione nel proprio sito web,
l’autorità competente esprime un parere sulla portata e sul livello di dettaglio delle informazioni da
includere nello studio di impatto ambientale. Il parere è pubblicato sul sito web dell’autorità competente. - L’avvio della procedura di cui al presente articolo può, altresì, essere richiesto dall’autorità competente
sulla base delle valutazioni di cui all’articolo 6, comma 9, ovvero di quelle di cui all’articolo 20. - Studio di impatto ambientale
(articolo così sostituito dall’art. 11 del d.lgs. n. 104 del 2017) - Lo studio di impatto ambientale è predisposto dal proponente secondo le indicazioni e i contenuti di cui
all’allegato VII alla parte seconda del presente decreto, sulla base del parere espresso dall’autorità
competente a seguito della fase di consultazione sulla definizione dei contenuti di cui all’articolo 21, qualora
attivata. - Sono a carico del proponente i costi per la redazione dello studio di impatto ambientale e di tutti i
documenti elaborati nelle varie fasi del procedimento. - Lo studio di impatto ambientale contiene almeno le seguenti informazioni:
a) una descrizione del progetto, comprendente informazioni relative alla sua ubicazione e
concezione, alle sue dimensioni e ad altre sue caratteristiche pertinenti;
b) una descrizione dei probabili effetti significativi del progetto sull’ambiente, sia in fase di
realizzazione che in fase di esercizio e di dismissione;
c) una descrizione delle misure previste per evitare, prevenire o ridurre e, possibilmente,
compensare i probabili impatti ambientali significativi e negativi;
d) una descrizione delle alternative ragionevoli prese in esame dal proponente, adeguate al
progetto ed alle sue caratteristiche specifiche, compresa l’alternativa zero, con indicazione
delle ragioni principali alla base dell’opzione scelta, prendendo in considerazione gli impatti
ambientali;
e) il progetto di monitoraggio dei potenziali impatti ambientali significativi e negativi derivanti
dalla realizzazione e dall’esercizio del progetto, che include le responsabilità e le risorse
necessarie per la realizzazione e la gestione del monitoraggio;
f) qualsiasi informazione supplementare di cui all’allegato VII relativa alle caratteristiche
peculiari di un progetto specifico o di una tipologia di progetto e dei fattori ambientali che
possono subire un pregiudizio. - Allo studio di impatto ambientale deve essere allegata una sintesi non tecnica delle informazioni di cui al
comma 3, predisposta al fine di consentirne un’agevole comprensione da parte del pubblico ed un’agevole
riproduzione. - Per garantire la completezza e la qualità dello studio di impatto ambientale e degli altri elaborati
necessari per l’espletamento della fase di valutazione, il proponente:
a) tiene conto delle conoscenze e dei metodi di valutazione disponibili derivanti da altre
valutazioni pertinenti effettuate in conformità della legislazione europea, nazionale o
regionale, anche al fine di evitare duplicazioni di valutazioni;
b) ha facoltà di accedere ai dati e alle pertinenti informazioni disponibili presso le pubbliche
amministrazioni, secondo quanto disposto dalle normative vigenti in materia;
c) cura che la documentazione sia elaborata da esperti con competenze e professionalità
specifiche nelle materie afferenti alla valutazione ambientale, e che l’esattezza complessiva
della stessa sia attestata da professionisti iscritti agli albi professionali. - Presentazione dell’istanza, avvio del procedimento di VIA e pubblicazione degli atti
(articolo così sostituito dall’art. 12 del d.lgs. n. 104 del 2017) - Il proponente presenta l’istanza di VIA trasmettendo all’autorità competente in formato elettronico:
a) gli elaborati progettuali di cui all’articolo 5, comma 1, lettera g);
b) lo studio di impatto ambientale;
c) la sintesi non tecnica;
d) le informazioni sugli eventuali impatti transfrontalieri del progetto ai sensi dell’articolo 32;
e) l’avviso al pubblico, con i contenuti indicati all’articolo 24, comma 2;
f) copia della ricevuta di avvenuto pagamento del contributo di cui all’articolo 33;
g) i risultati della procedura di dibattito pubblico eventualmente svolta ai sensi dell’articolo 22
del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. - Per i progetti di cui al punto 1) dell’allegato II alla presente parte e per i progetti riguardanti le centrali
termiche e altri impianti di combustione con potenza termica superiore a 300 MW, di cui al punto 2) del
medesimo allegato II, il proponente trasmette, oltre alla documentazione di cui alle lettere da a) a e), la
valutazione di impatto sanitario predisposta in conformità alle linee guida adottate con decreto del Ministro
della salute, che si avvale dell’Istituto superiore di sanità. - Entro quindici giorni dalla presentazione dell’istanza di VIA l’autorità competente verifica la completezza
della documentazione, l’eventuale ricorrere della fattispecie di cui all’articolo 32, comma 1, nonché
l’avvenuto pagamento del contributo dovuto ai sensi dell’articolo 33. Qualora la documentazione risulti
incompleta, l’autorità competente richiede al proponente la documentazione integrativa, assegnando un
termine perentorio per la presentazione non superiore a trenta giorni. Qualora entro il termine assegnato il
proponente non depositi la documentazione integrativa, ovvero qualora all’esito della verifica, da effettuarsi
da parte dell’autorità competente nel termine di quindici giorni, la documentazione risulti ancora
incompleta, l’istanza si intende ritirata ed è fatto obbligo all’autorità competente di procedere
all’archiviazione. - La documentazione di cui al comma 1 è immediatamente pubblicata e resa accessibile, con modalità tali
da garantire la tutela della riservatezza di eventuali informazioni industriali o commerciali indicate dal
proponente, in conformità a quanto previsto dalla disciplina sull’accesso del pubblico all’informazione
ambientale, nel sito web dell’autorità competente all’esito delle verifiche di cui al comma 3. L’autorità
competente comunica contestualmente per via telematica a tutte le Amministrazioni e a tutti gli enti
territoriali potenzialmente interessati e comunque competenti ad esprimersi sulla realizzazione del
progetto, l’avvenuta pubblicazione della documentazione nel proprio sito web. La medesima comunicazione
è effettuata in sede di notifica ad altro Stato ai sensi dell’articolo 32, comma 1. - Consultazione del pubblico, acquisizione dei pareri e consultazioni transfrontaliere
(articolo così sostituito dall’art. 13, comma 1, d.lgs. n. 104 del 2017) - Della presentazione dell’istanza, della pubblicazione della documentazione, nonché delle comunicazioni
di cui all’articolo 23 deve essere dato contestualmente specifico avviso al pubblico sul sito web dell’autorità
competente. Tale forma di pubblicità tiene luogo delle comunicazioni di cui agli articoli 7 e 8, commi 3 e 4,
della legge 7 agosto 1990, n. 241. Dalla data di pubblicazione sul sito web dell’avviso al pubblico decorrono
i termini per la consultazione, la valutazione e l’adozione del provvedimento di VIA. - L’avviso al pubblico, predisposto dal proponente, è pubblicato a cura dell’autorità competente ai sensi e
per gli effetti di cui al comma 1, e ne è data comunque informazione nell’albo pretorio informatico delle
amministrazioni comunali territorialmente interessate. L’avviso al pubblico deve indicare almeno:
a) il proponente, la denominazione del progetto e la tipologia di procedura autorizzativa
necessaria ai fini della realizzazione del progetto;
b) l’avvenuta presentazione dell’istanza di VIA e l’eventuale applicazione delle disposizioni di
cui all’articolo 32;
c) la localizzazione e una breve descrizione del progetto e dei suoi possibili principali impatti
ambientali;
d) l’indirizzo web e le modalità per la consultazione della documentazione e degli atti
predisposti dal proponente nella loro interezza;
e) i termini e le specifiche modalità per la partecipazione del pubblico;
f) l’eventuale necessità della valutazione di incidenza a norma dell’articolo 10, comma 3. - Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell’avviso al pubblico di cui al comma 2, chiunque
abbia interesse può prendere visione, sul sito web, del progetto e della relativa documentazione e
presentare le proprie osservazioni all’autorità competente, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi
conoscitivi e valutativi. Entro il medesimo termine sono acquisiti per via telematica i pareri delle
Amministrazioni e degli enti pubblici che hanno ricevuto la comunicazione di cui all’articolo 23, comma 4.
Entro i trenta giorni successivi alla scadenza del termine di cui ai periodi precedenti, il proponente ha
facoltà di presentare all’autorità competente le proprie controdeduzioni alle osservazioni e ai pareri
pervenuti. - Qualora all’esito della consultazione ovvero della presentazione delle controdeduzioni da parte del
proponente si renda necessaria la modifica o l’integrazione degli elaborati progettuali o della
documentazione acquisita, l’autorità competente, entro i trenta giorni successivi, può, per una sola volta,
stabilire un termine non superiore ad ulteriori trenta giorni, per la trasmissione, in formato elettronico,
degli elaborati progettuali o della documentazione modificati o integrati. Su richiesta motivata del
proponente l’autorità competente può concedere, per una sola volta, la sospensione dei termini per la
presentazione della documentazione integrativa per un periodo non superiore a centottanta giorni. Nel
caso in cui il proponente non ottemperi alla richiesta entro il termine perentorio stabilito, l’istanza si intende
respinta ed è fatto obbligo all’autorità competente di procedere all’archiviazione. - L’autorità competente, ove motivatamente ritenga che le modifiche o le integrazioni siano sostanziali e
rilevanti per il pubblico, dispone, entro quindici giorni dalla ricezione della documentazione integrativa di
cui al comma 4, che il proponente trasmetta, entro i successivi quindici giorni, un nuovo avviso al pubblico,
predisposto in conformità al comma 2, da pubblicare a cura dell’autorità competente sul proprio sito web.
In relazione alle sole modifiche o integrazioni apportate agli elaborati progettuali e alla documentazione si
applica il termine di trenta giorni per la presentazione delle osservazioni e la trasmissione dei pareri delle
Amministrazioni e degli enti pubblici che hanno ricevuto la comunicazione di cui all’articolo 23, comma 4.
Entro i trenta giorni successivi il proponente ha facoltà di presentare all’autorità competente le proprie
controdeduzioni alle osservazioni e ai pareri pervenuti. - Nel caso di progetti cui si applica la disciplina di cui all’articolo 32, i termini per le consultazioni e
l’acquisizione di tutti pareri di cui al presente articolo decorrono dalla comunicazione della dichiarazione di
interesse alla partecipazione alla procedura da parte degli Stati consultati e coincidono con quelli previsti
dal medesimo articolo 32. - Tutta la documentazione afferente al procedimento, nonché i risultati delle consultazioni svolte, le
informazioni raccolte, le osservazioni e i pareri compresi quelli ricevuti a norma dell’articolo 32 sono
tempestivamente pubblicati dall’autorità competente sul proprio sito web.
24-bis. Inchiesta pubblica
(articolo così introdotto dall’art. 13, comma 2, d.lgs. n. 104 del 2017) - L’autorità competente può disporre che la consultazione del pubblico di cui all’articolo 24, comma 3,
primo periodo, si svolga nelle forme dell’inchiesta pubblica, con oneri a carico del proponente, nel rispetto
del termine massimo di novanta giorni. L’inchiesta si conclude con una relazione sui lavori svolti ed un
giudizio sui risultati emersi, predisposti dall’autorità competente. - Per i progetti di cui all’allegato II, e nell’ipotesi in cui non sia stata svolta la procedura di dibattito
pubblico di cui all’articolo 22 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, l’autorità competente si esprime
con decisione motivata, sentito il proponente, qualora la richiesta di svolgimento dell’inchiesta pubblica sia
presentata dal consiglio regionale della Regione territorialmente interessata, ovvero da un numero di
consigli comunali rappresentativi di almeno cinquantamila residenti nei territori interessati, ovvero da un
numero di associazioni riconosciute ai sensi dell’articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349,
rappresentativo di almeno cinquantamila iscritti. - La richiesta di cui al comma 2, motivata specificamente in relazione ai potenziali impatti ambientali del
progetto, è presentata entro il quarantesimo giorno dalla pubblicazione dell’avviso al pubblico di cui
all’articolo 24, comma 1. - Valutazione degli impatti ambientali e provvedimento di VIA
(articolo così sostituito dall’art. 14 del d.lgs. n. 104 del 2017) - L’autorità competente valuta la documentazione acquisita tenendo debitamente conto dello studio di
impatto ambientale, delle eventuali informazioni supplementari fornite dal proponente, nonché dai risultati
delle consultazioni svolte, delle informazioni raccolte e delle osservazioni e dei pareri ricevuti a norma degli
articoli 24 e 32. Qualora tali pareri non siano resi nei termini ivi previsti ovvero esprimano valutazioni
negative o elementi di dissenso sul progetto, l’autorità competente procede comunque alla valutazione a
norma del presente articolo. - Nel caso di progetti di competenza statale l’autorità competente, entro il termine di sessanta giorni dalla
conclusione della fase di consultazione di cui all’articolo 24, propone al Ministro dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare l’adozione del provvedimento di VIA. Qualora sia necessario procedere ad
accertamenti e indagini di particolare complessità, l’autorità competente, con atto motivato, dispone il
prolungamento della fase di valutazione sino a un massimo di ulteriori trenta giorni, dando
tempestivamente comunicazione per via telematica al proponente delle ragioni che giustificano la proroga e
del termine entro cui sarà emanato il provvedimento. Nel caso di consultazioni transfrontaliere il
provvedimento di VIA è proposto all’adozione del Ministro entro il termine di cui all’articolo 32, comma
5-bis. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede entro il termine di sessanta
giorni all’adozione del provvedimento di VIA, previa acquisizione del concerto del Ministro dei beni e delle
attività culturali e del turismo da rendere entro trenta giorni dalla richiesta. In caso di inutile decorso del
termine per l’adozione del provvedimento di VIA da parte del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare ovvero per l’espressione del concerto da parte del Ministro dei beni e delle attività
culturali e del turismo, su istanza del proponente o dei Ministri interessati, l’adozione del provvedimento è
rimessa alla deliberazione del Consiglio dei ministri che si esprime entro i successivi trenta giorni. - Il provvedimento di VIA contiene le motivazioni e le considerazioni su cui si fonda la decisione
dell’autorità competente, incluse le informazioni relative al processo di partecipazione del pubblico, la
sintesi dei risultati delle consultazioni e delle informazioni raccolte ai sensi degli articoli 23, 24 e 24-bis, e,
ove applicabile, ai sensi dell’articolo 32, nonché l’indicazione di come tali risultati siano stati integrati o
altrimenti presi in considerazione. - Il provvedimento di VIA contiene altresì le eventuali e motivate condizioni ambientali che definiscono:
a) le condizioni per la realizzazione, l’esercizio e la dismissione del progetto, nonché quelle
relative ad eventuali malfunzionamenti;
b) le misure previste per evitare, prevenire, ridurre e, se possibile, compensare gli impatti
ambientali significativi e negativi;
c) le misure per il monitoraggio degli impatti ambientali significativi e negativi, anche tenendo
conto dei contenuti del progetto di monitoraggio ambientale predisposto dal proponente ai
sensi dell’articolo 22, comma 3, lettera e). La tipologia dei parametri da monitorare e la
durata del monitoraggio sono proporzionati alla natura, all’ubicazione, alle dimensioni del
progetto ed alla significatività dei suoi effetti sull’ambiente. Al fine di evitare una duplicazione
del monitoraggio, è possibile ricorrere, se del caso, a meccanismi di controllo esistenti
derivanti dall’attuazione di altre pertinenti normative europee, nazionali o regionali. - Il provvedimento di VIA è immediatamente pubblicato sul sito web dell’autorità competente e ha
l’efficacia temporale, comunque non inferiore a cinque anni, definita nel provvedimento stesso, tenuto
conto dei tempi previsti per la realizzazione del progetto, dei procedimenti autorizzatori necessari, nonché
dell’eventuale proposta formulata dal proponente e inserita nella documentazione a corredo dell’istanza di
VIA. Decorsa l’efficacia temporale indicata nel provvedimento di VIA senza che il progetto sia stato
realizzato, il procedimento di VIA deve essere reiterato, fatta salva la concessione, su istanza del
proponente, di specifica proroga da parte dell’autorità competente. - Nel caso di consultazioni transfrontaliere, l’autorità competente informa l’altro Stato e il Ministero degli
affari esteri e della cooperazione internazionale dell’avvenuta pubblicazione del provvedimento di VIA sul
sito web. - Tutti i termini del procedimento di VIA si considerano perentori ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli
2, commi da 9 a 9-quater, e 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241. - Integrazione del provvedimento di VIA negli atti autorizzatori
(articolo così sostituito dall’art. 15 del d.lgs. n. 104 del 2017) - Il provvedimento di VIA è sempre integrato nell’autorizzazione e in ogni altro titolo abilitativo alla
realizzazione dei progetti sottoposti a VIA, nonché nell’autorizzazione integrata ambientale, ove prevista. - L’autorizzazione recepisce ed esplicita almeno le seguenti informazioni:
a) il provvedimento di VIA;
b) le eventuali condizioni ambientali del provvedimento di VIA, una descrizione delle
caratteristiche del progetto e delle eventuali misure previste per evitare, prevenire o ridurre e
se possibile compensare gli impatti ambientali negativi e significativi, nonché, ove opportuno,
una descrizione delle misure di monitoraggio. - Della decisione in merito alla concessione o al rigetto dell’autorizzazione, è data prontamente
informazione al pubblico, nonché alle Amministrazioni e agli enti pubblici che hanno ricevuto la
comunicazione di cui all’articolo 23, comma 4, mediante pubblicazione sul sito web dell’autorità che ha
adottato l’atto, consentendo altresì l’accesso almeno alle seguenti informazioni:
a) il contenuto della decisione e le condizioni che eventualmente l’accompagnano;
b) le motivazioni e le considerazioni su cui si fonda la decisione, incluse le informazioni
relative al processo di partecipazione del pubblico nel procedimento di VIA, la sintesi dei
risultati delle consultazioni e delle informazioni raccolte ai sensi degli articoli 23, 24 e 24-bis,
e, ove applicabile, ai sensi dell’articolo 32, nonché l’indicazione di come tali risultati siano stati
integrati o altrimenti presi in considerazione. - Provvedimento unico in materia ambientale
(articolo così sostituito dall’art. 16, comma 1, d.lgs. n. 104 del 2017) - Nel caso di procedimenti di VIA di competenza statale, il proponente può richiedere all’autorità
competente che il provvedimento di VIA sia rilasciato nell’ambito di un provvedimento unico comprensivo
di ogni autorizzazione, intesa, parere, concerto, nulla osta, o atto di assenso in materia ambientale,
richiesto dalla normativa vigente per la realizzazione e l’esercizio del progetto. A tal fine, il proponente
presenta un’istanza ai sensi dell’articolo 23, avendo cura che l’avviso al pubblico di cui all’articolo 24,
comma 2, rechi altresì specifica indicazione di ogni autorizzazione, intesa, parere, concerto, nulla osta, o
atti di assenso in materia ambientale richiesti, nonché la documentazione e gli elaborati progettuali previsti
dalle normative di settore per consentire la compiuta istruttoria tecnico-amministrativa finalizzata al rilascio
di tutti i titoli ambientali di cui al comma 2. A tale istanza, laddove necessario, si applica l’articolo 93 del
decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. - Il provvedimento unico di cui al comma 1 comprende il rilascio dei seguenti titoli laddove necessario:
a) autorizzazione integrata ambientale ai sensi del Titolo III-bis della Parte II del presente
decreto;
b) autorizzazione riguardante la disciplina degli scarichi nel sottosuolo e nelle acque
sotterranee di cui all’articolo 104 del presente decreto;
c) autorizzazione riguardante la disciplina dell’immersione in mare di materiale derivante da
attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte di cui all’articolo 109 del
presente decreto;
d) autorizzazione paesaggistica di cui all’articolo 146 del Codice dei beni culturali e del
paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
e) autorizzazione culturale di cui all’articolo 21 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di
cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
f) autorizzazione riguardante il vincolo idrogeologico di cui al regio decreto 30 dicembre 1923,
n. 3267, e al decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616;
g) nulla osta di fattibilità di cui all’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 26 giugno
2015, n. 105;
h) autorizzazione antisismica di cui all’articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica
6 giugno 2001, n. 380. - Nel caso di cui al comma 2, lettera a), lo studio di impatto ambientale e gli elaborati progettuali
contengono anche le informazioni previste ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 29-ter e il provvedimento finale
contiene le condizioni e le misure supplementari previste dagli articoli 29-sexies e 29-septies. - Entro quindici giorni dalla presentazione dell’istanza l’autorità competente verifica l’avvenuto pagamento
del contributo dovuto ai sensi dell’articolo 33, nonché l’eventuale ricorrere della fattispecie di cui all’articolo
32, comma 1, e comunica per via telematica a tutte le amministrazioni ed enti potenzialmente interessati e
comunque competenti in materia ambientale l’avvenuta pubblicazione della documentazione nel proprio
sito web con modalità tali da garantire la tutela della riservatezza di eventuali informazioni industriali o
commerciali indicate dal proponente, in conformità a quanto previsto dalla disciplina sull’accesso del
pubblico all’informazione ambientale. La medesima comunicazione è effettuata in sede di notifica ad altro
Stato ai sensi dell’articolo 32, comma 1. - Entro trenta giorni dalla pubblicazione della documentazione nel sito web dell’autorità competente,
quest’ultima, nonché le amministrazioni e gli enti di cui al comma 4, per i profili di rispettiva competenza,
verificano l’adeguatezza e la completezza della documentazione, assegnando al proponente un termine
perentorio non superiore a trenta giorni per le eventuali integrazioni. - Successivamente alla verifica della completezza documentale, ovvero, in caso di richieste di integrazioni,
dalla data di ricevimento delle stesse, l’autorità competente pubblica l’avviso di cui all’articolo 23, comma 1,
lettera e), di cui è data comunque informazione nell’albo pretorio informatico delle amministrazioni
comunali territorialmente interessate. Tale forma di pubblicità tiene luogo delle comunicazioni di cui agli
articoli 7 e 8, commi 3 e 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Dalla data della pubblicazione della suddetta
documentazione, e per la durata di sessanta giorni, il pubblico interessato può presentare osservazioni
concernenti la valutazione di impatto ambientale, la valutazione di incidenza ove necessaria e
l’autorizzazione integrata ambientale. - Entro i successivi trenta giorni l’autorità competente può chiedere al proponente eventuali integrazioni
assegnando allo stesso un termine perentorio non superiore a trenta giorni. Su richiesta motivata del
proponente l’autorità competente può concedere, per una sola volta, la sospensione dei termini per la
presentazione della documentazione integrativa per un periodo non superiore a centottanta giorni. Qualora
entro il termine stabilito il proponente non depositi la documentazione integrativa, l’istanza si intende
ritirata ed è fatto obbligo all’autorità competente di procedere all’archiviazione. L’autorità competente, ove
motivatamente ritenga che le modifiche o le integrazioni siano sostanziali e rilevanti per il pubblico,
dispone, entro quindici giorni dalla ricezione della documentazione integrativa, che il proponente trasmetta,
entro i successivi quindici giorni, un nuovo avviso al pubblico, predisposto in conformità all’articolo 24,
comma 2, del presente decreto, da pubblicare a cura della medesima autorità competente sul proprio sito
web e di cui è data comunque informazione nell’albo pretorio informatico delle amministrazioni comunali
territorialmente interessate. In relazione alle modifiche o integrazioni apportate al progetto e alla
documentazione, i termini di cui al comma 6 per l’ulteriore consultazione del pubblico sono ridotti alla
metà. - Fatto salvo il rispetto dei termini previsti dall’articolo 32, comma 2, per il caso di consultazioni
transfrontaliere, entro dieci giorni dalla scadenza del termine di conclusione della consultazione ovvero
dalla data di ricevimento delle eventuali integrazioni documentali, l’autorità competente convoca una
conferenza di servizi alla quale partecipano il proponente e tutte le Amministrazioni competenti o
comunque potenzialmente interessate al rilascio del provvedimento di VIA e dei titoli abilitativi in materia
ambientale richiesti dal proponente. La conferenza di servizi si svolge secondo le modalità di cui all’articolo
14-ter, commi 1, 3, 4, 5, 6 e 7, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il termine di conclusione dei lavori della
conferenza di servizi è di duecentodieci giorni. La determinazione motivata di conclusione della conferenza
di servizi, che costituisce il provvedimento unico in materia ambientale, reca l’indicazione espressa del
provvedimento di VIA ed elenca, altresì, i titoli abilitativi compresi nel provvedimento unico. La decisione di
rilasciare i titoli di cui al comma 2 è assunta sulla base del provvedimento di VIA, adottato dal Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dei beni e delle attività
culturali e del turismo, ai sensi dell’articolo 25. I termini previsti dall’articolo 25, comma 2, quarto periodo,
sono ridotti alla metà e, in caso di rimessione alla deliberazione del Consiglio dei ministri, la conferenza di
servizi è sospesa per il termine di cui all’articolo 25, comma 2, quinto periodo. Tutti i termini del
procedimento si considerano perentori ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2, commi da 9 a 9-quater,
e 2-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. - Le condizioni e le misure supplementari relative all’autorizzazione integrata ambientale di cui al comma
2, lettera a), e contenute nel provvedimento unico, sono rinnovate e riesaminate, controllate e sanzionate
con le modalità di cui agli articoli 29-octies, 29-decies e 29- quattuordecies. Le condizioni e le misure
supplementari relative agli altri titoli abilitativi in materia ambientale di cui al comma 2, sono rinnovate e
riesaminate, controllate e sanzionate con le modalità previste dalle relative disposizioni di settore da parte
delle amministrazioni competenti per materia. - Le disposizioni contenute nel presente articolo si applicano in deroga alle disposizioni che disciplinano i
procedimenti riguardanti il solo primo rilascio dei titoli abilitativi in materia ambientale di cui al comma 2.
27-bis. Provvedimento autorizzatorio unico regionale
(articolo così introdotto dall’art. 16, comma 2, d.lgs. n. 104 del 2017) - Nel caso di procedimenti di VIA di competenza regionale il proponente presenta all’autorità competente
un’istanza ai sensi dell’articolo 23, comma 1, allegando la documentazione e gli elaborati progettuali
previsti dalle normative di settore per consentire la compiuta istruttoria tecnico-amministrativa finalizzata al
rilascio di tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi
comunque denominati, necessari alla realizzazione e all’esercizio del medesimo progetto e indicati
puntualmente in apposito elenco predisposto dal proponente stesso. L’avviso al pubblico di cui all’articolo
24, comma 2, reca altresì specifica indicazione di ogni autorizzazione, intesa, parere, concerto, nulla osta, o
atti di assenso richiesti. - Entro quindici giorni dalla presentazione dell’istanza l’autorità competente verifica l’avvenuto pagamento
del contributo dovuto ai sensi dell’articolo 33, nonché l’eventuale ricorrere della fattispecie di cui all’articolo
32, comma 1, e comunica per via telematica a tutte le amministrazioni ed enti potenzialmente interessati, e
comunque competenti ad esprimersi sulla realizzazione e sull’esercizio del progetto, l’avvenuta
pubblicazione della documentazione nel proprio sito web con modalità tali da garantire la tutela della
riservatezza di eventuali informazioni industriali o commerciali indicate dal proponente, in conformità a
quanto previsto dalla disciplina sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale. In caso di progetti che
possono avere impatti rilevanti sull’ambiente di un altro Stato, la pubblicazione è notificata al medesimo
con le modalità di cui all’articolo 32. - Entro trenta giorni dalla pubblicazione della documentazione nel sito web dell’autorità competente,
quest’ultima, nonché le amministrazioni e gli enti di cui al comma 2, per i profili di rispettiva competenza,
verificano l’adeguatezza e la completezza della documentazione, assegnando al proponente un termine
perentorio non superiore a trenta giorni per le eventuali integrazioni. - Successivamente alla verifica della completezza documentale, ovvero, in caso di richieste di integrazioni,
dalla data di ricevimento delle stesse, l’autorità competente pubblica l’avviso di cui all’articolo 23, comma 1,
lettera e), di cui è data comunque informazione nell’albo pretorio informatico delle amministrazioni
comunali territorialmente interessate. Tale forma di pubblicità tiene luogo delle comunicazioni di cui agli
articoli 7 e 8, commi 3 e 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Dalla data della pubblicazione del suddetto
avviso, e per la durata di sessanta giorni, il pubblico interessato può presentare osservazioni concernenti la
valutazione di impatto ambientale e, ove necessarie, la valutazione di incidenza e l’autorizzazione integrata
ambientale. - Entro i successivi trenta giorni l’autorità competente può chiedere al proponente eventuali integrazioni
assegnando allo stesso un termine non superiore a trenta giorni. Su richiesta motivata del proponente
l’autorità competente può concedere, per una sola volta, la sospensione dei termini per la presentazione
della documentazione integrativa per un periodo non superiore a centottanta giorni. Qualora entro il
termine stabilito il proponente non depositi la documentazione integrativa, l’istanza si intende ritirata ed è
fatto obbligo all’autorità competente di procedere all’archiviazione. L’autorità competente, ove
motivatamente ritenga che le modifiche o le integrazioni siano sostanziali e rilevanti per il pubblico,
dispone, entro quindici giorni dalla ricezione della documentazione integrativa, che il proponente trasmetta,
entro i successivi quindici giorni, un nuovo avviso al pubblico, predisposto in conformità all’articolo 24,
comma 2, del presente decreto, da pubblicare a cura della medesima autorità competente sul proprio sito
web, di cui è data comunque informazione nell’albo pretorio informatico delle amministrazioni comunali
territorialmente interessate. In relazione alle modifiche o integrazioni apportate al progetto e alla
documentazione, i termini di cui al comma 4 per l’ulteriore consultazione del pubblico sono ridotti alla
metà. - L’autorità competente può disporre che la consultazione del pubblico si svolga ai sensi dell’articolo 24-
bis, comma 1, con le forme e le modalità disciplinate dalle regioni e dalle province autonome ai sensi
dell’articolo 7-bis, comma 8. - Fatto salvo il rispetto dei termini previsti dall’articolo 32 per il caso di consultazioni transfrontaliere, entro
dieci giorni dalla scadenza del termine di conclusione della consultazione ovvero dalla data di ricevimento
delle eventuali integrazioni documentali, l’autorità competente convoca una conferenza di servizi alla quale
partecipano il proponente e tutte le Amministrazioni competenti o comunque potenzialmente interessate
per il rilascio del provvedimento di VIA e dei titoli abilitativi necessari alla realizzazione e all’esercizio del
progetto richiesti dal proponente. La conferenza di servizi è convocata in modalità sincrona e si svolge ai
sensi dell’articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il termine di conclusione della conferenza di
servizi è di centoventi giorni decorrenti dalla data di convocazione dei lavori. La determinazione motivata di
conclusione della conferenza di servizi costituisce il provvedimento autorizzatorio unico regionale e
comprende il provvedimento di VIA e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l’esercizio del progetto,
recandone l’indicazione esplicita. Resta fermo che la decisione di concedere i titoli abilitativi di cui al
periodo precedente è assunta sulla base del provvedimento di VIA, adottato in conformità all’articolo 25,
commi 1, 3, 4, 5 e 6, del presente decreto. - Tutti i termini del procedimento si considerano perentori ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2,
commi da 9 a 9-quater, e 2-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. - Le condizioni e le misure supplementari relative all’autorizzazione integrata ambientale e contenute nel
provvedimento autorizzatorio unico regionale, sono rinnovate e riesaminate, controllate e sanzionate con le
modalità di cui agli articoli 29-octies, 29-decies e 29- quattuordecies. Le condizioni e le misure
supplementari relative agli altri titoli abilitativi di cui al comma 7, sono rinnovate e riesaminate, controllate
e sanzionate con le modalità previste dalle relative disposizioni di settore da parte delle amministrazioni
competenti per materia. - Monitoraggio
(articolo così sostituito dall’art. 17 del d.lgs. n. 104 del 2017) - Il proponente è tenuto a ottemperare alle condizioni ambientali contenute nel provvedimento di verifica
di assoggettabilità a VIA o nel provvedimento di VIA. - L’autorità competente, in collaborazione con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo
per i profili di competenza, verifica l’ottemperanza delle condizioni ambientali di cui al comma 1 al fine di
identificare tempestivamente gli impatti ambientali significativi e negativi imprevisti e di adottare le
opportune misure correttive. Per tali attività, l’autorità competente può avvalersi, tramite appositi protocolli
d’intesa, del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente di cui alla legge 28 giugno 2016, n.
132, dell’Istituto superiore di sanità per i profili concernenti la sanità pubblica, ovvero di altri soggetti
pubblici, i quali informano tempestivamente la stessa autorità competente degli esiti della verifica. Per il
supporto alle medesime attività, nel caso di progetti di competenza statale particolarmente rilevanti per
natura, complessità, ubicazione e dimensioni delle opere o degli interventi, l’autorità competente può
istituire, d’intesa con il proponente e con oneri a carico di quest’ultimo, appositi osservatori ambientali
finalizzati a garantire la trasparenza e la diffusione delle informazioni concernenti le verifiche di
ottemperanza. All’esito positivo della verifica l’autorità competente attesta l’avvenuta ottemperanza
pubblicando sul proprio sito web la relativa documentazione, entro quindici giorni dal ricevimento dell’esito
della verifica. - Per la verifica dell’ottemperanza delle condizioni ambientali, il proponente, nel rispetto dei tempi e delle
specifiche modalità di attuazione stabilite nel provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA o nel
provvedimento di VIA, trasmette in formato elettronico all’autorità competente, o al soggetto
eventualmente individuato per la verifica, la documentazione contenente gli elementi necessari alla verifica
dell’ottemperanza. L’attività di verifica si conclude entro il termine di trenta giorni dal ricevimento della
documentazione trasmessa dal proponente. - Qualora i soggetti individuati per la verifica di ottemperanza ai sensi del comma 2 non provvedano entro
il termine stabilito dal comma 3, le attività di verifica sono svolte direttamente dall’autorità competente. - Nel caso in cui la verifica di ottemperanza dia esito negativo, l’autorità competente diffida il proponente
ad adempiere entro un congruo termine, trascorso inutilmente il quale si applicano le sanzioni di cui
all’articolo 29. - Qualora all’esito dei risultati delle attività di verifica di cui ai commi da 1 a 5, ovvero successivamente
all’autorizzazione del progetto, dall’esecuzione dei lavori di costruzione ovvero dall’esercizio dell’opera, si
accerti la sussistenza di impatti ambientali negativi, imprevisti, ulteriori o diversi, ovvero di entità
significativamente superiore a quelli valutati nell’ambito del procedimento di VIA, comunque non imputabili
al mancato adempimento delle condizioni ambientali da parte del proponente, l’autorità competente,
acquisite ulteriori informazioni dal proponente o da altri soggetti competenti in materia ambientale, può
ordinare la sospensione dei lavori o delle attività autorizzate e disporre l’adozione di opportune misure
correttive. - Nei casi in cui, al verificarsi delle fattispecie di cui al comma 6, emerga l’esigenza di modificare il
provvedimento di VIA o di stabilire condizioni ambientali ulteriori rispetto a quelle del provvedimento
originario, l’autorità competente, ai fini della riedizione del procedimento di VIA, dispone l’aggiornamento
dello studio di impatto ambientale e la nuova pubblicazione dello stesso, assegnando al proponente un
termine non superiore a novanta giorni. - Delle modalità di svolgimento delle attività di monitoraggio, dei risultati delle verifiche, dei controlli e
delle eventuali misure correttive adottate dall’autorità competente, nonché dei dati derivanti dall’attuazione
dei monitoraggi ambientali da parte del proponente è data adeguata informazione attraverso il sito web
dell’autorità competente. - Sistema sanzionatorio
(articolo così sostituito dall’art. 18 del d.lgs. n. 104 del 2017) - I provvedimenti di autorizzazione di un progetto adottati senza la verifica di assoggettabilità a VIA o
senza la VIA, ove prescritte, sono annullabili per violazione di legge. - Qualora siano accertati inadempimenti o violazioni delle condizioni ambientali di cui all’articolo 28,
ovvero in caso di modifiche progettuali che rendano il progetto difforme da quello sottoposto al
procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, al procedimento di VIA, ovvero al procedimento unico di
cui all’articolo 27 o di cui all’articolo 27-bis, l’autorità competente procede secondo la gravità delle
infrazioni:
a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;
b) alla diffida con contestuale sospensione dell’attività per un tempo determinato, ove si
manifesti il rischio di impatti ambientali significativi e negativi;
c) alla revoca del provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, del provvedimento di
VIA, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di
reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo o di danno per l’ambiente. - Nel caso di progetti a cui si applicano le disposizioni del presente decreto realizzati senza la previa
sottoposizione al procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, al procedimento di VIA ovvero al
procedimento unico di cui all’articolo 27 o di cui all’articolo 27-bis, in violazione delle disposizioni di cui al
presente Titolo III, ovvero in caso di annullamento in sede giurisdizionale o in autotutela dei provvedimenti
di verifica di assoggettabilità a VIA o dei provvedimenti di VIA relativi a un progetto già realizzato o in
corso di realizzazione, l’autorità competente assegna un termine all’interessato entro il quale avviare un
nuovo procedimento e può consentire la prosecuzione dei lavori o delle attività a condizione che tale
prosecuzione avvenga in termini di sicurezza con riguardo agli eventuali rischi sanitari, ambientali o per il
patrimonio culturale. Scaduto inutilmente il termine assegnato all’interessato, ovvero nel caso in cui il
nuovo provvedimento di VIA, adottato ai sensi degli articoli 25, 27 o 27-bis, abbia contenuto negativo,
l’autorità competente dispone la demolizione delle opere realizzate e il ripristino dello stato dei luoghi e
della situazione ambientale a cura e spese del responsabile, definendone i termini e le modalità. In caso di
inottemperanza, l’autorità competente provvede d’ufficio a spese dell’inadempiente. Il recupero di tali
spese è effettuato con le modalità e gli effetti previsti dal testo unico delle disposizioni di legge relative alla
riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639. - Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque realizza un progetto o parte di esso, senza la previa VIA o
senza la verifica di assoggettabilità a VIA, ove prescritte, è punito con una sanzione amministrativa da
35.000 euro a 100.000 euro. - Salvo che il fatto costituisca reato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 20.000 euro a
80.000 euro nei confronti di colui che, pur essendo in possesso del provvedimento di verifica di
assoggettabilità o di valutazione di impatto ambientale, non ne osserva le condizioni ambientali. - Le sanzioni sono irrogate dall’autorità competente.
- Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo non si applica il pagamento in
misura ridotta di cui all’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689. - I proventi derivanti dall’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di competenza statale per
le violazioni previste dal presente articolo, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato e sono
successivamente riassegnati ai pertinenti capitoli di spesa del Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare per essere destinati al miglioramento delle attività di vigilanza, prevenzione e
monitoraggio ambientale, alle attività di cui all’articolo 28 del presente decreto per la verifica
dell’ottemperanza delle condizioni ambientali contenute nel provvedimento di verifica di assoggettabilità a
VIA o nel provvedimento di VIA, nonché alla predisposizione di misure per la protezione sanitaria della
popolazione in caso di incidenti o calamità naturali.
Titolo III-bis. L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE
(titolo introdotto dall’art. 2, comma 24, d.lgs. n. 128 del 2010)
29-bis. Individuazione e utilizzo delle migliori tecniche disponibili - L’autorizzazione integrata ambientale è rilasciata tenendo conto di quanto indicato all’Allegato XI alla
Parte Seconda e le relative condizioni sono definite avendo a riferimento le Conclusioni sulle BAT, salvo
quanto previsto all’articolo 29-sexies, comma 9-bis, e all’articolo 29-octies. Nelle more della emanazione
delle conclusioni sulle BAT l’autorità competente utilizza quale riferimento per stabilire le condizioni
dell’autorizzazione le pertinenti conclusioni sulle migliori tecniche disponibili, tratte dai documenti pubblicati
dalla Commissione europea in attuazione dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 96/61/CE o
dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2008/01/CE.
(comma così sostituito dall’art. 7, comma 1, d.lgs. n. 46 del 2014) - Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro
dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute e d’intesa con
la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, previa consultazione delle associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale degli
operatori delle installazioni interessate, possono essere determinati requisiti generali, per talune categorie
di installazioni, che tengano luogo dei corrispondenti requisiti fissati per ogni singola autorizzazione, purché
siano garantiti un approccio integrato ed una elevata protezione equivalente dell’ambiente nel suo
complesso. I requisiti generali si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza prescrivere l’utilizzo di
alcuna tecnica o tecnologia specifica, al fine di garantire la conformità con l’articolo 29-sexies. Per le
categorie interessate, salva l’applicazione dell’articolo 29-septies, l’autorità competente rilascia
l’autorizzazione in base ad una semplice verifica di conformità dell’istanza con i requisiti generali.
(comma così sostituito dall’art. 7, comma 1, d.lgs. n. 46 del 2014)
2-bis. I decreti di cui al comma 2 sono aggiornati entro sei mesi dall’emanazione delle pertinenti
conclusioni sulle BAT da parte della Commissione europea, al fine di tener conto dei progressi delle migliori
tecniche disponibili e garantire la conformità con l’articolo 29-octies, ed inoltre contengono un esplicito
riferimento alla direttiva 2010/75/UE all’atto della pubblicazione ufficiale. Decorso inutilmente tale termine
e fino al loro aggiornamento, i decreti già emanati ai sensi del comma 2 assumono, per installazioni
pertinenti a tali conclusioni sulle BAT, una mera valenza informativa e conseguentemente non trova più
applicazione l’ultimo periodo del comma 2.
(comma introdotto dall’art. 7, comma 1, d.lgs. n. 46 del 2014) - Per le discariche di rifiuti da autorizzare ai sensi del presente titolo, si considerano soddisfatti i requisiti
tecnici di cui al presente titolo se sono soddisfatti i requisiti tecnici di cui al decreto legislativo 13 gennaio
2003, n. 36 fino all’emanazione delle relative conclusioni sulle BAT.
(comma così modificato dall’art. 7, comma 1, d.lgs. n. 46 del 2014)
29-ter. Domanda di autorizzazione integrata ambientale - Ai fini dell’esercizio delle nuove installazioni di nuovi impianti, della modifica sostanziale e
dell’adeguamento del funzionamento degli impianti delle installazioni esistenti alle disposizioni del presente
decreto, si provvede al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale di cui all’articolo 29-sexies. Fatto
salvo quanto disposto al comma 4 e ferme restando le informazioni richieste dalla normativa concernente
aria, acqua, suolo e rumore, la domanda deve contenere le seguenti informazioni:
(comma così sostituito dall’art. 7, comma 2, d.lgs. n. 46 del 2014)
a) descrizione dell’installazione e delle sue attività, specificandone tipo e portata;
b) descrizione delle materie prime e ausiliarie, delle sostanze e dell’energia usate o prodotte
dall’installazione;
c) descrizione delle fonti di emissione dell’installazione;
d) descrizione dello stato del sito di ubicazione dell’installazione;
e) descrizione del tipo e dell’entità delle prevedibili emissioni dell’installazione in ogni
comparto ambientale nonché n’identificazione degli effetti significativi delle emissioni
sull’ambiente;
f) descrizione della tecnologia e delle altre tecniche di cui si prevede l’uso per prevenire le
emissioni dall’installazione oppure, qualora ciò non fosse possibile, per ridurle;
g) descrizione delle misure di prevenzione, di preparazione per il riutilizzo, di riciclaggio e di
recupero dei rifiuti prodotti dall’installazione;
h) descrizione delle misure previste per controllare le emissioni nell’ambiente nonché le
attività di autocontrollo e di controllo programmato che richiedono l’intervento dell’ente
responsabile degli accertamenti di cui all’articolo 29-decies, comma 3;
i) descrizione delle principali alternative alla tecnologia, alle tecniche e alle misure proposte,
prese in esame dal gestore in forma sommaria;
l) descrizione delle altre misure previste per ottemperare ai principi di cui all’articolo 6,
comma 16;
m) se l’attività comporta l’utilizzo, la produzione o lo scarico di sostanze pericolose e, tenuto
conto della possibilità di contaminazione del suolo e delle acque sotterrane nel sito
dell’installazione, una relazione di riferimento elaborata dal gestore prima della messa in
esercizio dell’installazione o prima del primo aggiornamento dell’autorizzazione rilasciata, per
la quale l’istanza costituisce richiesta di validazione. L’autorità competente esamina la
relazione disponendo nell’autorizzazione o nell’atto di aggiornamento, ove ritenuto necessario
ai fini della sua validazione, ulteriori e specifici approfondimenti. - La domanda di autorizzazione integrata ambientale deve contenere anche una sintesi non tecnica dei
dati di cui alle lettere da a) a m) del comma 1 e l’indicazione delle informazioni che ad avviso del gestore
non devono essere diffuse per ragioni di riservatezza industriale, commerciale o personale, di tutela della
proprietà intellettuale e, tenendo conto delle indicazioni contenute nell’articolo 39 della legge 3 agosto
2007, n. 124, di pubblica sicurezza o di difesa nazionale. In tale caso il richiedente fornisce all’autorità
competente anche una versione della domanda priva delle informazioni riservate, ai fini dell’accessibilità al
pubblico.
(comma così modificato dall’art. 18, comma 1, della legge n. 167 del 2017) - Qualora le informazioni e le descrizioni fornite secondo un rapporto di sicurezza, elaborato
conformemente alle norme previste sui rischi di incidente rilevante connessi a determinate attività
industriali, o secondo la norma UNI EN ISO 14001, ovvero i dati prodotti per i siti registrati ai sensi del
regolamento (CE) n. 761/2001 e successive modifiche, nonché altre informazioni fornite secondo
qualunque altra normativa, rispettino uno o più requisiti di cui al comma 1 del presente articolo, tali dati
possono essere utilizzati ai fini della presentazione della domanda e possono essere inclusi nella domanda
o essere ad essa allegati. - Entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, l’autorità competente verifica la completezza della
stessa e della documentazione allegata. Qualora queste risultino incomplete, l’autorità competente ovvero,
nel caso di impianti di competenza statale, la Commissione di cui all’articolo 8-bis potrà chiedere apposite
integrazioni, indicando un termine non inferiore a trenta giorni per la presentazione della documentazione
integrativa. In tal caso i termini del procedimento si intendono interrotti fino alla presentazione della
documentazione integrativa. Qualora entro il termine indicato il proponente non depositi la
documentazione completa degli elementi mancanti, l’istanza si intende ritirata. E’ fatta salva la facoltà per il
proponente di richiedere una proroga del termine per la presentazione della documentazione integrativa in
ragione della complessità della documentazione da presentare.
29-quater. Procedura per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale
(articolo così modificato dall’art. 7, comma 3, d.lgs. n. 46 del 2014) - Per le installazioni di competenza statale la domanda è presentata all’autorità competente per mezzo di
procedure telematiche, con il formato e le modalità stabiliti con il decreto di cui all’articolo 29-duodecies,
comma 2. - L’autorità competente individua gli uffici presso i quali sono depositati i documenti e gli atti inerenti il
procedimento, al fine della consultazione del pubblico. Tale consultazione è garantita anche mediante
pubblicazione sul sito internet dell’autorità competente, non appena sia ragionevolmente possibile, del
progetto di decisione, compreso il verbale conclusivo della conferenza di servizi di cui al comma 5, del
contenuto della decisione, compresa una copia dell’autorizzazione e degli eventuali successivi
aggiornamenti, e con particolare riferimento agli elementi di cui alle lettere b), e), f) e g) del comma 13,
nonché delle proposte di riesame pervenute dalle autorità competenti in materia ambientale ai sensi
dell’articolo 29-octies, comma 4, ovvero dal sindaco ai sensi del comma 7, del presente articolo.
(comma così modificato dall’art. 18, comma 1, della legge n. 167 del 2017) - L’autorità competente, entro trenta giorni dal ricevimento della domanda ovvero, in caso di riesame ai
sensi dell’articolo 29-octies, comma 4, contestualmente all’avvio del relativo procedimento, comunica al
gestore la data di avvio del procedimento ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e la
sede degli uffici di cui al comma 2. Entro il termine di quindici giorni dalla data di avvio del procedimento,
l’autorità competente pubblica nel proprio sito web l’indicazione della localizzazione dell’installazione e il
nominativo del gestore, nonché gli uffici individuati ai sensi del comma 2 ove è possibile prendere visione
degli atti e trasmettere le osservazioni. Tali forme di pubblicità tengono luogo delle comunicazioni di cui
all’articolo 7 ed ai commi 3 e 4 dell’articolo 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Le informazioni pubblicate
dal gestore ai sensi del presente comma sono altresì pubblicate dall’autorità competente nel proprio sito
web. è in ogni caso garantita l’unicità della pubblicazione per gli impianti di cui al titolo III della parte
seconda del presente decreto. - Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione dell’annuncio di cui al comma 3, i soggetti interessati
possono presentare in forma scritta, all’autorità competente, osservazioni sulla domanda. - La convocazione da parte dell’autorità competente, ai fini del rilascio dell’autorizzazione integrata
ambientale, di apposita Conferenza di servizi, alla quale sono invitate le amministrazioni competenti in
materia ambientale e comunque, nel caso di impianti di competenza statale, i Ministeri dell’interno, del
lavoro e delle politiche sociali, della salute e dello sviluppo economico, oltre al soggetto richiedente
l’autorizzazione, nonché, per le installazioni di competenza regionale, le altre amministrazioni competenti
per il rilascio dei titoli abilitativi richiesti contestualmente al rilascio dell’AIA, ha luogo ai sensi degli articoli
14 e 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Per le installazioni soggette alle
disposizioni di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, ferme restando le relative disposizioni, al
fine di acquisire gli elementi di valutazione ai sensi dell’articolo 29-sexies, comma 8, e di concordare
preliminarmente le condizioni di funzionamento dell’installazione, alla conferenza è invitato un
rappresentante della rispettiva autorità competente.
(comma così modificato dall’art. 5, comma 1, lettera b), d.lgs. n. 127 del 2016) - Nell’ambito della Conferenza dei servizi di cui al comma 5, vengono acquisite le prescrizioni del sindaco
di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, nonché la proposta dell’Istituto
superiore per la protezione e la ricerca ambientale, per le installazioni di competenza statale, o il parere
delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente, per le altre installazioni, per quanto
riguarda le modalità di monitoraggio e controllo degli impianti e delle emissioni nell’ambiente. - In presenza di circostanze intervenute successivamente al rilascio dell’autorizzazione di cui al presente
titolo, il sindaco, qualora lo ritenga necessario nell’interesse della salute pubblica, può, con proprio
motivato provvedimento, corredato dalla relativa documentazione istruttoria e da puntuali proposte di
modifica dell’autorizzazione, chiedere all’autorità competente di riesaminare l’autorizzazione rilasciata ai
sensi dell’articolo 29-octies. - Nell’ambito della Conferenza dei servizi, l’autorità competente può richiedere integrazioni alla
documentazione, anche al fine di valutare la applicabilità di specifiche misure alternative o aggiuntive,
indicando il termine massimo non superiore a novanta giorni per la presentazione della documentazione
integrativa. In tal caso, il termine di cui al comma 10 resta sospeso fino alla presentazione della
documentazione integrativa. - (abrogato dall’art. 7, comma 3, d.lgs. n. 46 del 2014)
- L’autorità competente esprime le proprie determinazioni sulla domanda di autorizzazione integrata
ambientale entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda. - Le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del presente decreto, sostituiscono ad ogni
effetto le autorizzazioni riportate nell’elenco dell’Allegato IX alla Parte Seconda del presente decreto. A tal
fine il provvedimento di autorizzazione integrata ambientale richiama esplicitamente le eventuali condizioni,
già definite nelle autorizzazioni sostituite, la cui necessità permane. Inoltre le autorizzazioni integrate
ambientali sostituiscono la comunicazione di cui all’articolo 216. - Ogni autorizzazione integrata ambientale deve includere le modalità previste dal presente decreto per
la protezione dell’ambiente, nonché, la data entro la quale le prescrizioni debbono essere attuate. - Copia dell’autorizzazione integrata ambientale e di qualsiasi suo successivo aggiornamento, è messa
tempestivamente a disposizione del pubblico, presso l’ufficio di cui al comma 2. Presso il medesimo ufficio
sono inoltre rese disponibili:
a) informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento;
b) i motivi su cui è basata la decisione;
c) i risultati delle consultazioni condotte, anche coinvolgendo altri Stati ai sensi dell’articolo
32-bis, prima dell’adozione della decisione e una spiegazione della modalità con cui se ne è
tenuto conto nella decisione;
(lettera così modificata dall’art. 18, comma 1, della legge n. 167 del 2017)
d) il titolo dei documenti di riferimento sulle BAT pertinenti per l’installazione o l’attività
interessati;
e) il metodo utilizzato per determinare le condizioni di autorizzazione di cui all’articolo 29-
sexies, ivi compresi i valori limite di emissione, in relazione alle migliori tecniche disponibili e
ai livelli di emissione ivi associati;
f) se è concessa una deroga ai sensi dell’articolo 29-sexies, comma 10, i motivi specifici della
deroga sulla base dei criteri indicati in detto comma e le condizioni imposte;
g) le informazioni pertinenti sulle misure adottate dal gestore, in applicazione dell’articolo 29-
sexies, comma 13, al momento della cessazione definitiva delle attività;
h) i risultati del controllo delle emissioni, richiesti dalle condizioni di autorizzazione e in
possesso dell’autorità competente. - L’autorità competente può sottrarre all’accesso le informazioni, in particolare quelle relative agli
impianti militari di produzione di esplosivi di cui al punto 4.6 dell’allegato VIII, qualora ciò si renda
necessario per l’esigenza di salvaguardare ai sensi dell’articolo 24, comma 6, lettera a), della legge 7
agosto 1990, n. 241, e relative norme di attuazione, la sicurezza pubblica o la difesa nazionale. L’autorità
competente può inoltre sottrarre all’accesso informazioni non riguardanti le emissioni dell’impianto
nell’ambiente, per ragioni di tutela della proprietà intellettuale o di riservatezza industriale, commerciale o
personale. - In considerazione del particolare e rilevante impatto ambientale, della complessità e del preminente
interesse nazionale dell’impianto, nel rispetto delle disposizioni del presente decreto, possono essere
conclusi, d’intesa tra lo Stato, le regioni, le province e i comuni territorialmente competenti e i gestori,
specifici accordi, al fine di garantire, in conformità con gli interessi fondamentali della collettività,
l’armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo nazionale, le politiche del territorio e le strategie
aziendali. In tali casi l’autorità competente, fatto comunque salvo quanto previsto al comma 12, assicura il
necessario coordinamento tra l’attuazione dell’accordo e la procedura di rilascio dell’autorizzazione
integrata ambientale. Nei casi disciplinati dal presente comma i termini di cui al comma 10 sono
raddoppiati.
29-quinquies. Coordinamento per l’uniforme applicazione sul territorio nazionale
(articolo così sostituito dall’art. 7, comma 4, d.lgs. n. 46 del 2014) - E’ istituito, presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, un Coordinamento tra
i rappresentanti di tale Ministero, di ogni regione e provincia autonoma e dell’Unione delle province italiane
(UPI). Partecipano al Coordinamento rappresentanti dell’ISPRA, nonché, su indicazione della regione o
provincia autonoma di appartenenza, rappresentanti delle agenzie regionali e provinciali per la protezione
dell’ambiente. Il Coordinamento opera attraverso l’indizione di riunioni periodiche e la creazione di una rete
di referenti per lo scambio di dati e di informazioni. - Il Coordinamento previsto dal comma 1 assicura, anche mediante gruppi di lavoro, l’elaborazione di
indirizzi e di linee guida in relazione ad aspetti di comune interesse e permette un esame congiunto di temi
connessi all’applicazione del presente Titolo, anche al fine di garantire un’attuazione coordinata e
omogenea delle nuove norme e di prevenire le situazioni di inadempimento e le relative conseguenze. - Ai soggetti che partecipano, a qualsiasi titolo, al Coordinamento previsto al comma 1 non sono
corrisposti gettoni, compensi, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati.
29-sexies. Autorizzazione integrata ambientale
(articolo così modificato dall’art. 7, comma 5, d.lgs. n. 46 del 2014) - L’autorizzazione integrata ambientale rilasciata ai sensi del presente decreto, deve includere tutte le
misure necessarie a soddisfare i requisiti di cui ai seguenti commi del presente articolo nonché di cui agli
articoli 6, comma 16, e 29-septies, al fine di conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente nel
suo complesso. L’autorizzazione integrata ambientale di attività regolamentate dal decreto legislativo 4
aprile 2006, n. 216, contiene valori limite per le emissioni dirette di gas serra, di cui all’allegato B del
medesimo decreto, solo quando ciò risulti indispensabile per evitare un rilevante inquinamento locale. - (abrogato dall’art. 34, comma 1, d.lgs. n. 46 del 2014)
- L’autorizzazione integrata ambientale deve includere valori limite di emissione fissati per le sostanze
inquinanti, in particolare quelle dell’allegato X alla Parte Seconda, che possono essere emesse
dall’installazione interessata in quantità significativa, in considerazione della loro natura e delle loro
potenzialità di trasferimento dell’inquinamento da un elemento ambientale all’altro, acqua, aria e suolo,
nonché i valori limite ai sensi della vigente normativa in materia di inquinamento acustico. I valori limite di
emissione fissati nelle autorizzazioni integrate ambientali non possono comunque essere meno rigorosi di
quelli fissati dalla normativa vigente nel territorio in cui è ubicata l’installazione. Se del caso i valori limite di
emissione possono essere integrati o sostituiti con parametri o misure tecniche equivalenti.
3-bis. L’autorizzazione integrata ambientale contiene le ulteriori disposizioni che garantiscono la protezione
del suolo e delle acque sotterranee, le opportune disposizioni per la gestione dei rifiuti prodotti
dall’impianto e per la riduzione dell’impatto acustico, nonché disposizioni adeguate per la manutenzione e
la verifica periodiche delle misure adottate per prevenire le emissioni nel suolo e nelle acque sotterranee e
disposizioni adeguate relative al controllo periodico del suolo e delle acque sotterranee in relazione alle
sostanze pericolose che possono essere presenti nel sito e tenuto conto della possibilità di contaminazione
del suolo e delle acque sotterranee presso il sito dell’installazione. - Fatto salvo l’articolo 29-septies, i valori limite di emissione, i parametri e le misure tecniche equivalenti
di cui ai commi precedenti fanno riferimento all’applicazione delle migliori tecniche disponibili, senza
l’obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche
dell’impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell’ambiente. In tutti i
casi, le condizioni di autorizzazione prevedono disposizioni per ridurre al minimo l’inquinamento a grande
distanza o attraverso le frontiere e garantiscono un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo
complesso.
4-bis. L’autorità competente fissa valori limite di emissione che garantiscono che, in condizioni di esercizio
normali, le emissioni non superino i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili (BAT-AEL)
di cui all’articolo 5, comma 1, lettera l-ter.4), attraverso una delle due opzioni seguenti:
a) fissando valori limite di emissione, in condizioni di esercizio normali, che non superano i
BAT-AEL, adottino le stesse condizioni di riferimento dei BAT-AEL e tempi di riferimento non
maggiori di quelli dei BAT-AEL;
b) fissando valori limite di emissione diversi da quelli di cui alla lettera a) in termini di valori,
tempi di riferimento e condizioni, a patto che l’autorità competente stessa valuti almeno
annualmente i risultati del controllo delle emissioni al fine di verificare che le emissioni, in
condizioni di esercizio normali, non superino i livelli di emissione associati alle migliori
tecniche disponibili.
4-ter. L’autorità competente può fissare valori limite di emissione più rigorosi di quelli di cui al comma
4-bis, se pertinenti, nei seguenti casi:
a) quando previsto dall’articolo 29-septies;
b) quando lo richiede il rispetto della normativa vigente nel territorio in cui è ubicata
l’installazione o il rispetto dei provvedimenti relativi all’installazione non sostituiti
dall’autorizzazione integrata ambientale.
4-quater. I valori limite di emissione delle sostanze inquinanti si applicano nel punto di fuoriuscita delle
emissioni dall’installazione e la determinazione di tali valori è effettuata al netto di ogni eventuale diluizione
che avvenga prima di quel punto, tenendo se del caso esplicitamente conto dell’eventuale presenza di
fondo della sostanza nell’ambiente per motivi non antropici. Per quanto concerne gli scarichi indiretti di
sostanze inquinanti nell’acqua, l’effetto di una stazione di depurazione può essere preso in considerazione
nella determinazione dei valori limite di emissione dell’installazione interessata, a condizione di garantire un
livello equivalente di protezione dell’ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori
nell’ambiente. - L’autorità competente rilascia l’autorizzazione integrata ambientale osservando quanto specificato
nell’articolo 29-bis, commi 1, 2 e 3. In mancanza delle conclusioni sulle BAT l’autorità competente rilascia
comunque l’autorizzazione integrata ambientale secondo quanto indicato al comma 5-ter, tenendo conto di
quanto previsto nell’Allegato XI alla Parte Seconda.
5-bis. Se l’autorità competente stabilisce condizioni di autorizzazione sulla base di una migliore tecnica
disponibile non descritta in alcuna delle pertinenti conclusioni sulle BAT, essa verifica che tale tecnica sia
determinata prestando particolare attenzione ai criteri di cui all’Allegato XI alla Parte Seconda, e:
a) qualora le conclusioni sulle BAT applicabili contengano BAT-AEL verifica il rispetto degli
obblighi di cui ai commi 4-bis e 9-bis, ovvero
b) qualora le conclusioni sulle BAT applicabili non contengano BAT-AEL verifica che la tecnica
garantisca un livello di protezione dell’ambiente non inferiore a quello garantito dalle migliori
tecniche disponibili descritte nelle conclusioni sulle BAT.
5-ter. Se un’attività, o un tipo di processo di produzione svolto all’interno di un’installazione non è previsto,
ne’ da alcuna delle conclusioni sulle BAT, ne’ dalle conclusioni sulle migliori tecniche disponibili, tratte dai
documenti pubblicati dalla Commissione europea in attuazione dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva
96/61/CE o dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2008/01/CE o, se queste conclusioni non prendono
in considerazione tutti gli effetti potenziali dell’attività o del processo sull’ambiente, l’autorità competente,
consultato il gestore, stabilisce le condizioni dell’autorizzazione tenendo conto dei criteri di cui all’Allegato
XI. - L’autorizzazione integrata ambientale contiene gli opportuni requisiti di controllo delle emissioni, che
specificano, in conformità a quanto disposto dalla vigente normativa in materia ambientale e basandosi
sulle conclusioni sulle BAT applicabili, la metodologia e la frequenza di misurazione, le condizioni per
valutare la conformità, la relativa procedura di valutazione, nonché l’obbligo di comunicare all’autorità
competente periodicamente, ed almeno una volta all’anno, i dati necessari per verificarne la conformità alle
condizioni di autorizzazione ambientale integrata nonché, quando si applica il comma 4-bis, lettera b), una
sintesi di detti risultati espressi in un formato che consenta un confronto con i livelli di emissione associati
alle migliori tecniche disponibili, rendendo disponibili, a tal fine, anche i risultati del controllo delle emissioni
per gli stessi periodi e alle stesse condizioni di riferimento dei livelli di emissione associati alle migliori
tecniche disponibili. L’autorizzazione contiene altresì l’obbligo di comunicare all’autorità competente e ai
comuni interessati, nonché all’ente responsabile degli accertamenti di cui all’articolo 29-decies, comma 3, i
dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall’autorizzazione integrata ambientale. Tra i requisiti di
controllo, l’autorizzazione stabilisce in particolare, nel rispetto del decreto di cui all’articolo 33, comma
3-bis, le modalità e la frequenza dei controlli programmati di cui all’articolo 29-decies, comma 3. Per gli
impianti di competenza statale le comunicazioni di cui al presente comma sono trasmesse per il tramite
dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. L’autorità competente in sede di
aggiornamento dell’autorizzazione, per fissare i nuovi requisiti di controllo delle emissioni, su richiesta del
gestore, tiene conto dei dati di controllo sull’installazione trasmessi per verificarne la conformità
all’autorizzazione e dei dati relativi ai controlli delle emissioni, nonché dei dati reperiti durante le attività di
cui all’articolo 29-octies, commi 3 e 4.
6-bis. Fatto salvo quanto specificato nelle conclusioni sulle BAT applicabili, l’autorizzazione integrata
ambientale programma specifici controlli almeno una volta ogni cinque anni per le acque sotterranee e
almeno una volta ogni dieci anni per il suolo, a meno che sulla base di una valutazione sistematica del
rischio di contaminazione non siano state fissate diverse modalità o più ampie frequenze per tali controlli.
6-ter. Nell’ambito dei controlli di cui al comma 6 è espressamente prevista un’attività ispettiva presso le
installazioni svolta con oneri a carico del gestore dall’autorità di controllo di cui all’articolo 29-decies,
comma 3, e che preveda l’esame di tutta la gamma degli effetti ambientali indotti dalle installazioni
interessate. Le Regioni possono prevedere il coordinamento delle attività ispettive in materia di
autorizzazione integrata ambientale con quelle previste in materia di valutazione di impatto ambientale e in
materia di incidenti rilevanti, nel rispetto delle relative normative. - L’autorizzazione integrata ambientale contiene le misure relative alle condizioni diverse da quelle di
esercizio normali, in particolare per le fasi di avvio e di arresto dell’installazione, per le emissioni fuggitive,
per i malfunzionamenti, e per l’arresto definitivo dell’installazione. L’autorizzazione può, tra l’altro, ferme
restando le diverse competenze in materia di autorizzazione alla demolizione e alla bonifica dei suoli,
disciplinare la pulizia, la protezione passiva e la messa in sicurezza di parti dell’installazione per le quali il
gestore dichiari non essere previsto il funzionamento o l’utilizzo durante la durata dell’autorizzazione
stessa. Gli spazi liberabili con la rimozione di tali parti di impianto sono considerati disponibili alla
realizzazione delle migliori tecniche disponibili negli stretti tempi tecnici e amministrativi necessari alla
demolizione e, se del caso, alla bonifica.
7-bis. Fermo restando quanto prescritto agli articoli 237-sexies, comma 1, lettera e), e 237-octiedecies per
gli impianti di incenerimento o coincenerimento, è facoltà dell’autorità competente, considerata la stabilità
d’esercizio delle tecniche adottate, l’affidabilità dei controlli e la mancata contestazione al gestore, nel
periodo di validità della precedente autorizzazione, di violazioni relative agli obblighi di comunicazione,
indicare preventivamente nell’autorizzazione il numero massimo, la massima durata e la massima intensità
(comunque non eccedente il 20 per cento) di superamenti dei valori limite di emissione di cui al comma
4-bis, dovuti ad una medesima causa, che possono essere considerati, nel corso di validità
dell’autorizzazione stessa, situazioni diverse dal normale esercizio e nel contempo non rientrare tra le
situazioni di incidente o imprevisti, disciplinate dall’articolo 29-undecies. - Per le installazioni assoggettate al decreto legislativo del 17 agosto 1999, n. 334, l’autorità competente
ai sensi di tale decreto trasmette all’autorità competente per il rilascio dell’autorizzazione integrata
ambientale le più recenti valutazioni assunte e i provvedimenti adottati, alle cui prescrizioni ai fini della
sicurezza e della prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti, citate nella autorizzazione, sono armonizzate le
condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale. - L’autorizzazione integrata ambientale può contenere ulteriori condizioni specifiche ai fini del presente
decreto, giudicate opportune dell’autorità competente. Ad esempio, fermo restando l’obbligo di immediato
rispetto dei precedenti commi e in particolare del comma 4-bis, l’autorizzazione può disporre la redazione
di progetti migliorativi, da presentare ai sensi del successivo articolo 29-nonies, ovvero il raggiungimento di
determinate ulteriori prestazioni ambientali in tempi fissati, impegnando il gestore ad individuare le
tecniche da implementare a tal fine. In tale ultimo caso, fermo restando l’obbligo di comunicare i
miglioramenti progettati, le disposizioni di cui all’articolo 29-nonies non si applicano alle modifiche
strettamente necessarie ad adeguare la funzionalità degli impianti alle prescrizioni dell’autorizzazione
integrata ambientale.
9-bis. In casi specifici l’autorità competente può fissare valori limite di emissione meno severi di quelli
discendenti dall’applicazione del comma 4-bis, a condizione che una valutazione dimostri che porre limiti di
emissione corrispondenti ai ‘livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili’ comporterebbe
una maggiorazione sproporzionata dei costi rispetto ai benefici ambientali, in ragione dell’ubicazione
geografica e delle condizioni ambientali locali dell’istallazione interessata e delle caratteristiche tecniche
dell’istallazione interessata. In tali casi l’autorità competente documenta, in uno specifico allegato
all’autorizzazione, le ragioni di tali scelta, illustrando il risultato della valutazione e la giustificazione delle
condizioni imposte. I valori limite di emissione così fissati non superano, in ogni caso, i valori limite di
emissione di cui agli allegati del presente decreto, laddove applicabili. Ai fini della predisposizione di tale
allegato si fa riferimento alle linee guida di cui all’Allegato XII-bis alla Parte Seconda. Tale Allegato è
aggiornato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare entro sei mesi
dall’emanazione, da parte della Commissione europea, di eventuali linee guida comunitarie in materia, per
garantire la coerenza con tali linee guida comunitarie. L’autorità competente verifica comunque
l’applicazione dei principi di cui all’articolo 6, comma 16, e in particolare che non si verifichino eventi
inquinanti di rilievo e che si realizzi nel complesso un elevato grado di tutela ambientale. L’applicazione del
presente comma deve essere espressamente riverificata e riconfermata in occasione di ciascun pertinente
riesame dell’autorizzazione.
9-ter. L’autorità competente può accordare deroghe temporanee alle disposizioni del comma 4-bis e 5-bis e
dell’articolo 6, comma 16, lettera a), in caso di sperimentazione e di utilizzo di tecniche emergenti per un
periodo complessivo non superiore a nove mesi, a condizione che dopo il periodo specificato tale tecnica
sia sospesa o che le emissioni dell’attività raggiungano almeno i livelli di emissione associati alle migliori
tecniche disponibili.
9-quater. Nel caso delle installazioni di cui al punto 6.6 dell’Allegato VIII alla Parte Seconda, il presente
articolo si applica fatta salva la normativa in materia di benessere degli animali.
9-quinquies. Fatto salvo quanto disposto alla Parte Terza ed al Titolo V della Parte Quarta del presente
decreto, l’autorità competente stabilisce condizioni di autorizzazione volte a garantire che il gestore:
a) quando l’attività comporta l’utilizzo, la produzione o lo scarico di sostanze pericolose,
tenuto conto della possibilità di contaminazione del suolo e delle acque sotterranee nel sito
dell’installazione, elabori e trasmetta per validazione all’autorità competente la relazione di
riferimento di cui all’articolo 5, comma 1, lettera v-bis), prima della messa in servizio della
nuova installazione o prima dell’aggiornamento dell’autorizzazione rilasciata per l’installazione
esistente;
b) al momento della cessazione definitiva delle attività, valuti lo stato di contaminazione del
suolo e delle acque sotterranee da parte di sostanze pericolose pertinenti usate, prodotte o
rilasciate dall’installazione;
c) qualora dalla valutazione di cui alla lettera b) risulti che l’installazione ha provocato un
inquinamento significativo del suolo o delle acque sotterranee con sostanze pericolose
pertinenti, rispetto allo stato constatato nella relazione di riferimento di cui alla lettera a),
adotti le misure necessarie per rimediare a tale inquinamento in modo da riportare il sito a
tale stato, tenendo conto della fattibilità tecnica di dette misure;
d) fatta salva la lettera c), se, tenendo conto dello stato del sito indicato nell’istanza, al
momento della cessazione definitiva delle attività la contaminazione del suolo e delle acque
sotterranee nel sito comporta un rischio significativo per la salute umana o per l’ambiente in
conseguenza delle attività autorizzate svolte dal gestore anteriormente al primo
aggiornamento dell’autorizzazione per l’installazione esistente, esegua gli interventi necessari
ad eliminare, controllare, contenere o ridurre le sostanze pericolose pertinenti in modo che il
sito, tenuto conto dell’uso attuale o dell’uso futuro approvato, cessi di comportare detto
rischio;
e) se non è tenuto ad elaborare la relazione di riferimento di cui alla lettera a), al momento
della cessazione definitiva delle attività esegua gli interventi necessari ad eliminare,
controllare, contenere o ridurre le sostanze pericolose pertinenti in modo che il sito, tenuto
conto dell’uso attuale o dell’uso futuro approvato del medesimo non comporti un rischio
significativo per la salute umana o per l’ambiente a causa della contaminazione del suolo o
delle acque sotterranee in conseguenza delle attività autorizzate, tenendo conto dello stato
del sito di ubicazione dell’installazione indicato nell’istanza.
9-sexies. Con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sono
stabilite le modalità per la redazione della relazione di riferimento di cui all’articolo 5, comma 1, lettera
v-bis), con particolare riguardo alle metodiche di indagine ed alle sostanze pericolose da ricercare con
riferimento alle attività di cui all’Allegato VIII alla Parte Seconda.
9-septies. A garanzia degli obblighi di cui alla lettera c del comma 9-quinquies, l’autorizzazione integrata
ambientale prevede adeguate garanzie finanziarie, da prestare entro 12 mesi dal rilascio in favore della
regione o della provincia autonoma territorialmente competente. Con uno o più decreti del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sono stabiliti criteri che l’autorità competente dovrà
tenere in conto nel determinare l’importo di tali garanzie finanziarie.
29-septies. Migliori tecniche disponibili e norme di qualità ambientale
(articolo sostituito dall’art. 7, comma 6, d.lgs. n. 46 del 2014) - Nel caso in cui uno strumento di programmazione o di pianificazione ambientale, quali ad esempio il
piano di tutela delle acque, o la pianificazione in materia di emissioni in atmosfera, considerate tutte le
sorgenti emissive coinvolte, riconosca la necessità di applicare ad impianti, localizzati in una determinata
area, misure più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in tale
area il rispetto delle norme di qualità ambientale, l’amministrazione ambientale competente, per
installazioni di competenza statale, o la stessa autorità competente, per le altre installazioni, lo rappresenta
in sede di conferenza di servizi di cui all’articolo 29-quater, comma 5. - Nei casi di cui al comma 1 l’autorità competente prescrive nelle autorizzazioni integrate ambientali degli
impianti nell’area interessata, tutte le misure supplementari particolari più rigorose di cui al comma 1 fatte
salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme di qualità ambientale.
29-octies. Rinnovo e riesame
(articolo sostituito dall’art. 7, comma 7, d.lgs. n. 46 del 2014) - L’autorità competente riesamina periodicamente l’autorizzazione integrata ambientale, confermando o
aggiornando le relative condizioni. - Il riesame tiene conto di tutte le conclusioni sulle BAT, nuove o aggiornate, applicabili all’installazione e
adottate da quando l’autorizzazione è stata concessa o da ultimo riesaminata, nonché di eventuali nuovi
elementi che possano condizionare l’esercizio dell’installazione. Nel caso di installazioni complesse, in cui
siano applicabili più conclusioni sulle BAT, il riferimento va fatto, per ciascuna attività, prevalentemente alle
conclusioni sulle BAT pertinenti al relativo settore industriale. - Il riesame con valenza, anche in termini tariffari, di rinnovo dell’autorizzazione è disposto
sull’installazione nel suo complesso:
a) entro quattro anni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea
delle decisioni relative alle conclusioni sulle BAT riferite all’attività principale di
un’installazione;
b) quando sono trascorsi 10 anni dal rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale o
dall’ultimo riesame effettuato sull’intera installazione. - Il riesame è inoltre disposto, sull’intera installazione o su parti di essa, dall’autorità competente, anche
su proposta delle amministrazioni competenti in materia ambientale, comunque quando:
a) a giudizio dell’autorità competente ovvero, in caso di installazioni di competenza statale, a
giudizio dell’amministrazione competente in materia di qualità della specifica matrice
ambientale interessata, l’inquinamento provocato dall’installazione è tale da rendere
necessaria la revisione dei valori limite di emissione fissati nell’autorizzazione o l’inserimento
in quest’ultima di nuovi valori limite, in particolare quando è accertato che le prescrizioni
stabilite nell’autorizzazione non garantiscono il conseguimento degli obiettivi di qualità
ambientale stabiliti dagli strumenti di pianificazione e programmazione di settore;
b) le migliori tecniche disponibili hanno subito modifiche sostanziali, che consentono una
notevole riduzione delle emissioni;
c) a giudizio di una amministrazione competente in materia di igiene e sicurezza del lavoro,
ovvero in materia di sicurezza o di tutela dal rischio di incidente rilevante, la sicurezza di
esercizio del processo o dell’attività richiede l’impiego di altre tecniche;
d) sviluppi delle norme di qualità ambientali o nuove disposizioni legislative comunitarie,
nazionali o regionali lo esigono;
e) una verifica di cui all’articolo 29-sexies, comma 4-bis, lettera b), ha dato esito negativo
senza evidenziare violazioni delle prescrizioni autorizzative, indicando conseguentemente la
necessità di aggiornare l’autorizzazione per garantire che, in condizioni di esercizio normali, le
emissioni corrispondano ai “livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili.”. - A seguito della comunicazione di avvio del riesame da parte dell’autorità competente, il gestore
presenta, entro il termine determinato dall’autorità competente in base alla prevista complessità della
documentazione, e compreso tra 30 e 180 giorni, ovvero, nel caso in cui la necessità di avviare il riesame
interessi numerose autorizzazioni, in base ad un apposito calendario annuale, tutte le informazioni
necessarie ai fini del riesame delle condizioni di autorizzazione, ivi compresi, in particolare, i risultati del
controllo delle emissioni e altri dati, che consentano un confronto tra il funzionamento dell’installazione, le
tecniche descritte nelle conclusioni sulle BAT applicabili e i livelli di emissione associati alle migliori tecniche
disponibili nonché, nel caso di riesami relativi all’intera installazione, l’aggiornamento di tutte le
informazioni di cui all’articolo 29-ter, comma 1. Nei casi di cui al comma 3, lettera b), la domanda di
riesame è comunque presentata entro il termine ivi indicato. Nel caso di inosservanza del predetto termine
l’autorizzazione si intende scaduta. La mancata presentazione nei tempi indicati di tale documentazione,
completa dell’attestazione del pagamento della tariffa, comporta la sanzione amministrativa da 10.000 euro
a 60.000 euro, con l’obbligo di provvedere entro i successivi 90 giorni. Al permanere dell’inadempimento la
validità dell’autorizzazione, previa diffida, è sospesa. In occasione del riesame l’autorità competente utilizza
anche tutte le informazioni provenienti dai controlli o dalle ispezioni. - Entro quattro anni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Unione europea delle
decisioni sulle conclusioni sulle BAT riferite all’attività principale di un’installazione, l’autorità competente
verifica che:
a) tutte le condizioni di autorizzazione per l’installazione interessata siano riesaminate e, se
necessario, aggiornate per assicurare il rispetto del presente decreto in particolare, se
applicabile, dell’articolo 29-sexies, commi 3, 4 e 4-bis;
b) l’installazione sia conforme a tali condizioni di autorizzazione. - Il ritardo nella presentazione della istanza di riesame, nel caso disciplinato al comma 3, lettera a), non
può in alcun modo essere tenuto in conto per dilazionare i tempi fissati per l’adeguamento dell’esercizio
delle installazioni alle condizioni dell’autorizzazione. - Nel caso di un’installazione che, all’atto del rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 29-quater, risulti
registrata ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009, il termine di cui al comma 3, lettera b), è esteso a
sedici anni. Se la registrazione ai sensi del predetto regolamento è successiva all’autorizzazione di cui
all’articolo 29-quater, il riesame di detta autorizzazione è effettuato almeno ogni sedici anni, a partire dal
primo successivo riesame. - Nel caso di un’installazione che, all’atto del rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 29-quater, risulti
certificato secondo la norma UNI EN ISO 14001, il termine di cui al comma 3, lettera b), è esteso a dodici
anni. Se la certificazione ai sensi della predetta norma è successiva all’autorizzazione di cui all’articolo 29-
quater, il riesame di detta autorizzazione è effettuato almeno ogni dodici anni, a partire dal primo
successivo riesame. - Il procedimento di riesame è condotto con le modalità di cui agli articoli 29-ter, comma 4, e 29-quater.
In alternativa alle modalità di cui all’articolo 29-quater, comma 3, la partecipazione del pubblico alle
decisioni può essere assicurata attraverso la pubblicazione nel sito web istituzionale dell’autorità
competente. - Fino alla pronuncia dell’autorità competente in merito al riesame, il gestore continua l’attività sulla base
dell’autorizzazione in suo possesso.
29-nonies. Modifica degli impianti o variazione del gestore - Il gestore comunica all’autorità competente le modifiche progettate dell’impianto, come definite
dall’articolo 5, comma 1, lettera l). L’autorità competente, ove lo ritenga necessario, aggiorna
l’autorizzazione integrata ambientale o le relative condizioni, ovvero, se rileva che le modifiche progettate
sono sostanziali ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera l-bis), ne dà notizia al gestore entro sessanta
giorni dal ricevimento della comunicazione ai fini degli adempimenti di cui al comma 2 del presente
articolo. Decorso tale termine, il gestore può procedere alla realizzazione delle modifiche comunicate. - Nel caso in cui le modifiche progettate, ad avviso del gestore o a seguito della comunicazione di cui al
comma 1, risultino sostanziali, il gestore invia all’autorità competente una nuova domanda di autorizzazione
corredata da una relazione contenente un aggiornamento delle informazioni di cui all’articolo 29-ter, commi
1 e 2. Si applica quanto previsto dagli articoli 29-ter e 29-quater in quanto compatibile. - Il gestore, esclusi i casi disciplinati ai commi 1 e 2, informa l’autorità competente e l’autorità di controllo
di cui all’articolo 29-decies, comma 3, in merito ad ogni nuova istanza presentata per l’installazione ai sensi
della normativa in materia di prevenzione dai rischi di incidente rilevante, ai sensi della normativa in
materia di valutazione di impatto ambientale o ai sensi della normativa in materia urbanistica. La
comunicazione, da effettuare prima di realizzare gli interventi, specifica gli elementi in base ai quali il
gestore ritiene che gli interventi previsti non comportino né effetti sull’ambiente, né contrasto con le
prescrizioni esplicitamente già fissate nell’autorizzazione integrata ambientale.
(comma così sostituito dall’art. 7, comma 8, d.lgs. n. 46 del 2014) - Nel caso in cui intervengano variazioni nella titolarità della gestione dell’impianto, il vecchio gestore e il
nuovo gestore ne danno comunicazione entro trenta giorni all’autorità competente, anche nelle forme
dell’autocertificazione ai fini della volturazione dell’autorizzazione integrata ambientale.
(comma così modificato dall’art. 7, comma 8, d.lgs. n. 46 del 2014)
29-decies. Rispetto delle condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale - Il gestore, prima di dare attuazione a quanto previsto dall’autorizzazione integrata ambientale, ne dà
comunicazione all’autorità competente. Per gli impianti localizzati in mare, l’Istituto superiore per la
protezione e la ricerca ambientale esegue i controlli di cui al comma 3, coordinandosi con gli uffici di
vigilanza del Ministero dello sviluppo economico.
(comma così modificato dall’art. 24, comma 1, lettera c), legge n. 35 del 2012) - A far data dall’invio della comunicazione di cui al comma 1, il gestore trasmette all’autorità competente e
ai comuni interessati, nonché all’ente responsabile degli accertamenti di cui al comma 3, i dati relativi ai
controlli delle emissioni richiesti dall’autorizzazione integrata ambientale, secondo modalità e frequenze
stabilite nell’autorizzazione stessa. L’autorità competente provvede a mettere tali dati a disposizione del
pubblico tramite gli uffici individuati ai sensi dell’articolo 29-quater, comma 3, ovvero mediante
pubblicazione sul sito internet dell’autorità competente ai sensi dell’articolo 29-quater, comma 2. Il gestore
provvede, altresì, ad informare immediatamente i medesimi soggetti in caso di violazione delle condizioni
dell’autorizzazione, adottando nel contempo le misure necessarie a ripristinare nel più breve tempo
possibile la conformità.
(comma così sostituito dall’art. 7, comma 9, d.lgs. n. 46 del 2014) - L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, per impianti di competenza statale o, negli
altri casi, l’autorità competente, avvalendosi delle agenzie regionali e provinciali per la protezione
dell’ambiente, accertano, secondo quanto previsto e programmato nell’autorizzazione ai sensi dell’articolo
29-sexies, comma 6 e con oneri a carico del gestore:
(comma così modificato dall’art. 7, comma 9, d.lgs. n. 46 del 2014)
a) il rispetto delle condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell’attività per un tempo determinato, ove si
manifestino situazioni che costituiscano un pericolo immediato per la salute umana o per
l’ambiente o nel caso in cui le violazioni siano comunque reiterate più di due volte in un anno.
Decorso il tempo determinato contestualmente alla diffida, la sospensione è automaticamente
prorogata, finché il gestore non dichiara di aver individuato e risolto il problema che ha
causato l’inottemperanza. La sospensione è inoltre automaticamente rinnovata a cura
dell’autorità di controllo di cui al comma 3, alle medesime condizioni e durata individuate
contestualmente alla diffida, se i controlli sul successivo esercizio non confermano che è
stata ripristinata la conformità, almeno in relazione alle situazioni che, costituendo un pericolo
immediato per la salute umana o per l’ambiente, avevano determinato la precedente
sospensione;
(lettera così sostituita dall’art. 18, comma 1, della legge n. 167 del 2017)
c) che il gestore abbia ottemperato ai propri obblighi di comunicazione e in particolare che
abbia informato l’autorità competente regolarmente e, in caso di inconvenienti o incidenti che
influiscano in modo significativo sull’ambiente, tempestivamente dei risultati della
sorveglianza delle emissioni del proprio impianto. - Ferme restando le misure di controllo di cui al comma 3, l’autorità competente, nell’ambito delle
disponibilità finanziarie del proprio bilancio destinate allo scopo, può disporre ispezioni straordinarie sugli
impianti autorizzati ai sensi del presente decreto. - Al fine di consentire le attività di cui ai commi 3 e 4, il gestore deve fornire tutta l’assistenza necessaria
per lo svolgimento di qualsiasi verifica tecnica relativa all’impianto, per prelevare campioni e per raccogliere
qualsiasi informazione necessaria ai fini del presente decreto. A tal fine, almeno dopo ogni visita in loco, il
soggetto che effettua gli accertamenti redige una relazione che contiene i pertinenti riscontri in merito alla
conformità dell’installazione alle condizioni di autorizzazione e le conclusioni riguardanti eventuali azioni da
intraprendere. La relazione è notificata al gestore interessato e all’autorità competente entro due mesi dalla
visita in loco ed è resa disponibile al pubblico, conformemente al comma 8, entro quattro mesi dalla visita
in loco. Fatto salvo il comma 9, l’autorità competente provvede affinché il gestore, entro un termine
ragionevole, adotti tutte le ulteriori misure che ritiene necessarie, tenendo in particolare considerazione
quelle proposte nella relazione.
(comma così sostituito dall’art. 7, comma 9, d.lgs. n. 46 del 2014) - Gli esiti dei controlli e delle ispezioni sono comunicati all’autorità competente ed al gestore indicando le
situazioni di mancato rispetto delle prescrizioni di cui al comma 3, lettere a), b) e c), e proponendo le
misure da adottare. - Ogni organo che svolge attività di vigilanza, controllo, ispezione e monitoraggio su impianti che svolgono
attività di cui agli allegati VIII e XII, e che abbia acquisito informazioni in materia ambientale rilevanti ai
fini dell’applicazione del presente decreto, comunica tali informazioni, ivi comprese le eventuali notizie di
reato, anche all’autorità competente. - I risultati del controllo delle emissioni, richiesti dalle condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale e
in possesso dell’autorità competente, devono essere messi a disposizione del pubblico, tramite l’ufficio
individuato all’articolo 29-quater, comma 3, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 19 agosto
2005, n. 195. - In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie o di esercizio in assenza di autorizzazione, ferma
restando l’applicazione delle sanzioni e delle misure di sicurezza di cui all’articolo 29-quattuordecies,
l’autorità competente procede secondo la gravità delle infrazioni:
(comma così sostituito dall’art. 7, comma 9, d.lgs. n. 46 del 2014)
a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze,
nonché un termine entro cui, fermi restando gli obblighi del gestore in materia di autonoma
adozione di misure di salvaguardia, devono essere applicate tutte le appropriate misure
provvisorie o complementari che l’autorità competente ritenga necessarie per ripristinare o
garantire provvisoriamente la conformità;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell’attività per un tempo determinato, ove si
manifestino situazioni, o nel caso in cui le violazioni siano comunque reiterate più di due volte
all’anno;
c) alla revoca dell’autorizzazione e alla chiusura dell’installazione, in caso di mancato
adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che
determinino situazioni di pericolo o di danno per l’ambiente;
d) alla chiusura dell’installazione, nel caso in cui l’infrazione abbia determinato esercizio in
assenza di autorizzazione. - In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, l’autorità competente, ove si manifestino
situazioni di pericolo o di danno per la salute, ne dà comunicazione al sindaco ai fini dell’assunzione delle
eventuali misure ai sensi dell’articolo 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. - L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale esegue i controlli di cui al comma 3 anche
avvalendosi delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente territorialmente competenti,
nel rispetto di quanto disposto all’articolo 03, comma 5, del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496,
convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61.
11-bis. Le attività ispettive in sito di cui all’articolo 29-sexies, comma 6-ter, e di cui al comma 4 sono
definite in un piano d’ispezione ambientale a livello regionale, periodicamente aggiornato a cura della
Regione o della Provincia autonoma, sentito il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, per garantire il coordinamento con quanto previsto nelle autorizzazioni integrate statali ricadenti nel
territorio, e caratterizzato dai seguenti elementi:
(comma così introdotto dall’art. 7, comma 9, d.lgs. n. 46 del 2014)
a) un’analisi generale dei principali problemi ambientali pertinenti;
b) la identificazione della zona geografica coperta dal piano d’ispezione;
c) un registro delle installazioni coperte dal piano;
d) le procedure per l’elaborazione dei programmi per le ispezioni ambientali ordinarie;
e) le procedure per le ispezioni straordinarie, effettuate per indagare nel più breve tempo
possibile e, se necessario, prima del rilascio, del riesame o dell’aggiornamento di
un’autorizzazione, le denunce ed i casi gravi di incidenti, di guasti e di infrazione in materia
ambientale;
f) se necessario, le disposizioni riguardanti la cooperazione tra le varie autorità d’ispezione.
11-ter. Il periodo tra due visite in loco non supera un anno per le installazioni che presentano i rischi più
elevati, tre anni per le installazioni che presentano i rischi meno elevati, sei mesi per installazioni per le
quali la precedente ispezione ha evidenziato una grave inosservanza delle condizioni di autorizzazione. Tale
periodo è determinato, tenendo conto delle procedure di cui al comma 11-bis, lettera d), sulla base di una
valutazione sistematica effettuata dalla Regione o dalla Provincia autonoma sui rischi ambientali delle
installazioni interessate, che considera almeno:
(comma introdotto dall’art. 7, comma 9, d.lgs. n. 46 del 2014)
a) gli impatti potenziali e reali delle installazioni interessate sulla salute umana e
sull’ambiente, tenendo conto dei livelli e dei tipi di emissioni, della sensibilità dell’ambiente
locale e del rischio di incidenti;
b) il livello di osservanza delle condizioni di autorizzazione;
c) la partecipazione del gestore al sistema dell’Unione di ecogestione e audit (EMAS) (a
norma del regolamento (CE) n. 1221/2009).
29-undecies. Incidenti o imprevisti
(articolo sostituito dall’art. 7, comma 10, d.lgs. n. 46 del 2014) - Fatta salva la disciplina relativa alla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del
danno ambientale, in caso di incidenti o eventi imprevisti che incidano in modo significativo sull’ambiente, il
gestore informa immediatamente l’autorità competente e l’ente responsabile degli accertamenti di cui
all’articolo 29-decies, comma 3, e adotta immediatamente le misure per limitare le conseguenze ambientali
e a prevenire ulteriori eventuali incidenti o eventi imprevisti, informandone l’autorità competente. - In esito alle informative di cui al comma 1, l’autorità competente può diffidare il gestore affinché adotti
ogni misura complementare appropriata che l’autorità stessa, anche su proposta dell’ente responsabile
degli accertamenti o delle amministrazioni competenti in materia ambientale territorialmente competenti,
ritenga necessaria per limitare le conseguenze ambientali e prevenire ulteriori eventuali incidenti o
imprevisti. La mancata adozione di tali misure complementari da parte del gestore nei tempi stabiliti
dall’autorità competente è sanzionata ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, commi 1 o 2. - L’autorizzazione può meglio specificare tempi, modalità e destinatari delle informative di cui al comma 1,
fermo restando il termine massimo di otto ore, di cui all’articolo 271, comma 14, nel caso in cui un guasto
non permetta di garantire il rispetto dei valori limite di emissione in aria.
29-duodecies. Comunicazioni - Le autorità competenti comunicano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con
cadenza almeno annuale, i dati di sintesi concernenti le domande ricevute, copia informatizzata delle
autorizzazioni rilasciate e dei successivi aggiornamenti, nonché un rapporto sulle situazioni di mancato
rispetto delle prescrizioni della autorizzazione integrata ambientale. L’obbligo si intende ottemperato nel
caso in cui tali informazioni siano rese disponibili telematicamente ed almeno annualmente l’autorità
competente comunichi al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare le modalità per
acquisire in remoto tali informazioni.
(comma così sostituito dall’art. 7, comma 11, d.lgs. n. 46 del 2014)
1-bis. In ogni caso in cui è concessa una deroga ai sensi dell’articolo 29-sexies, comma 9-bis, le autorità
competenti comunicano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro 120 giorni
dall’emanazione del provvedimento di autorizzazione integrata ambientale, i motivi specifici della deroga e
le relative condizioni imposte.
(comma così introdotto dall’art. 7, comma 12, d.lgs. n. 46 del 2014) - Le domande relative agli impianti di competenza statale di cui all’articolo 29-quater, comma 1, i dati di
cui al comma 1 del presente articolo e quelli di cui ai commi 6 e 7 dell’articolo 29-decies, sono trasmessi al
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, per il tramite dell’Istituto
Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, secondo il formato e le modalità di cui al decreto dello
stesso Ministro 7 febbraio 2007.
29-terdecies. Scambio di informazioni - Le autorità competenti trasmettono periodicamente al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio
e del mare, per il tramite dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, una
comunicazione relativa all’applicazione del presente titolo, ed in particolare sui dati rappresentativi circa le
emissioni e altre forme di inquinamento e sui valori limite di emissione applicati in relazione agli impianti di
cui all’Allegato VIII nonché sulle migliori tecniche disponibili su cui detti valori si basano, segnalando
eventuali progressi rilevati nello sviluppo ed applicazione di tecniche emergenti. La frequenza delle
comunicazioni, il tipo e il formato delle informazioni che devono essere messe a disposizione, nonché
l’eventuale individuazione di attività e inquinanti specifici a cui limitare le informazioni stesse, sono stabiliti
con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sulla base delle
decisioni in merito emanate dalla Commissione europea. Nelle more della definizione di tale provvedimento
le informazioni di cui al presente comma sono trasmesse annualmente, entro il 30 giugno 2014, con
riferimento al biennio 2012-2013; entro il 30 aprile 2017, con riferimento al triennio 2014-2016, e
successivamente con frequenza triennale, facendo riferimento a tipi e formati definiti nel formulario
adottato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 15 marzo 2012.
(comma così sostituito dall’art. 7, comma 12, d.lgs. n. 46 del 2014) - Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare predispone e invia alla Commissione
europea una relazione in formato elettronico sull’attuazione del Capo II della direttiva 2010/75/UE e sulla
sua efficacia rispetto ad altri strumenti comunitari di protezione dell’ambiente, sulla base delle informazioni
pervenute ai sensi dell’articolo 29-duodecies e del comma 1, rispettando periodicità, contenuti e formati
stabiliti nelle specifiche decisioni assunte in merito in sede comunitaria. 2.bis. Il Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare garantisce la partecipazione dell’Italia al Comitato di cui all’articolo 75
della direttiva 2010/75/UE e al Forum di cui all’articolo 13, paragrafo 3, della stessa direttiva, sulla base
delle intese di cui al comma 3.
(comma così sostituito dall’art. 7, comma 12, d.lgs. n. 46 del 2014) - Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di intesa con il Ministero
dello sviluppo economico, con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministero della salute e
con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede ad
assicurare la partecipazione dell’Italia allo scambio di informazioni organizzato dalla Commissione europea
relativamente alle migliori tecniche disponibili e al loro sviluppo, nonché alle relative prescrizioni in materia
di controllo, e a rendere accessibili i risultati di tale scambio di informazioni. Le modalità di tale
partecipazione, in particolare, dovranno consentire il coinvolgimento delle autorità competenti in tutte le
fasi ascendenti dello scambio di informazioni.
Le attività di cui al presente comma sono svolte di intesa con il Ministero delle politiche agricole, alimentari
e forestali limitatamente alle attività di cui al punto 6.6 dell’allegato VIII. - Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, provvede a garantire la
sistematica informazione del pubblico sullo stato di avanzamento dei lavori relativi allo scambio di
informazioni di cui al comma 3 e adotta d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281 modalità di scambio di informazioni tra le autorità competenti, al fine di
promuovere una più ampia conoscenza sulle migliori tecniche disponibili e sul loro sviluppo.
29-quattuordecies. Sanzioni
(articolo sostituito dall’art. 7, comma 13, d.lgs. n. 46 del 2014) - Chiunque esercita una delle attività di cui all’Allegato VIII alla Parte Seconda senza essere in possesso
dell’autorizzazione integrata ambientale, o dopo che la stessa sia stata sospesa o revocata è punito con la
pena dell’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 2.500 euro a 26.000 euro. Nel caso in cui l’esercizio
non autorizzato comporti lo scarico di sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze
indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell’Allegato 5 alla Parte Terza, ovvero la raccolta, o il trasporto, o il recupero,
o lo smaltimento di rifiuti pericolosi, nonché nel caso in cui l’esercizio sia effettuato dopo l’ordine di
chiusura dell’installazione, la pena è quella dell’arresto da sei mesi a due anni e dell’ammenda da 5.000
euro a 52.000 euro. Se l’esercizio non autorizzato riguarda una discarica, alla sentenza di condanna o alla
sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell’area
sulla quale è realizzata la discarica abusiva, se di proprietà dell’autore o del compartecipe al reato, fatti
salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi. - Salvo che il fatto costituisca reato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a
15.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale non
ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’autorità competente. - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la sola pena dell’ammenda da 5.000 euro a
26.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale non
ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’ autorità competente nel caso in cui l’inosservanza:
a) sia costituita da violazione dei valori limite di emissione, rilevata durante i controlli previsti
nell’autorizzazione o nel corso di ispezioni di cui all’articolo 29-decies, commi 4 e 7, a meno
che tale violazione non sia contenuta in margini di tolleranza, in termini di frequenza ed
entità, fissati nell’autorizzazione stessa;
b) sia relativa alla gestione di rifiuti;
c) sia relativa a scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al
consumo umano di cui all’articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla
vigente normativa. - Nei casi previsti al comma 3 e salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la
pena dell’ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro e la pena dell’arresto fino a due anni
qualora l’inosservanza sia relativa:
a) alla gestione di rifiuti pericolosi non autorizzati;
b) allo scarico di sostanze pericolose di cui alle tabelle 5 e 3/A dell’Allegato 5 alla Parte Terza;
c) a casi in cui il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento
dei valori limite di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa;
d) all’utilizzo di combustibili non autorizzati. - Chiunque sottopone una installazione ad una modifica sostanziale senza l’autorizzazione prevista è
punito con la pena dell’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 2.500 euro a 26.000 euro. - Ferma restando l’applicazione del comma 3, nel caso in cui per l’esercizio dell’impianto modificato è
necessario l’aggiornamento del provvedimento autorizzativo, colui il quale sottopone una installazione ad
una modifica non sostanziale senza aver effettuato le previste comunicazioni o senza avere atteso il
termine di cui all’articolo 29-nonies, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500
euro a 15.000 euro. - E’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 52.000 euro il gestore che omette di
trasmettere all’autorità competente la comunicazione prevista all’articolo 29-decies, comma 1, nonché il
gestore che omette di effettuare le comunicazioni di cui all’articolo 29-undecies, comma 1, nei termini di
cui al comma 3 del medesimo articolo 29-undecies. - E’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 euro a 11.000 euro il gestore che omette di
comunicare all’autorità competente, all’ente responsabile degli accertamenti di cui all’articolo 29-decies,
comma 3, e ai comuni interessati i dati relativi alle misurazioni delle emissioni di cui all’articolo 29-decies,
comma 2. Nel caso in cui il mancato adempimento riguardi informazioni inerenti la gestione di rifiuti
pericolosi la sanzione amministrativa pecuniaria è sestuplicata. La sanzione amministrativa pecuniaria è
ridotta ad un decimo se il gestore effettua tali comunicazioni con un ritardo minore di 60 giorni ovvero le
effettua formalmente incomplete o inesatte ma, comunque, con tutti gli elementi informativi essenziali a
caratterizzare i dati di esercizio dell’impianto. - Si applica la pena di cui all’articolo 483 del codice penale a chi nell’effettuare le comunicazioni di cui al
comma 8 fornisce dati falsificati o alterati. - E’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 26.000 euro il gestore che, senza
giustificato e documentato motivo, omette di presentare, nel termine stabilito dall’autorità competente, la
documentazione integrativa prevista all’articolo 29-quater, comma 8, o la documentazione ad altro titolo
richiesta dall’autorità competente per perfezionare un’istanza del gestore o per consentire l’avvio di un
procedimento di riesame. - Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo non si applica il pagamento in
misura ridotta di cui all’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689. - Le sanzioni sono irrogate dal prefetto per gli impianti di competenza statale e dall’autorità competente
per gli altri impianti. - I proventi derivanti dall’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di competenza statale, per
le violazioni previste dal presente decreto, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato. I soli proventi
derivanti dall’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui al comma 2, al comma 6, al
comma 7, limitatamente alla violazione dell’articolo 29-undecies, comma 1, e al comma 10, con esclusione
della violazione di cui all’articolo 29-quater, comma 8, del presente articolo, nonché di cui all’articolo 29-
octies, commi 5 e 5-ter, sono successivamente riassegnati ai pertinenti capitoli di spesa del Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e sono destinati a potenziare le ispezioni ambientali
straordinarie previste dal presente decreto, in particolare all’articolo 29-decies, comma 4, nonché le
ispezioni finalizzate a verificare il rispetto degli obblighi ambientali per impianti ancora privi di
autorizzazione. - Per gli impianti autorizzati ai sensi della Parte Seconda, dalla data della prima comunicazione di cui
all’articolo 29-decies, comma 1, non si applicano le sanzioni, previste da norme di settore o speciali,
relative a fattispecie oggetto del presente articolo, a meno che esse non configurino anche un più grave
reato.
Titolo IV – VALUTAZIONI AMBIENTALI INTERREGIONALI E TRANSFRONTALIERE - Impatti ambientali interregionali
(articolo così sostituito dall’art. 2, comma 25, d.lgs. n. 128 del 2010) - Nel caso di piani e programmi soggetti a VAS, di progetti di interventi e di opere sottoposti a procedura
di VIA di competenza regionale, i quali risultino localizzati anche sul territorio di regioni confinanti, le
procedure di valutazione e autorizzazione ambientale sono effettuate d’intesa tra le autorità competenti.
(comma così modificato dall’art. 8 del d.lgs. n. 46 del 2014) - Nel caso di piani e programmi soggetti a VAS, di progetti di interventi e di opere sottoposti a VIA di
competenza regionale nonché di impianti o parti di essi le cui modalità di esercizio necessitano del
provvedimento di autorizzazione integrata ambientale con esclusione di quelli previsti dall’allegato XII, i
quali possano avere impatti ambientali rilevanti ovvero effetti ambientali negativi e significativi su regioni
confinanti, l’autorità competente è tenuta a darne informazione e ad acquisire i pareri delle autorità
competenti di tali regioni, nonché degli enti locali territoriali interessati dagli impatti.
2-bis. Nei casi di cui al comma 2, ai fini dell’espressione dei rispettivi pareri, l’autorità competente mette a
disposizione nel proprio sito web tutta la documentazione pervenuta affinché i soggetti di cui al comma 2
rendano le proprie determinazioni.
(comma così sostituito dall’art. 19 del d.lgs. n. 104 del 2017) - Attribuzione competenze
- In caso di piani, programmi o progetti la cui valutazione ambientale è rimessa alla regione, qualora siano
interessati territori di più regioni e si manifesti un conflitto tra le autorità competenti di tali regioni circa gli
impatti ambientali di un piano, programma o progetto localizzato sul territorio di una delle regioni, il
Presidente del Consiglio dei Ministri, su conforme parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, può disporre che si applichino le procedure
previste dal presente decreto per i piani, programmi e progetti di competenza statale. - Consultazioni transfrontaliere
(articolo così modificato dall’art. 2, comma 26, d.lgs. n. 128 del 2010) - In caso di piani, programmi, progetti e impianti che possono avere impatti rilevanti sull’ambiente di un
altro Stato, o qualora un altro Stato così richieda, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare e del mare, d’intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali e con il Ministero degli affari esteri
e per suo tramite, ai sensi della Convenzione sulla valutazione dell’impatto ambientale in un contesto
transfrontaliero, fatta a Espoo il 25 febbraio 1991, ratificata ai sensi della legge 3 novembre 1994, n. 640,
nell’ambito delle fasi previste dalle procedure di cui ai titoli II, III e III-bis, provvede alla notifica dei
progetti di tutta la documentazione concernente il piano, programma, progetto o impianto. Nell’ambito
della notifica è fissato il termine, non superiore ai sessanta giorni, per esprimere il proprio interesse alla
partecipazione alla procedura. Della notifica è data evidenza pubblica attraverso il sito web dell’autorità
competente.
(comma così modificato dall’art. 15, comma 1, legge n. 116 del 2014) - Qualora sia espresso l’interesse a partecipare alla procedura, gli Stati consultati trasmettono all’autorità
competente i pareri e le osservazioni delle autorità pubbliche e del pubblico entro novanta giorni dalla
comunicazione della dichiarazione di interesse alla partecipazione alla procedura ovvero secondo le
modalità ed i termini concordati dagli Stati membri interessati, in modo da consentire comunque che le
autorità pubbliche ed il pubblico degli Stati consultati siano informati ed abbiano l’opportunità di esprimere
il loro parere entro termini ragionevoli. L’Autorità competente ha l’obbligo di trasmettere agli Stati membri
consultati le decisioni finali e tutte le informazioni già stabilite dagli articoli 17, 25, 27, 27-bis e 29-quater
del presente decreto.
(comma così sostituito dall’art. 20 del d.lgs. n. 104 del 2017) - Fatto salvo quanto previsto dagli accordi internazionali, le regioni o le province autonome nel caso in cui
i piani, i programmi, i progetti od anche le modalità di esercizio di un impianto o di parte di esso, con
esclusione di quelli previsti dall’allegato XII, possano avere effetti transfrontalieri, informano
immediatamente il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare e collaborano
per lo svolgimento delle fasi procedurali di applicazione della convenzione. - La predisposizione e la distribuzione della documentazione necessaria sono a cura del proponente o del
gestore o dell’autorità procedente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, che deve
provvedervi su richiesta dell’autorità competente secondo le modalità previste dai titoli II, III o III-bis del
presente decreto ovvero concordate dall’autorità competente e gli Stati consultati. - Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, il Ministero per i beni e le
attività culturali e il Ministero degli affari esteri, d’intesa con le regioni interessate, stipulano con i Paesi
aderenti alla Convenzione accordi per disciplinare le varie fasi al fine di semplificare e rendere più efficace
l’attuazione della convenzione.
5-bis. Nel caso in cui si provveda ai sensi dei commi 1 e 2, il termine per l’emissione del provvedimento
finale di cui all’articolo 25, comma 2, è prorogato di 90 giorni o del diverso termine concordato ai sensi del
comma 2.
(comma così sostituito dall’art. 20 del d.lgs. n. 104 del 2017)
5-ter. Gli Stati membri interessati che partecipano alle consultazioni ai sensi del presente articolo ne fissano
preventivamente la durata in tempi ragionevoli.
32-bis. Effetti transfrontalieri
(articolo introdotto dall’art. 2, comma 27, d.lgs. n. 128 del 2010) - Nel caso in cui il funzionamento di un impianto possa avere effetti negativi e significativi sull’ambiente di
un altro Stato dell’Unione europea, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa
con il Ministero degli affari esteri, comunica a tale Stato membro i dati forniti ai sensi degli articoli 29-ter,
29-quater e 29-octies, nel momento stesso in cui sono messi a disposizione del pubblico. Comunque tali
dati devono essere forniti ad uno Stato dell’Unione europea che ne faccia richiesta, qualora ritenga di poter
subire effetti negativi e significativi sull’ambiente nel proprio territorio. Nel caso in cui l’impianto non ricada
nell’ambito delle competenze statali, l’autorità competente, qualora constati che il funzionamento di un
impianto possa avere effetti negativi e significativi sull’ambiente di un altro Stato dell’Unione europea,
informa il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare che provvede ai predetti
adempimenti. - Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede, d’intesa con il Ministero degli
affari esteri, nel quadro dei rapporti bilaterali fra Stati, affinché, nei casi di cui al comma 1, le domande
siano accessibili anche ai cittadini dello Stato eventualmente interessato per un periodo di tempo adeguato
che consenta una presa di posizione prima della decisione dell’autorità competente.
2-bis. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede, attraverso il proprio sito
internet istituzionale, a rendere disponibili al pubblico in modo appropriato le informazioni ricevute da altri
Stati dell’Unione europea, in attuazione degli obblighi recati dall’articolo 26, paragrafo 1, della direttiva
2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, circa le decisioni adottate in
tali Stati su domande presentate per l’esercizio di attività di cui all’allegato VIII alla parte seconda del
presente decreto.
(comma aggiunto dall’art. 18, comma 1, della legge n. 167 del 2017)
Titolo V – NORME TRANSITORIE E FINALI - Oneri istruttori
(articolo così modificato dall’art. 2, comma 28, d.lgs. n. 128 del 2010) - Le tariffe da applicare ai proponenti, determinate sulla base del costo effettivo del servizio, per la
copertura dei costi sopportati dall’autorità competente per l’organizzazione e lo svolgimento delle attività
istruttorie, di monitoraggio e controllo delle procedure di verifica di assoggettabilità a VIA, di VIA e di VAS
sono definite con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con
il Ministro dell’economia e delle finanze.
(comma così sostituito dall’art. 21 del d.lgs. n. 104 del 2017) - Per le finalità di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono
definire proprie modalità di quantificazione e corresponsione degli oneri da porre in capo ai proponenti. - Nelle more dei provvedimenti di cui ai commi 1 e 2, si continuano ad applicare le norme vigenti in
materia.
3-bis. Le spese occorrenti per effettuare i rilievi, gli accertamenti ed i sopralluoghi necessari per l’istruttoria
delle domande di autorizzazione integrata ambientale o delle domande di modifica di cui all’articolo 29-
nonies o del riesame di cui all’articolo 29-octies e per i successivi controlli previsti dall’articolo 29-decies
sono a carico del gestore. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di
concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa
con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, sono disciplinate le modalità, anche contabili, e le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie e
ai controlli previsti al Titolo III-bis della Parte Seconda, nonché i compensi spettanti ai membri della
Commissione istruttoria di cui all’articolo 8-bis. Il predetto decreto stabilisce altresì le modalità volte a
garantire l’allineamento temporale tra gli introiti derivanti dalle tariffe e gli oneri derivanti dalle attività
istruttorie e di controllo. Gli oneri per l’istruttoria e per i controlli sono quantificati in relazione alla
complessità delle attività svolte dall’autorità competente e dall’ente responsabile degli accertamenti di cui
all’articolo 29-decies, comma 3, sulla base delle categorie di attività condotte nell’installazione, del numero
e della tipologia delle emissioni e delle componenti ambientali interessate, nonché della eventuale presenza
di sistemi di gestione ambientale registrati o certificati e delle spese di funzionamento della commissione di
cui all’articolo 8-bis. Gli introiti derivanti dalle tariffe corrispondenti a tali oneri, posti a carico del gestore,
sono utilizzati esclusivamente per le predette spese. A tale fine gli importi delle tariffe istruttorie vengono
versati, per installazioni di cui all’Allegato XII alla Parte Seconda, all’entrata del bilancio dello Stato per
essere integralmente riassegnati allo stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare. Con gli stessi criteri e modalità di emanazione, le tariffe sono aggiornate almeno ogni
due anni.
(comma così sostituito dall’art. 9 del d.lgs. n. 46 del 2014)
3-ter. Nelle more del decreto di cui al comma 3-bis, resta fermo quanto stabilito dal decreto 24 aprile 2008,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 settembre 2008.
(comma così sostituito dall’art. 9 del d.lgs. n. 46 del 2014) - Al fine di garantire l’operatività della Commissione di cui all’articolo 8-bis, nelle more dell’adozione del
decreto di cui al comma 3-bis, e fino all’entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe di cui al
comma 1 del presente articolo, per le spese di funzionamento nonché per il pagamento dei compensi
spettanti ai componenti della predetta Commissione è posto a carico del richiedente il versamento
all’entrata del bilancio dello Stato di una somma forfetaria pari ad euro venticinquemila per ogni richiesta di
autorizzazione integrata ambientale per impianti di competenza statale; la predetta somma è riassegnata
entro sessanta giorni, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, e da apposito capitolo dello
stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare. Le somme
di cui al presente comma si intendono versate a titolo di acconto, fermo restando l’obbligo del richiedente
di corrispondere conguaglio in relazione all’eventuale differenza risultante a quanto stabilito dal decreto di
determinazione delle tariffe, fissate per la copertura integrale del costo effettivo del servizio reso. - Norme tecniche, organizzative e integrative
(articolo così modificato dall’art. 2, comma 29, d.lgs. n. 128 del 2010) - (comma abrogato dall’art. 26, comma 1, d.lgs. n. 104 del 2017)
- (comma abrogato dall’art. 26, comma 1, d.lgs. n. 104 del 2017)
- Il Governo, con apposita delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica, su
proposta del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le regioni e le province autonome, ed acquisito il parere
delle associazioni ambientali munite di requisiti sostanziali omologhi a quelli previsti dall’articolo 13 della
legge 8 luglio 1986, n. 349, provvede, con cadenza almeno triennale, all’aggiornamento della Strategia
nazionale per lo sviluppo sostenibile di cui alla delibera del Comitato interministeriale per la
programmazione economica del 2 agosto 2002.
(comma così modificato dall’art. 3, comma 1, legge n. 221 del 2015) - Entro dodici mesi dalla delibera di aggiornamento della strategia nazionale di cui al comma 3, le regioni
si dotano, attraverso adeguati processi informativi e partecipativi, senza oneri aggiuntivi a carico dei bilanci
regionali, di una complessiva strategia di sviluppo sostenibile che sia coerente e definisca il contributo alla
realizzazione degli obiettivi della strategia nazionale. Le strategie regionali indicano insieme al contributo
della regione agli obiettivi nazionali, la strumentazione, le priorità, le azioni che si intendono intraprendere.
In tale ambito le regioni assicurano unitarietà all’attività di pianificazione. Le regioni promuovono l’attività
delle amministrazioni locali che, anche attraverso i processi di Agenda 21 locale, si dotano di strumenti
strategici coerenti e capaci di portare un contributo alla realizzazione degli obiettivi della strategia
regionale. - Le strategie di sviluppo sostenibile definiscono il quadro di riferimento per le valutazioni ambientali di cui
al presente decreto. Dette strategie, definite coerentemente ai diversi livelli territoriali, attraverso la
partecipazione dei cittadini e delle loro associazioni, in rappresentanza delle diverse istanze, assicurano la
dissociazione fra la crescita economica ed il suo impatto sull’ambiente, il rispetto delle condizioni di stabilità
ecologica, la salvaguardia della biodiversità ed il soddisfacimento dei requisiti sociali connessi allo sviluppo
delle potenzialità individuali quali presupposti necessari per la crescita della competitività e
dell’occupazione. - Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, le regioni e le province
autonome cooperano per assicurare assetti organizzativi, anche mediante la costituzione di apposite unità
operative, senza aggravio per la finanza pubblica, e risorse atti a garantire le condizioni per lo svolgimento
di funzioni finalizzate a:
a) determinare, nell’ottica della strategia di sviluppo sostenibile, i requisiti per una piena
integrazione della dimensione ambientale nella definizione e valutazione di politiche, piani,
programmi e progetti;
b) garantire le funzioni di orientamento, valutazione, sorveglianza e controllo nei processi
decisionali della pubblica amministrazione;
c) assicurare lo scambio e la condivisione di esperienze e contenuti tecnico-scientifici in
materia di valutazione ambientale;
d) favorire la promozione e diffusione della cultura della sostenibilità dell’integrazione
ambientale;
e) agevolare la partecipazione delle autorità interessate e del pubblico ai processi decisionali
ed assicurare un’ampia diffusione delle informazioni ambientali. - Le norme tecniche assicurano la semplificazione delle procedure di valutazione. In particolare,
assicurano che la valutazione ambientale strategica e la valutazione d’impatto ambientale si riferiscano al
livello strategico pertinente analizzando la coerenza ed il contributo di piani, programmi e progetti alla
realizzazione degli obiettivi e delle azioni di livello superiore. Il processo di valutazione nella sua interezza
deve anche assicurare che piani, programmi e progetti riducano il flusso di materia ed energia che
attraversa il sistema economico e la connessa produzione di rifiuti. - Il sistema di monitoraggio, effettuato anche avvalendosi delle Agenzie ambientali e dell’Istituto superiore
per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), garantisce la raccolta dei dati concernenti gli indicatori
strutturali comunitari o altri appositamente scelti dall’autorità competenti. - Salvo quanto disposto dai commi 9-bis e 9-ter le modifiche agli allegati alla parte seconda del presente
decreto sono apportate con regolamenti da emanarsi, previo parere della Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23
agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del
mare.
9-bis. L’elenco riportato nell’allegato IX, ove necessario, è modificato con decreto del Ministro dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e del
lavoro, della salute e delle politiche sociali, d’intesa con la Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Con le stesse modalità, possono essere introdotte modifiche all’allegato
XII, anche per assicurare il coordinamento tra le procedure di rilascio dell’autorizzazione integrata
ambientale e quelle in materia di valutazione d’impatto ambientale.
9-ter. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, previa
comunicazione ai Ministri dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali, della salute e delle
politiche agricole, alimentari e forestali, si provvede al recepimento di direttive tecniche di modifica degli
allegati VIII, X e XI e XII emanate dalla Commissione europea. - Disposizioni transitorie e finali
(articolo così modificato dall’art. 2, comma 30, d.lgs. n. 128 del 2010) - Le regioni ove necessario adeguano il proprio ordinamento alle disposizioni del presente decreto, entro
dodici mesi dall’entrata in vigore. In mancanza di norme vigenti regionali trovano diretta applicazione le
norme di cui al presente decreto. - Trascorso il termine di cui al comma 1, trovano diretta applicazione le disposizioni del presente decreto,
ovvero le disposizioni regionali vigenti in quanto compatibili.
2-bis. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono alle finalità del
presente decreto ai sensi dei relativi statuti.
2-ter. Le procedure di VAS, VIA ed AIA avviate precedentemente all’entrata in vigore del presente decreto
sono concluse ai sensi delle norme vigenti al momento dell’avvio del procedimento.
2-quater. Fino alla data di invio della comunicazione di cui all’articolo 29-decies, comma 1, relativa alla
prima autorizzazione integrata ambientale rilasciata all’installazione, le installazioni esistenti per le quali sia
stata presentata nei termini previsti la relativa domanda, possono proseguire la propria attività, nel rispetto
della normativa vigente e delle prescrizioni stabilite nelle autorizzazioni ambientali di settore rilasciate per
l’esercizio e per le modifiche non sostanziali delle installazioni medesime; tali autorizzazioni restano valide
ed efficaci fino alla data di cui all’articolo 29-quater, comma 12, specificata nell’autorizzazione integrata
ambientale, ovvero fino alla conclusione del procedimento, ove esso non porti al rilascio dell’autorizzazione
integrata ambientale.
2-quinquies. Nei casi di cui al comma 2-quater non si applica la sanzione di cui di cui all’articolo 29-
quattuordecies, comma 1.
(abrogato dall’art. 34, comma 1, d.lgs. n. 46 del 2014)
2-sexies. Le amministrazioni statali, gli enti territoriali e locali, gli enti pubblici, ivi compresi le università e
gli istituti di ricerca, le società per azioni a prevalente partecipazione pubblica, comunicano alle autorità
competenti un elenco dei piani e un riepilogo dei dati storici e conoscitivi del territorio e dell’ambiente in
loro possesso, utili ai fini delle istruttorie per il rilascio di autorizzazioni integrate ambientali, segnalando
quelli riservati e rendono disponibili tali dati alle stesse autorità competenti in forma riproducibile e senza
altri oneri oltre quelli di copia, anche attraverso le procedure e gli standard di cui all’articolo 6-quater del
decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365.
I dati relativi agli impianti di competenza statale sono comunicati, per il tramite dell’Istituto Superiore per la
Protezione e la Ricerca Ambientale, nell’ambito dei compiti istituzionali allo stesso demandati.
2-septies. L’autorità competente rende accessibili ai gestori i dati storici e conoscitivi del territorio e
dell’ambiente in proprio possesso, di interesse ai fini dell’applicazione del presente decreto, ove non ritenuti
riservati, ed in particolare quelli di cui al comma 2-sexies, anche attraverso le procedure e gli standard di
cui all’articolo 6-quater del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge
11 dicembre 2000, n. 365. A tale fine l’autorità competente può avvalersi dell’Istituto superiore per la
Protezione e la Ricerca ambientale, nell’ambito dei compiti istituzionali allo stesso demandati.
2-octies. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, della salute e d’intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinate le modalità
di autorizzazione nel caso in cui più impianti o parti di essi siano localizzati sullo stesso sito, gestiti dal
medesimo gestore, e soggetti ad autorizzazione integrata ambientale da rilasciare da più di una autorità
competente.
2-nonies. Il rilascio dell’autorizzazione di cui al presente decreto non esime i gestori dalla responsabilità in
relazione alle eventuali sanzioni per il mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di
cui al decreto legislativo 4 luglio 2006, n. 216 e successive modifiche ed integrazion - Abrogazioni e modifiche
- Gli articoli da 4 a 52 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogati.
- Gli allegati da I a V della Parte II del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono sostituiti dagli
allegati al presente decreto. - Fatto salvo quanto previsto dal successivo comma 4, a decorrere dalla data di entrata in vigore della
parte seconda del presente decreto sono inoltre abrogati:
a) l’articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349;
b) l’articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67;
c) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377;
d) l’articolo 7 della legge 2 maggio 1990, n. 102;
e) il comma 2, dell’articolo 4, ed il comma 2, dell’articolo 5, della legge 4 agosto 1990, n.
240;
f) il comma 2, dell’articolo 1, della legge 29 novembre 1990, n. 366;
g) l’articolo 3 della legge 29 novembre 1990, n. 380;
h) l’articolo 2 della legge 9 gennaio 1991, n. 9;
i) il d.P.R. 5 ottobre 1991, n. 460;
l) l’articolo 3 della legge 30 dicembre 1991, n. 412;
m) articolo 6 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 100;
n) articolo 1 della legge 28 febbraio 1992, n. 220;
o) il d.P.R. 27 aprile 1992;
p) il comma 6, dell’articolo 17, della legge 5 gennaio 1994, n. 36;
q) il d.P.R. 18 aprile 1994, n. 526;
r) il comma 1, dell’articolo 2-bis, della legge 31 maggio 1995, n. 206 (decreto-legge 29 marzo
1995, n. 96);
s) il d.P.R. 12 aprile 1996 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996;
t) il d.P.R. 11 febbraio 1998;
u) il d.P.R. 3 luglio 1998;
v) la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 agosto 1999;
z) il d.P.R. 2 settembre 1999, n. 348;
aa) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 settembre 1999, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 1999, n. 302;
bb) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° settembre 2000, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 238 dell’11 ottobre 2000;
cc) l’articolo 6 della legge 23 marzo 2001, n. 93;
dd) l’articolo 77, commi 1 e 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289;
ee) gli articoli 1 e 2 del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 315, convertito, con
modificazioni, dalla legge 16 gennaio 2004, n. 5;
ff) l’articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59;
gg) l’articolo 30 della legge 18 aprile 2005, n. 62. - (abrogato dall’art. 34, comma 1, d.lgs. n. 46 del 2014)
- Sono fatte salve le disposizioni contenute nel presente articolo, nel caso in cui dalla loro abrogazione o
modifica derivino effetti diretti o indiretti a carico della finanza pubblica.
da 37. a 52. (abrogati dal d.lgs. n. 4 del 2008)
Parte terza – Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle
acque dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche
Sezione I – Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione
Titolo I – Principi generali e competenze
Capo I – Principi generali - Finalità.
- Le disposizioni di cui alla presente sezione sono volte ad assicurare la tutela ed il risanamento del suolo
e del sottosuolo, il risanamento idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto,
la messa in sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alla desertificazione. - Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, la pubblica amministrazione svolge ogni opportuna
azione di carattere conoscitivo, di programmazione e pianificazione degli interventi, nonché preordinata alla
loro esecuzione, in conformità alle disposizioni che seguono. - Alla realizzazione delle attività previste al comma 1 concorrono, secondo le rispettive competenze, lo
Stato, le regioni a statuto speciale ed ordinario, le province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i
comuni e le comunità montane e i consorzi di bonifica e di irrigazione. - Definizioni
- Ai fini della presente sezione si intende per:
a) (abrogata dall’art. 34, comma 1, d.lgs. n. 46 del 2014)
b) acque: le acque meteoriche e le acque superficiali e sotterranee come di seguito
specificate;
c) acque superficiali: le acque interne, ad eccezione delle sole acque sotterranee, le acque di
transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al
quale sono incluse anche le acque territoriali;
d) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano sotto la superficie del suolo nella zona di
saturazione e a contatto diretto con il suolo o il sottosuolo;
e) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti e tutte le acque sotterranee
all’interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque
territoriali;
f) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie, ma che può essere
parzialmente sotterraneo;
g) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;
h) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono
parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma
sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce;
i) acque costiere: le acque superficiali situate all’interno rispetto a una retta immaginaria
distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea
di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali, e che si
estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;
l) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un
lago, un bacino artificiale, un torrente, un fiume o canale, parte di un torrente, fiume o
canale, nonché di acque di transizione o un tratto di acque costiere;
m) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un’attività umana;
n) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di
alterazioni fisiche dovute a un’attività umana, è sostanzialmente modificata;
o) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più
falde acquifere;
p) falda acquifera: uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di porosità e
permeabilità sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o
l’estrazione di quantità significative di acque sotterranee;
q) reticolo idrografico: l’insieme degli elementi che costituiscono il sistema drenante alveato
del bacino idrografico;
r) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una
serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce, a
estuario o delta;
s) sottobacino o sub-bacino: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali
attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare in un punto
specifico di un corso d’acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;
t) distretto idrografico: area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici
limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce la principale unità per la
gestione dei bacini idrografici;
u) difesa del suolo: il complesso delle azioni ed attività riferibili alla tutela e salvaguardia del
territorio, dei fiumi, dei canali e collettori, degli specchi lacuali, delle lagune, della fascia
costiera, delle acque sotterranee, nonché del territorio a questi connessi, aventi le finalità di
ridurre il rischio idraulico, stabilizzare i fenomeni di dissesto geologico, ottimizzare l’uso e la
gestione del patrimonio idrico, valorizzare le caratteristiche ambientali e paesaggistiche
collegate;
v) dissesto idrogeologico: la condizione che caratterizza aree ove processi naturali o antropici,
relativi alla dinamica dei corpi idrici, del suolo o dei versanti, determinano condizioni di rischio
sul territorio;
z) opera idraulica: l’insieme degli elementi che costituiscono il sistema drenante alveato del
bacino idrografico;
z-bis) Autorità di bacino distrettuale o Autorità di bacino: l’autorità competente ai sensi
dell’articolo 3 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23
ottobre 2000, e dell’articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49;
z-ter) Piano di bacino distrettuale o Piano di bacino: il Piano di distretto.
(lettere z-bis) e z-ter aggiunte dall’art. 51, comma 1, legge n. 221 del 2015) - Attività conoscitiva
- Nell’attività conoscitiva, svolta per le finalità di cui all’articolo 53 e riferita all’intero territorio nazionale, si
intendono comprese le azioni di:
a) raccolta, elaborazione, archiviazione e diffusione dei dati;
b) accertamento, sperimentazione, ricerca e studio degli elementi dell’ambiente fisico e delle
condizioni generali di rischio;
c) formazione ed aggiornamento delle carte tematiche del territorio;
d) valutazione e studio degli effetti conseguenti alla esecuzione dei piani, dei programmi e dei
progetti di opere previsti dalla presente sezione;
e) attuazione di ogni iniziativa a carattere conoscitivo ritenuta necessaria per il
conseguimento delle finalità di cui all’articolo 53. - L’attività conoscitiva di cui al presente articolo è svolta, sulla base delle deliberazioni di cui all’articolo 57,
comma 1, secondo criteri, metodi e standard di raccolta, elaborazione e consultazione, nonché modalità di
coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque operanti nel settore, che garantiscano
la possibilità di omogenea elaborazione ed analisi e la costituzione e gestione, ad opera del Servizio
geologico d’Italia – Dipartimento difesa del suolo dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale (APAT) di cui all’articolo 38 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, di un unico sistema
informativo, cui vanno raccordati i sistemi informativi regionali e quelli delle province autonome. - È fatto obbligo alle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonché alle istituzioni
ed agli enti pubblici, anche economici, che comunque raccolgano dati nel settore della difesa del suolo, di
trasmetterli alla regione territorialmente interessata ed al Servizio geologico d’Italia – Dipartimento difesa
del suolo dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT), secondo le modalità
definite ai sensi del comma 2 del presente articolo. - L’Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI) contribuisce allo svolgimento dell’attività conoscitiva di
cui al presente articolo, in particolare ai fini dell’attuazione delle iniziative di cui al comma 1, lettera e),
nonché ai fini della diffusione dell’informazione ambientale di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 19
agosto 2005, n. 195, di recepimento della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del
28 gennaio 2003, e in attuazione di quanto previsto dall’articolo 1 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e
altresì con riguardo a:
a) inquinamento dell’aria;
b) inquinamento delle acque, riqualificazione fluviale e ciclo idrico integrato;
c) inquinamento acustico, elettromagnetico e luminoso;
d) tutela del territorio;
e) sviluppo sostenibile;
f) ciclo integrato dei rifiuti;
g) energie da fonti energetiche rinnovabili;
h) parchi e aree protette. - L’ANCI provvede all’esercizio delle attività di cui al comma 4 attraverso la raccolta e l’elaborazione dei
dati necessari al monitoraggio della spesa ambientale sul territorio nazionale in regime di convenzione con
il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Con decreto del Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare sono definiti i criteri e le modalità di esercizio delle suddette attività.
Per lo svolgimento di queste ultime viene destinata, nei limiti delle previsioni di spesa di cui alla
convenzione in essere, una somma non inferiore all’uno e cinquanta per cento dell’ammontare della massa
spendibile annualmente delle spese d’investimento previste per il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare. Per l’esercizio finanziario 2006, all’onere di cui sopra si provvede a valere sul fondo da
ripartire per la difesa del suolo e la tutela ambientale. - Attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione
- Le attività di programmazione, di pianificazione e di attuazione degli interventi destinati a realizzare le
finalità di cui all’articolo 53 riguardano, ferme restando le competenze e le attività istituzionali proprie del
Servizio nazionale di protezione civile, in particolare:
a) la sistemazione, la conservazione ed il recupero del suolo nei bacini idrografici, con
interventi idrogeologici, idraulici, idraulico-forestali, idraulico-agrari, silvo-pastorali, di
forestazione e di bonifica, anche attraverso processi di recupero naturalistico, botanico e
faunistico;
b) la difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d’acqua, dei rami terminali dei fiumi e
delle loro foci nel mare, nonché delle zone umide;
c) la moderazione delle piene, anche mediante serbatoi di invaso, vasche di laminazione,
casse di espansione, scaricatori, scolmatori, diversivi o altro, per la difesa dalle inondazioni e
dagli allagamenti;
d) la disciplina delle attività estrattive nei corsi d’acqua, nei laghi, nelle lagune ed in mare, al
fine di prevenire il dissesto del territorio, inclusi erosione ed abbassamento degli alvei e delle
coste;
e) la difesa e il consolidamento dei versanti e delle aree instabili, nonché la difesa degli abitati
e delle infrastrutture contro i movimenti franosi, le valanghe e altri fenomeni di dissesto;
f) il contenimento dei fenomeni di subsidenza dei suoli e di risalita delle acque marine lungo i
fiumi e nelle falde idriche, anche mediante operazioni di ristabilimento delle preesistenti
condizioni di equilibrio e delle falde sotterranee;
g) la protezione delle coste e degli abitati dall’invasione e dall’erosione delle acque marine ed
il rifacimento degli arenili, anche mediante opere di ricostituzione dei cordoni dunosi;
h) la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e profonde, con una efficiente rete
idraulica, irrigua ed idrica, garantendo, comunque, che l’insieme delle derivazioni non
pregiudichi il minimo deflusso vitale negli alvei sottesi nonché la polizia delle acque;
i) lo svolgimento funzionale dei servizi di polizia idraulica, di navigazione interna, nonché della
gestione dei relativi impianti;
l) la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere e degli impianti nel settore e la
conservazione dei beni;
m) la regolamentazione dei territori interessati dagli interventi di cui alle lettere precedenti ai
fini della loro tutela ambientale, anche mediante la determinazione di criteri per la
salvaguardia e la conservazione delle aree demaniali e la costituzione di parchi fluviali e
lacuali e di aree protette;
n) il riordino del vincolo idrogeologico. - Le attività di cui al comma 1 sono svolte secondo criteri, metodi e standard, nonché modalità di
coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque competenti, preordinati, tra l’altro, a
garantire omogeneità di:
a) condizioni di salvaguardia della vita umana e del territorio, ivi compresi gli abitati ed i beni;
b) modalità di utilizzazione delle risorse e dei beni, e di gestione dei servizi connessi.
Capo II – Competenze - Presidente del Consiglio dei Ministri, Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore
della difesa del suolo - Il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, approva con
proprio decreto:
a) su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare:
1) le deliberazioni concernenti i metodi ed i criteri, anche tecnici, per lo
svolgimento delle attività di cui agli articoli 55 e 56, nonché per la verifica ed il
controllo dei piani di bacino e dei programmi di intervento;
2) i piani di bacino, sentita la Conferenza Stato-regioni;
3) gli atti volti a provvedere in via sostitutiva, previa diffida, in caso di
persistente inattività dei soggetti ai quali sono demandate le funzioni previste
dalla presente sezione;
4) ogni altro atto di indirizzo e coordinamento nel settore disciplinato dalla
presente sezione;
b) su proposta del Comitato dei Ministri di cui al comma 2, il programma nazionale di
intervento.
(lettera dichiarata parzialmente incostituzionale da Corte costituzionale n. 232 del 2009, nella
parte in cui non prevede che sia sentita preventivamente la Conferenza unificata) - Il Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo opera presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri. Il Comitato presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, è composto da quest’ultimo e dai Ministri
delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive, delle politiche agricole e forestali, per gli affari
regionali e per i beni e le attività culturali, nonché dal delegato del Presidente del Consiglio dei Ministri in
materia di protezione civile. - Il Comitato dei Ministri ha funzioni di alta vigilanza ed adotta gli atti di indirizzo e di coordinamento delle
attività. Propone al Presidente del Consiglio dei Ministri lo schema di programma nazionale di intervento,
che coordina con quelli delle regioni e degli altri enti pubblici a carattere nazionale, verificandone
l’attuazione. - Al fine di assicurare il necessario coordinamento tra le diverse amministrazioni interessate, il Comitato
dei Ministri propone gli indirizzi delle politiche settoriali direttamente o indirettamente connesse con gli
obiettivi e i contenuti della pianificazione di distretto e ne verifica la coerenza nella fase di approvazione dei
relativi atti. - Per lo svolgimento delle funzioni di segreteria tecnica, il Comitato dei Ministri si avvale delle strutture
delle Amministrazioni statali competenti. - I princìpi degli atti di indirizzo e coordinamento di cui al presente articolo sono definiti sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano. - Competenze del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
- Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita le funzioni e i compiti spettanti
allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente sezione, ferme restando le competenze istituzionali del
Servizio nazionale di protezione civile. - In particolare, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare:
a) formula proposte, sentita la Conferenza Stato-regioni, ai fini dell’adozione, ai sensi
dell’articolo 57, degli indirizzi e dei criteri per lo svolgimento del servizio di polizia idraulica, di
navigazione interna e per la realizzazione, gestione e manutenzione delle opere e degli
impianti e la conservazione dei beni;
b) predispone la relazione sull’uso del suolo e sulle condizioni dell’assetto idrogeologico, da
allegare alla relazione sullo stato dell’ambiente di cui all’articolo 1, comma 6, della legge 8
luglio 1986, n. 349, nonché la relazione sullo stato di attuazione dei programmi triennali di
intervento per la difesa del suolo, di cui all’articolo 69, da allegare alla relazione previsionale e
programmatica. La relazione sull’uso del suolo e sulle condizioni dell’assetto idrogeologico e la
relazione sullo stato dell’ambiente sono redatte avvalendosi del Servizio geologico d’Italia –
Dipartimento difesa del suolo dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale
(APAT);
c) opera, ai sensi dell’articolo 2, commi 5 e 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, per assicurare
il coordinamento, ad ogni livello di pianificazione, delle funzioni di difesa del suolo con gli
interventi per la tutela e l’utilizzazione delle acque e per la tutela dell’ambiente. - Ai fini di cui al comma 2, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare svolge le
seguenti funzioni:
a) programmazione, finanziamento e controllo degli interventi in materia di difesa del suolo;
(lettera dichiarata parzialmente incostituzionale da Corte costituzionale n. 232 del 2009, nella
parte in cui non prevede che sia sentita preventivamente la Conferenza unificata)
b) previsione, prevenzione e difesa del suolo da frane, alluvioni e altri fenomeni di dissesto
idrogeologico, nel medio e nel lungo termine al fine di garantire condizioni ambientali
permanenti ed omogenee, ferme restando le competenze del Dipartimento della protezione
civile in merito agli interventi di somma urgenza;
c) indirizzo e coordinamento dell’attività dei rappresentanti del Ministero in seno alle Autorità
di bacino distrettuale di cui all’articolo 63;
d) identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale con riferimento
ai valori naturali e ambientali e alla difesa del suolo, nonché con riguardo all’impatto
ambientale dell’articolazione territoriale delle reti infrastrutturali, delle opere di competenza
statale e delle trasformazioni territoriali;
(lettera dichiarata parzialmente incostituzionale da Corte costituzionale n. 232 del 2009, nella
parte in cui non prevede che sia sentita preventivamente la Conferenza unificata)
e) determinazione di criteri, metodi e standard di raccolta, elaborazione, da parte del Servizio
geologico d’Italia – Dipartimento difesa del suolo dell’Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale (APAT), e di consultazione dei dati, definizione di modalità di
coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici operanti nel settore, nonché
definizione degli indirizzi per l’accertamento e lo studio degli elementi dell’ambiente fisico e
delle condizioni generali di rischio;
f) valutazione degli effetti conseguenti all’esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti
su scala nazionale di opere nel settore della difesa del suolo;
g) coordinamento dei sistemi cartografici. - Competenze della conferenza Stato-regioni
- La Conferenza Stato-regioni formula pareri, proposte ed osservazioni, anche ai fini dell’esercizio delle
funzioni di indirizzo e coordinamento di cui all’articolo 57, in ordine alle attività ed alle finalità di cui alla
presente sezione, ed ogni qualvolta ne è richiesta dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare. In particolare:
a) formula proposte per l’adozione degli indirizzi, dei metodi e dei criteri di cui al predetto
articolo 57;
b) formula proposte per il costante adeguamento scientifico ed organizzativo del Servizio
geologico d’Italia – Dipartimento difesa del suolo dell’Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale (APAT) e per il suo coordinamento con i servizi, gli istituti, gli uffici e gli
enti pubblici e privati che svolgono attività di rilevazione, studio e ricerca in materie
riguardanti, direttamente o indirettamente, il settore della difesa del suolo;
c) formula osservazioni sui piani di bacino, ai fini della loro conformità agli indirizzi e ai criteri
di cui all’articolo 57;
d) esprime pareri sulla ripartizione degli stanziamenti autorizzati da ciascun programma
triennale tra i soggetti preposti all’attuazione delle opere e degli interventi individuati dai piani
di bacino;
e) esprime pareri sui programmi di intervento di competenza statale. - Competenze dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – APAT
- Ferme restando le competenze e le attività istituzionali proprie del Servizio nazionale di protezione civile,
l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT) esercita, mediante il Servizio geologico
d’Italia-Dipartimento difesa del suolo, le seguenti funzioni:
a) svolgere l’attività conoscitiva, qual’è definita all’articolo 55;
b) realizzare il sistema informativo unico e la rete nazionale integrati di rilevamento e
sorveglianza;
c) fornire, a chiunque ne formuli richiesta, dati, pareri e consulenze, secondo un tariffario
fissato ogni biennio con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze. Le tariffe sono stabilite in base al principio della partecipazione
al costo delle prestazioni da parte di chi ne usufruisca. - Competenze delle regioni
- Le regioni, ferme restando le attività da queste svolte nell’ambito delle competenze del Servizio
nazionale di protezione civile, ove occorra d’intesa tra loro, esercitano le funzioni e i compiti ad esse
spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni
statali, ed in particolare:
a) collaborano nel rilevamento e nell’elaborazione dei piani di bacino dei distretti idrografici
secondo le direttive assunte dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all’articolo 63,
comma 4, ed adottano gli atti di competenza;
b) formulano proposte per la formazione dei programmi e per la redazione di studi e di
progetti relativi ai distretti idrografici;
c) provvedono alla elaborazione, adozione, approvazione ed attuazione dei piani di tutela di
cui all’articolo 121;
d) per la parte di propria competenza, dispongono la redazione e provvedono
all’approvazione e all’esecuzione dei progetti, degli interventi e delle opere da realizzare nei
distretti idrografici, istituendo, ove occorra, gestioni comuni;
e) provvedono, per la parte di propria competenza, all’organizzazione e al funzionamento del
servizio di polizia idraulica ed a quelli per la gestione e la manutenzione delle opere e degli
impianti e la conservazione dei beni;
f) provvedono all’organizzazione e al funzionamento della navigazione interna, ferme
restando le residue competenze spettanti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
g) predispongono annualmente la relazione sull’uso del suolo e sulle condizioni dell’assetto
idrogeologico del territorio di competenza e sullo stato di attuazione del programma triennale
in corso e la trasmettono al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare entro
il mese di dicembre;
h) assumono ogni altra iniziativa ritenuta necessaria in materia di conservazione e difesa del
territorio, del suolo e del sottosuolo e di tutela ed uso delle acque nei bacini idrografici di
competenza ed esercitano ogni altra funzione prevista dalla presente sezione. - Il Registro italiano dighe (RID) provvede in via esclusiva, anche nelle zone sismiche, alla identificazione
e al controllo dei progetti delle opere di sbarramento, delle dighe di ritenuta o traverse che superano 15
metri di altezza o che determinano un volume di invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi. Restano di
competenza del Ministero delle attività produttive tutte le opere di sbarramento che determinano invasi
adibiti esclusivamente a deposito o decantazione o lavaggio di residui industriali. - Rientrano nella competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano le attribuzioni
di cui al d.P.R. 1° novembre 1959, n. 1363, per gli sbarramenti che non superano i 15 metri di altezza e
che determinano un invaso non superiore a 1.000.000 di metri cubi. Per tali sbarramenti, ove posti al
servizio di grandi derivazioni di acqua di competenza statale, restano ferme le attribuzioni del Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti. Il Registro italiano dighe (RID) fornisce alle regioni il supporto tecnico
richiesto. - Resta di competenza statale la normativa tecnica relativa alla progettazione e costruzione delle dighe di
sbarramento di qualsiasi altezza e capacità di invaso. - Le funzioni relative al vincolo idrogeologico di cui al regio decreto-legge 30 dicembre 1923, n. 3267,
sono interamente esercitate dalle regioni. - Restano ferme tutte le altre funzioni amministrative già trasferite o delegate alle regioni.
- Competenze degli enti locali e di altri soggetti
- I comuni, le province, i loro consorzi o associazioni, le comunità montane, i consorzi di bonifica e di
irrigazione, i consorzi di bacino imbrifero montano e gli altri enti pubblici e di diritto pubblico con sede nel
distretto idrografico partecipano all’esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del suolo nei modi
e nelle forme stabilite dalle regioni singolarmente o d’intesa tra loro, nell’ambito delle competenze del
sistema delle autonomie locali. - Gli enti di cui al comma 1 possono avvalersi, sulla base di apposite convenzioni, del Servizio geologico
d’Italia – Dipartimento difesa del suolo dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale
(APAT) e sono tenuti a collaborare con la stessa. - Autorità di bacino distrettuale
(articolo così sostituito dall’art. 51, comma 2, legge n. 221 del 2015) - In ciascun distretto idrografico di cui all’articolo 64 è istituita l’Autorità di bacino distrettuale, di seguito
denominata “Autorità di bacino”, ente pubblico non economico che opera in conformità agli obiettivi della
presente sezione e uniforma la propria attività a criteri di efficienza, efficacia, economicità e pubblicità. - Nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza nonché di efficienza e riduzione
della spesa, nei distretti idrografici il cui territorio coincide con il territorio regionale, le regioni, al fine di
adeguare il proprio ordinamento ai princìpi del presente decreto, istituiscono l’Autorità di bacino
distrettuale, che esercita i compiti e le funzioni previsti nel presente articolo; alla medesima Autorità di
bacino distrettuale sono altresì attribuite le competenze delle regioni di cui alla presente parte. Il Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche avvalendosi dell’ISPRA, assume le funzioni di
indirizzo dell’Autorità di bacino distrettuale e di coordinamento con le altre Autorità di bacino distrettuali. - Sono organi dell’Autorità di bacino: la conferenza istituzionale permanente, il segretario generale, la
conferenza operativa, la segreteria tecnica operativa e il collegio dei revisori dei conti, quest’ultimo in
conformità alle previsioni della normativa vigente. Agli oneri connessi al funzionamento degli organi
dell’Autorità di bacino si provvede con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, nel rispetto dei
princìpi di differenziazione delle funzioni, di adeguatezza delle risorse per l’espletamento delle stesse e di
sussidiarietà. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con
il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica
amministrazione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinati l’attribuzione e il trasferimento alle Autorità di bacino di
cui al comma 1 del presente articolo del personale e delle risorse strumentali, ivi comprese le sedi, e
finanziarie delle Autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, salvaguardando l’attuale
organizzazione e i livelli occupazionali, previa consultazione delle organizzazioni sindacali, senza oneri
aggiuntivi a carico della finanza pubblica e nell’ambito dei contingenti numerici da ultimo determinati dai
provvedimenti attuativi delle disposizioni di cui all’articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni. Al fi ne di
garantire un più efficiente esercizio delle funzioni delle Autorità di bacino di cui al comma 1 del presente
articolo, il decreto di cui al periodo precedente può prevederne un’articolazione territoriale a livello
regionale, utilizzando le strutture delle soppresse Autorità di bacino regionali e interregionali. - Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 3, con uno o più decreti
del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare, d’intesa con le regioni e le province autonome il cui territorio è interessato dal distretto
idrografico, sono individuate le unità di personale trasferite alle Autorità di bacino e sono determinate le
dotazioni organiche delle medesime Autorità. I dipendenti trasferiti mantengono l’inquadramento
previdenziale di provenienza e il trattamento economico fondamentale e accessorio, limitatamente alle voci
fisse e continuative, corrisposto al momento dell’inquadramento; nel caso in cui tale trattamento risulti più
elevato rispetto a quello previsto per il personale dell’ente incorporante, è attribuito, per la differenza, un
assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti.
Con il decreto di cui al primo periodo sono, altresì, individuate e trasferite le inerenti risorse strumentali e
finanziarie. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le
occorrenti variazioni di bilancio. - Gli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione delle Autorità di bacino di cui al comma 1 sono
adottati in sede di conferenza istituzionale permanente, convocata, anche su proposta delle
amministrazioni partecipanti o del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal
segretario generale, che vi partecipa senza diritto di voto. Alla conferenza istituzionale permanente
partecipano i Presidenti delle regioni e delle province autonome il cui territorio è interessato dal distretto
idrografico o gli assessori dai medesimi delegati, nonché il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio
e del mare e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, o i Sottosegretari di Stato dagli stessi delegati, il
Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri e, nei casi in cui
siano coinvolti i rispettivi ambiti di competenza, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e il
Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, o i Sottosegretari di Stato dagli stessi delegati.
Possono essere invitati, in funzione consultiva, due rappresentanti delle organizzazioni agricole
maggiormente rappresentative a livello nazionale e un rappresentante dell’ANBI-Associazione nazionale
consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, per i problemi legati alla difesa del suolo e alla
gestione delle acque irrigue. Per la partecipazione alla conferenza sono esclusi emolumenti, compensi,
gettoni di presenza o rimborsi comunque denominati. La conferenza istituzionale permanente è
validamente costituita con la presenza di almeno tre membri, tra i quali necessariamente il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, e delibera a maggioranza dei presenti. Le delibere
della conferenza istituzionale permanente sono approvate dal Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, fatta salva la procedura di adozione e approvazione dei Piani di bacino. Gli atti di
pianificazione tengono conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente. - La conferenza istituzionale permanente:
a) adotta criteri e metodi per l’elaborazione del Piano di bacino in conformità agli indirizzi e ai
criteri di cui all’articolo 57;
b) individua tempi e modalità per l’adozione del Piano di bacino, che può articolarsi in piani
riferiti a sottobacini o sub-distretti;
c) determina quali componenti del Piano di bacino costituiscono interesse esclusivo delle
singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a più regioni;
d) adotta i provvedimenti necessari per garantire comunque l’elaborazione del Piano di
bacino;
e) adotta il Piano di bacino e i suoi stralci;
f) controlla l’attuazione dei programmi di intervento sulla base delle relazioni regionali sui
progressi realizzati nell’attuazione degli interventi stessi e, in caso di grave ritardo
nell’esecuzione di interventi non di competenza statale rispetto ai tempi fissati nel
programma, diffida l’amministrazione inadempiente, fissando il termine massimo per l’inizio
dei lavori. Decorso infruttuosamente tale termine, all’adozione delle misure necessarie ad
assicurare l’avvio dei lavori provvede, in via sostitutiva, il Presidente della regione interessata
che, a tal fi ne, può avvalersi degli organi decentrati e periferici del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti;
g) delibera, nel rispetto dei princìpi di differenziazione delle funzioni, di adeguatezza delle
risorse per l’espletamento delle funzioni stesse e di sussidiarietà, lo statuto dell’Autorità di
bacino in relazione alle specifiche condizioni ed esigenze rappresentate dalle amministrazioni
interessate, nonché i bilanci preventivi, i conti consuntivi e le variazioni di bilancio, il
regolamento di amministrazione e contabilità, la pianta organica, il piano del fabbisogno del
personale e gli atti regolamentari generali, trasmettendoli per l’approvazione al Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministro dell’economia e delle
finanze. Lo statuto è approvato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. - Il segretario generale è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Il segretario generale, la cui carica ha durata quinquennale:
a) provvede agli adempimenti necessari al funzionamento dell’Autorità di bacino;
b) cura l’istruttoria degli atti di competenza della conferenza istituzionale permanente, cui
formula proposte;
c) promuove la collaborazione tra le amministrazioni statali, regionali e locali, ai fini del
coordinamento delle rispettive attività;
d) cura l’attuazione delle direttive della conferenza operativa;
e) riferisce semestralmente alla conferenza istituzionale permanente sullo stato di attuazione
del Piano di bacino;
f) cura la raccolta dei dati relativi agli interventi programmati e attuati nonché alle risorse
stanziate per le finalità del Piano di bacino da parte dello Stato, delle regioni e degli enti locali
e comunque agli interventi da attuare nell’ambito del distretto, qualora abbiano attinenza con
le finalità del Piano medesimo, rendendoli accessibili alla libera consultazione nel sito internet
dell’Autorità. - La conferenza operativa è composta dai rappresentanti delle amministrazioni presenti nella conferenza
istituzionale permanente; è convocata dal segretario generale che la presiede. Possono essere invitati, in
funzione consultiva, due rappresentanti delle organizzazioni agricole maggiormente rappresentative a
livello nazionale e un rappresentante dell’ANBI-Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del
territorio e acque irrigue, per i problemi legati alla difesa del suolo e alla gestione delle acque irrigue. Per la
partecipazione alla conferenza sono esclusi emolumenti, compensi, gettoni di presenza o rimborsi
comunque denominati. La conferenza operativa delibera a maggioranza dei tre quinti dei presenti e può
essere integrata, per le attività istruttorie, da esperti appartenenti a enti, istituti e società pubbliche,
designati dalla conferenza istituzionale permanente e nominati con decreto del Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare, senza diritto di voto e senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica e
nel rispetto del principio di invarianza della spesa. La conferenza operativa esprime parere sugli atti di cui
al comma 10, lettera a), ed emana direttive, anche tecniche qualora pertinenti, per lo svolgimento delle
attività di cui al comma 10, lettera b). - Le Autorità di bacino provvedono, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente:
a) a elaborare il Piano di bacino distrettuale e i relativi stralci, tra cui il piano di gestione del
bacino idrografico, previsto dall’articolo 13 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo
e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, e successive modificazioni, e il piano di gestione del
rischio di alluvioni, previsto dall’articolo 7 della direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo
e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, nonché i programmi di intervento;
b) a esprimere parere sulla coerenza con gli obiettivi del Piano di bacino dei piani e
programmi dell’Unione europea, nazionali, regionali e locali relativi alla difesa del suolo, alla
lotta alla desertificazione, alla tutela delle acque e alla gestione delle risorse idriche. - Fatte salve le discipline adottate dalle regioni ai sensi dell’articolo 62 del presente decreto, le Autorità di
bacino coordinano e sovrintendono le attività e le funzioni di titolarità dei consorzi di bonifica integrale di
cui al regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, nonché del Consorzio del Ticino – Ente autonomo per la
costruzione, manutenzione ed esercizio dell’opera regolatrice del Lago Maggiore, del Consorzio dell’Oglio –
Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell’opera regolatrice del Lago d’Iseo e del
Consorzio dell’Adda – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell’opera regolatrice
del Lago di Como, con particolare riguardo all’esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche
e di bonifica, alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque, anche al
fine della loro utilizzazione irrigua, alla rinaturalizzazione dei corsi d’acqua e alla fitodepurazione.
Titolo II – I distretti idrografici, gli strumenti, gli interventi
Capo I – Distretti idrografici - Distretti idrografici
- L’intero territorio nazionale, ivi comprese le isole minori, è ripartito nei seguenti distretti idrografici:
a) distretto idrografico delle Alpi orientali, con superficie di circa 39.385 Kmq, comprendente i
seguenti bacini idrografici:
1) Adige, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
2) Alto Adriatico, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
3) Lemene, Fissare Tartaro Canalbianco, già bacini interregionali ai sensi della
legge n. 183 del 1989;
4) bacini del Friuli-Venezia Giulia e del Veneto, già bacini regionali ai sensi della
legge n. 183 del 1989;
b) distretto idrografico Padano, con superficie di circa 74.115 Kmq, comprendente il bacino
del Po, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
c) distretto idrografico dell’Appennino settentrionale, con superficie di circa 39.000 Kmq,
comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Arno, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
2) Magra, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
3) Fiora, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
4) Conca Marecchia, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del
1989;
5) Reno, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
6) bacini della Liguria, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
7) bacini della Toscana, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
8) fiumi Uniti, Montone, Ronco, Savio, Rubicone e Uso, già bacini regionali ai
sensi della legge n. 183 del 1989;
9) Foglia, Arzilla, Metauro, Cesano, Misa, Esino, Musone altri bacini minori, già
bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
10) Lamone, già bacino regionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
11) bacini minori afferenti alla costa Romagnola, già bacini regionali ai sensi
della legge n. 183 del 1989;
d) distretto idrografico pilota del Serchio, con superficie di circa 1.600 Kmq, comprendente il
bacino idrografico del Serchio;
e) distretto idrografico dell’Appennino centrale, con superficie di circa 35.800 Kmq,
comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Tevere, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
2) Tronto, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
3) Sele, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
4) bacini dell’Abruzzo, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
5) bacini del Lazio, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
6) Potenza, Chienti, Tenna, Ete, Aso, Menocchia, Tesino e bacini minori delle
Marche, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
f) distretto idrografico dell’Appennino meridionale, con superficie di circa 68.200 Kmq,
comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Liri-Garigliano, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
2) Volturno, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
3) Scic, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
4) Sinni e Noce, già bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
5) Bradano, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
6) Saccione, Fortore e Biferno, già bacini interregionali ai sensi della legge n.
183 del 1989;
7) Ofanto, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
8) Lao, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
9) Trigno, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
10) bacini della Campania, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del
1989;
11) bacini della Puglia, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
12) bacini della Basilicata, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del
1989;
13) bacini della Calabria, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del
1989;
14) bacini del Molise, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
g) distretto idrografico della Sardegna, con superficie di circa 24.000 Kmq, comprendente i
bacini della Sardegna, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
h) distretto idrografico della Sicilia, con superficie di circa 26.000 Kmq, comprendente i bacini
della Sicilia, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989.
Capo II – Gli strumenti - Valore, finalità e contenuti del piano di bacino distrettuale
- Il Piano di bacino distrettuale, di seguito Piano di bacino, ha valore di piano territoriale di settore ed è lo
strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le
azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo ed alla
corretta utilizzazione della acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio
interessato. - Il Piano di bacino è redatto dall’Autorità di bacino in base agli indirizzi, metodi e criteri fissati ai sensi del
comma 3. Studi ed interventi sono condotti con particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di alta
valle ed ai corsi d’acqua di fondo valle. - Il Piano di bacino, in conformità agli indirizzi, ai metodi e ai criteri stabiliti dalla Conferenza istituzionale
permanente di cui all’articolo 63, comma 4, realizza le finalità indicate all’articolo 56 e, in particolare,
contiene, unitamente agli elementi di cui all’Allegato 4 alla parte terza del presente decreto:
a) il quadro conoscitivo organizzato ed aggiornato del sistema fisico, delle utilizzazioni del
territorio previste dagli strumenti urbanistici comunali ed intercomunali, nonché dei vincoli,
relativi al distretto, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
b) la individuazione e la quantificazione delle situazioni, in atto e potenziali, di degrado del
sistema fisico, nonché delle relative cause;
c) le direttive alle quali devono uniformarsi la difesa del suolo, la sistemazione idrogeologica
ed idraulica e l’utilizzazione delle acque e dei suoli;
d) l’indicazione delle opere necessarie distinte in funzione:
1) dei pericoli di inondazione e della gravità ed estensione del dissesto;
2) dei pericoli di siccità;
3) dei pericoli di frane, smottamenti e simili;
4) del perseguimento degli obiettivi di sviluppo sociale ed economico o di
riequilibrio territoriale nonché del tempo necessario per assicurare l’efficacia
degli interventi;
e) la programmazione e l’utilizzazione delle risorse idriche, agrarie, forestali ed estrattive;
f) la individuazione delle prescrizioni, dei vincoli e delle opere idrauliche, idraulico-agrarie,
idraulico-forestali, di forestazione, di bonifica idraulica, di stabilizzazione e consolidamento dei
terreni e di ogni altra azione o norma d’uso o vincolo finalizzati alla conservazione del suolo
ed alla tutela dell’ambiente;
g) il proseguimento ed il completamento delle opere indicate alla lettera f), qualora siano già
state intraprese con stanziamenti disposti da leggi speciali, da leggi ordinarie, oppure a
seguito dell’approvazione dei relativi atti di programmazione;
h) le opere di protezione, consolidamento e sistemazione dei litorali marini che sottendono il
distretto idrografico;
i) i meccanismi premiali a favore dei proprietari delle zone agricole e boschive che attuano
interventi idonei a prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico;
l) la valutazione preventiva, anche al fine di scegliere tra ipotesi di governo e gestione tra
loro diverse, del rapporto costi-benefici, dell’impatto ambientale e delle risorse finanziarie per
i principali interventi previsti;
m) la normativa e gli interventi rivolti a regolare l’estrazione dei materiali litoidi dal demanio
fluviale, lacuale e marittimo e le relative fasce di rispetto, specificatamente individuate in
funzione del buon regime delle acque e della tutela dell’equilibrio geostatico e geomorfologico
dei terreni e dei litorali;
n) l’indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli e prescrizioni in rapporto alle
specifiche condizioni idrogeologiche, ai fini della conservazione del suolo, della tutela
dell’ambiente e della prevenzione contro presumibili effetti dannosi di interventi antropici;
o) le misure per contrastare i fenomeni di subsidenza e di desertificazione, anche mediante
programmi ed interventi utili a garantire maggiore disponibilità della risorsa idrica ed il riuso
della stessa;
p) il rilievo conoscitivo delle derivazioni in atto con specificazione degli scopi energetici,
idropotabili, irrigui od altri e delle portate;
q) il rilievo delle utilizzazioni diverse per la pesca, la navigazione od altre;
r) il piano delle possibili utilizzazioni future sia per le derivazioni che per altri scopi, distinte
per tipologie d’impiego e secondo le quantità;
s) le priorità degli interventi ed il loro organico sviluppo nel tempo, in relazione alla gravità
del dissesto;
t) l’indicazione delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente. - Le disposizioni del Piano di bacino approvato hanno carattere immediatamente vincolante per le
amministrazioni ed enti pubblici, nonché per i soggetti privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale
efficacia dallo stesso Piano di bacino. In particolare, i piani e programmi di sviluppo socio-economico e di
assetto ed uso del territorio devono essere coordinati, o comunque non in contrasto, con il Piano di bacino
approvato. - Ai fini di cui al comma 4, entro dodici mesi dall’approvazione del Piano di bacino le autorità competenti
provvedono ad adeguare i rispettivi piani territoriali e programmi regionali quali, in particolare, quelli
relativi alle attività agricole, zootecniche ed agroforestali, alla tutela della qualità delle acque, alla gestione
dei rifiuti, alla tutela dei beni ambientali ed alla bonifica. - Fermo il disposto del comma 4, le regioni, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione del Piano di
bacino sui rispettivi Bollettini Ufficiali regionali, emanano ove necessario le disposizioni concernenti
l’attuazione del piano stesso nel settore urbanistico. Decorso tale termine, gli enti territorialmente
interessati dal Piano di bacino sono comunque tenuti a rispettarne le prescrizioni nel settore urbanistico.
Qualora gli enti predetti non provvedano ad adottare i necessari adempimenti relativi ai propri strumenti
urbanistici entro sei mesi dalla data di comunicazione delle predette disposizioni, e comunque entro nove
mesi dalla pubblicazione dell’approvazione del Piano di bacino, all’adeguamento provvedono d’ufficio le
regioni. - In attesa dell’approvazione del Piano di bacino, le Autorità di bacino adottano misure di salvaguardia con
particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d’acqua di fondo valle ed ai
contenuti di cui alle lettere b), e), f), m) ed n) del comma 3. Le misure di salvaguardia sono
immediatamente vincolanti e restano in vigore sino all’approvazione del Piano di bacino e comunque per un
periodo non superiore a tre anni. In caso di mancata attuazione o di inosservanza, da parte delle regioni,
delle province e dei comuni, delle misure di salvaguardia, e qualora da ciò possa derivare un grave danno
al territorio, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa diffida ad adempiere
entro congruo termine da indicarsi nella diffida medesima, adotta con ordinanza cautelare le necessarie
misure provvisorie di salvaguardia, anche con efficacia inibitoria di opere, di lavori o di attività antropiche,
dandone comunicazione preventiva alle amministrazioni competenti. Se la mancata attuazione o
l’inosservanza di cui al presente comma riguarda un ufficio periferico dello Stato, il Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare informa senza indugio il Ministro competente da cui l’ufficio dipende, il
quale assume le misure necessarie per assicurare l’adempimento. Se permane la necessità di un intervento
cautelare per evitare un grave danno al territorio, il Ministro competente, di concerto con il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, adotta l’ordinanza cautelare di cui al presente comma. - I piani di bacino possono essere redatti ed approvati anche per sottobacini o per stralci relativi a settori
funzionali, che, in ogni caso, devono costituire fasi sequenziali e interrelate rispetto ai contenuti di cui al
comma 3. Deve comunque essere garantita la considerazione sistemica del territorio e devono essere
disposte, ai sensi del comma 7, le opportune misure inibitorie e cautelari in relazione agli aspetti non
ancora compiutamente disciplinati. - Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
- Adozione ed approvazione dei piani di bacino
- I piani di bacino, prima della loro approvazione, sono sottoposti a valutazione ambientale strategica
(VAS) in sede statale, secondo la procedura prevista dalla parte seconda del presente decreto. - Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale ai fini di cui al comma 1, è adottato a
maggioranza dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all’articolo 63, comma 4 che, con propria
deliberazione, contestualmente stabilisce:
a) i termini per l’adozione da parte delle regioni dei provvedimenti conseguenti;
b) quali componenti del piano costituiscono interesse esclusivo delle singole regioni e quali
costituiscono interessi comuni a due o più regioni. - Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale di cui ai comma 2, è inviato ai componenti
della Conferenza istituzionale permanente almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza; in
caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica
motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza. - In caso di inerzia in ordine agli adempimenti regionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa diffida ad adempiere
entro un congruo termine e sentita la regione interessata, assume i provvedimenti necessari, ivi compresa
la nomina di un commissario “ad acta”, per garantire comunque lo svolgimento delle procedure e
l’adozione degli atti necessari per la formazione del piano. - Dell’adozione del piano è data notizia secondo le forme e con le modalità previste dalla parte seconda
del presente decreto ai fini dell’esperimento della procedura di valutazione ambientale strategica (VAS) in
sede statale. - Conclusa la procedura di valutazione ambientale strategica (VAS), sulla base del giudizio di compatibilità
ambientale espresso dall’autorità competente, i piani di bacino sono approvati con decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri, con le modalità di cui all’articolo 57, comma 1, lettera a), numero 2), e sono poi
pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e nei Bollettini Ufficiali delle regioni territorialmente competenti. - Le Autorità di bacino promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all’elaborazione, al
riesame e all’aggiornamento dei piani di bacino, provvedendo affinché, per ciascun distretto idrografico,
siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni del pubblico, inclusi gli utenti, concedendo un
periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte, i seguenti documenti:
a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del piano, inclusa una
dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima
dell’inizio del periodo cui il piano si riferisce;
b) una valutazione globale provvisoria dei principali problemi di gestione delle acque,
identificati nel bacino idrografico almeno due anni prima dell’inizio del periodo cui si riferisce il
piano;
c) copie del progetto del piano di bacino, almeno un anno prima dell’inizio del periodo cui il
piano si riferisce. - I piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e le misure di prevenzione per le aree
a rischio - Nelle more dell’approvazione dei piani di bacino, le Autorità di bacino adottano, ai sensi dell’articolo 65,
comma 8, piani stralcio di distretto per l’assetto idrogeologico (PAI), che contengano in particolare
l’individuazione delle aree a rischio idrogeologico, la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di
salvaguardia e la determinazione delle misure medesime. - Le Autorità di bacino, anche in deroga alle procedure di cui all’articolo 66, approvano altresì piani
straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico, redatti anche sulla base
delle proposte delle regioni e degli enti locali. I piani straordinari devono ricomprendere prioritariamente le
aree a rischio idrogeologico per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell’articolo 5
della legge 24 febbraio 1992, n. 225. I piani straordinari contengono in particolare l’individuazione e la
perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l’incolumità delle persone e per la
sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale. Per tali aree sono adottate le misure
di salvaguardia ai sensi dell’articolo 65, comma 7, anche con riferimento ai contenuti di cui al comma 3,
lettera d), del medesimo articolo 65. In caso di inerzia da parte delle Autorità di bacino, il Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta del Comitato dei Ministri, di cui all’articolo 57, comma 2, adotta gli atti
relativi all’individuazione, alla perimetrazione e alla salvaguardia delle predette aree. Qualora le misure di
salvaguardia siano adottate in assenza dei piani stralcio di cui al comma 1, esse rimangono in vigore sino
all’approvazione di detti piani. I piani straordinari approvati possono essere integrati e modificati con le
stesse modalità di cui al presente comma, in particolare con riferimento agli interventi realizzati ai fini della
messa in sicurezza delle aree interessate. - Il Comitato dei Ministri di cui all’articolo 57, comma 2, tenendo conto dei programmi già adottati da
parte delle Autorità di bacino e dei piani straordinari di cui al comma 2 del presente articolo, definisce,
d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, programmi di interventi urgenti, anche attraverso azioni di
manutenzione dei distretti idrografici, per la riduzione del rischio idrogeologico nelle zone in cui la maggiore
vulnerabilità del territorio è connessa con più elevati pericoli per le persone, le cose ed il patrimonio
ambientale, con priorità per le aree ove è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell’articolo 5
della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Per la realizzazione degli interventi possono essere adottate, su
proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle infrastrutture
e dei trasporti, e d’intesa con le regioni interessate, le ordinanze di cui all’articolo 5, comma 2, della legge
24 febbraio 1992, n. 225. - Per l’attività istruttoria relativa agli adempimenti di cui ai commi 1, 2 e 3, i Ministri competenti si
avvalgono, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, del Dipartimento della protezione civile,
nonché della collaborazione del Corpo forestale dello Stato, delle regioni, delle Autorità di bacino, del
Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche del Consiglio nazionale delle ricerche e, per
gli aspetti ambientali, del Servizio geologico d’Italia – Dipartimento difesa del suolo dell’Istituto superiore
per la protezione e la ricerca ambientale (APAT), per quanto di rispettiva competenza. - Entro sei mesi dall’adozione dei provvedimenti di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, gli organi di protezione civile
provvedono a predisporre, per le aree a rischio idrogeologico, con priorità assegnata a quelle in cui la
maggiore vulnerabilità del territorio è connessa con più elevati pericoli per le persone, le cose e il
patrimonio ambientale, piani urgenti di emergenza contenenti le misure per la salvaguardia dell’incolumità
delle popolazioni interessate, compreso il preallertamento, l’allarme e la messa in salvo preventiva. - Nei piani stralcio di cui al comma 1 sono individuati le infrastrutture e i manufatti che determinano il
rischio idrogeologico. Sulla base di tali individuazioni, le regioni stabiliscono le misure di incentivazione a
cui i soggetti proprietari possono accedere al fine di adeguare le infrastrutture e di rilocalizzare fuori
dall’area a rischio le attività produttive e le abitazioni private. A tale fine le regioni, acquisito il parere degli
enti locali interessati, predispongono, con criteri di priorità connessi al livello di rischio, un piano per
l’adeguamento delle infrastrutture, determinandone altresì un congruo termine, e per la concessione di
incentivi finanziari per la rilocalizzazione delle attività produttive e delle abitazioni private realizzate in
conformità alla normativa urbanistica edilizia o condonate. Gli incentivi sono attivati nei limiti della quota
dei fondi introitati ai sensi dell’articolo 86, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e
riguardano anche gli oneri per la demolizione dei manufatti; il terreno di risulta viene acquisito al
patrimonio indisponibile dei comuni. All’abbattimento dei manufatti si provvede con le modalità previste
dalla normativa vigente. Ove i soggetti interessati non si avvalgano della facoltà di usufruire delle predette
incentivazioni, essi decadono da eventuali benefìci connessi ai danni derivanti agli insediamenti di loro
proprietà in conseguenza del verificarsi di calamità naturali. - Gli atti di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo devono contenere l’indicazione dei mezzi per la loro
realizzazione e della relativa copertura finanziaria. - Procedura per l’adozione dei progetti di piani stralcio
- I progetti di piano stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico, di cui al comma 1 dell’articolo 67, non
sono sottoposti a valutazione ambientale strategica (VAS) e sono adottati con le modalità di cui all’articolo
66. - L’adozione dei piani stralcio per l’assetto idrogeologico deve avvenire, sulla base degli atti e dei pareri
disponibili, entro e non oltre sei mesi dalla data di adozione del relativo progetto di piano. - Ai fini dell’adozione ed attuazione dei piani stralcio e della necessaria coerenza tra pianificazione di
distretto e pianificazione territoriale, le regioni convocano una conferenza programmatica, articolata per
sezioni provinciali, o per altro àmbito territoriale deliberato dalle regioni stesse, alla quale partecipano le
province ed i comuni interessati, unitamente alla regione e ad un rappresentante dell’Autorità di bacino. - La conferenza di cui al comma 3 esprime un parere sul progetto di piano con particolare riferimento alla
integrazione su scala provinciale e comunale dei contenuti del piano, prevedendo le necessarie prescrizioni
idrogeologiche ed urbanistiche.
68-bis. Contratti di fiume
(articolo introdotto dall’art. 59 della legge n. 221 del 2015) - I contratti di fiume concorrono alla definizione e all’attuazione degli strumenti di pianificazione di
distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico, quali strumenti volontari di programmazione
strategica e negoziata che perseguono la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione
dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale di
tali aree.
Capo III – Gli interventi - Programmi di intervento
- I piani di bacino sono attuati attraverso programmi triennali di intervento che sono redatti tenendo
conto degli indirizzi e delle finalità dei piani medesimi e contengono l’indicazione dei mezzi per farvi fronte
e della relativa copertura finanziaria. - I programmi triennali debbono destinare una quota non inferiore al quindici per cento degli stanziamenti
complessivamente a:
a) interventi di manutenzione ordinaria delle opere, degli impianti e dei beni, compresi mezzi,
attrezzature e materiali dei cantieri-officina e dei magazzini idraulici;
b) svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna, di piena e di pronto
intervento idraulico;
c) compilazione ed aggiornamento dei piani di bacino, svolgimento di studi, rilevazioni o altro
nelle materie riguardanti la difesa del suolo, redazione dei progetti generali, degli studi di
fattibilità, dei progetti di opere e degli studi di valutazione dell’impatto ambientale delle opere
principali. - Le regioni, conseguito il parere favorevole della Conferenza istituzionale permanente di cui all’articolo
63, comma 4, possono provvedere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e di interventi previsti
dai piani di bacino, sotto il controllo della predetta conferenza. - Le province, i comuni, le comunità montane e gli altri enti pubblici, previa autorizzazione della
Conferenza istituzionale permanente di cui all’articolo 63, comma 4, possono concorrere con propri
stanziamenti alla realizzazione di opere e interventi previsti dai piani di bacino. - Adozione dei programmi
- I programmi di intervento sono adottati dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all’articolo 63,
comma 4; tali programmi sono inviati ai componenti della conferenza stessa almeno venti giorni prima
della data fissata per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve
fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse in seno alla
conferenza. - La scadenza di ogni programma triennale è stabilita al 31 dicembre dell’ultimo anno del triennio e le
somme autorizzate per l’attuazione del programma per la parte eventualmente non ancora impegnata alla
predetta data sono destinate ad incrementare il fondo del programma triennale successivo per l’attuazione
degli interventi previsti dal programma triennale in corso o dalla sua revisione. - Entro il 31 dicembre del penultimo anno del programma triennale in corso, i nuovi programmi di
intervento relativi al triennio successivo, adottati secondo le modalità di cui al comma 1, sono trasmessi al
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, affinché, entro il successivo 3 giugno, sulla
base delle previsioni contenute nei programmi e sentita la Conferenza Stato-regioni, trasmetta al Ministro
dell’economia e delle finanze l’indicazione del fabbisogno finanziario per il successivo triennio, ai fini della
predisposizione del disegno di legge finanziaria. - Gli interventi previsti dai programmi triennali sono di norma attuati in forma integrata e coordinata dai
soggetti competenti, in base ad accordi di programma ai sensi dell’articolo 34 del decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267. - Attuazione degli interventi
- Le funzioni di studio e di progettazione e tecnico-organizzative attribuite alle Autorità di bacino possono
essere esercitate anche mediante affidamento di incarichi ad istituzioni universitarie, liberi professionisti o
organizzazioni tecnico-professionali specializzate, in conformità ad apposite direttive impartite dalla
Conferenza istituzionale permanente di cui all’articolo 63, comma 4. - L’esecuzione di opere di pronto intervento può avere carattere definitivo quando l’urgenza del caso lo
richiede. - Tutti gli atti di concessione per l’attuazione di interventi ai sensi della presente sezione sono soggetti a
registrazione a tassa fissa. - Finanziamento
- Ferme restando le entrate connesse alle attività di manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche, di
bonifica e di miglioria fondiaria, gli interventi previsti dalla presente sezione sono a totale carico dello Stato
e si attuano mediante i programmi triennali di cui all’articolo 69. - Per le finalità di cui al comma 1, si provvede ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5
agosto 1978, n. 468. I predetti stanziamenti sono iscritti nello stato di previsione del Ministero
dell’economia e delle finanze fino all’espletamento della procedura di ripartizione di cui ai commi 3 e 4 del
presente articolo sulla cui base il Ministro dell’economia e delle finanze apporta, con proprio decreto, le
occorrenti variazioni di bilancio. - Il Comitato dei Ministri di cui all’articolo 57, sentita la Conferenza Stato-regioni, predispone lo schema di
programma nazionale di intervento per il triennio e la ripartizione degli stanziamenti tra le Amministrazioni
dello Stato e le regioni, tenendo conto delle priorità indicate nei singoli programmi ed assicurando, ove
necessario, il coordinamento degli interventi. A valere sullo stanziamento complessivo autorizzato, lo stesso
Comitato dei Ministri propone l’ammontare di una quota di riserva da destinare al finanziamento dei
programmi per l’adeguamento ed il potenziamento funzionale, tecnico e scientifico dell’Istituto superiore
per la protezione e la ricerca ambientale (APAT). - Il programma nazionale di intervento e la ripartizione degli stanziamenti, ivi inclusa la quota di riserva a
favore dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT), sono approvati dal
Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell’articolo 57. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro trenta giorni dall’approvazione del
programma triennale nazionale, su proposta della Conferenza Stato-regioni, individua con proprio decreto
le opere di competenza regionale, che rivestono grande rilevanza tecnico-idraulica per la modifica del
reticolo idrografico principale e del demanio idrico, i cui progetti devono essere sottoposti al parere del
Consiglio superiore dei lavori pubblici, da esprimere entro novanta giorni dalla richiesta.
72-bis. Disposizioni per il finanziamento degli interventi di rimozione o di demolizione di
immobili abusivi realizzati in aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato
ovvero esposti a rischio idrogeologico
(articolo introdotto dall’art. 52, comma 3, legge n. 221 del 2015) - Nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare è
istituito un capitolo per il finanziamento di interventi di rimozione o di demolizione, da parte dei comuni, di
opere e immobili realizzati, in aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, ovvero di
opere e immobili dei quali viene comprovata l’esposizione a rischio idrogeologico, in assenza o in totale
difformità del permesso di costruire. - Ai fini del comma 1 è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l’anno finanziario 2016. Al relativo
onere si provvede mediante corrispondente riduzione, per l’anno 2016, dell’autorizzazione di spesa di cui
all’articolo 1, comma 432, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Il Ministro dell’economia e delle finanze è
autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. - Ferme restando le disposizioni in materia di acquisizione dell’area di sedime ai sensi dell’articolo 31,
comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al d.P.R. 6
giugno 2001, n. 380, i comuni beneficiari dei finanziamenti di cui al comma 1 del presente articolo sono
tenuti ad agire nei confronti dei destinatari di provvedimenti esecutivi di rimozione o di demolizione non
eseguiti nei termini stabiliti, per la ripetizione delle relative spese, comprensive di rivalutazioni e interessi. Il
comune, entro trenta giorni dalla riscossione, provvede al versamento delle somme di cui al primo periodo
ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato, trasmettendone la quietanza di versamento al
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, affinché le stesse siano integralmente
riassegnate, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare, al capitolo di cui al comma 1 del presente articolo. - Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 6, 13, 29 e 30 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e
successive modificazioni, sono ammessi a finanziamento, sino a concorrenza delle somme disponibili nel
capitolo di cui al comma 1 del presente articolo, gli interventi su opere e immobili per i quali sono stati
adottati provvedimenti definitivi di rimozione o di demolizione non eseguiti nei termini stabiliti, con priorità
per gli interventi in aree classificate a rischio molto elevato, sulla base di apposito elenco elaborato su base
trimestrale dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e adottato ogni dodici mesi
dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali. - Per accedere ai finanziamenti di cui al comma 1, i comuni presentano al Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare apposita domanda di concessione, corredata di una relazione contenente il
progetto delle attività di rimozione o di demolizione, l’elenco dettagliato dei relativi costi, l’elenco delle
opere e degli immobili ubicati nel proprio territorio per i quali sono stati adottati provvedimenti definitivi di
rimozione o di demolizione non eseguiti e la documentazione attestante l’inottemperanza a tali
provvedimenti da parte dei destinatari dei medesimi. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione,
sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono adottati i modelli e le linee guida relativi alla
procedura per la presentazione della domanda di concessione. - I finanziamenti concessi ai sensi del comma 5 del presente articolo sono aggiuntivi rispetto alle somme
eventualmente percepite ai sensi dell’articolo 32, comma 12, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. Resta ferma la disciplina delle
modalità di finanziamento e di realizzazione degli interventi di demolizione o di rimozione di opere e
immobili abusivi contenuta in altre disposizioni. - Nei casi di mancata realizzazione degli interventi di rimozione o di demolizione di cui al comma 4, nel
termine di centoventi giorni dall’erogazione dei finanziamenti concessi, i finanziamenti stessi devono essere
restituiti, con le modalità di cui al secondo periodo del comma 3, al Ministero dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta alle Camere una relazione
sull’attuazione del presente articolo, in cui sono indicati i finanziamenti utilizzati e gli interventi realizzati.
Sezione II – Tutela delle acque dall’inquinamento
Titolo I – Principi generali e competenze - Finalità
- Le disposizioni di cui alla presente sezione definiscono la disciplina generale per la tutela delle acque
superficiali, marine e sotterranee perseguendo i seguenti obiettivi:
a) prevenire e ridurre l’inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati;
b) conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle
destinate a particolari usi;
c) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili;
d) mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici, nonché la capacità di
sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate;
e) mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità contribuendo quindi a:
1) garantire una fornitura sufficiente di acque superficiali e sotterranee di buona
qualità per un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed equo;
2) ridurre in modo significativo l’inquinamento delle acque sotterranee;
3) proteggere le acque territoriali e marine e realizzare gli obiettivi degli accordi
internazionali in materia, compresi quelli miranti a impedire ed eliminare
l’inquinamento dell’ambiente marino, allo scopo di arrestare o eliminare
gradualmente gli scarichi, le emissioni e le perdite di sostanze pericolose
prioritarie al fine ultimo di pervenire a concentrazioni, nell’ambiente marino,
vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo
zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;
f) impedire un ulteriore deterioramento, proteggere e migliorare lo stato degli ecosistemi
acquatici, degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente dipendenti dagli
ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico. - Il raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1 si realizza attraverso i seguenti strumenti:
a) l’individuazione di obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione dei corpi
idrici;
b) la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell’ambito di ciascun distretto
idrografico ed un adeguato sistema di controlli e di sanzioni;
c) il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo Stato, nonché la definizione di valori
limite in relazione agli obiettivi di qualità del corpo recettore;
d) l’adeguamento dei sistemi di fognatura, collegamento e depurazione degli scarichi idrici,
nell’ambito del servizio idrico integrato;
e) l’individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento nelle zone
vulnerabili e nelle aree sensibili;
f) l’individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle
risorse idriche;
g) l’adozione di misure per la graduale riduzione degli scarichi, delle emissioni e di ogni altra
fonte di inquinamento diffuso contenente sostanze pericolose o per la graduale eliminazione
degli stessi allorché contenenti sostanze pericolose prioritarie, contribuendo a raggiungere
nell’ambiente marino concentrazioni vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze
presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;
h) l’adozione delle misure volte al controllo degli scarichi e delle emissioni nelle acque
superficiali secondo un approccio combinato. - Il perseguimento delle finalità e l’utilizzo degli strumenti di cui ai commi 1 e 2, nell’ambito delle risorse
finanziarie previste dalla legislazione vigente, contribuiscono a proteggere le acque territoriali e marine e a
realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia. - Definizioni
- Ai fini della presente sezione si intende per:
a) abitante equivalente: il carico organico biodegradabile avente una richiesta biochimica di
ossigeno a 5 giorni (BODS) pari a 60 grammi di ossigeno al giorno;
b) acque ciprinicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti ai oiprinidi
(Cyprinidae) o a specie come i lucci, i pesci persici e le anguille;
c) acque costiere: le acque superficiali situate all’interno rispetto a una retta immaginaria
distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea
di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali e che si
estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;
d) acque salmonicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti a specie
come le trote, i temoli e i coregoni;
c) estuario: l’area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla foce di un fiume, i
cui limiti esterni verso il mare sono definiti con decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare; in via transitoria tali limiti sono fissati a cinquecento metri
dalla linea di costa;
f) acque dolci: le acque che si presentano in natura con una concentrazione di sali tale da
essere considerate appropriate per l’estrazione e il trattamento al fine di produrre acqua
potabile;
g) acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da
servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;
h) acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui
si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche
e dalle acque meteoriche di dilavamento;
(lettera così sostituita dall’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 4 del 2008)
i) acque reflue urbane: acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di
acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche
separate, e provenienti da agglomerato;
(lettera così sostituita dall’art. 2, comma 2, d.lgs. n. 4 del 2008)
l) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano al di sotto della superficie del suolo, nella
zona di saturazione e in diretto contatto con il suolo e il sottosuolo;
m) acque termali: le acque minerali naturali di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), della
legge 24 ottobre 2000, n. 323, utilizzate per le finalità consentite dalla stessa legge;
n) agglomerato: l’area in cui la popolazione, ovvero le attività produttive, sono concentrate in
misura tale da rendere ammissibile, sia tecnicamente che economicamente in rapporto anche
ai benefici ambientali conseguibili, la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane
verso un sistema di trattamento o verso un punto di recapito finale;
(lettera così modificata dall’art. 2, comma 3, d.lgs. n. 4 del 2008)
o) applicazione al terreno: l’apporto di materiale al terreno mediante spandimento e/o
mescolamento con gli strati superficiali, iniezione, interramento;
p) utilizzazione agronomica: la gestione di effluenti di allevamento, acque di vegetazione
residuate dalla lavorazione delle olive, acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole
aziende agro-alimentari, dalla loro produzione fino all’applicazione al terreno ovvero al loro
utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati all’utilizzo delle sostanze nutritive e ammendanti nei
medesimi contenute;
q) autorità d’ambito: la forma di cooperazione tra comuni e province per l’organizzazione del
servizio idrico integrato;
r) gestore del servizio idrico integrato: il soggetto che gestisce il servizio idrico integrato in un
ambito territoriale ottimale ovvero il gestore esistente del servizio pubblico soltanto fino alla
piena operatività del servizio idrico integrato;
s) bestiame: tutti gli animali allevati per uso o profitto;
t) composto azotato: qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso quello allo stato
molecolare gassoso;
u) concimi chimici: qualsiasi fertilizzante prodotto mediante procedimento industriale;
v) effluente di allevamento: le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione
di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato, ivi compresi i reflui provenienti da
attività di piscicoltura;
z) eutrofizzazione: arricchimento delle acque di nutrienti, in particolare modo di composti
dell’azoto e/o del fosforo, che provoca una abnorme proliferazione di alghe e/o di forme
superiori di vita vegetale, producendo la perturbazione dell’equilibrio degli organismi presenti
nell’acqua e della qualità delle acque interessate;
aa) fertilizzante: fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, le
sostanze contenenti uno o più composti azotati, compresi gli effluenti di allevamento, i residui
degli allevamenti ittici e i fanghi, sparse sul terreno per stimolare la crescita della
vegetazione;
bb) fanghi: i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di trattamento
delle acque reflue urbane;
cc) inquinamento: l’introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze o
di calore nell’aria, nell’acqua o nel terreno che possono nuocere alla salute umana o alla
qualità degli ecosistemi acquatici o degli ecosistemi terrestri che dipendono direttamente da
ecosistemi acquatici, perturbando, deturpando o deteriorando i valori ricreativi o altri legittimi
usi dell’ambiente;
dd) rete fognaria: un sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque
reflue urbane;
(lettera così sostituita dall’art. 2, comma 4, d.lgs. n. 4 del 2008)
ee) fognatura separata: la rete fognaria costituita da due canalizzazioni, la prima delle quali
adibita alla raccolta ed al convogliamento delle sole acque meteoriche di dilavamento, e
dotata o meno di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia, e la
seconda adibita alla raccolta ed al convogliamento delle acque reflue urbane unitamente alle
eventuali acque di prima pioggia;
ff) scarico: qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di
collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il
corpo ricettore in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria,
indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento
di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all’articolo 114;
(lettera così modificata dall’art. 2, comma 5, d.lgs. n. 4 del 2008)
gg) acque di scarico: tutte le acque reflue provenienti da uno scarico;
hh) scarichi esistenti: gli scarichi di acque reflue urbane che alla data del 13 giugno 1999
erano in esercizio e conformi al regime autorizzativo previgente e gli scarichi di impianti di
trattamento di acque reflue urbane per i quali alla stessa data erano già state completate
tutte le procedure relative alle gare di appalto e all’affidamento dei lavori, nonché gli scarichi
di acque reflue domestiche che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al
previgente regime autorizzativo e gli scarichi di acque reflue industriali che alla data del 13
giugno 1999 erano in esercizio e già autorizzati;
ii) trattamento appropriato: il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo
ovvero un sistema di smaltimento che, dopo lo scarico, garantisca la conformità dei corpi
idrici recettori ai relativi obiettivi di qualità ovvero sia conforme alle disposizioni della parte
terza del presente decreto;
ll ) trattamento primario: il trattamento delle acque reflue che comporti la sedimentazione dei
solidi sospesi mediante processi fisici e/o chimico-fisici e/o altri, a seguito dei quali prima
dello scarico il BODS delle acque in trattamento sia ridotto almeno del 20 per cento ed i solidi
sospesi totali almeno del 50 per cento;
mm) trattamento secondario: il trattamento delle acque reflue mediante un processo che in
genere comporta il trattamento biologico con sedimentazione secondaria, o mediante altro
processo in cui vengano comunque rispettati i requisiti di cui alla tabella 1 dell’Allegato 5 alla
parte terza del presente decreto;
nn) stabilimento industriale, stabilimento: tutta l’area sottoposta al controllo di un unico
gestore, nella quale si svolgono attività commerciali o industriali che comportano la
produzione, la trasformazione e/o l’utilizzazione delle sostanze di cui all’Allegato 8 alla parte
terza del presente decreto, ovvero qualsiasi altro processo produttivo che comporti la
presenza di tali sostanze nello scarico;
oo) valore limite di emissione: limite di accettabilità di una sostanza inquinante con tenuta in
uno scarico, misurata in concentrazione, oppure in massa per unità di prodotto o di materia
prima lavorata, o in massa per unità di tempo; i valori limite di emissione possono essere
fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di
emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni
dall’impianto, senza tener conto dell’eventuale diluizione; l’effetto di una stazione di
depurazione di acque reflue può essere preso in considerazione nella determinazione dei
valori limite di emissione dell’impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di
protezione dell’ambiente nel suo insieme e di non portare carichi inquinanti maggiori
nell’ambiente;
(lettera così modificata dall’art. 2, comma 6, d.lgs. n. 4 del 2008)
pp) zone vulnerabili: zone di territorio che scaricano direttamente o indirettamente composti
azotati di origine agricola o zootecnica in acque già inquinate o che potrebbero esserlo in
conseguenza di tali tipi di scarichi. - Ai fini della presente sezione si intende inoltre per:
a) acque superficiali: le acque interne ad eccezione di quelle sotterranee, le acque di
transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al
quale sono incluse anche le acque territoriali;
b) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti, e tutte le acque sotterranee
all’interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque
territoriali;
c) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie ma che può essere
parzialmente sotterraneo;
d) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;
e) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono
parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma
sostanzialmente influenzate dai flussi di acqua dolce;
f) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un’attività umana;
g) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di
alterazioni fisiche dovute a un’attività umana, è sostanzialmente modificata, come risulta dalla
designazione fattane dall’autorità competente in base alle disposizioni degli articoli 118 e 120;
h) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un
lago, un bacino artificiale, un torrente, fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale,
acque di transizione o un tratto di acque costiere;
i) acquifero: uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di permeabilità
sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l’estrazione di quantità
significative di acque sotterranee;
(lettera così sostituito dall’art. 9, comma 1, d.lgs. n. 30 del 2009)
l) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più
falde acquifere;
m) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una
serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce, a
estuario o delta;
n) sotto-bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali
attraverso una serie di torrenti, fiumi e laghi per sfociare in un punto specifico di un corso
d’acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;
o) distretto idrografico: l’area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici
limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce la principale unità per la
gestione dei bacini idrografici;
p) stato delle acque superficiali: l’espressione complessiva dello stato di un corpo idrico
superficiale, determinato dal valore più basso del suo stato ecologico e chimico;
q) buono stato delle acque superficiali: lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale
qualora il suo stato, tanto sotto il profilo ecologico quanto sotto quello chimico, possa essere
definito almeno “buono”;
r) stato delle acque sotterranee: l’espressione complessiva dello stato di un corpo idrico
sotterraneo, determinato dal valore più basso del suo stato quantitativo e chimico;
s) buono stato delle acque sotterranee: lo stato raggiunto da un corpo idrico sotterraneo
qualora il suo stato, tanto sotto il profilo quantitativo quanto sotto quello chimico, possa
essere definito almeno “buono”;
t) stato ecologico: l’espressione della qualità della struttura e del funzionamento degli
ecosistemi acquatici associati alle acque superficiali, classificato a norma dell’Allegato 1 alla
parte terza del presente decreto;
u) buono stato ecologico: lo stato di un corpo idrico superficiale classificato in base
all’Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
v) buon potenziale ecologico: lo stato di un corpo idrico artificiale o fortemente modificato,
così classificato in base alle disposizioni pertinenti dell’Allegato 1 alla parte terza del presente
decreto;
z) buono stato chimico delle acque superficiali: lo stato chimico richiesto per conseguire,
entro il 22 dicembre 2015, gli obiettivi ambientali per le acque superficiali fissati dalla
presente sezione ossia lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale nel quale la
concentrazione degli inquinanti non superi gli standard di qualità ambientali fissati per le
sostanze dell’elenco di priorità di cui alla tabella 1/A della lettera A.2.6 dell’allegato 1 alla
parte terza;
(lettera così sostituita dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 219 del 2010)
aa) buono stato chimico: lo stato chimico di un corpo idrico sotterraneo che risponde alle
condizioni di cui agli articoli 3 e 4 ed all’Allegato 3, Parte A;
(lettera così sostituito dall’art. 9, comma 1, d.lgs. n. 30 del 2009)
bb) stato quantitativo: l’espressione del grado in cui un corpo idrico sotterraneo è modificato
da estrazioni dirette e indirette;
cc) risorse idriche sotterranee disponibili: il risultato della velocità annua media di
ravvenamento globale a lungo termine del corpo idrico sotterraneo meno la velocità annua
media a lungo termine del flusso necessario per raggiungere gli obiettivi di qualità ecologica
per le acque superficiali connesse, di cui all’articolo 76, al fine di evitare un impoverimento
significativo dello stato ecologico di tali acque, nonché danni rilevanti agli ecosistemi terrestri
connessi;
dd) buono stato quantitativo: stato definito all’Allegato 3, Parte B;
(lettera così sostituito dall’art. 9, comma 1, d.lgs. n. 30 del 2009)
ee) sostanze pericolose: le sostanze o gruppi di sostanze tossiche, persistenti e bioaccumulabili
e altre sostanze o gruppi di sostanze che danno adito a preoccupazioni
analoghe;
ff) sostanze prioritarie e sostanze pericolose prioritarie: le sostanze individuate con
disposizioni comunitarie ai sensi dell’articolo 16 della direttiva 2000/60/CE;
gg) inquinante: qualsiasi sostanza che possa inquinare, in particolare quelle elencate
nell’Allegato 8 alla parte terza del presente decreto;
hh) immissione diretta nelle acque sotterranee: l’immissione di inquinanti nelle acque
sotterranee senza infiltrazione attraverso il suolo o il sottosuolo;
ii) obiettivi ambientali: gli obiettivi fissati dal titolo II della parte terza del presente decreto;
ll) standard di qualità ambientale: la concentrazione di un particolare inquinante o gruppo di
inquinanti nelle acque, nei sedimenti e nel biota che non deve essere superata per tutelare la
salute umana e l’ambiente;
mm) approccio combinato: l’insieme dei controlli, da istituire o realizzare, salvo diversa
indicazione delle normative di seguito citate, entro il 22 dicembre 2012, riguardanti tutti gli
scarichi nelle acque superficiali, comprendenti i controlli sulle emissioni basati sulle migliori
tecniche disponibili, quelli sui pertinenti valori limite di emissione e, in caso di impatti diffusi,
quelli comprendenti, eventualmente, le migliori prassi ambientali; tali controlli sono quelli
stabiliti:
1) nel decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sulla prevenzione e la
riduzione integrate dell’inquinamento;
2) nella parte terza del presente decreto in materia di acque reflue urbane,
nitrati provenienti da fonti agricole, sostanze che presentano rischi significativi
per l’ambiente acquatico o attraverso l’ambiente acquatico, inclusi i rischi per le
acque destinate alla produzione di acqua potabile e di scarichi di Hg, Cd, HCH,
DDT, PCP, aldrin, dieldrin, endrin, HCB, HCBD, cloroformio, tetracloruro di
carbonio, EDC, tricloroetilene, TCB e percloroetilene;
nn) acque destinate al consumo umano: le acque disciplinate dal decreto
legislativo 2 febbraio 2001, n. 31;
oo) servizi idrici: tutti i servizi che forniscono alle famiglie, agli enti pubblici o a qualsiasi
attività economica:
1) estrazione, arginamento, stoccaggio, trattamento e distribuzione di acque
superficiali o sotterranee;
2) strutture per la raccolta e il trattamento delle acque reflue, che
successivamente scaricano nelle acque superficiali;
pp) utilizzo delle acque: i servizi idrici unitamente agli altri usi risultanti dall’attività conoscitiva
di cui all’articolo 118 che incidono in modo significativo sullo stato delle acque. Tale nozione
si applica ai fini dell’analisi economica di cui all’Allegato 10 alla parte terza del presente
decreto;
qq) (lettera abrogata dall’art. 2, comma 7, d.lgs. n. 4 del 2008)
rr) controlli delle emissioni: i controlli che comportano una limitazione specifica delle
emissioni, ad esempio un valore limite delle emissioni, oppure che definiscono altrimenti limiti
o condizioni in merito agli effetti, alla natura o ad altre caratteristiche di un’emissione o
condizioni operative che influiscono sulle emissioni;
ss) costi ambientali: i costi legati ai danni che l’utilizzo stesso delle risorse idriche causa
all’ambiente, agli ecosistemi e a coloro che usano l’ambiente;
tt) costi della risorsa: i costi delle mancate opportunità imposte ad altri utenti in conseguenza
dello sfruttamento intensivo delle risorse al di là del loro livello di ripristino e ricambio
naturale;
uu) impianto: l’unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività di cui all’Allegato
I del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, e qualsiasi altra attività
accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte in uno stabilimento e
possono influire sulle emissioni e sull’inquinamento; nel caso di attività non rientranti nel
campo di applicazione del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, l’impianto si
identifica nello stabilimento. Nel caso di attività di cui all’Allegato I del predetto decreto,
l’impianto si identifica con il complesso assoggettato alla disciplina della prevenzione e
controllo integrati dell’inquinamento;
uu-bis) limite di rilevabilità: il segnale in uscita o il valore di concentrazione al di sopra del
quale si può affermare, con un livello di fiducia dichiarato, che un dato campione è diverso da
un bianco che non contiene l’analita;
uu-ter) limite di quantificazione: un multiplo dichiarato del limite di rilevabilità a una
concentrazione dell’analita che può ragionevolmente essere determinata con accettabile
accuratezza e precisione. Il limite di quantificazione può essere calcolato servendosi di un
materiale di riferimento o di un campione adeguato e può essere ottenuto dal punto di
taratura più basso sulla curva di taratura, dopo la sottrazione del bianco;
uu-quater) incertezza di misura: un parametro non negativo che caratterizza la dispersione
dei valori quantitativi attribuiti a un misurando sulla base delle informazioni utilizzate;
uu-quinquies) materiale di riferimento: materiale sufficientemente omogeneo e stabile
rispetto a proprietà specificate, che si è stabilito essere idonee per un determinato utilizzo in
una misurazione o nell’esame di proprietà nominali.
(lettere da uu-bis a uu-quinquies aggiunte dall’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 219 del 2010) - Competenze
- Nelle materie disciplinate dalle disposizioni della presente sezione:
a) lo Stato esercita le competenze ad esso spettanti per la tutela dell’ambiente e
dell’ecosistema attraverso il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare,
fatte salve le competenze in materia igienico-sanitaria spettanti al Ministro della salute;
b) le regioni e gli enti locali esercitano le funzioni e i compiti ad essi spettanti nel quadro delle
competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali. - Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali, in caso di accertata
inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea, pericolo
di grave pregiudizio alla salute o all’ambiente oppure inottemperanza ad obblighi di informazione, il
Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare per materia, assegna all’ente inadempiente un congruo termine per provvedere, decorso inutilmente
il quale il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in
via sostitutiva. Gli oneri economici connessi all’attività di sostituzione sono a carico dell’ente inadempiente.
Restano fermi i poteri di ordinanza previsti dall’ordinamento in caso di urgente necessità e le disposizioni in
materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente, nonché quanto disposto dall’articolo 132. - Le prescrizioni tecniche necessarie all’attuazione della parte terza del presente decreto sono stabilite
negli Allegati al decreto stesso e con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
previa intesa con la Conferenza Stato-regioni; attraverso i medesimi regolamenti possono altresì essere
modificati gli Allegati alla parte terza del presente decreto per adeguarli a sopravvenute esigenze o a nuove
acquisizioni scientifiche o tecnologiche. - Con decreto dei Ministri competenti per materia si provvede alla modifica degli Allegati alla parte terza
del presente decreto per dare attuazione alle direttive che saranno emanate dall’Unione europea, per le
parti in cui queste modifichino modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico delle direttive
dell’Unione europea recepite dalla parte terza del presente decreto, secondo quanto previsto dall’articolo
13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11. - Le regioni assicurano la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato di qualità delle acque e
trasmettono al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell’Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale (APAT) i dati conoscitivi e le informazioni relative all’attuazione della parte terza del
presente decreto, nonché quelli prescritti dalla disciplina comunitaria, secondo le modalità indicate con
decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri
competenti, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano. Il Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell’Istituto superiore
per la protezione e la ricerca ambientale (APAT) elabora a livello nazionale, nell’ambito del Sistema
informativo nazionale dell’ambiente (SINA), le informazioni ricevute e le trasmette ai Ministeri interessati e
al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare anche per l’invio alla Commissione
europea. Con lo stesso decreto sono individuati e disciplinati i casi in cui le regioni sono tenute a
trasmettere al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare i provvedimenti adottati ai fini
delle comunicazioni all’Unione europea o in ragione degli obblighi internazionali assunti. - Le regioni favoriscono l’attiva partecipazione di tutte le parti interessate all’attuazione della parte terza
del presente decreto in particolare in sede di elaborazione, revisione e aggiornamento dei piani di tutela di
cui all’articolo 121. - Le regioni provvedono affinché gli obiettivi di qualità di cui agli articoli 76 e 77 ed i relativi programmi di
misure siano perseguiti nei corpi idrici ricadenti nei bacini idrografici internazionali in attuazione di accordi
tra gli stati membri interessati, avvalendosi a tal fine di strutture esistenti risultanti da accordi
internazionali. - Qualora il distretto idrografico superi i confini della Comunità europea, lo Stato e le regioni esercitano le
proprie competenze adoperandosi per instaurare un coordinamento adeguato con gli Stati terzi coinvolti, al
fine realizzare gli obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto in tutto il distretto idrografico. - I consorzi di bonifica e di irrigazione, anche attraverso appositi accordi di programma con le competenti
autorità, concorrono alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque
anche al fine della loro utilizzazione irrigua, della rinaturalizzazione dei corsi d’acqua e della
fitodepurazione.
Titolo II – Obiettivi di qualità
Capo I – Obiettivo di qualità ambientale e obiettivo di qualità per specifica destinazione - Disposizioni generali
- Al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali e sotterranee, la parte terza del presente
decreto individua gli obiettivi minimi di qualità ambientale per i corpi idrici significativi e gli obiettivi di
qualità per specifica destinazione per i corpi idrici di cui all’articolo 78, da garantirsi su tutto il territorio
nazionale. - L’obiettivo di qualità ambientale è definito in funzione della capacità dei corpi idrici di mantenere i
processi naturali di autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate. - L’obiettivo di qualità per specifica destinazione individua lo stato dei corpi idrici idoneo ad una particolare
utilizzazione da parte dell’uomo, alla vita dei pesci e dei molluschi. - In attuazione della parte terza del presente decreto sono adottate, mediante il Piano di tutela delle
acque di cui all’articolo 121, misure atte a conseguire gli obiettivi seguenti entro il 22 dicembre 2015:
a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e sotterranei l’obiettivo
di qualità ambientale corrispondente allo stato di “buono”;
b) sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità ambientale “elevato” come definito
nell’Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
c) siano mantenuti o raggiunti altresì per i corpi idrici a specifica destinazione di cui all’articolo
79 gli obiettivi di qualità per specifica destinazione di cui all’Allegato 2 alla parte terza del
presente decreto, salvi i termini di adempimento previsti dalla normativa previgente. - Qualora per un corpo idrico siano designati obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione
che prevedono per gli stessi parametri valori limite diversi, devono essere rispettati quelli più cautelativi
quando essi si riferiscono al conseguimento dell’obiettivo di qualità ambientale; l’obbligo di rispetto di tali
valori limite decorre dal 22 dicembre 2015. - Il Piano di tutela provvede al coordinamento degli obiettivi di qualità ambientale con i diversi obiettivi di
qualità per specifica destinazione. - Le regioni possono definire obiettivi di qualità ambientale più elevati, nonché individuare ulteriori
destinazioni dei corpi idrici e relativi obiettivi di qualità. - Individuazione e perseguimento dell’obiettivo di qualità ambientale
- Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sulla base dei
dati già acquisiti e dei risultati del primo rilevamento effettuato ai sensi degli articoli 118 e 120, le regioni
che non vi abbiano provveduto identificano per ciascun corpo idrico significativo, o parte di esso, la classe
di qualità corrispondente ad una di quelle indicate nell’Allegato 1 alla parte terza del presente decreto. - In relazione alla classificazione di cui al comma 1, le regioni stabiliscono e adottano le misure necessarie
al raggiungimento o al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale di cui all’articolo 76, comma 4,
lettere a) e b), tenendo conto del carico massimo ammissibile, ove fissato sulla base delle indicazioni delle
Autorità di bacino, e assicura n d o in ogni caso per tutti i corpi idrici l’adozione di misure atte ad impedire
un ulteriore degrado. - Al fine di assicurare entro il 22 dicembre 2015 il raggiungimento dell’obiettivo di qualità ambientale
corrispondente allo stato di “buono”, entro il 31 dicembre 2008 ogni corpo idrico superficiale classificato o
tratto di esso deve conseguire almeno i requisiti dello stato di “sufficiente” di cui all’Allegato 1 alla parte
terza del presente decreto. - Le acque ricadenti nelle aree protette devono essere conformi agli obiettivi e agli standard di qualità
fissati nell’Allegato 1 alla parte terza del presente decreto, secondo le scadenze temporali ivi stabilite, salvo
diversa disposizione della normativa di settore a norma della quale le singole aree sono state istituite. - La designazione di un corpo idrico artificiale o fortemente modificato e la relativa motivazione sono
esplicitamente menzionate nei piani di bacino e sono riesaminate ogni sei anni. Le regioni possono definire
un corpo idrico artificiale o fortemente modificato quando:
a) le modifiche delle caratteristiche idromorfologiche di tale corpo, necessarie al
raggiungimento di un buono stato ecologico, abbiano conseguenze negative rilevanti:
1) sull’ambiente in senso ampio;
2) sulla navigazione, comprese le infrastrutture portuali, o sul diporto;
3) sulle attività per le quali l’acqua è accumulata, quali la fornitura di acqua
potabile, la produzione di energia o l’irrigazione;
4) sulla regolazione delle acque, la protezione dalle inondazioni o il drenaggio
agricolo;
5) su altre attività sostenibili di sviluppo umano ugualmente importanti;
b) i vantaggi cui sono finalizzate le caratteristiche artificiali o modificate del corpo idrico non
possono, per motivi di fattibilità tecnica o a causa dei costi sproporzionati, essere raggiunti
con altri mezzi che rappresentino un’opzione significativamente migliore sul piano ambientale. - Le regioni possono motivatamente prorogare il termine del 23 dicembre 2015 per poter conseguire
gradualmente gli obiettivi dei corpi idrici purché non si verifichi un ulteriore deterioramento dello stato dei
corpi idrici e sussistano tutte le seguenti condizioni:
(comma così sostituito dall’art. 3, legge n. 101 del 2008)
a) i miglioramenti necessari per il raggiungimento del buono stato di qualità ambientale non
possono essere raggiunti entro i termini stabiliti almeno per uno dei seguenti motivi:
1) i miglioramenti dello stato dei corpi idrici possono essere conseguiti per
motivi tecnici solo in fasi successive al 23 dicembre 2015;
2) il completamento dei miglioramenti entro i termini fissati sarebbe
sproporzionalmente costoso;
3) le condizioni naturali non consentono il miglioramento del corpo idrico nei
tempi richiesti;
b) la proroga dei termini e le relative motivazioni sono espressamente indicate nei piani di cui
agli articoli 117 e 121;
c) le proroghe non possono superare il periodo corrispondente a due ulteriori aggiornamenti
dei piani di cui alla lettera b), fatta eccezione per i casi in cui le condizioni naturali non
consentano di conseguire gli obiettivi entro detto periodo;
d) l’elenco delle misure, la necessità delle stesse per il miglioramento progressivo entro il
termine previsto, la giustificazione di ogni eventuale significativo ritardo nella attuazione delle
misure, nonché il relativo calendario di attuazione delle misure devono essere riportati nei
piani di cui alla lettera b). Le informazioni devono essere aggiornate nel riesame dei piani. - Le regioni, per alcuni corpi idrici, possono stabilire di conseguire obiettivi ambientali meno rigorosi
rispetto a quelli di cui al comma 4, qualora, a causa delle ripercussioni dell’impatto antropico rilevato ai
sensi dell’articolo 118 o delle loro condizioni naturali, non sia possibile o sia esageratamente oneroso il loro
raggiungimento. Devono, in ogni caso, ricorrere le seguenti condizioni:
(comma così sostituito dall’art. 3, legge n. 101 del 2008)
a) la situazione ambientale e socioeconomica non consente di prevedere altre opzioni
significativamente migliori sul piano ambientale ed economico;
b) la garanzia che:
1) per le acque superficiali venga conseguito il migliore stato ecologico e
chimico possibile, tenuto conto degli impatti che non potevano ragionevolmente
essere evitati per la natura dell’attività umana o dell’inquinamento;
2) per le acque sotterranee siano apportate modifiche minime al loro stato di
qualità, tenuto conto degli impatti che non potevano ragionevolmente essere
evitati per la natura dell’attività umana o dell’inquinamento;
c) per lo stato del corpo idrico non si verifichi alcun ulteriore deterioramento;
d) gli obiettivi ambientali meno rigorosi e le relative motivazioni figurano espressamente nel
piano di gestione del bacino idrografico e del piano di tutela di cui agli articoli 117 e 121 e tali
obiettivi sono rivisti ogni sei anni nell’ambito della revisione di detti piani. - Quando ricorrono le condizioni di cui al comma 7, la definizione di obiettivi meno rigorosi è consentita
purché essi non comportino l’ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico e, fatto salvo il caso di cui
alla lettera b) del medesimo comma 7, purché non sia pregiudicato il raggiungimento degli obiettivi fissati
dalla parte terza del presente decreto in altri corpi idrici compresi nello stesso bacino idrografico. - Nei casi previsti dai commi 6 e 7, i Piani di tutela devono comprendere le misure volte alla tutela del
corpo idrico, ivi compresi i provvedimenti integrativi o restrittivi della disciplina degli scarichi ovvero degli
usi delle acque. I tempi e gli obiettivi, nonché le relative misure, sono rivisti almeno ogni sei anni ed ogni
eventuale modifica deve essere inserita come aggiornamento del piano. - Il deterioramento temporaneo dello stato del corpo idrico dovuto a circostanze naturali o di forza
maggiore eccezionali e ragionevolmente imprevedibili, come alluvioni violente e siccità prolungate, o
conseguente a incidenti ragionevolmente imprevedibili, non dà luogo a una violazione delle prescrizioni
della parte terza del presente decreto, purché ricorrano tutte le seguenti condizioni:
a) che siano adottate tutte le misure volte ad impedire l’ulteriore deterioramento dello stato
di qualità dei corpi idrici e la compromissione del raggiungimento degli obiettivi di cui
all’articolo 76 ed al presente articolo in altri corpi idrici non interessati alla circostanza;
b) che il Piano di tutela preveda espressamente le situazioni in cui detti eventi possono essere
dichiarati ragionevolmente imprevedibili o eccezionali, anche adottando gli indicatori
appropriati;
c) che siano previste ed adottate misure idonee a non compromettere il ripristino della qualità
del corpo idrico una volta conclusisi gli eventi in questione;
d) che gli effetti degli eventi eccezionali o imprevedibili siano sottoposti a un riesame annuale
e, con riserva dei motivi di cui all’articolo 76, comma 4, lettera a), venga fatto tutto il
possibile per ripristinare nel corpo idrico, non appena ciò sia ragionevolmente fattibile, lo
stato precedente tali eventi;
e) che una sintesi degli effetti degli eventi e delle misure adottate o da adottare sia inserita
nel successivo aggiornamento del Piano di tutela.
10-bis. Le regioni non violano le disposizioni del presente decreto nei casi in cui:
(comma così sostituito dall’art. 3, legge n. 101 del 2008)
a) il mancato raggiungimento del buon stato delle acque sotterranee, del buono stato
ecologico delle acque superficiali o, ove pertinente, del buon potenziale ecologico ovvero
l’incapacità di impedire il deterioramento del corpo idrico superficiale e sotterraneo sono
dovuti a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad
alterazioni idrogeologiche dei corpi idrici sotterranei;
b) l’incapacità di impedire il deterioramento da uno stato elevato ad un buono stato di un
corpo idrico superficiale sia dovuto a nuove attività sostenibili di sviluppo umano purché
sussistano le seguenti condizioni:
1) siano state avviate le misure possibili per mitigare l’impatto negativo sullo
stato del corpo idrico;
2) siano indicate puntualmente ed illustrate nei piani di cui agli articoli 117 e
121 le motivazioni delle modifiche o delle alterazioni e gli obiettivi siano rivisti
ogni sei anni;
3) le motivazioni delle modifiche o delle alterazioni di cui alla lettera b) siano di
prioritario interesse pubblico ed i vantaggi per l’ambiente e la società, risultanti
dal conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1, siano inferiori rispetto ai
vantaggi derivanti dalle modifiche o dalle alterazioni per la salute umana, per il
mantenimento della sicurezza umana o per lo sviluppo sostenibile;
4) per motivi di fattibilità tecnica o di costi sproporzionati, i vantaggi derivanti
dalle modifiche o dalle alterazioni del corpo idrico non possano essere
conseguiti con altri mezzi che garantiscono soluzioni ambientali migliori. - Standard di qualità ambientale per le acque superficiali
(articolo così sostituito dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 219 del 2010) - Ai fini della identificazione del buono stato chimico, di cui all’articolo 74, comma 2, lettera z), si
applicano ai corpi idrici superficiali gli standard di qualità ambientale, di seguito denominati: “SQA”, di cui
alla lettera A.2.6 dell’allegato 1 alla parte terza. - Per le finalità di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano per la
colonna d’acqua gli SQA di cui alla tabella 1/A della lettera A.2.6 dell’allegato 1 alla parte terza, secondo le
modalità riportate alla lettera A.2.8 del medesimo allegato. - Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in alternativa alle disposizioni di cui al comma
2, possono identificare il buono stato chimico delle acque marino-costiere e delle acque di transizione,
utilizzando le matrici sedimenti e biota limitatamente alle sostanze per le quali sono definiti SQA nelle
suddette matrici. In tal caso le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano:
a) applicano per il biota gli SQA riportati alla tabella 3/A della lettera A.2.6. dell’allegato 1 alla
parte terza;
b) applicano per i sedimenti gli SQA riportati alla tabella 2/A della lettera A.2.6 dell’allegato 1
alla parte terza;
c) rispettano le disposizioni di cui alla lettera A.2.6.1 dell’allegato 1 alla parte terza
concernenti modalità di monitoraggio e classificazione;
d) trasmettono al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, le
motivazioni della scelta, al fine di fornire elementi di supporto per la notifica alla Commissione
europea e agli altri Stati membri, tramite il comitato di cui all’articolo 21 della direttiva
2000/60/CE, secondo la procedura prevista dalle norme comunitarie. - Per le sostanze per le quali non sono definiti SQA per le matrici sedimenti e biota nelle acque marinocostiere
e nelle acque di transizione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano effettuano il
monitoraggio nella colonna d’acqua applicando i relativi SQA di cui alla tabella 1/A dell’allegato 1 alla parte
terza. - Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano effettuano l’analisi della tendenza a lungo
termine delle concentrazioni delle sostanze dell’elenco di priorità di cui alla tabella 1/A, lettera A.2.6
dell’allegato 1 alla parte terza che tendono ad accumularsi nei sedimenti e nel biota, ovvero in una sola
delle due matrici, con particolare attenzione per le sostanze riportate nella citata tabella ai numeri 2, 4, 7,
13, 14, 17, 18, 19, 20, 21, 23, 28, 30 e 34, conformemente al punto A.3.2.4 dell’allegato 1 alla parte terza. - Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano misure atte a garantire che tali
concentrazioni non aumentino in maniera significativamente rilevante nei sedimenti e/o nel biota. - Le disposizioni del presente articolo concorrono al raggiungimento entro il 20 novembre 2021
dell’obiettivo di eliminare le sostanze pericolose prioritarie indicate come PP alla tabella 1/A della lettera
A.2.6. dell’allegato 1 alla parte terza negli scarichi, nei rilasci da fonte diffusa e nelle perdite, nonché al
raggiungimento dell’obiettivo di ridurre gradualmente negli stessi le sostanze prioritarie individuate come P
nella medesima tabella. Per le sostanze indicate come E l’obiettivo è di eliminare l’inquinamento delle
acque causato da scarichi, rilasci da fonte diffusa e perdite.
78-bis. Zone di mescolamento
(articolo introdotto dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 219 del 2010) - Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono designare zone di mescolamento
adiacenti ai punti di scarico di acque reflue contenenti sostanze dell’elenco di priorità nel rispetto dei criteri
tecnici stabiliti con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base
delle linee guida definite a livello comunitario, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva
2008/105/CE. Le concentrazioni di una o più sostanze di detto elenco possono superare, nell’ambito di tali
zone di mescolamento, gli SQA applicabili, a condizione che il superamento non abbia conseguenze sulla
conformità agli SQA del resto del corpo idrico superficiale. - Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano designano le zone di mescolamento
assicurando che l’estensione di ciascuna di tali zone:
a) sia limitata alle vicinanze del punto di scarico;
b) sia calibrata sulla base delle concentrazioni di inquinanti nel punto di scarico,
dell’applicazione delle disposizioni in materia di disciplina degli scarichi di cui alla normativa
vigente e dell’adozione delle migliori tecniche disponibili, in funzione del raggiungimento o
mantenimento degli obiettivi ambientali. - Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le autorità di distretto riportano,
rispettivamente, nei piani di tutela e nei piani di gestione le zone di mescolamento designate indicando:
a) l’ubicazione e l’estensione;
b) gli approcci e le metodologie applicati per definire tali zone;
c) le misure adottate allo scopo di limitare in futuro l’estensione delle zone di mescolamento,
quali quelle necessarie alla riduzione ed all’eliminazione dell’inquinamento delle acque
superficiali causato dalle sostanze dell’elenco di priorità o le misure consistenti nel riesame
delle autorizzazioni rilasciate ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e
successive modificazioni, o delle autorizzazioni preventive rilasciate ai sensi del presente
decreto. - Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano nelle aree protette elencate all’allegato 9, alle
lettere i), ii), iii), v).
78-ter. Inventario dei rilasci da fonte diffusa, degli scarichi e delle perdite
(articolo introdotto dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 219 del 2010) - Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ciascuna per la parte di territorio di
competenza ricadente in ciascun distretto idrografico, mettono a disposizione attraverso il sistema SINTAI
le informazioni di cui alla lettera A.2.8.-ter, sezione A “Stato delle acque superficiali”, parte 2 “Modalità per
la classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici” dell’allegato 1 alla parte terza, secondo le scadenze
temporali riportate nel medesimo allegato. Le informazioni sono ricavate sulla base dell’attività di
monitoraggio e dell’attività conoscitiva delle pressioni e degli impatti di cui rispettivamente all’allegato 1 e
all’allegato 3 – sezione C, alla parte terza. - L’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale, di seguito: ISPRA, rende disponibili attraverso
il sistema SINTAI i formati standard, aggiornandoli sulla base delle linee guida adottate a livello
comunitario, nonché i servizi per la messa a disposizione delle informazioni da parte delle regioni e delle
province autonome di Trento e di Bolzano. - L’ISPRA elabora l’inventario, su scala di distretto, dei rilasci derivanti da fonte diffusa, degli scarichi e
delle perdite, di seguito denominato “inventario”, con riferimento alle sostanze prioritarie e alle sostanze
pericolose prioritarie. L’ISPRA effettua ulteriori elaborazioni sulla base di specifiche esigenze del Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
(comma così sostituito dall’art. 24, comma 1, legge n. 97 del 2013) - L’inventario è redatto sulla base della elaborazione delle informazioni di cui al comma 1, dei dati raccolti
in attuazione del regolamento (CE) n. 166/2006, nonché sulla base di altri dati ufficiali. Nell’inventario sono
altresì riportate, ove disponibili, le carte topografiche e, ove rilevate, le concentrazioni di tali sostanze ed
inquinanti nei sedimenti e nel biota. - L’inventario è finalizzato a verificare il raggiungimento dell’obiettivo di cui ai commi 1 e 7 dell’articolo 78,
ed è sottoposto a riesami sulla base degli aggiornamenti effettuati dalle regioni e dalle province autonome
di Trento e di Bolzano in attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 118, comma 2. - L’ ISPRA, previa verifica e validazione da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di
Bolzano, mette a disposizione di ciascuna autorità di distretto, tramite il sistema SINTAI, gli inventari
aggiornati su scala distrettuale ai fini dell’inserimento della sezione A dell’inventario nei piani di gestione
riesaminati da pubblicare.
78-quater. Inquinamento transfrontaliero
(articolo introdotto dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 219 del 2010) - Qualora si verifichi un superamento di un SQA nei bacini idrografici transfrontalieri, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano interessate non si ritengono inadempienti se possono dimostrare
che:
a) il superamento dell’SQA è dovuto ad una fonte di inquinamento al di fuori della
giurisdizione nazionale;
b) a causa di tale inquinamento transfrontaliero si è verificata l’impossibilità di adottare
misure efficaci per rispettare l’SQA in questione;
c) sia stato applicato, per i corpi idrici colpiti da inquinamento transfrontaliero, il meccanismo
di coordinamento ai sensi dei commi 7 e 8 dell’articolo 75 e, se del caso, sia stato fatto
ricorso alle disposizioni di cui ai commi 6, 7 e 10 dell’articolo 77. - Qualora si verifichino le circostanze di cui al comma 1, le regioni, le province autonome di Trento e di
Bolzano e le autorità di distretto competenti forniscono le informazioni necessarie al Ministero dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare per il successivo inoltro alla Commissione europea e predispongono
una relazione sintetica delle misure adottate riguardo all’inquinamento transfrontaliero da inserire
rispettivamente nel piano di tutela e nel piano di gestione.
78-quinquies. Metodi di analisi per le acque superficiali e sotterranee
(articolo introdotto dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 219 del 2010) - L’ISPRA assicura che i metodi di analisi, compresi i metodi di laboratorio, sul campo e on line, utilizzati
dalle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, di seguito: “ARPA”, e dalle agenzie provinciali per la
protezione dell’ambiente, di seguito: “APPA”, ai fini del programma di monitoraggio chimico svolto ai sensi
dell’allegato 1 alla parte terza, siano convalidati e documentati ai sensi della norma UNI-EN ISO/CEI –
17025:2005 o di altre norme equivalenti internazionalmente accettate. - Ai fini dell’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 78, commi 1 e 2, e 78-bis, il monitoraggio è
effettuato applicando le metodiche di campionamento e di analisi riportati alle lettere A.2.8, punti 16, 17 e
18, e A.3.10 dell’allegato 1 alla parte terza. 3. Le disposizioni di cui al presente articolo, agli articoli 78-
sexies, 78-septies e 78-octies ed alla lettera A.2.8.-bis della sezione A “Stato delle acque superficiali” della
parte 2 “Modalità per la classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici”dell’allegato 1 alla parte terza si
applicano per l’analisi chimica e il monitoraggio dello stato dei corpi idrici superficiali e sotterranei. Le
autorità di bacino distrettuali promuovono intese con le regioni e con le province autonome ricadenti nel
distretto idrografico di competenza, al fine di garantire l’intercomparabilità, a livello di distretto idrografico,
dei dati del monitoraggio delle sostanze prioritarie di cui alle tabelle 1/A e 2/A e delle sostanze non
appartenenti alla lista di priorità di cui alla tabella 1/B dell’allegato 1 alla parte terza. Ai fini del
monitoraggio e della valutazione dello stato della qualità delle acque, le autorità di bacino distrettuali
promuovono altresì intese con i medesimi soggetti di cui al periodo precedente finalizzate all’adozione di
una metodologia di valutazione delle tendenze ascendenti e d’inversione della concentrazione degli
inquinanti nelle acque sotterranee. A tale fine, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione, l’ISPRA rende disponibile mediante pubblicazione nel proprio sito internet
istituzionale l’elenco dei laboratori del sistema delle agenzie dotati delle metodiche di analisi disponibili a
costi sostenibili, conformi ai requisiti di cui al paragrafo A.2.8 -bis dell’allegato 1 alla parte terza. Le autorità
di bacino distrettuali rendono disponibili nel proprio sito internet istituzionale, ai sensi dell’articolo 8 del
decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, i dati dei monitoraggi periodici come ottenuti dalle analisi
effettuate da tali laboratori.
(comma così modificato dall’art. 16 della legge n. 167 del 2017)
78-sexies. Requisiti minimi di prestazione per i metodi di analisi
(articolo introdotto dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 219 del 2010) - L’ISPRA verifica che i requisiti minimi di prestazione per tutti i metodi di analisi siano basati su una
incertezza di misura definita conformemente ai criteri tecnici riportati alla lettera A.2.8.-bis, sezione A
“Stato delle acque superficiali”, parte 2 “Modalità per la classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici”
dell’allegato 1 alla parte terza. - In mancanza di standard di qualità ambientali per un dato parametro o di un metodo di analisi che
rispetti i requisiti minimi di prestazione di cui al comma 1, le ARPA e le APPA assicurano che il monitoraggio
sia svolto applicando le migliori tecniche disponibili a costi sostenibili.
78-septies. Calcolo dei valori medi - Ai fini del calcolo dei valori medi si applicano i criteri tecnici riportati alla lettera A.2.8.-bis, sezione A
“Stato delle acque superficiali”, parte 2 “Modalità per la classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici”
dell’allegato 1 alla parte terza.
78-octies. Garanzia e controllo di qualità
(articolo introdotto dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 219 del 2010) - Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano che i laboratori delle Agenzie
regionali per l’ambiente (ARPA), e delle agenzie provinciali per l’ambiente (APPA), o degli enti appaltati da
queste ultime applichino pratiche di gestione della qualita’ conformi a quanto previsto dalla norma UNI-EN
ISO/CEI-17025:2005 e successive modificazioni o da altre norme equivalenti internazionalmente
riconosciute. - L’ISPRA assicura la comparabilità dei risultati analitici dei laboratori ARPA, APPA o degli enti appaltati da
queste ultime, sulla base:
a) della promozione di programmi di prove valutative delle competenze che comprendono i
metodi di analisi di cui all’articolo 78-quinquies per i misurandi a livelli di concentrazione
rappresentativi dei programmi di monitoraggio delle sostanze chimiche svolti ai sensi del
presente decreto;
b) dell’analisi di materiali di riferimento rappresentativi di campioni prelevati nelle attività di
monitoraggio e che contengono livelli di concentrazioni adeguati rispetto agli standard di
qualità ambientali di cui all’articolo 78-sexies, comma 1. - I programmi di prove valutative di cui al comma 2, lettera a), vengono organizzati dall’ISPRA o da altri
organismi accreditati a livello nazionale o internazionale, che rispettano i criteri stabiliti dalla norma UNI EN
ISO/CEI 17043:2010 o da altre norme equivalenti accettate a livello internazionale. L’esito della
partecipazione a tali programmi viene valutato sulla base dei sistemi di punteggio definiti dalla norma UNI
EN ISO/CEI 17043:2010, dalla norma ISO-13528:2006 o da altre norme equivalenti internazionalmente
accettate. - Obiettivo di qualità per specifica destinazione
- Sono acque a specifica destinazione funzionale:
a) le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
b) le acque destinate alla balneazione;
c) le acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei
pesci;
d) le acque destinate alla vita dei molluschi. - Fermo restando quanto disposto dall’articolo 76, commi 4 e 5, per le acque indicate al comma 1, è
perseguito, per ciascun uso, l’obiettivo di qualità per specifica destinazione stabilito nell’Allegato 2 alla
parte terza del presente decreto, fatta eccezione per le acque di balneazione. - Le regioni, al fine di un costante miglioramento dell’ambiente idrico, stabiliscono programmi, che
vengono recepiti nel Piano di tutela, per mantenere o adeguare la qualità delle acque di cui al comma 1
all’obiettivo di qualità per specifica destinazione. Le regioni predispongono apposito elenco aggiornato
periodicamente delle acque di cui al comma 1.
Capo II – Acque a specifica destinazione - Acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile
- Le acque dolci superficiali, per essere utilizzate o destinate alla produzione di acqua potabile, sono
classificate dalle regioni nelle categorie Al, A2 e A3, secondo le caratteristiche fisiche, chimiche e
microbiologiche di cui alla Tabella 1/A dell’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto. - A seconda della categoria di appartenenza, le acque dolci superficiali di cui al comma 1 sono sottoposte
ai trattamenti seguenti:
a) Categoria Al: trattamento fisico semplice e disinfezione;
b) Categoria A2: trattamento fisico e chimico normale e disinfezione;
c) Categoria A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinamento e disinfezione. - Le regioni inviano i dati relativi al monitoraggio e alla classificazione delle acque di cui ai commi 1 e 2 al
Ministero della salute, che provvede al successivo inoltro alla Commissione europea. - Le acque dolci superficiali che presentano caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche
qualitativamente inferiori ai valori limite imperativi della categoria A3 possono essere utilizzate, in via
eccezionale, solo qualora non sia possibile ricorrere ad altre fonti di approvvigionamento e a condizione che
le acque siano sottoposte ad opportuno trattamento che consenta di rispettare le norme di qualità delle
acque destinate al consumo umano. - Deroghe
- Per le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le regioni possono derogare ai valori
dei parametri di cui alla Tabella 1/A dell’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto:
a) in caso di inondazioni o di catastrofi naturali;
b) limitatamente ai parametri contraddistinti nell’Allegato 2 alla parte terza del presente
decreto Tabella 1/A dal simbolo (o), qualora ricorrano circostanze meteorologiche eccezionali
o condizioni geografiche particolari;
c) quando le acque superficiali si arricchiscono naturalmente di talune sostanze con
superamento dei valori fissati per le categorie Al, A2 e A3;
d) nel caso di laghi che abbiano una profondità non superiore ai 20 metri, che per rinnovare
le loro acque impieghino più di un anno e nel cui specchio non defluiscano acque di scarico,
limitatamente ai parametri contraddistinti nell’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto,
Tabella 1/A da un asterisco (*). - Le deroghe di cui al comma 1 non sono ammesse se ne derivi concreto pericolo per la salute pubblica.
- Acque utilizzate per l’estrazione di acqua potabile
- Fatte salve le disposizioni per le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le
regioni, all’interno del distretto idrografico di appartenenza, individuano:
a) tutti i corpi idrici superficiali e sotterranei che forniscono in media oltre 10 m3 al giorno o
servono più di 50 persone, e
b) i corpi idrici destinati a tale uso futuro. - L’autorità competente provvede al monitoraggio, a norma dell’Allegato 1 alla parte terza dei presente
decreto, dei corpi idrici che forniscono in media oltre 100 m3 al giorno. - Per i corpi idrici di cui al comma 1 deve essere conseguito l’obiettivo ambientale di cui agli articoli 76 e
seguenti. - Acque di balneazione
- Le acque destinate alla balneazione devono soddisfare i requisiti di cui al d.P.R. 8 giugno 1982, n. 470.
- Per le acque che risultano ancora non idonee alla balneazione ai sensi del decreto di cui al comma 1, le
regioni comunicano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro l’inizio della
stagione balneare successiva alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto e,
successivamente, con periodicità annuale prima dell’inizio della stagione balneare, tutte le informazioni
relative alle cause della non balneabilità ed alle misure che intendono adottare, secondo le modalità
indicate dal decreto di cui all’articolo 75, comma 6. - Acque dolci idonee alla vita dei pesci
- Le regioni effettuano la designazione delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per
esser idonee alla vita dei pesci. Ai fini di tale designazione sono privilegiati:
a) i corsi d’acqua che attraversano il territorio di parchi nazionali e riserve naturali dello Stato
nonché di parchi e riserve naturali regionali;
b) i laghi naturali ed artificiali, gli stagni ed altri corpi idrici, situati nei predetti ambiti
territoriali;
c) le acque dolci superficiali comprese nelle zone umide dichiarate “di importanza
internazionale” ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con il
d.P.R. 13 marzo 1976, n. 448, sulla protezione delle zone umide, nonché quelle comprese
nelle “oasi di protezione della fauna”, istituite dalle regioni e province autonome ai sensi della
legge 11 febbraio 1992, n. 157;
d) le acque dolci superficiali che, ancorché non comprese nelle precedenti categorie,
presentino un rilevante interesse scientifico, naturalistico, ambientale e produttivo in quanto
costituenti habitat di specie animali o vegetali rare o in via di estinzione, oppure in quanto
sede di complessi ecosistemi acquatici meritevoli di conservazione o, altresì, sede di antiche e
tradizionali forme di produzione ittica che presentino un elevato grado di sostenibilità
ecologica ed economica. - Le regioni, entro quindici mesi dalla designazione, classificano le acque dolci superficiali che presentino
valori dei parametri di qualità conformi con quelli imperativi previsti dalla Tabella 1/B dell’Allegato 2 alla
parte terza del presente decreto come acque dolci “salmonicole” o “ciprinicole”. - La designazione e la classificazione di cui ai commi 1 e 2 devono essere gradualmente estese sino a
coprire l’intero corpo idrico, ferma restando la possibilità di designare e classificare, nell’ambito del
medesimo, alcuni tratti come “acqua salmonicola” e alcuni tratti come “acqua ciprinicola”. La designazione
e la classificazione sono sottoposte a revisione in relazione ad elementi imprevisti o sopravvenuti. - Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle acque dolci idonee
alla vita dei pesci, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della Giunta provinciale, nell’ambito
delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli
scarichi ovvero degli usi delle acque. - Sono escluse dall’applicazione del presente articolo e degli articoli 85 e 86 le acque dolci superficiali dei
bacini naturali o artificiali utilizzati per l’allevamento intensivo delle specie ittiche nonché i canali artificiali
adibiti a uso plurimo, di scolo o irriguo, e quelli appositamente costruiti per l’allontanamento dei liquami e
di acque reflue industriali. - Accertamento della qualità delle acque idonee alla vita dei pesci
- Le acque designate e classificate ai sensi dell’articolo 84 si considerano idonee alla vita dei pesci se
rispondono ai requisiti riportati nella Tabella 1/B dell’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto. - Se dai campionamenti risulta che non sono rispettati uno o più valori dei parametri riportali nella Tabella
1/B dell’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, le autorità competenti al controllo accertano se
l’inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita, ad apporti inquinanti o a eccessivi prelievi, e
propongono all’autorità competente le misure appropriate. - Ai fini di una più completa valutazione delle qualità delle acque, le regioni promuovono la realizzazione
di idonei programmi di analisi biologica delle acque designate e classificate. - Deroghe
- Per le acque dolci superficiali designate o classificate per essere idonee alla vita dei pesci, le regioni
possono derogare al rispetto dei parametri indicati nella Tabella 1/B dell’Allegato 2 alla parte terza del
presente decreto con il simbolo (o) in caso di circostanze meteorologiche eccezionali o speciali condizioni
geografiche e, quanto al rispetto dei parametri riportati nella medesima Tabella, in caso di arricchimento
naturale del corpo idrico da sostanze provenienti dal suolo senza intervento diretto dell’uomo. - Acque destinate alla vita dei molluschi
- Le regioni, d’intesa con il Ministero delle politiche agricole e forestali, designano, nell’ambito delle acque
marine costiere e salmastre che sono sede di banchi e di popolazioni naturali di molluschi bivalvi e
gasteropodi, quelle richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo degli stessi e
per contribuire alla buona qualità dei prodotti della molluschicoltura direttamente commestibili per l’uomo. - Le regioni possono procedere a designazioni complementari, oppure alla revisione delle designazioni già
effettuate, in funzione dell’esistenza di elementi imprevisti al momento della designazione. - Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle acque destinate alla
vita dei molluschi, il Presidente della Giunta regionale, il Presidente della Giunta provinciale e il Sindaco,
nell’ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi
degli scarichi ovvero degli usi delle acque. - Accertamento della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi
- Le acque designate ai sensi dell’articolo 87 devono rispondere ai requisiti di qualità di cui alla Tabella 1/C
dell’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto. In caso contrario, le regioni stabiliscono programmi
per ridurne l’inquinamento. - Se da un campionamento risulta che uno o più valori dei parametri di cui alla Tabella 1/C dell’Allegato 2
alla parte terza del presente decreto non sono rispettati, le autorità competenti al controllo accertano se
l’inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita o ad altri fattori di inquinamento e le regioni
adottano misure appropriate. - Deroghe
- Per le acque destinate alla vita dei molluschi, le regioni possono derogare ai requisiti di cui alla Tabella
1/C dell’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto in caso di condizioni meteorologiche o
geomorfologiche eccezionali. - Norme sanitarie
- Le attività di cui agli articoli 87, 88 e 89 lasciano impregiudicata l’attuazione delle norme sanitarie
relative alla classificazione delle zone di produzione e di stabulazione dei molluschi bivalvi vivi, effettuata ai
sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530.
Titolo III – Tutela dei corpi idrici e disciplina degli scarichi
Capo I – Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall’inquinamento e di risanamento - Aree sensibili
- Le aree sensibili sono individuate secondo i criteri dell’Allegato 6 alla parte terza del presente decreto.
Sono comunque aree sensibili:
a) i laghi di cui all’Allegato 6 alla parte terza del presente decreto, nonché i corsi d’acqua a
esse afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;
b) le aree lagunari di Orbetello, Ravenna e Piallassa-Baiona, le Valli di Comacchio, i laghi
salmastri e il delta del Po;
c) le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa
esecutiva con d.P.R. 13 marzo 1976, n. 448;
d) le aree costiere dell’Adriatico Nord-Occidentale dalla foce dell’Adige al confine meridionale
del comune di Pesaro e i corsi d’acqua ad essi afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla
linea di costa;
e) il lago di Garda e il lago d’ldro;
f) i fiumi Sarca-Mincio, Oglio, Adda, Lambro-Olona meridionale e Ticino;
g) il fiume Arno a valle di Firenze e i relativi affluenti;
h) il golfo di Castellammare in Sicilia;
i) le acque costiere dell’Adriatico settentrionale. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza Stato-regioni, entro
centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto individua con
proprio decreto ulteriori aree sensibili identificate secondo i criteri di cui all’Allegato 6 alla parte terza del
presente decreto. - Resta fermo quanto disposto dalla legislazione vigente relativamente alla tutela di Venezia.
- Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l’Autorità di bacino, entro un anno dalla data
di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, possono
designare ulteriori aree sensibili ovvero individuare all’interno delle aree indicate nel comma 2 i corpi idrici
che non costituiscono aree sensibili. - Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l’Autorità di bacino, delimitano i bacini
drenanti nelle aree sensibili che contribuiscono all’inquinamento di tali aree. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede con proprio decreto, da
emanare ogni quattro anni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sentita la
Conferenza Stato-regioni, alla riedificazione delle aree sensibili e dei rispettivi bacini drenanti che
contribuiscono all’inquinamento delle aree sensibili. - Le nuove aree sensibili identificate ai sensi dei commi 2, 4, e 6 devono soddisfare i requisiti dell’articolo
106 entro sette anni dall’identificazione. - Gli scarichi recapitanti nei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili di cui ai commi 2 e 6 sono
assoggettate alle disposizioni di cui all’articolo 106. - Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola
- Le zone vulnerabili sono individuate secondo i criteri di cui all’Allegato 7/A-I alla parte terza del presente
decreto. - Ai fini della prima individuazione sono designate zone vulnerabili le aree elencate nell’Allegato 7/A-III
alla parte terza del presente decreto. - Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti alla data di entrata in vigore della parte terza del
presente decreto, dopo quattro anni da tale data il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare con proprio decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, può modificare i criteri di cui al comma 1. - Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sulla base
dei dati disponibili e tenendo conto delle indicazioni stabilite nell’Allegato 7/A-I alla parte terza del presente
decreto, le regioni, sentite le Autorità di bacino, possono individuare ulteriori zone vulnerabili oppure,
all’interno delle zone indicate nell’Allegato 7/A-III alla parte terza del presente decreto, le parti che non
costituiscono zone vulnerabili. - Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti al momento della precedente designazione,
almeno ogni quattro anni le regioni, sentite le Autorità di bacino, devono riesaminare e, se necessario,
opportunamente rivedere o completare le designazioni delle zone vulnerabili. A tal fine le regioni
predispongono e attuano, ogni quattro anni, un programma di controllo per verificare le concentrazioni dei
nitrati nelle acque dolci per il periodo di un anno, secondo le prescrizioni di cui all’Allegato 7/A-I alla parte
terza del presente decreto, nonché riesaminano lo stato eutrofico causato da azoto delle acque dolci
superficiali, delle acque di transizione e delle acque marine costiere.
(comma così modificato dall’art. 24, comma 1, legge n. 97 del 2013) - Nelle zone individuate ai sensi dei commi 2, 4 e 5 devono essere attuati i programmi di azione di cui al
comma 7, nonché le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al decreto del
Ministro per le politiche agricole e forestali 19 aprile 1999, pubblicato nel Supplemento ordinario alla
Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 1999. - Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto per le zone designate
ai sensi dei commi 2 e 4, ed entro un anno dalla data di designazione per le ulteriori zone di cui al comma
5, le regioni, sulla base delle indicazioni e delle misure di cui all’Allegato 7/A-IV alla parte terza del
presente decreto, definiscono, o rivedono se già posti in essere, i programmi d’azione obbligatori per la
tutela e il risanamento delle acque dall’inquinamento causato da nitrati di origine agricola, e provvedono
alla loro attuazione nell’anno successivo per le zone vulnerabili di cui ai commi 2 e 4 e nei successivi
quattro anni per le zone di cui al comma 5. - Le regioni provvedono, inoltre, a:
a) integrare, se del caso, in relazione alle esigenze locali, il codice di buona pratica agricola,
stabilendone le modalità di applicazione;
b) predisporre ed attuare interventi di formazione e di informazione degli agricoltori sul
programma di azione e sul codice di buona pratica agricola;
c) elaborare ed applicare, entro quattro anni a decorrere dalla definizione o revisione dei
programmi di cui al comma 7, i necessari strumenti di controllo e verifica dell’efficacia dei
programmi stessi sulla base dei risultati ottenuti; ove necessario, modificare o integrare tali
programmi individuando, tra le ulteriori misure possibili, quelle maggiormente efficaci, tenuto
conto dei costi di attuazione delle misure stesse.
8-bis. Le regioni riesaminano e, se del caso, rivedono i programmi d’azione obbligatori di cui al comma 7,
inclusa qualsiasi misura supplementare adottata ai sensi della lettera c) del comma 8, per lo meno ogni
quattro anni.
(comma introdotto dall’art. 24, comma 1, legge n. 97 del 2013) - Gli esiti del riesame delle designazioni di cui al comma 5, i programmi di azione stabiliti ai sensi del
comma 7, inclusi gli esiti del riesame di cui al comma 8-bis, i risultati delle verifiche dell’efficacia degli stessi
e le revisioni effettuate sono comunicati al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare,
secondo le modalità indicate nel decreto di cui all’articolo 75, comma 6. Al Ministero per le politiche
agricole e forestali è data tempestiva notizia delle integrazioni apportate al codice di buona pratica agricola
di cui al comma 8, lettera a), nonché degli interventi di formazione e informazione.
(comma così modificato dall’art. 24, comma 1, legge n. 97 del 2013) - Al fine di garantire un generale livello di protezione delle acque è raccomandata l’applicazione del
codice di buona pratica agricola anche al di fuori delle zone vulnerabili. - Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e zone vulnerabili alla desertificazione
- Con le modalità previste dall’articolo 92, e sulla base delle indicazioni contenute nell’Allegato 7/B alla
parte terza del presente decreto, le regioni identificano le aree vulnerabili da prodotti fitosanitari secondo i
criteri di cui all’articolo 5, comma 21, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, allo scopo di
proteggere le risorse idriche o altri comparti ambientali dall’inquinamento derivante dall’uso di prodotti
fitosanitari. - Le regioni e le Autorità di bacino verificano la presenza nel territorio di competenza di aree soggette o
minacciate da fenomeni di siccità, degrado del suolo e processi di desertificazione e le designano quali aree
vulnerabili alla desertificazione. - Per le aree di cui al comma 2, nell’ambito della pianificazione di distretto e della sua attuazione, sono
adottate specifiche misure di tutela, secondo i criteri previsti nel Piano d’azione nazionale di cui alla
delibera CIPE del 22 dicembre 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1999. - Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al
consumo umano - Su proposta delle Autorità d’àmbito, le regioni, per mantenere e migliorare le caratteristiche qualitative
delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, erogate a terzi mediante impianto di
acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse, nonché per la tutela dello stato delle risorse,
individuano le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto, nonché, all’interno
dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, le zone di protezione. - Per gli approvvigionamenti diversi da quelli di cui al comma 1, le Autorità competenti impartiscono, caso
per caso, le prescrizioni necessarie per la conservazione e la tutela della risorsa e per il controllo delle
caratteristiche qualitative delle acque destinate al consumo umano. - La zona di tutela assoluta è costituita dall’area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni:
essa, in caso di acque sotterranee e, ove possibile, per le acque superficiali, deve avere un’estensione di
almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e dev’essere
adibita esclusivamente a opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio. - La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da
sottoporre a vincoli e destinazioni d’uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa
idrica captata e può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata, in relazione
alla tipologia dell’opera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa.
In particolare, nella zona di rispetto sono vietati l’insediamento dei seguenti centri di pericolo e lo
svolgimento delle seguenti attività:
a) dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;
b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;
c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l’impiego di tali sostanze
sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga
conto della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e
della vulnerabilità delle risorse idriche;
d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da piazzali e strade.
e) aree cimiteriali;
f) apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;
g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo umano
e di quelli finalizzati alla variazione dell’estrazione ed alla protezione delle caratteristiche
quali-quantitative della risorsa idrica;
h) gestione di rifiuti;
i) stoccaggio di prodotti ovvero, sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;
l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;
m) pozzi perdenti;
n) pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di azoto
presente negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione. É comunque
vietata la stabulazione di bestiame nella zona di rispetto ristretta. - Per gli insediamenti o le attività di cui al comma 4, preesistenti, ove possibile, e comunque ad eccezione
delle aree cimiteriali, sono adottate le misure per il loro allontanamento; in ogni caso deve essere garantita
la loro messa in sicurezza. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del
presente decreto le regioni e le province autonome disciplinano, all’interno delle zone di rispetto, le
seguenti strutture o attività:
a) fognature;
b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;
c) opere viarie, ferroviarie e in genere infrastrutture di servizio;
d) pratiche agronomiche e contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera c) del comma
4. - In assenza dell’individuazione da parte delle regioni o delle province autonome della zona di rispetto ai
sensi del comma 1, la medesima ha un’estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o
di derivazione. - Le zone di protezione devono essere delimitate secondo le indicazioni delle regioni o delle province
autonome per assicurare la protezione del patrimonio idrico. In esse si possono adottare misure relative
alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili, produttivi,
turistici, agro-forestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici comunali, provinciali, regionali, sia
generali sia di settore. - Ai fini della protezione delle acque sotterranee, anche di quelle non ancora utilizzate per l’uso umano, le
regioni e le province autonome individuano e disciplinano, all’interno delle zone di protezione, le seguenti
aree:
a) aree di ricarica della falda;
b) emergenze naturali ed artificiali della falda;
c) zone di riserva.
Capo II – Tutela quantitativa della risorsa e risparmio idrico - Pianificazione del bilancio idrico
- La tutela quantitativa della risorsa concorre al raggiungimento degli obiettivi di qualità attraverso una
pianificazione delle utilizzazioni delle acque volta ad evitare ripercussioni sulla qualità delle stesse e a
consentire un consumo idrico sostenibile. - Nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad assicurare l’equilibrio del bilancio idrico come definito
dalle Autorità di bacino, nel rispetto delle priorità stabilite dalla normativa vigente e tenendo conto dei
fabbisogni, delle disponibilità, del minimo deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della falda e delle
destinazioni d’uso della risorsa compatibili con le relative caratteristiche qualitative e quantitative. - Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, le regioni
definiscono, sulla base delle linee guida adottate dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni
e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché sulla base dei criteri già adottati dalle Autorità di
bacino, gli obblighi di installazione e manutenzione in regolare stato di funzionamento di idonei dispositivi
per la misurazione delle portate e dei volumi d’acqua pubblica derivati, in corrispondenza dei punti di
prelievo e, ove presente, di restituzione, nonché gli obblighi e le modalità di trasmissione dei risultati delle
misurazioni dell’Autorità concedente per il loro successivo inoltro alla regione ed alle Autorità di bacino
competenti. Le Autorità di bacino provvedono a trasmettere i dati in proprio possesso al Servizio geologico
d’Italia – Dipartimento difesa del suolo dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale
(APAT) secondo le modalità di cui all’articolo 75, comma 6. - Salvo quanto previsto al comma 5, tutte le derivazioni di acqua comunque in atto alla data di entrata in
vigore della parte terza del presente decreto sono regolate dall’Autorità concedente mediante la previsione
di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici, come definito secondo i criteri adottati dal
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare con apposito decreto, previa intesa con la
Conferenza Stato-regioni, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della
pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione. - Per le finalità di cui ai commi 1 e 2, le Autorità concedenti effettuano il censimento di tutte le
utilizzazioni in atto nel medesimo corpo idrico sulla base dei criteri adottati dal Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; le medesime Autorità provvedono
successivamente, ove necessario, alla revisione di tale censimento, disponendo prescrizioni o limitazioni
temporali o quantitative, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della
pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione. - Nel provvedimento di concessione preferenziale, rilasciato ai sensi dell’articolo 4 del regio decreto 11
dicembre 1933, n. 1775, sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il minimo deflusso
vitale nei corpi idrici nonché le prescrizioni necessarie ad assicurare l’equilibrio del bilancio idrico. - Modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775
- Il secondo comma dell’articolo 7 del testo unico delle disposizioni sulle acque impianti elettrici,
approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente: (omissis) - I commi 1 e 1-bis dell’articolo 9 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, sono sostituiti dai
seguenti: (omissis) - L’articolo 12-bis del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente: (omissis)
- L’articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente: (omissis)
- Il secondo comma dell’articolo 54 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, già abrogato dall’articolo
23 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, resta abrogato. - Fatto salvo quanto previsto dal comma 7, per le derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in
parte abusivamente in atto è ammessa la presentazione di domanda di concessione in sanatoria entro il 30
giugno 2006 previo pagamento della sanzione di cui all’articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n.
1775, aumentata di un quinto. Successivamente a tale data, alle derivazioni o utilizzazioni di acqua
pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto si applica l’articolo 17, comma 3, del regio decreto 11
dicembre 1933 n. 1775. La concessione in sanatoria è rilasciata nel rispetto della legislazione vigente e
delle utenze regolarmente assentite. In pendenza del procedimento istruttorio della concessione in
sanatoria, l’utilizzazione può proseguire fermo restando l’obbligo del pagamento del canone per l’uso
effettuato e il potere dell’autorità concedente di sospendere in qualsiasi momento l’utilizzazione qualora in
contrasto con i diritti di terzi o con il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità e
dell’equilibrio del bilancio idrico. Restano comunque ferme le disposizioni di cui all’articolo 95, comma 5. - I termini entro i quali far valere, a pena di decadenza, ai sensi degli articoli 3 e 4 del regio decreto 11
dicembre 1933, n. 1775, il diritto al riconoscimento o alla concessione di acque che hanno assunto natura
pubblica a norma dell’articolo 1, comma 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché per la presentazione
delle denunce dei pozzi a norma dell’articolo 10 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275, sono
prorogati al 31 dicembre 2007. In tali casi i canoni demaniali decorrono dal 10 agosto 1999. Nel
provvedimento di concessione preferenziale sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire
il minimo deflusso vitale nei corpi idrici e quelle prescrizioni necessarie ad assicurare l’equilibrio del bilancio
idrico.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 1, legge n. 17 del 2007) - Il primo comma dell’articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:
(omissis) - Dopo il terzo comma dell’articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è inserito il seguente:
(omissis) - Fatta salva l’efficacia delle norme più restrittive, tutto il territorio nazionale è assoggettato a tutela ai
sensi dell’articolo 94 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775. - Le regioni disciplinano i procedimenti di rilascio delle concessioni di derivazione di acque pubbliche nel
rispetto delle direttive sulla gestione del demanio idrico nelle quali sono indicate anche le possibilità di
libero utilizzo di acque superficiali scolanti su suoli o in fossi di canali di proprietà privata. Le regioni, sentite
le Autorità di bacino, disciplinano forme di regolazione dei prelievi delle acque sotterranee per gli usi
domestici, come definiti dall’articolo 93 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, laddove sia
necessario garantire l’equilibrio del bilancio idrico. - Acque minerali naturali e di sorgenti
- Le concessioni di utilizzazione delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente sono rilasciate
tenuto conto delle esigenze di approvvigionamento e distribuzione delle acque potabili e delle previsioni del
Piano di tutela di cui all’articolo 121. - Risparmio idrico
- Coloro che gestiscono o utilizzano la risorsa idrica adottano le misure necessarie all’eliminazione degli
sprechi ed alla riduzione dei consumi e ad incrementare il riciclo ed il riutilizzo, anche mediante
l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili. - Le regioni, sentite le Autorità di bacino, approvano specifiche norme sul risparmio idrico in agricoltura,
basato sulla pianificazione degli usi, sulla corretta individuazione dei fabbisogni nel settore, e sui controlli
degli effettivi emungimenti. - Riutilizzo dell’acqua
- Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto, sentiti i Ministri delle
politiche agricole e forestali, della salute e delle attività produttive, detta le norme tecniche per il riutilizzo
delle acque reflue. - Le regioni, nel rispetto dei principi della legislazione statale, e sentita l’Autorità di vigilanza sulle risorse
idriche e sui rifiuti, adottano norme e misure volte a favorire il riciclo dell’acqua e il riutilizzo delle acque
reflue depurate.
Capo III – Tutela qualitativa della risorsa: disciplina degli scarichi - Reti fognarie
- Gli agglomerati con un numero di abitanti equivalenti superiore a 2.000 devono essere provvisti di reti
fognarie per le acque reflue urbane. - La progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti fognarie si effettuano adottando le migliori
tecniche disponibili e che comportino costi economicamente ammissibili, tenendo conto, in particolare:
a) della portata media, del volume annuo e delle caratteristiche delle acque reflue urbane;
b) della prevenzione di eventuali fenomeni di rigurgito che comportino la fuoriuscita delle
acque reflue dalle sezioni fognarie;
c) della limitazione dell’inquinamento dei ricettori, causato da tracimazioni originate da
particolari eventi meteorici. - Per insediamenti, installazioni o edifici isolati che producono acque reflue domestiche, le regioni
individuano sistemi individuali o altri sistemi pubblici o privati adeguati che raggiungano lo stesso livello di
protezione ambientale, indicando i tempi di adeguamento degli scarichi a detti sistemi. - Criteri generali della disciplina degli scarichi
- Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono
comunque rispettare i valori limite previsti nell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
L’autorizzazione può in ogni caso stabilire specifiche deroghe ai suddetti limiti e idonee prescrizioni per i
periodi di avviamento e di arresto e per l’eventualità di guasti nonché per gli ulteriori periodi transitori
necessari per il ritorno alle condizioni di regime. - Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nell’esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi
ammissibili e delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di
cui all’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, sia in concentrazione massima ammissibile sia in
quantità massima per unità di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di
sostanze affini. Le regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell’Allegato 5
alla parte terza del presente decreto:
a) nella Tabella 1, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali;
b) nella Tabella 2, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali
ricadenti in aree sensibili;
c) nella Tabella 3/A, per i cicli produttivi ivi indicati;
d) nelle Tabelle 3 e 4, per quelle sostanze indicate nella Tabella 5 del medesimo Allegato. - Tutti gli scarichi, ad eccezione di quelli domestici e di quelli ad essi assimilati ai sensi del comma 7,
lettera e), devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell’autorità competente per il
controllo nel punto assunto a riferimento per il campionamento, che, salvo quanto previsto dall’articolo
108, comma 4, va effettuato immediatamente a monte della immissione nel recapito in tutti gli impluvi
naturali, le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, le fognature, sul suolo e nel sottosuolo. - L’autorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare tutte le ispezioni che ritenga necessarie
per l’accertamento delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Essa può richiedere che
scarichi parziali contenenti le sostanze di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 17 e 18 della
tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto subiscano un trattamento particolare prima
della loro confluenza nello scarico generale. - I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti mediante diluizione con acque
prelevate esclusivamente allo scopo. Non è comunque consentito diluire con acque di raffreddamento, di
lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli scarichi parziali di cui al comma 4, prima del trattamento
degli stessi per adeguarli ai limiti previsti dalla parte terza dal presente decreto. L’autorità competente, in
sede di autorizzazione prescrive che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate
per la produzione di energia, sia separato dagli scarichi terminali contenenti le sostanze di cui al comma 4.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 8, d.lgs. n. 4 del 2008) - Qualora le acque prelevate da un corpo idrico superficiale presentino parametri con valori superiori ai
valori-limite di emissione, la disciplina dello scarico è fissata in base alla natura delle alterazioni e agli
obiettivi di qualità del corpo idrico ricettore. In ogni caso le acque devono essere restituite con
caratteristiche qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza maggiorazioni di portata allo stesso
corpo idrico dal quale sono state prelevate. - Salvo quanto previsto dall’articolo 112, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono
assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue:
a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla
silvicoltura;
b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame;
(lettera così modificata dall’art. 2, comma 8, d.lgs. n. 4 del 2008)
c) provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche
attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere
di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima
lavorata proveniente in misura prevalente dall’attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia
a qualunque titolo la disponibilità;
d) provenienti da impianti di acqua coltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e che si
caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di
specchio d’acqua o in cui venga utilizzata una portata d’acqua pari o inferiore a 50 litri al
minuto secondo;
e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa
regionale;
f) provenienti da attività termali, fatte salve le discipline regionali di settore.
7-bis. Sono altresì assimilate alle acque reflue domestiche, ai fini dello scarico in pubblica fognatura, le
acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari. Al fine di assicurare la tutela del corpo idrico ricettore e il
rispetto della disciplina degli scarichi delle acque reflue urbane, lo scarico di acque di vegetazione in
pubblica fognatura è ammesso, ove l’ente di governo dell’ambito e il gestore d’ambito non ravvisino criticità
nel sistema di depurazione, per i frantoi che trattano olive provenienti esclusivamente dal territorio
regionale e da aziende agricole i cui terreni insistono in aree scoscese o terrazzate ove i metodi di
smaltimento tramite fertilizzazione e irrigazione non siano agevolmente praticabili, previo idoneo
trattamento che garantisca il rispetto delle norme tecniche, delle prescrizioni regolamentari e dei valori
limite adottati dal gestore del servizio idrico integrato in base alle caratteristiche e all’effettiva capacità di
trattamento dell’impianto di depurazione.
(comma introdotto dall’art. 65 della legge n. 221 del 2015) - Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente
ogni due anni, le regioni trasmettono al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, al
Servizio geologico d’Italia -Dipartimento difesa del suolo dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale (APAT) e all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti le informazioni relative alla
funzionalità dei depuratori, nonché allo smaltimento dei relativi fanghi, secondo le modalità di cui
all’articolo 75, comma 5. - Al fine di assicurare la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato dell’ambiente le regioni
pubblicano ogni due anni, sui propri Bollettini Ufficiali e siti internet istituzionali, una relazione sulle attività
di smaltimento delle acque reflue urbane nelle aree di loro competenza, secondo le modalità indicate nel
decreto di cui all’articolo 75, comma 5. - Le Autorità competenti possono promuovere e stipulare accordi e contratti di programma con soggetti
economici interessati, al fine di favorire il risparmio idrico, il riutilizzo delle acque di scarico e il recupero
come materia prima dei fanghi di depurazione, con la possibilità di ricorrere a strumenti economici, di
stabilire agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi e di fissare, per le sostanze ritenute utili,
limiti agli scarichi in deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e delle
misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualità. - Scarichi di acque termali
- Per le acque termali che presentano all’origine parametri chimici con valori superiori a quelli limite di
emissione, è ammessa la deroga ai valori stessi a condizione che le acque siano restituite con
caratteristiche qualitative non superiori rispetto a quelle prelevate ovvero che le stesse, nell’ambito
massimo del 10 per cento, rispettino i parametri batteriologici e non siano presenti le sostanze pericolose
di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. - Gli scarichi termali sono ammessi, fatta salva la disciplina delle autorizzazioni adottata dalle regioni ai
sensi dell’articolo 124, comma 5:
a) in corpi idrici superficiali, purché la loro immissione nel corpo ricettore non comprometta
gli usi delle risorse idriche e non causi danni alla salute ed all’ambiente;
b) sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, previa verifica delle situazioni geologiche;
c) in reti fognarie, purché vengano osservati i regolamenti emanati dal gestore del servizio
idrico integrato e vengano autorizzati dalle Autorità di ambito;
d) in reti fognarie di tipo separato previste per le acque meteoriche. - Scarichi sul suolo
- È vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, fatta eccezione:
a) per i casi previsti dall’articolo 100, comma 3;
b) per gli scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie;
c) per gli scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali sia accertata l’impossibilità
tecnica o l’eccessiva onerosità, a fronte dei benefici ambientali conseguibili, a recapitare in
corpi idrici superficiali, purché gli stessi siano conformi ai criteri ed ai valori-limite di
emissione fissati a tal fine dalle regioni ai sensi dell’articolo 101, comma 2. Sino
all’emanazione di nuove norme regionali si applicano i valori limite di emissione della Tabella
4 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;
d) per gli scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di rocce naturali nonché dagli
impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purché i relativi fanghi siano costituiti
esclusivamente da acqua e inerti naturali e non comportino danneggiamento delle falde
acquifere o instabilità dei suoli;
e) per gli scarichi di acque meteoriche convogliate in reti fognarie separate;
f) per le acque derivanti dallo sfioro dei serbatoi idrici, dalle operazioni di manutenzione delle
reti idropotabili e dalla manutenzione dei pozzi di acquedotto. - Al di fuori delle ipotesi previste al comma 1, gli scarichi sul suolo esistenti devono essere convogliati in
corpi idrici superficiali, in reti fognarie ovvero destinati al riutilizzo in conformità alle prescrizioni fissate con
il decreto di cui all’articolo 99, comma 1. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati,
l’autorizzazione allo scarico si considera a tutti gli effetti revocata. - Gli scarichi di cui alla lettera c) del comma 1 devono essere conformi ai limiti della Tabella 4 dell’Allegato
5 alla parte terza del presente decreto. Resta comunque fermo il divieto di scarico sul suolo delle sostanze
indicate al punto 2.1 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. - Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee
- È vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo.
- In deroga a quanto previsto al comma 1, l’autorità competente, dopo indagine preventiva, può
autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per scopi geotermici, delle acque di
infiltrazione di miniere o cave o delle acque pompate nel corso di determinati lavori di ingegneria civile, ivi
comprese quelle degli impianti di scambio termico. - In deroga a quanto previsto al comma 1, per i giacimenti a mare, il Ministero dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare e del mare, d’intesa con il Ministero dello sviluppo economico e, per i giacimenti a
terra, ferme restando le competenze del Ministero dello sviluppo economico in materia di ricerca e
coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, le regioni possono autorizzare lo scarico di acque risultanti
dall’estrazione di idrocarburi nelle unità geologiche profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti
ovvero in unità dotate delle stesse caratteristiche che contengano, o abbiano contenuto, idrocarburi,
indicando le modalità dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre acque di scarico o altre sostanze
pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi. Le relative
autorizzazioni sono rilasciate con la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che le
acque di scarico non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi.
(comma così sostituito dall’art. 7, comma 6, d.lgs. n. 30 del 2009) - In deroga a quanto previsto al comma 1, l’autorità competente, dopo indagine preventiva anche
finalizzata alla verifica dell’assenza di sostanze estranee, può autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle
acque utilizzate per il lavaggio e la lavorazione degli inerti, purché i relativi fanghi siano costituiti
esclusivamente da acqua ed inerti naturali ed il loro scarico non comporti danneggiamento alla falda
acquifera. A tal fine, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (ARPA) competente per territorio, a
spese del soggetto richiedente l’autorizzazione, accerta le caratteristiche quantitative e qualitative dei
fanghi e l’assenza di possibili danni per la falda, esprimendosi con parere vincolante sulla richiesta di
autorizzazione allo scarico.
4-bis. Fermo restando il divieto di cui al comma 1, l’autorità competente, al fine del raggiungimento
dell’obiettivo di qualità dei corpi idrici sotterranei, può autorizzare il ravvenamento o l’accrescimento
artificiale dei corpi sotterranei, nel rispetto dei criteri stabiliti con decreto del Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare. L’acqua impiegata può essere di provenienza superficiale o sotterranea, a
condizione che l’impiego della fonte non comprometta la realizzazione degli obiettivi ambientali fissati per
la fonte o per il corpo idrico sotterraneo oggetto di ravvenamento o accrescimento. Tali misure sono
riesaminate periodicamente e aggiornate quando occorre nell’ambito del Piano di tutela e del Piano di
gestione.
(comma introdotto dall’art. 24, comma 1, legge n. 97 del 2013) - Per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi o gassosi in mare, lo scarico
delle acque diretto in mare avviene secondo le modalità previste dal Ministro dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare con proprio decreto, purché la concentrazione di olii minerali sia inferiore a 40
mg/1. Lo scarico diretto a mare è progressivamente sostituito dalla iniezione o reiniezione in unità
geologiche profonde, non appena disponibili pozzi non più produttivi ed idonei all’iniezione o reiniezione, e
deve avvenire comunque nel rispetto di quanto previsto dai commi 2 e 3. - Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in sede di autorizzazione allo scarico in
unità geologiche profonde di cui al comma 3, autorizza anche lo scarico diretto a mare, secondo le
modalità previste dai commi 5 e 7, per i seguenti casi:
a) per la frazione di acqua eccedente, qualora la capacità del pozzo iniettore o reiniettore non
sia sufficiente a garantire la ricezione di tutta l’acqua risultante dall’estrazione di idrocarburi;
b) per il tempo necessario allo svolgimento della manutenzione, ordinaria e straordinaria,
volta a garantire la corretta funzionalità e sicurezza del sistema costituito dal pozzo e
dall’impianto di iniezione o di reiniezione. - Lo scarico diretto in mare delle acque di cui ai commi 5 e 6 è autorizzato previa presentazione di un
piano di monitoraggio volto a verificare l’assenza di pericoli per le acquee per gli ecosistemi acquatici. - Al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3, 5 e 7, gli scarichi nel sottosuolo e nelle acque
sotterranee, esistenti e debitamente autorizzati, devono essere convogliati in corpi idrici superficiali ovvero
destinati, ove possibile, al riciclo, al riutilizzo o all’utilizzazione agronomica. In caso di mancata
ottemperanza agli obblighi indicati, l’autorizzazione allo scarico è revocata.
8-bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le
autorizzazioni ambientali di cui ai commi 5 e 7 sono istruite a livello di progetto esecutivo e rilasciate dalla
stessa autorità competente per il provvedimento che conclude motivatamente il procedimento di
valutazione di impatto ambientale.
(comma aggiunto dall’art. 8, comma 1, legge n. 221 del 2015) - Scarichi in acque superficiali
- Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali devono rispettare i valori-limite di emissione
fissati ai sensi dell’articolo 101, commi 1 e 2, in funzione del perseguimento degli obiettivi di qualità. - Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie, provenienti da agglomerati con
meno di 2.000 abitanti equivalenti e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione, e gli scarichi
provenienti da agglomerati con meno di 10.000 abitanti equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere,
sono sottoposti ad un trattamento appropriato, in conformità con le indicazioni dell’Allegato 5 alla parte
terza del presente decreto. - Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o
ad un trattamento equivalente in conformità con le indicazioni dell’Allegato 5 alla parte terza del presente
decreto. - Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresì, i valori-limite di emissione fissati ai sensi
dell’articolo 101, commi 1 e 2. - Le regioni dettano specifica disciplina per gli scarichi di reti fognarie provenienti da agglomerati a forte
fluttuazione stagionale degli abitanti, tenuto conto di quanto disposto ai commi 2 e 3 e fermo restando il
conseguimento degli obiettivi di qualità. - Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate in zone d’alta montagna, ossia al di sopra dei 1500
metri sul livello del mare, dove, a causa delle basse temperature, è difficile effettuare un trattamento
biologico efficace, possono essere sottoposti ad un trattamento meno spinto di quello previsto al comma 3,
purché appositi studi comprovino che i suddetti scarichi non avranno ripercussioni negative sull’ambiente. - Scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree sensibili
- Ferme restando le disposizioni dell’articolo 101, commi 1 e 2, le acque reflue urbane provenienti da
agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti, che scaricano in acque recipienti individuate quali aree
sensibili, devono essere sottoposte ad un trattamento più spinto di quello previsto dall’articolo 105, comma
3, secondo i requisiti specifici indicati nell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. - Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano nelle aree sensibili in cui può essere dimostrato che la
percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle
acque reflue urbane è pari almeno al settantacinque per cento per il fosforo totale oppure per almeno il
settantacinque per cento per l’azoto totale. - Le regioni individuano, tra gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane
situati all’interno dei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili, quelli che, contribuendo all’inquinamento di
tali aree, sono da assoggettare al trattamento di cui ai commi 1 e 2 in funzione del raggiungimento
dell’obiettivo di qualità dei corpi idrici ricettori. - Scarichi in reti fognarie
- Ferma restando l’inderogabilità dei valori-limite di emissione di cui alla tabella 3/A dell’Allegato 5 alla
parte terza del presente decreto e, limitatamente ai parametri di cui alla nota 2 della Tabella 5 del
medesimo Allegato 5, alla Tabella 3, gli scarichi di acque reflue industriali che recapitano in reti fognarie
sono sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari e ai valori-limite adottati dall’ente di
governo dell’ambito competente in base alle caratteristiche dell’impianto, e in modo che sia assicurata la
tutela del corpo idrico ricettore nonché il rispetto della disciplina degli scarichi di acque reflue urbane
definita ai sensi dell’articolo 101, commi 1 e 2. - Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie sono sempre ammessi purché
osservino i regolamenti emanati dal soggetto gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall’ente di
governo dell’ambito competente. - Non è ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura, ad eccezione di quelli organici
provenienti dagli scarti dell’alimentazione trattati con apparecchi dissipatori di rifiuti alimentari che ne
riducano la massa in particelle sottili, previo accertamento dell’esistenza di un sistema di depurazione da
parte dell’ente gestore del servizio idrico integrato, che assicura adeguata informazione al pubblico anche
in merito alla planimetria delle zone servite da tali sistemi. L’installazione delle apparecchiature è
comunicata da parte del rivenditore al gestore del servizio idrico, che ne controlla la diffusione sul
territorio.
(comma così sostituito dall’art. 9-quater, comma 1, legge n. 210 del 2008) - Le regioni, sentite le province, possono stabilire norme integrative per il controllo degli scarichi degli
insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di
pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni. - Scarichi di sostanze pericolose
- Le disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose si applicano agli stabilimenti nei quali si
svolgono attività che comportano la produzione, la trasformazione o l’utilizzazione delle sostanze di cui alle
Tabelle 3/A e 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, e nei cui scarichi sia accertata la
presenza di tali sostanze in quantità o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dalle
metodiche di rilevamento in essere alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, o,
successivamente, superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dagli aggiornamenti a tali metodiche messi a
punto ai sensi del punto 4 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. - Tenendo conto della tossicità, della persistenza e della bioaccumulazione della sostanza considerata
nell’ambiente in cui è effettuato lo scarico, l’autorità competente in sede di rilascio dell’autorizzazione fissa,
nei casi in cui risulti accertato che i valori limite definiti ai sensi dell’articolo 101, commi 1 e 2, impediscano
o pregiudichino il conseguimento degli obiettivi di qualità previsti nel Piano di tutela di cui all’articolo 121,
anche per la compresenza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di emissione più restrittivi di
quelli fissati ai sensi dell’articolo 101, commi 1 e 2.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 9, d.lgs. n. 4 del 2008) - Ai fini dell’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 dell’articolo 107 e del comma 2 del presente
articolo, entro il 30 ottobre 2007 devono essere attuate le prescrizioni concernenti gli scarichi delle imprese
assoggettate alle disposizioni del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto. Dette prescrizioni,
concernenti valori limite di emissione, parametri e misure tecniche, si basano sulle migliori tecniche
disponibili, senza obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle
caratteristiche tecniche dell’impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali
dell’ambiente. - Per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai
cicli produttivi indicati nella medesima tabella, le autorizzazioni stabiliscono altresì la quantità massima
della sostanza espressa in unità di peso per unità di elemento caratteristico dell’attività inquinante e cioè
per materia prima o per unità di prodotto, in conformità con quanto indicato nella stessa Tabella. Gli
scarichi contenenti le sostanze pericolose di cui al comma 1 sono assoggettati alle prescrizioni di cui al
punto 1.2.3. dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. - Per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della Tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del
presente decreto, il punto di misurazione dello scarico è fissato secondo quanto previsto dall’autorizzazione
integrata ambientale di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e, nel caso di attività non
rientranti nel campo di applicazione del suddetto decreto, subito dopo l’uscita dallo stabilimento o
dall’impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo. L’autorità competente può richiedere che
gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5 del medesimo Allegato 5 siano tenuti separati dallo
scarico generale e disciplinati come rifiuti. Qualora, come nel caso dell’articolo 124, comma 2, secondo
periodo, l’impianto di trattamento di acque reflue industriali che tratta le sostanze pericolose, di cui alla
tabella 5 del medesimo allegato 5, riceva, tramite condotta, acque reflue provenienti da altri stabilimenti
industriali o acque reflue urbane, contenenti sostanze diverse non utili ad un modifica o ad una riduzione
delle sostanze pericolose, in sede di autorizzazione l’autorità competente ridurrà opportunamente i valori
limite di emissione indicati nella tabella 3 del medesimo Allegato 5 per ciascuna delle predette sostanze
pericolose indicate in Tabella 5, tenendo conto della diluizione operata dalla miscelazione delle diverse
acque reflue.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 10, d.lgs. n. 4 del 2008) - L’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell’Allegato 5
alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella tabella medesima, redige un
elenco delle autorizzazioni rilasciate, degli scarichi esistenti e dei controlli effettuati, ai fini del successivo
inoltro alla Commissione europea.
Capo IV – Ulteriori misure per la tutela dei corpi idrici - Immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare
di cavi e condotte - Al fine della tutela dell’ambiente marino e in conformità alle disposizioni delle convenzioni internazionali
vigenti in materia, è consentita l’immersione deliberata in mare da navi ovvero aeromobili e da strutture
ubicate nelle acque del mare o in ambiti ad esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri e
terrapieni costieri, dei materiali seguenti:
a) materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi;
b) inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia
dimostrata la compatibilità e l’innocuità ambientale;
c) materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra, prodotto durante l’attività di
pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri. - L’autorizzazione all’immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera a), è rilasciata dalla
regione, fatta eccezione per gli interventi ricadenti in aree protette nazionali di cui alle leggi 31 dicembre
1982, n. 979 e 6 dicembre 1991, n. 394, per i quali è rilasciata dal Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, in conformità alle modalità stabilite con decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle politiche
agricole e forestali, delle attività produttive previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla
data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.
(comma così modificato dall’art. 24, comma 1, lettera d), legge n. 35 del 2012) - L’immersione in mare di materiale di cui al comma 1, lettera b), è soggetta ad autorizzazione regionale,
con esclusione dei nuovi manufatti soggetti alla valutazione di impatto ambientale. Per le opere di
ripristino, che non comportino aumento della cubatura delle opere preesistenti, è dovuta la sola
comunicazione all’autorità competente.
(comma così modificato dall’art. 24, comma 1, lettera d), legge n. 35 del 2012) - L’immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera c), non è soggetta ad autorizzazione.
- La movimentazione dei fondali marini derivante dall’attività di posa in mare di cavi e condotte è soggetta
ad autorizzazione regionale rilasciata, in conformità alle modalità tecniche stabilite con decreto del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive, delle
infrastrutture e dei trasporti e delle politiche agricole e forestali, per quanto di competenza, da emanarsi
entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.
(comma così modificato dall’art. 8, comma 1, legge n. 221 del 2015)
5-bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le
autorizzazioni ambientali di cui ai commi 2 e 5 sono istruite e rilasciate dalla stessa autorità competente
per il provvedimento che conclude motivatamente il procedimento di valutazione di impatto ambientale.
Nel caso di condotte o cavi facenti parte della rete nazionale di trasmissione dell’energia elettrica o di
connessione con reti energetiche di altri Stati, non soggetti a valutazione di impatto ambientale,
l’autorizzazione è rilasciata dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le
regioni interessate, nell’ambito del procedimento unico di autorizzazione delle stesse reti.
(comma introdotto dall’art. 8, comma 1, legge n. 221 del 2015) - Trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue urbane
- Salvo quanto previsto ai commi 2 e 3, è vietato l’utilizzo degli impianti di trattamento di acque reflue
urbane per lo smaltimento di rifiuti. - In deroga al comma 1, l’autorità competente, d’intesa con l’ente di governo dell’ambito, in relazione a
particolari esigenze e nei limiti della capacità residua di trattamento, autorizza il gestore del servizio idrico
integrato a smaltire nell’impianto di trattamento di acque reflue urbane rifiuti liquidi, limitatamente alle
tipologie compatibili con il processo di depurazione. - Il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all’autorità competente ai sensi dell’articolo
124, è comunque autorizzato ad accettare in impianti con caratteristiche e capacità depurative adeguate,
che rispettino i valori limite di cui all’articolo 101, commi 1 e 2, i seguenti rifiuti e materiali, purché
provenienti dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure da altro Ambito territoriale ottimale sprovvisto di
impianti adeguati:
a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in
fognatura;
b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di
trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi dell’articolo 100, comma 3;
c) materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché quelli derivanti
da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l’ulteriore trattamento dei
medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente. - L’attività di cui ai commi 2 e 3 può essere consentita purché non sia compromesso il possibile riutilizzo
delle acque reflue e dei fanghi. - Nella comunicazione prevista al comma 3 il gestore del servizio idrico integrato deve indicare la capacità
residua dell’impianto e le caratteristiche e quantità dei rifiuti che intende trattare. L’autorità competente
può indicare quantità diverse o vietare il trattamento di specifiche categorie di rifiuti. L’autorità competente
provvede altresì all’iscrizione in appositi elenchi dei gestori di impianti di trattamento che hanno effettuato
la comunicazione di cui al comma 3. - Allo smaltimento dei rifiuti di cui ai commi 2 e 3 si applica l’apposita tariffa determinata dall’ente di
governo dell’ambito. - Il produttore ed il trasportatore dei rifiuti sono tenuti al rispetto della normativa in materia di rifiuti, fatta
eccezione per il produttore dei rifiuti di cui al comma 3, lettera b), che è tenuto al rispetto dei soli obblighi
previsti per i produttori dalla vigente normativa in materia di rifiuti. Il gestore del servizio idrico integrato
che, ai sensi dei commi 3 e 5, tratta rifiuti è soggetto all’obbligo di tenuta del registro di carico e scarico
secondo quanto previsto dalla vigente normativa in materia di rifiuti. - Impianti di acquacoltura e piscicoltura
- Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri
delle politiche agricole e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e delle attività produttive, e previa
intesa con Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al contenimento dell’impatto sull’ambiente derivante dalle
attività di acquacoltura e di piscicoltura. - Utilizzazione agronomica
- Fermo restando quanto previsto dall’articolo 92 per le zone vulnerabili e dal decreto legislativo 18
febbraio 2005, n. 59, per gli impianti di allevamento intensivo di cui al punto 6.6 dell’Allegato 1 al predetto
decreto, l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi
oleari, sulla base di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574, nonché dalle acque reflue
provenienti dalle aziende di cui all’articolo 101, comma 7, lettere a), b) e c), e da piccole aziende
agroalimentari, così come individuate in base al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di cui
al comma 2, è soggetta a comunicazione all’autorità competente ai sensi all’articolo 75 del presente
decreto. - Le regioni disciplinano le attività di utilizzazione agronomica di cui al comma 1 sulla base dei criteri e
delle norme tecniche generali adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di
concerto con i Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle attività produttive, della
salute e delle infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro centottanta giorni dalla data di
entrata in vigore del predetto decreto ministeriale, garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici
potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità di
cui alla parte terza del presente decreto. - Nell’ambito della normativa di cui al comma 2, sono disciplinali in particolare:
a) le modalità di attuazione degli articoli 3, 5, 6 e 9 della legge 11 novembre 1996, n. 574;
b) i tempi e le modalità di effettuazione della comunicazione, prevedendo procedure
semplificate nonché specifici casi di esonero dall’obbligo di comunicazione per le attività di
minor impatto ambientale;
c) le norme tecniche di effettuazione delle operazioni di utilizzo agronomico;
d) i criteri e le procedure di controllo, ivi comprese quelle inerenti l’imposizione di prescrizioni
da parte dell’autorità competente, il divieto di esercizio ovvero la sospensione a tempo
determinato dell’attività di cui al comma 1 nel caso di mancata comunicazione o mancato
rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni impartite;
e) le sanzioni amministrative pecuniarie fermo restando quanto disposto dall’articolo 137,
comma 15. - Acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia
- Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le regioni, previo parere del Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, disciplinano e attuano:
a) le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti
fognarie separate;
b) i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento,
effettuate tramite altre condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi
compresa l’eventuale autorizzazione. - Le acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma 1 non sono soggette a vincoli o prescrizioni
derivanti dalla parte terza del presente decreto. - Le regioni disciplinano altresì i casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio
delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari
condizioni nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici
impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento
degli obiettivi di qualità dei corpi idrici. - È comunque vietato lo scarico o l’immissione diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee.
- Dighe
- Le regioni, previo parere del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, adottano
apposita disciplina in materia di restituzione delle acque utilizzate per la produzione idroelettrica, per scopi
irrigui e in impianti di potabilizzazione, nonché delle acque derivanti da sondaggi o perforazioni diversi da
quelli relativi alla ricerca ed estrazione di idrocarburi, al fine di garantire il mantenimento o il
raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al titolo II della parte terza del presente decreto. - Al fine di assicurare il mantenimento della capacità di invaso e la salvaguardia sia della qualità dell’acqua
invasata sia del corpo ricettore, le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono
effettuate sulla base di un progetto di gestione di ciascun invaso. Il progetto di gestione è finalizzato a
definire sia il quadro previsionale di dette operazioni connesse con le attività di manutenzione da eseguire
sull’impianto, sia le misure di prevenzione e tutela del corpo ricettore, dell’ecosistema acquatico, delle
attività di pesca e delle risorse idriche invasate e rilasciate a valle dell’invaso durante le operazioni stesse. - Il progetto di gestione individua altresì eventuali modalità di manovra degli organi di scarico, anche al
fine di assicurare la tutela del corpo ricettore. Restano valide in ogni caso le disposizioni fissate dal d.P.R.
1° novembre 1959, n. 1363, volte a garantire la sicurezza di persone e cose. - Il progetto di gestione è predisposto dal gestore sulla base dei criteri fissati con decreto del Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il
Ministro delle attività produttive e con quello delle politiche agricole e forestali, previa intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente
decreto. - Il progetto di gestione è approvato dalle regioni, con eventuali prescrizioni, entro sei mesi dalla sua
presentazione, previo parere dell’amministrazione competente alla vigilanza sulla sicurezza dell’invaso e
dello sbarramento, ai sensi degli articoli 89 e 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e sentiti,
ove necessario, gli enti gestori delle aree protette direttamente interessate; per le dighe di cui al citato
articolo 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, il progetto approvato è trasmesso al Registro
italiano dighe (RID) per l’inserimento, anche in forma sintetica, come parte integrante del foglio condizioni
per l’esercizio e la manutenzione di cui all’articolo 6 del d.P.R. 1° novembre 1959, n. 1363, e relative
disposizioni di attuazione. Il progetto di gestione si intende approvato e diviene operativo trascorsi sei mesi
dalla data di presentazione senza che sia intervenuta alcuna pronuncia da parte della regione competente,
fermo restando il potere di tali Enti di dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso tale termine. - Con l’approvazione del progetto il gestore è autorizzato ad eseguire le operazioni di svaso, sghiaiamento
e sfangamento in conformità ai limiti indicati nel progetto stesso e alle relative prescrizioni. - Nella definizione dei canoni di concessione di inerti le amministrazioni determinano specifiche modalità
ed importi per favorire lo sghiaiamento e sfangamento degli invasi per asporto meccanico. - I gestori degli invasi esistenti, che ancora non abbiano ottemperato agli obblighi previsti dal decreto del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 30 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 269 del 16 novembre 2004, sono tenuti a presentare il progetto di cui al comma 2 entro sei
mesi dall’emanazione del decreto di cui al comma 4. Fino all’approvazione o alla operatività del progetto di
gestione, e comunque non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore del predetto decreto, le
operazioni periodiche di manovre prescritte ai sensi dell’articolo 17 del d.P.R. 1° novembre 1959, n. 1363,
volte a controllare la funzionalità degli organi di scarico, sono svolte in conformità ai fogli di condizione per
l’esercizio e la manutenzione. - Le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento degli invasi non devono pregiudicare gli usi in atto
a valle dell’invaso, né il rispetto degli obiettivi di qualità ambientale e degli obiettivi di qualità per specifica
destinazione. - Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici
- Al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea nella fascia
immediatamente adiacente i corpi idrici, con funzioni di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti di origine
diffusa, di stabilizzazione delle sponde e di conservazione della biodiversità da contemperarsi con le
esigenze di funzionalità dell’alveo, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del
presente decreto le regioni disciplinano gli interventi di trasformazione e di gestione del suolo e del
soprassuolo previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi, laghi, stagni e lagune, comunque
vietando la copertura dei corsi d’acqua che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica incolumità e
la realizzazione di impianti di smaltimento dei rifiuti. - Gli interventi di cui al comma 1 sono comunque soggetti all’autorizzazione prevista dal regio decreto 25
luglio 1904, n. 523, salvo quanto previsto per gli interventi a salvaguardia della pubblica incolumità. - Per garantire le finalità di cui al comma 1, le aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre
acque possono essere date in concessione allo scopo di destinarle a riserve naturali, a parchi fluviali o
lacuali o comunque a interventi di ripristino e recupero ambientale. Qualora le aree demaniali siano già
comprese in aree naturali protette statali o regionali inserite nell’elenco ufficiale previsto dalla vigente
normativa, la concessione è gratuita. - Le aree del demanio fluviale di nuova formazione ai sensi della legge 5 gennaio 1994, n. 37, non
possono essere oggetto di sdemanializzazione. - Programmi di misure
- Le regioni, nell’ambito delle risorse disponibili, integrano i Piani di tutela di cui all’articolo 121 con i
programmi di misure costituiti dalle misure di base di cui all’Allegato 11 alla parte terza del presente
decreto e, ove necessarie, dalle misure supplementari di cui al medesimo Allegato; tali programmi di
misure sono sottoposti per l’approvazione all’Autorità di bacino. Qualora le misure non risultino sufficienti a
garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti, l’Autorità di bacino ne individua le cause e indica alle
regioni le modalità per il riesame dei programmi, invitandole ad apportare le necessarie modifiche, fermo
restando il limite costituito dalle risorse disponibili. Le misure di base e supplementari devono essere
comunque tali da evitare qualsiasi aumento di inquinamento delle acque marine e di quelle superficiali. I
programmi sono approvati entro il 2009 ed attuati dalle regioni entro il 2012; il successivo riesame deve
avvenire entro il 2015 e dev’essere aggiornato ogni sei anni.
1-bis. Eventuali misure nuove o modificate, approvate nell’ambito di un programma aggiornato, sono
applicate entro tre anni dalla loro approvazione.
(comma introdotto dall’art. 24, comma 1, legge n. 97 del 2013)
Titolo IV – Strumenti di tutela
Capo I – Piani di gestione e piani di tutela delle acque - Piani di gestione e registro delle aree protette
- Per ciascun distretto idrografico è adottato un Piano di gestione, che rappresenta articolazione interna
del Piano di bacino distrettuale di cui all’articolo 65. Il Piano di gestione costituisce pertanto piano stralcio
del Piano di bacino e viene adottato e approvato secondo le procedure stabilite per quest’ultimo
dall’articolo 66. Le Autorità di bacino, ai fini della predisposizione dei Piani di gestione, devono garantire la
partecipazione di tutti i soggetti istituzionali competenti nello specifico settore. - Il Piano di gestione è composto dagli elementi indicati nella parte A dell’Allegato 4 alla parte terza del
presente decreto.
2-bis. I Piani di gestione dei distretti idrografici, adottati ai sensi dell’articolo 1, comma 3-bis, del decretolegge
30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, sono
riesaminati e aggiornati entro il 22 dicembre 2015 e, successivamente, ogni sei anni.
(comma introdotto dall’art. 24, comma 1, legge n. 97 del 2013)
2-ter. Qualora l’analisi effettuata ai sensi dell’articolo 118 e i risultati dell’attività di monitoraggio condotta
ai sensi dell’articolo 120 evidenzino impatti antropici significativi da fonti diffuse, le Autorità competenti
individuano misure vincolanti di controllo dell’inquinamento. In tali casi i piani di gestione prevedono
misure che vietano l’introduzione di inquinanti nell’acqua o stabiliscono obblighi di autorizzazione
preventiva o di registrazione in base a norme generali e vincolanti. Dette misure di controllo sono
riesaminate periodicamente e aggiornate quando occorre.
(comma introdotto dall’art. 17, comma 2, legge n. 116 del 2014) - L’Autorità di bacino, sentite gli enti di governo dell’ambito del servizio idrico integrato, istituisce entro sei
mesi dall’entrata in vigore della presente norma, sulla base delle informazioni trasmesse dalle regioni, un
registro delle aree protette di cui all’Allegato 9 alla parte terza del presente decreto, designate dalle
autorità competenti ai sensi della normativa vigente.
3-bis. Il registro delle aree protette di cui al comma 3 deve essere tenuto aggiornato per ciascun distretto
idrografico.
(comma introdotto dall’art. 24, comma 1, legge n. 97 del 2013) - Rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed analisi dell’impatto esercitato
dall’attività antropica - Al fine di aggiornare le informazioni necessarie alla redazione del Piano di tutela di cui all’articolo 121, le
regioni attuano appositi programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino
idrografico e a valutare l’impatto antropico esercitato sul medesimo, nonché alla raccolta dei dati necessari
all’analisi economica dell’utilizzo delle acque, secondo quanto previsto dall’Allegato 10 alla parte terza del
presente decreto. Le risultanze delle attività di cui sopra sono trasmesse al Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare ed al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell’Istituto superiore
per la protezione e la ricerca ambientale (APAT). - I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui all’Allegato 3 alla parte
terza del presente decreto e di cui alle disposizioni adottate con apposito decreto dal Ministro dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare e sono aggiornati entro il 22 dicembre 2013 e successivamente ogni
sei anni.
(comma così modificato dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 219 del 2010) - Nell’espletamento dell’attività conoscitiva di cui al comma 1, le regioni sono tenute ad utilizzare i dati e
le informazioni già acquisite. - Principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici
- Ai fini del raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al Capo I del titolo II della parte terza del
presente decreto, le Autorità competenti tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici,
compresi quelli ambientali e relativi alla risorsa, prendendo in considerazione l’analisi economica effettuata
in base all’Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e, in particolare, secondo il principio “chi
inquina paga”. - Entro il 2010 le Autorità competenti provvedono ad attuare politiche dei prezzi dell’acqua idonee ad
incentivare adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente ed a contribuire al
raggiungimento ed al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientali di cui alla direttiva 2000/60/CE
nonché di cui agli articoli 76 e seguenti del presente decreto, anche mediante un adeguato contributo al
recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell’acqua, suddivisi almeno in
industria, famiglie e agricoltura. Al riguardo dovranno comunque essere tenute in conto le ripercussioni
sociali, ambientali ed economiche del recupero dei suddetti costi, nonché delle condizioni geografiche e
climatiche della regione o delle regioni in questione. In particolare:
a) i canoni di concessione per le derivazioni delle acque pubbliche tengono conto dei costi
ambientali e dei costi della risorsa connessi all’utilizzo dell’acqua;
b) le tariffe dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell’acqua, quali quelli civile,
industriale e agricolo, contribuiscono adeguatamente al recupero dei costi sulla base
dell’analisi economica effettuata secondo l’Allegato 10 alla parte terza del presente decreto. - Nei Piani di tutela di cui all’articolo 121 sono riportate le fasi previste per l’attuazione delle disposizioni di
cui ai commi 1 e 2 necessarie al raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente
decreto. - Rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici
- Le regioni elaborano ed attuano programmi per la conoscenza e la verifica dello stato qualitativo e
quantitativo delle acque superficiali e sotterranee all’interno di ciascun bacino idrografico. - I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui all’Allegato 1 alla parte
terza del presente decreto. Tali programmi devono essere integrati con quelli già esistenti per gli obiettivi a
specifica destinazione stabiliti in conformità all’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, nonché con
quelli delle acque inserite nel registro delle aree protette. Le risultanze delle attività di cui al comma 1 sono
trasmesse al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Dipartimento tutela delle
acque interne e marine dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT). - Al fine di evitare sovrapposizioni e di garantire il flusso delle informazioni raccolte e la loro compatibilità
con il Sistema informativo nazionale dell’ambiente (SINA), le regioni possono promuovere, nell’esercizio
delle rispettive competenze, accordi di programma con l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale (APAT), le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente di cui al decreto-legge 4 dicembre
1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, le province, gli enti di
governo dell’ambito, i consorzi di bonifica e di irrigazione e gli altri enti pubblici interessati. Nei programmi
devono essere definite altresì le modalità di standardizzazione dei dati e di interscambio delle informazioni. - Piani di tutela delle acque
- Il Piano di tutela delle acque costituisce uno specifico piano di settore ed è articolato secondo i contenuti
elencati nel presente articolo, nonché secondo le specifiche indicate nella parte B dell’Allegato 4 alla parte
terza del presente decreto. - Entro il 31 dicembre 2006 le Autorità di bacino, nel contesto delle attività di pianificazione o mediante
appositi atti di indirizzo e coordinamento, sentite le province e gli enti di governo dell’ambito, definiscono
gli obiettivi su scala di distretto cui devono attenersi i piani di tutela delle acque, nonché le priorità degli
interventi. Entro il 31 dicembre 2007, le regioni, sentite le province e previa adozione delle eventuali
misure di salvaguardia, adottano il Piano di tutela delle acquee lo trasmettono al Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare nonché alle competenti Autorità di bacino, per le verifiche di
competenza. - Il Piano di tutela contiene, oltre agli interventi volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli
obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto, le misure necessarie alla tutela qualitativa e
quantitativa del sistema idrico. - Per le finalità di cui al comma 1 il Piano di tutela contiene in particolare:
a) i risultati dell’attività conoscitiva;
b) l’individuazione degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione;
c) l’elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree richiedenti specifiche misure di
prevenzione dall’inquinamento e di risanamento;
d) le misure di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate e coordinate per bacino
idrografico;
e) l’indicazione della cadenza temporale degli interventi e delle relative priorità;
f) il programma di verifica dell’efficacia degli interventi previsti;
g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici;
g-bis) i dati in possesso delle autorità e agenzie competenti rispetto al monitoraggio delle
acque di falda delle aree interessate e delle acque potabili dei comuni interessati, rilevati e
periodicamente aggiornati presso la rete di monitoraggio esistente, da pubblicare in modo da
renderli disponibili per i cittadini;
(lettera introdotta dall’art. 2, comma 2-ter, legge n. 210 del 2008)
h) l’analisi economica di cui all’Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e le misure
previste al fine di dare attuazione alle disposizioni di cui all’articolo 119 concernenti il
recupero dei costi dei servizi idrici;
i) le risorse finanziarie previste a legislazione vigente. - Entro centoventi giorni dalla trasmissione del Piano di tutela le Autorità di bacino verificano la conformità
del piano agli atti di pianificazione o agli atti di indirizzo e coordinamento di cui al comma 2, esprimendo
parere vincolante. Il Piano di tutela è approvato dalle regioni entro i successivi sei mesi e comunque non
oltre il 31 dicembre 2008. Le successive revisioni e gli aggiornamenti devono essere effettuati ogni sei
anni. - Informazione e consultazione pubblica
- Le regioni promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all’attuazione della parte terza
del presente decreto, in particolare all’elaborazione, al riesame e all’aggiornamento dei Piani di tutela. Su
richiesta motivata, le regioni autorizzano l’accesso ai documenti di riferimento e alle informazioni in base ai
quali è stato elaborato il progetto del Piano di tutela. Le regioni provvedono affinché, per il territorio di
competenza ricadente nel distretto idrografico di appartenenza, siano pubblicati e resi disponibili per
eventuali osservazioni da parte del pubblico:
a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del Piano, inclusa una
dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima
dell’inizio del periodo cui il Piano si riferisce;
b) una valutazione globale provvisoria dei problemi prioritari per la gestione delle acque
nell’ambito del bacino idrografico di appartenenza, almeno due anni prima dell’inizio del
periodo cui il Piano si riferisce;
c) copia del progetto del Piano di tutela, almeno un anno prima dell’inizio del periodo cui il
piano si riferisce. - Per garantire l’attiva partecipazione e la consultazione, le regioni concedono un periodo minimo di sei
mesi per la presentazione di osservazioni scritte sui documenti di cui al comma 1. - I commi 1 e 2 si applicano anche agli aggiornamenti dei Piani di tutela.
- Trasmissione delle informazioni e delle relazioni
- Contestualmente alla pubblicazione dei Piani di tutela le regioni trasmettono copia di detti piani e di tutti
gli aggiornamenti successivi al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare al fine del
successivo inoltro alla Commissione europea. - Le regioni trasmettono al medesimo Ministero per il successivo inoltro alla Commissione europea, anche
sulla base delle informazioni dettate, in materia di modalità di trasmissione delle informazioni sullo stato di
qualità dei corpi idrici e sulla classificazione delle acque, dal Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare con apposito decreto, relazioni sintetiche concernenti:
a) l’attività conoscitiva di cui all’articolo 118 entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore
della parte terza del presente decreto. I successivi aggiornamenti sono trasmessi ogni sei
anni a partire dal febbraio 2010;
b) i programmi di monitoraggio secondo quanto previsto all’articolo 120 entro dodici mesi
dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto e successivamente con
cadenza annuale. - Entro tre anni dalla pubblicazione di ciascun Piano di tutela o dall’aggiornamento di cui all’articolo 121, le
regioni trasmettono al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare una relazione sui
progressi realizzati nell’attuazione delle misure di base o supplementari di cui all’articolo 116.
Capo II – Autorizzazione agli scarichi - Criteri generali
- Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati.
- L’autorizzazione è rilasciata al titolare dell’attività da cui origina lo scarico. Ove uno o più stabilimenti
conferiscano, tramite condotta, ad un terzo soggetto, titolare dello scarico finale, le acque reflue
provenienti dalle loro attività, oppure qualora tra più stabilimenti sia costituito un consorzio per
l’effettuazione in comune dello scarico delle acque reflue provenienti dalle attività dei consorziati,
l’autorizzazione è rilasciata in capo al titolare dello scarico finale o al consorzio medesimo, ferme restando
le responsabilità dei singoli titolari delle attività suddette e del gestore del relativo impianto di depurazione
in caso di violazione delle disposizioni della parte terza del presente decreto.
(comma così sostituito dall’art. 2, comma 11, d.lgs. n. 4 del 2008) - Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, servite o meno da
impianti di depurazione delle acque reflue urbane, è definito dalle regioni nell’ambito della disciplina di cui
all’articolo 101, commi 1 e 2. - In deroga al comma 1, gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie sono sempre ammessi
nell’osservanza dei regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall’ente di
governo dell’ambito. - Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue termali è definito dalle regioni; tali scarichi sono
ammessi in reti fognarie nell’osservanza dei regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato ed
in conformità all’autorizzazione rilasciata dall’Autorità di ambito. - Le regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi degli impianti di depurazione delle
acque reflue per il tempo necessario al loro avvio oppure, se già in esercizio, allo svolgimento di interventi,
sugli impianti o sulle infrastrutture ad essi connesse, finalizzati all’adempimento degli obblighi derivanti
dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, ovvero al potenziamento funzionale, alla ristrutturazione o
alla dismissione.
(comma così modificato dall’art. 7, comma 1, lettera l), legge n. 164 del 2014) - Salvo diversa disciplina regionale, la domanda di autorizzazione è presentata alla provincia ovvero
all’ente di governo dell’ambito se lo scarico è in pubblica fognatura. L’autorità competente provvede entro
novanta giorni dalla ricezione della domanda.
(comma così sostituito dall’art. 2, comma 12, d.lgs. n. 4 del 2008) - Salvo quanto previsto dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, l’autorizzazione è valida per
quattro anni dal momento del rilascio. Un anno prima della scadenza ne deve essere chiesto il rinnovo. Lo
scarico può essere provvisoriamente mantenuto in funzione nel rispetto delle prescrizioni contenute nella
precedente autorizzazione, fino all’adozione di un nuovo provvedimento, se la domanda di rinnovo è stata
tempestivamente presentata. Per gli scarichi contenenti sostanze pericolose di cui all’articolo 108, il rinnovo
deve essere concesso in modo espresso entro e non oltre sei mesi dalla data di scadenza; trascorso
inutilmente tale termine, lo scarico dovrà cessare immediatamente. La disciplina regionale di cui al comma
3 può prevedere per specifiche tipologie di scarichi di acque reflue domestiche, ove soggetti ad
autorizzazione, forme di rinnovo tacito della medesima. - Per gli scarichi in un corso d’acqua nel quale sia accertata una portata naturale nulla per oltre centoventi
giorni annui, oppure in un corpo idrico non significativo, l’autorizzazione tiene conto del periodo di portata
nulla e della capacità di diluizione del corpo idrico negli altri periodi, e stabilisce prescrizioni e limiti al fine
di garantire le capacità autodepurative del corpo ricettore e la difesa delle acque sotterranee. - In relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni locali
dell’ambiente interessato, l’autorizzazione contiene le ulteriori prescrizioni tecniche volte a garantire che lo
scarico, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, avvenga in conformità alle
disposizioni della parte terza del presente decreto e senza che consegua alcun pregiudizio per il corpo
ricettore, per la salute pubblica e l’ambiente. - Le spese occorrenti per l’effettuazione di rilievi, accertamenti, controlli e sopralluoghi necessari per
l’istruttoria delle domande di autorizzazione allo scarico previste dalla parte terza del presente decreto sono
a carico del richiedente. L’autorità competente determina, preliminarmente all’istruttoria e in via
provvisoria, la somma che il richiedente è tenuto a versare, a titolo di deposito, quale condizione di
procedibilità della domanda. La medesima Autorità, completata l’istruttoria, provvede alla liquidazione
definitiva delle spese sostenute sulla base di un tariffario dalla stessa approntato. - Per insediamenti, edifici o stabilimenti la cui attività sia trasferita in altro luogo, ovvero per quelli
soggetti a diversa destinazione d’uso, ad ampliamento o a ristrutturazione da cui derivi uno scarico avente
caratteristiche qualitativamente e/o quantitativamente diverse da quelle dello scarico preesistente, deve
essere richiesta una nuova autorizzazione allo scarico, ove quest’ultimo ne risulti soggetto. Nelle ipotesi in
cui lo scarico non abbia caratteristiche qualitative o quantitative diverse, deve essere data comunicazione
all’autorità competente, la quale, verificata la compatibilità dello scarico con il corpo recettore, adotta i
provvedimenti che si rendano eventualmente necessari. - Domanda dì autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali
- La domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali deve essere corredata
dall’indicazione delle caratteristiche quantitative e qualitative dello scarico e del volume annuo di acqua da
scaricare, dalla tipologia del ricettore, dalla individuazione dei punto previsto per effettuare i prelievi di
controllo, dalla descrizione del sistema complessivo dello scarico ivi comprese le operazioni ad esso
funzionalmente connesse, dall’eventuale sistema di misurazione del flusso degli scarichi, ove richiesto, e
dalla indicazione delle apparecchiature impiegate nel processo produttivo e nei sistemi di scarico nonché
dei sistemi di depurazione utilizzati per conseguire il rispetto dei valori limite di emissione. - Nel caso di scarichi di sostanze di cui alla tabella 3/A dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto,
derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella 3/A, la domanda di cui al comma 1 deve altresì
indicare:
a) la capacità di produzione del singolo stabilimento industriale che comporta la produzione o
la trasformazione o l’utilizzazione delle sostanze di cui alla medesima tabella, oppure la
presenza di tali sostanze nello scarico. La capacità di produzione dev’essere indicata con
riferimento alla massima capacità oraria moltiplicata per il numero massimo di ore lavorative
giornaliere e per il numero massimo di giorni lavorativi;
b) il fabbisogno orario di acque per ogni specifico processo produttivo. - Approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane
- Le regioni disciplinano le modalità di approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque
reflue urbane. Tale disciplina deve tenere conto dei criteri di cui all’Allegato 5 alla parte terza del presente
decreto e della corrispondenza tra la capacità di trattamento dell’impianto e le esigenze delle aree
asservite, nonché delle modalità della gestione che deve assicurare il rispetto dei valori limite degli scarichi.
Le regioni disciplinano altresì le modalità di autorizzazione provvisoria necessaria all’avvio dell’impianto
anche in caso di realizzazione per lotti funzionali. - Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue
- Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal
trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e alla fine del
complessivo processo di trattamento effettuato nell’impianto di depurazione. I fanghi devono essere
riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 12-bis, d.lgs. n. 4 del 2008) - È vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre.
Capo III – Controllo degli scarichi - Soggetti tenuti al controllo
- L’autorità competente effettua il controllo degli scarichi sulla base di un programma che assicuri un
periodico, diffuso, effettivo ed imparziale sistema di controlli. - Fermo restando quanto stabilito al comma 1, per gli scarichi in pubblica fognatura il gestore del servizio
idrico integrato organizza un adeguato servizio di controllo secondo le modalità previste nella convenzione
di gestione. - Accessi ed ispezioni
- L’autorità competente al controllo è autorizzata a effettuare le ispezioni, i controlli e i prelievi necessari
all’accertamento del rispetto dei valori limite di emissione, delle prescrizioni contenute nei provvedimenti
autorizzatori o regolamentari e delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Il titolare
dello scarico è tenuto a fornire le informazioni richieste e a consentire l’accesso ai luoghi dai quali origina lo
scarico. - Inosservanza delle prescrizioni della autorizzazione allo scarico
- Ferma restando l’applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo V della parte terza del presente
decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione allo scarico l’autorità competente
procede, secondo la gravità dell’infrazione:
a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell’autorizzazione per un tempo determinato, ove si
manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente;
c) alla revoca dell’autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte
con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la
salute pubblica e per l’ambiente. - Controllo degli scarichi di sostanze pericolose
Per gli scarichi contenenti le sostanze di cui alla Tabella 5 dell’Allegato 5 parte terza del presente decreto,
l’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione può prescrivere, a carico del titolare dello scarico,
l’installazione di strumenti di controllo in automatico, nonché le modalità di gestione degli stessi e di
conservazione dei relativi risultati, che devono rimanere a disposizione dell’autorità competente al controllo
per un periodo non inferiore a tre anni dalla data di effettuazione dei singoli controlli. - Interventi sostitutivi
- Nel caso di mancata effettuazione dei controlli previsti dalla parte terza del presente decreto, il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare diffida la regione a provvedere entro il termine
massimo di centottanta giorni ovvero entro il minor termine imposto dalle esigenze di tutela ambientale. In
caso di persistente inadempienza provvede, in via sostitutiva, il Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, previa delibera del Consiglio dei Ministri, con oneri a carico dell’Ente inadempiente. - Nell’esercizio dei poteri sostitutivi di cui al comma 1, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio
e del mare nomina un commissario “ad acta” che pone in essere gli atti necessari agli adempimenti previsti
dalla normativa vigente a carico delle regioni al fine dell’organizzazione del sistema dei controlli.
Titolo V – Sanzioni
Capo I – Sanzioni amministrative - Sanzioni amministrative
- Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato e fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-
quattuordecies, commi 2 e 3, nell’effettuazione di uno scarico superi i valori limite di emissione fissati nelle
tabelle di cui all’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i diversi valori limite stabiliti dalle
regioni a norma dell’articolo 101, comma 2, o quelli fissati dall’autorità competente a norma dell’articolo
107, comma 1, o dell’articolo 108, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa da 3.000 euro a
30.000 euro. Se l’inosservanza dei valori limite riguarda scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle
risorse idriche destinate al consumo umano di cui all’articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree
protette di cui alla vigente normativa, si applica la sanzione amministrativa non inferiore a 20.000 euro.
(comma così modificato dall’art. 11, comma 1, d.lgs. n. 46 del 2014) - Chiunque apra o comunque effettui scarichi di acque reflue domestiche o di reti fognarie, servite o meno
da impianti pubblici di depurazione, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 124, oppure continui ad
effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l’autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con la
sanzione amministrativa da 6.000 euro a 60.000 euro. Nell’ipotesi di scarichi relativi ad edifici isolati adibiti
ad uso abitativo la sanzione è da 600 euro a 3.000 euro. - Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 1 e di cui all’articolo
29-quattuordecies, comma 2, effettui o mantenga uno scarico senza osservare le prescrizioni indicate nel
provvedimento di autorizzazione o fissate ai sensi dell’articolo 107, comma 1, è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro.
(comma così modificato dall’art. 11, comma 1, d.lgs. n. 46 del 2014) - Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, effettui l’immersione in mare dei materiali indicati
all’articolo 109, comma 1, lettere a) e b), ovvero svolga l’attività di posa in mare cui al comma 5 dello
stesso articolo, senza autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a
15.000 euro. - Salvo che il fatto costituisca reato, fino all’emanazione della disciplina regionale di cui all’articolo 112,
comma 2, chiunque non osservi le disposizioni di cui all’articolo 170, comma 7, è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da600 euro a 6.000 euro. - Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, non osservi il divieto di smaltimento dei fanghi previsto
dall’articolo 127, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 6.000 euro a 60.000
euro. - Salvo che il fatto costituisca reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a
30.000 euro chiunque:
a) nell’effettuazione delle operazioni di svaso, sghiaiamento o sfangamento delle dighe,
superi i limiti o non osservi le altre prescrizioni contenute nello specifico progetto di gestione
dell’impianto di cui all’articolo 114, comma 2;
b) effettui le medesime operazioni prima dell’approvazione del progetto di gestione. - Chiunque violi le prescrizioni concernenti l’installazione e la manutenzione dei dispositivi per la
misurazione delle portate e dei volumi, oppure l’obbligo di trasmissione dei risultati delle misurazioni di cui
all’articolo 95, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 6.000 euro.
Nei casi di particolare tenuità la sanzione è ridotta ad un quinto. - Chiunque non ottemperi alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell’articolo 113, comma 1, lettera
b), è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro. - Sanzioni in materia di aree di salvaguardia
- L’inosservanza delle disposizioni relative alle attività e destinazioni vietate nelle aree di salvaguardia di
cui all’articolo 94 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 600 euro a 6.000 euro. - Competenza e giurisdizione
- In materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all’irrogazione delle sanzioni amministrative
pecuniarie provvede, con ordinanza-ingiunzione ai sensi degli articoli 18 e seguenti della legge 24
novembre 1981, n. 689, la regione o la provincia autonoma nel cui territorio è stata commessa la
violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall’articolo 133, comma 8, per le quali è competente il
comune, fatte salve le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità. - Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e
dell’accertamento degli illeciti in violazione delle norme in materia di tutela delle acque dall’inquinamento
provvede il Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.); può altresì intervenire il Corpo forestale dello
Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato. Il Corpo delle capitanerie di porto,
Guardia costiera, provvede alla sorveglianza e all’accertamento delle violazioni di cui alla parte terza del
presente decreto quando dalle stesse possano derivare danni o situazioni di pericolo per l’ambiente marino
e costiero. - Per i procedimenti penali pendenti alla entrata di entrata in vigore della parte terza del presente decreto,
l’autorità giudiziaria, se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento,
dispone la trasmissione degli atti agli enti indicati al comma 1 ai fini dell’applicazione delle sanzioni
amministrative. - Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla parte terza del presente decreto non si applica il
pagamento in misura ridotta di cui all’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689. - Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie
- Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste dalla parte terza del presente
decreto sono versate all’entrata del bilancio regionale per essere riassegnate alle unità previsionali di base
destinate alle opere di risanamento e di riduzione dell’inquinamento dei corpi idrici. Le regioni provvedono
alla ripartizione delle somme riscosse fra gli interventi di prevenzione e di risanamento.
Capo II – Sanzioni penali - Sanzioni penali
- Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque apra o comunque
effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o
mantenere detti scarichi dopo che l’autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con l’arresto da
due mesi a due anni o con l’ammenda da 1.500 euro a 10.000 euro.
(comma così modificato dall’art. 11, comma 2, d.lgs. n. 46 del 2014) - Quando le condotte descritte al comma 1 riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti le
sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A
dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, la pena è dell’arresto da tre mesi a tre anni e
dell’ammenda da 5.000 euro a 52.000 euro.
(comma così modificato dall’art. 11, comma 2, d.lgs. n. 46 del 2014) - Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5 o di cui all’articolo 29-quattuordecies, comma 3,
effettui uno scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e
nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto
senza osservare le prescrizioni dell’autorizzazione, o le altre prescrizioni dell’autorità competente a norma
degli articoli 107, comma 1, e 108, comma 4, è punito con l’arresto fino a due anni.
(comma così modificato dall’art. 11, comma 2, d.lgs. n. 46 del 2014) - Chiunque violi le prescrizioni concernenti l’installazione e la gestione dei controlli in automatico o
l’obbligo di conservazione dei risultati degli stessi di cui all’articolo 131 è punito con la pena di cui al
comma 3. - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5
dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue
industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4
dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle
province autonome o dall’Autorità competente a norma dell’articolo 107, comma 1, è punito con l’arresto
fino a due anni e con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro. Se sono superati anche i valori limite
fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a
tre anni e l’ammenda da 6.000 euro a 120.000 euro.
(comma modificato dall’art. 1 della legge n. 36 del 2010, poi dall’art. 11, comma 2, d.lgs. n. 46 del 2014) - Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresì al gestore di impianti di trattamento delle acque reflue
urbane che nell’effettuazione dello scarico supera i valori-limite previsti dallo stesso comma. - Al gestore del servizio idrico integrato che non ottempera all’obbligo di comunicazione di cui all’articolo
110, comma 3, o non osserva le prescrizioni o i divieti di cui all’articolo 110, comma 5, si applica la pena
dell’arresto da tre mesi ad un anno o con l’ammenda da 3.000 euro a 30.000 euro se si tratta di rifiuti non
pericolosi e con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 3.000 euro a 30.000 euro
se si tratta di rifiuti pericolosi. - Il titolare di uno scarico che non consente l’accesso agli insediamenti da parte del soggetto incaricato del
controllo ai fini di cui all’articolo 101, commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, è
punito con la pena dell’arresto fino a due anni. Restano fermi i poteri-doveri di interventi dei soggetti
incaricati del controllo anche ai sensi dell’articolo 13 della legge n. 689 del 1981 e degli articoli 55 e 354 del
codice di procedura penale. - Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell’articolo 113, comma 3, è punito
con le sanzioni di cui all’articolo 137, comma 1. - Chiunque non ottempera al provvedimento adottato dall’autorità competente ai sensi dell’articolo 84,
comma 4, ovvero dell’articolo 85, comma 2, è punito con l’ammenda da 1.500 euro a 15.000 euro. - Chiunque non osservi i divieti di scarico previsti dagli articoli 103 e 104 è punito con l’arresto sino a tre
anni. - Chiunque non osservi le prescrizioni regionali assunte a norma dell’articolo 88, commi 1 e 2, dirette ad
assicurare il raggiungimento o il ripristino degli obiettivi di qualità delle acque designate ai sensi
dell’articolo 87, oppure non ottemperi ai provvedimenti adottati dall’autorità competente ai sensi
dell’articolo 87, comma 3, è punito con l’arresto sino a due anni o con l’ammenda da 4.000 euro a 40.000
euro. - Si applica sempre la pena dell’arresto da due mesi a due anni se lo scarico nelle acque del mare da
parte di navi od aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali è imposto il divieto assoluto di
sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e
ratificate dall’Italia, salvo che siano in quantità tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici,
chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare e purché in presenza di preventiva autorizzazione
da parte dell’autorità competente. - Chiunque effettui l’utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, di acque di vegetazione dei
frantoi oleari, nonché di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui
all’articolo 112, al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste, oppure non ottemperi al divieto o all’ordine
di sospensione dell’attività impartito a norma di detto articolo, è punito con l’ammenda da euro 1.500 a
euro 10.000 o con l’arresto fino ad un anno. La stessa pena si applica a chiunque effettui l’utilizzazione
agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente. - Ulteriori provvedimenti sanzionatori per l’attività di molluschicoltura
- Nei casi previsti dal comma 12 dell’articolo 137, il Ministro della salute, il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, nonché la regione e la provincia autonoma competente, ai quali è inviata
copia delle notizie di reato, possono disporre, per quanto di competenza e indipendentemente dall’esito del
giudizio penale, la sospensione in via cautelare dell’attività di molluschicoltura; a seguito di sentenza di
condanna o di decisione emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale divenute
definitive, possono inoltre disporre, valutata la gravità dei fatti, la chiusura degli impianti. - Obblighi del condannato
- Con la sentenza di condanna per i reati previsti nella parte terza del presente decreto, o con la decisione
emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale
della pena può essere subordinato al risarcimento del danno e all’esecuzione degli interventi di messa in
sicurezza, bonifica e ripristino. - Circostanza attenuante
- Nei confronti di chi, prima del giudizio penale o dell’ordinanza-ingiunzione, ha riparato interamente il
danno, le sanzioni penali e amministrative previste nel presente titolo sono diminuite dalla metà a due
terzi.
Sezione III – Gestione delle risorse idriche
Titolo I – I principi generali e competenze - Ambito di applicazione
- Oggetto delle disposizioni contenute nella presente sezione è la disciplina della gestione delle risorse
idriche e del servizio idrico integrato per i profili che concernono la tutela dell’ambiente e della concorrenza
e la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni del servizio idrico integrato e delle relative funzioni
fondamentali di comuni, province e città metropolitane. - Il servizio idrico integrato è costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e
distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue, e deve essere gestito
secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie. Le
presenti disposizioni si applicano anche agli usi industriali delle acque gestite nell’ambito del servizio idrico
integrato. - Competenze
- Nel quadro delle competenze definite dalle norme costituzionali, e fatte salve le competenze dell’Autorità
di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente sezione. - Le regioni esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle competenze
costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali di cui al comma 1, ed in particolare
provvedono a disciplinare il governo del rispettivo territorio. - Gli enti locali, attraverso l’ente di governo dell’ambito di cui all’articolo 148, comma 1, svolgono le
funzioni di organizzazione del servizio idrico integrato, di scelta della forma di gestione, di determinazione e
modulazione delle tariffe all’utenza, di affidamento della gestione e relativo controllo, secondo le
disposizioni della parte terza del presente decreto. - Proprietà delle infrastrutture
- Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà
pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e
seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge. - Spetta anche all’ente di governo dell’ambito la tutela dei beni di cui al comma 1, ai sensi dell’articolo
823, secondo comma, del codice civile. - Tutela e uso delle risorse idriche
- Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio
dello Stato. - Le acque costituiscono una risorsa che va tutelata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà; qualsiasi
loro uso è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro
patrimonio ambientale. - La disciplina degli usi delle acque è finalizzata alla loro razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi
e di favorire il rinnovo delle risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell’ambiente,
l’agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici. - Gli usi diversi dal consumo umano sono consentiti nei limiti nei quali le risorse idriche siano sufficienti e
a condizione che non ne pregiudichino la qualità.
4-bis. Ai fini della tutela delle acque sotterranee dall’inquinamento e per promuovere un razionale utilizzo
del patrimonio idrico nazionale, tenuto anche conto del principio di precauzione per quanto attiene al
rischio sismico e alla prevenzione di incidenti rilevanti, nelle attività di ricerca o coltivazione di idrocarburi
rilasciate dallo Stato sono vietati la ricerca e l’estrazione di shale gas e di shale oil e il rilascio dei relativi
titoli minerari. A tal fine è vietata qualunque tecnica di iniezione in pressione nel sottosuolo di fluidi liquidi o
gassosi, compresi eventuali additivi, finalizzata a produrre o favorire la fratturazione delle formazioni
rocciose in cui sono intrappolati lo shale gas e lo shale oil. I titolari dei permessi di ricerca o di concessioni
di coltivazione comunicano, entro il 31 dicembre 2014, al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e
all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, i dati e le informazioni relativi all’utilizzo
pregresso di tali tecniche per lo shale gas e lo shale oil, anche in via sperimentale, compresi quelli sugli
additivi utilizzati precisandone la composizione chimica. Le violazioni accertate delle prescrizioni previste dal
presente articolo determinano l’automatica decadenza dal relativo titolo concessorio o dal permesso.
(comma introdotto dall’art. 38, comma 11-quater, legge n. 164 del 2014) - Le acque termali, minerali e per uso geotermico sono disciplinate da norme specifiche, nel rispetto del
riparto delle competenze costituzionalmente determinato. - Equilibrio del bilancio idrico
- L’Autorità di bacino competente definisce ed aggiorna periodicamente il bilancio idrico diretto ad
assicurare l’equilibrio fra le disponibilità di risorse reperibili o attivabili nell’area di riferimento ed i
fabbisogni per i diversi usi, nel rispetto dei criteri e degli obiettivi di cui all’articolo 144. - Per assicurare l’equilibrio tra risorse e fabbisogni, l’Autorità di bacino competente adotta, per quanto di
competenza, le misure per la pianificazione dell’economia idrica in funzione degli usi cui sono destinate le
risorse. - Nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti, sia a valle che oltre la linea
di displuvio, le derivazioni sono regolate in modo da garantire il livello di deflusso necessario alla vita negli
alvei sottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati. - Risparmio idrico
- Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, le regioni, sentita
l’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, nel rispetto dei princìpi della legislazione statale,
adotta norme e misure volte a razionalizzare i consumi e eliminare gli sprechi ed in particolare a:
a) migliorare la manutenzione delle reti di adduzione e di distribuzione di acque a qualsiasi
uso destinate al fine di ridurre le perdite;
b) prevedere, nella costruzione o sostituzione di nuovi impianti di trasporto e distribuzione
dell’acqua sia interni che esterni, l’obbligo di utilizzo di sistemi anticorrosivi di protezione delle
condotte di materiale metallico;
c) realizzare, in particolare nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi di
rilevanti dimensioni, reti duali di adduzione al fine dell’utilizzo di acque meno pregiate per usi
compatibili;
d) promuovere l’informazione e la diffusione di metodi e tecniche di risparmio idrico
domestico e nei settori industriale, terziario ed agricolo;
e) adottare sistemi di irrigazione ad alta efficienza accompagnati da una loro corretta
gestione e dalla sostituzione, ove opportuno, delle reti di canali a pelo libero con reti in
pressione;
f) installare contatori per il consumo dell’acqua in ogni singola unità abitativa nonché
contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto
urbano;
g) realizzare nei nuovi insediamenti, quando economicamente e tecnicamente conveniente
anche in relazione ai recapiti finali, sistemi di collettamento differenziati per le acque piovane
e per le acque reflue e di prima pioggia;
h) individuare aree di ricarica delle falde ed adottare misure di protezione e gestione atte a
garantire un processo di ricarica quantitativamente e qualitativamente idoneo. - Gli strumenti urbanistici, compatibilmente con l’assetto urbanistico e territoriale e con le risorse
finanziarie disponibili, devono prevedere reti duali al fine di rendere possibili appropriate utilizzazioni di
acque anche non potabili. Il rilascio del permesso di costruire è subordinato alla previsione, nel progetto,
dell’installazione di coniatori per ogni singola unità abitativa, nonché del collegamento a reti duali, ove già
disponibili. - Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita l’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui
rifiuti e il Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell’Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale (APAT), adotta un regolamento per la definizione dei criteri e dei metodi in base ai quali
valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature. Entro il mese di febbraio di ciascun anno, i soggetti
gestori dei servizi idrici trasmettono all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ed all’ente di
governo dell’ambito competente i risultati delle rilevazioni eseguite con i predetti metodi.
Titolo II – Servizio idrico integrato - Organizzazione territoriale del servizio idrico integrato
- I servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in
attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36. Le regioni che non hanno individuato gli enti di governo
dell’ambito provvedono, con delibera, entro il termine perentorio del 31 dicembre 2014. Decorso
inutilmente tale termine si applica l’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131. Gli enti locali ricadenti nel
medesimo ambito ottimale partecipano obbligatoriamente all’ente di governo dell’ambito, individuato dalla
competente regione per ciascun ambito territoriale ottimale, al quale è trasferito l’esercizio delle
competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione
delle infrastrutture idriche di cui all’articolo 143, comma 1.
(comma così modificato dall’art. 7, comma 1, lettera b), legge n. 164 del 2014)
1-bis. Qualora gli enti locali non aderiscano agli enti di governo dell’ambito individuati ai sensi del comma 1
entro il termine fissato dalle regioni e dalle province autonome e, comunque, non oltre sessanta giorni
dalla delibera di individuazione, il Presidente della regione esercita, previa diffida all’ente locale ad
adempiere entro ulteriori trenta giorni, i poteri sostitutivi, ponendo le relative spese a carico dell’ente
inadempiente. Si applica quanto previsto dagli ultimi due periodi dell’articolo 172, comma 4.
(comma introdotto dall’art. 7, comma 1, lettera b), legge n. 164 del 2014) - Le regioni possono modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali per migliorare la gestione
del servizio idrico integrato, assicurandone comunque lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia
ed economicità, nel rispetto, in particolare, dei seguenti princìpi:
a) unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui, tenuto conto
dei piani di bacino, nonché della localizzazione delle risorse e dei loro vincoli di destinazione,
anche derivanti da consuetudine, in favore dei centri abitati interessati;
b) unicità della gestione;
(lettera così sostituita dall’art. 7, comma 1, lettera b), legge n. 164 del 2014)
c) adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici,
tecnici.
2-bis. Qualora l’ambito territoriale ottimale coincida con l’intero territorio regionale, ove si renda necessario
al fine di conseguire una maggiore efficienza gestionale ed una migliore qualità del servizio all’utenza, è
consentito l’affidamento del servizio idrico integrato in ambiti territoriali comunque non inferiori agli ambiti
territoriali corrispondenti alle province o alle città metropolitane. Sono fatte salve:
(comma introdotto dall’art. 7, comma 1, lettera b), legge n. 164 del 2014, poi così modificato dall’art. 62,
comma 4, legge n. 221 del 2015)
a) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma nei comuni montani con popolazione
inferiore a 1.000 abitanti già istituite ai sensi del comma 5 dell’articolo 148;
b) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti, nei comuni che presentano
contestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico da fonti
qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero
in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio,
di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del
corpo idrico. Ai fini della salvaguardia delle gestioni in forma autonoma di cui alla lettera b),
l’ente di governo d’ambito territorialmente competente provvede all’accertamento
dell’esistenza dei predetti requisiti. - Le regioni, sentite le province, stabiliscono norme integrative per il controllo degli scarichi degli
insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di
pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni. - Autorità d’ambito territoriale ottimale
(abrogato dall’art. 186-bis della legge n. 191 del 2009, come modificato dall’art. 13, comma 2, della legge
n. 14 del 2012) - Piano d’ambito
- Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, l’ente di governo
dell’ambito provvede alla predisposizione e/o aggiornamento del piano d’ambito. Il piano d’ambito è
costituito dai seguenti atti:
a) ricognizione delle infrastrutture;
b) programma degli interventi;
c) modello gestionale ed organizzativo;
d) piano economico finanziario. - La ricognizione, anche sulla base di informazioni asseverate dagli enti locali ricadenti nell’ambito
territoriale ottimale, individua lo stato di consistenza delle infrastrutture da affidare al gestore del servizio
idrico integrato, precisandone lo stato di funzionamento. - Il programma degli interventi individua le opere di manutenzione straordinaria e le nuove opere da
realizzare, compresi gli interventi di adeguamento di infrastrutture già esistenti, necessarie al
raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio, nonché al soddisfacimento della complessiva domanda
dell’utenza, tenuto conto di quella collocata nelle zone montane o con minore densità di popolazione. Il
programma degli interventi, commisurato all’intera gestione, specifica gli obiettivi da realizzare, indicando
le infrastrutture a tal fine programmate e i tempi di realizzazione.
(comma così modificato dall’art. 7, comma 1, lettera b-bis), legge n. 164 del 2014) - Il piano economico finanziario, articolato nello stato patrimoniale, nel conto economico e nel rendiconto
finanziario, prevede, con cadenza annuale, l’andamento dei costi dì gestione e dì investimento al netto di
eventuali finanziamenti pubblici a fondo perduto. Esso è integrato dalla previsione annuale dei proventi da
tariffa, estesa a tutto il periodo di affidamento. Il piano, così come redatto, dovrà garantire il
raggiungimento dell’equilibrio economico finanziario e, in ogni caso, il rispetto dei principi di efficacia,
efficienza ed economicità della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati. - Il modello gestionale ed organizzativo definisce la struttura operativa mediante la quale il gestore
assicura il servizio all’utenza e la realizzazione del programma degli interventi. - Il piano d’ambito è trasmesso entro dieci giorni dalla delibera di approvazione alla regione competente,
all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e al Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare. L’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti può notificare all’ente di governo
dell’ambito, entro novanta giorni decorrenti dal ricevimento del piano, i propri rilievi od osservazioni,
dettando, ove necessario, prescrizioni concernenti: il programma degli interventi, con particolare
riferimento all’adeguatezza degli investimenti programmati in relazione ai livelli minimi di servizio individuati
quali obiettivi della gestione; il piano finanziario, con particolare riferimento alla capacità dell’evoluzione
tariffaria di garantire l’equilibrio economico finanziario della gestione, anche in relazione agli investimenti
programmati.
149-bis. Affidamento del servizio
(articolo introdotto dall’art. 7, comma 1, lettera d), legge n. 164 del 2014) - L’ente di governo dell’ambito, nel rispetto del piano d’ambito di cui all’articolo 149 e del principio di
unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma di gestione fra quelle
previste dall’ordinamento europeo provvedendo, conseguentemente, all’affidamento del servizio nel
rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza
economica. L’affidamento diretto può avvenire a favore di società interamente pubbliche, in possesso dei
requisiti prescritti dall’ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate dagli enti locali
ricadenti nell’ambito territoriale ottimale.
(comma così modificato dall’art. 1, comma 615, legge n. 190 del 2014) - Alla successiva scadenza della gestione di ambito, al fine di assicurare l’efficienza, l’efficacia e la
continuità del servizio idrico integrato, l’ente di governo dell’ambito dispone l’affidamento al gestore unico
di ambito entro i sei mesi antecedenti la data di scadenza dell’affidamento previgente. Il soggetto
affidatario gestisce il servizio idrico integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell’ambito
territoriale ottimale.
2-bis. Al fine di ottenere un’offerta più conveniente e completa e di evitare contenziosi tra i soggetti
interessati, le procedure di gara per l’affidamento del servizio includono appositi capitolati con la puntuale
indicazione delle opere che il gestore incaricato deve realizzare durante la gestione del servizio.
2-ter. L’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 4 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 141, come
sostituito dal comma 4 dell’articolo 25 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, è soppresso. - Scelta della forma di gestione e procedure di affidamento
(articolo abrogato dall’art. 7, comma 1, lettera c), legge n. 164 del 2014) - Rapporti tra autorità d’ambito e soggetti gestori del servizio idrico integrato
- Il rapporto tra l’ente di governo dell’ambito ed il soggetto gestore del servizio idrico integrato è regolato
da una convenzione predisposta dall’ente di governo dell’ambito sulla base delle convenzioni tipo, con
relativi disciplinari, adottate dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico in relazione a
quanto previsto dall’articolo 10, comma 14, lettera b), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito,
con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e dall’articolo 21 del decreto-legge 6 dicembre 2011
n. 201, come convertito, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
(comma così sostituito dall’art. 7, comma 1, lettera e), legge n. 164 del 2014) - A tal fine, le convenzioni tipo, con relativi disciplinari, devono prevedere in particolare:
(comma così modificato dall’art. 7, comma 1, lettera e), legge n. 164 del 2014)
a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio:
b) la durata dell’affidamento, non superiore comunque a trenta anni;
b-bis) le opere da realizzare durante la gestione del servizio come individuate dal bando di
gara;
c) l’obbligo del raggiungimento e gli strumenti per assicurare il mantenimento dell’equilibrio
economico-finanziario della gestione;
d) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare all’utenza, anche con
riferimento alla manutenzione degli impianti;
e) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dall’ente di governo
dell’ambito e del loro aggiornamento annuale, anche con riferimento alle diverse categorie di
utenze;
f) l’obbligo di adottare la carta di servizio sulla base degli atti d’indirizzo vigenti;
g) l’obbligo di provvedere alla realizzazione del Programma degli interventi;
h) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio e l’obbligo di predisporre un
sistema tecnico adeguato a tal fine, come previsto dall’articolo 165;
i) il dovere di prestare ogni collaborazione per l’organizzazione e l’attivazione dei sistemi di
controllo integrativi che l’ente di governo dell’ambito ha facoltà di disporre durante tutto il
periodo di affidamento;
l) l’obbligo di dare tempestiva comunicazione all’ente di governo dell’ambito del verificarsi di
eventi che comportino o che facciano prevedere irregolarità nell’erogazione del servizio,
nonché l’obbligo di assumere ogni iniziativa per l’eliminazione delle irregolarità, in conformità
con le prescrizioni dell’Autorità medesima;
m) l’obbligo di restituzione, alla scadenza dell’affidamento, delle opere, degli impianti e delle
canalizzazioni del servizio idrico integrato in condizioni di efficienza ed in buono stato di
conservazione, nonché la disciplina delle conseguenze derivanti dalla eventuale cessazione
anticipata dell’affidamento, anche tenendo conto delle previsioni di cui agli articoli 143 e 158
del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ed i criteri e le modalità per la valutazione del
valore residuo degli investimenti realizzati dal gestore uscente;
n) l’obbligo di prestare idonee garanzie finanziarie e assicurative;
o) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i
principi del codice civile;
p) le modalità di rendicontazione delle attività del gestore. - Sulla base della convenzione tipo di cui al comma 1 o, in mancanza di questa, sulla base della normativa
vigente, l’ente di governo dell’ambito predispone uno schema di convenzione con relativo disciplinare, da
allegare ai capitolati della procedura di gara. Le convenzioni esistenti devono essere integrate in conformità
alle previsioni di cui al comma 2, secondo le modalità stabilite dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il
sistema idrico.
(comma così sostituito dall’art. 7, comma 1, lettera e), legge n. 164 del 2014) - Nel Disciplinare allegato alla Convenzione di gestione devono essere anche definiti, sulla base del
programma degli interventi, le opere e le manutenzioni straordinarie, nonché il programma temporale e
finanziario di esecuzione. - L’affidamento del servizio è subordinato alla prestazione da parte del gestore di idonea garanzia
fideiussoria. Tale garanzia deve coprire gli interventi da realizzare nei primi cinque anni di gestione e deve
essere annualmente aggiornata in modo da coprire gli interventi da realizzare nel successivo quinquennio. - Il gestore cura l’aggiornamento dell’atto di Ricognizione entro i termini stabiliti dalla convenzione.
- (comma abrogato dall’art. 7, comma 1, lettera e), legge n. 164 del 2014)
- Le società concessionarie del servizio idrico integrato, nonché le società miste costituite a seguito
dell’individuazione del socio privato mediante gara europea affidatarie del servizio medesimo, possono
emettere prestiti obbligazionari sottoscrivibili esclusivamente dagli utenti con facoltà di conversione in
azioni semplici o di risparmio. Nel caso di aumento del capitale sociale, una quota non inferiore al dieci
percento è offerta in sottoscrizione agli utenti del servizio. - Poteri di controllo e sostitutivi
- l’ente di governo dell’ambito ha facoltà di accesso e verifica alle infrastrutture idriche, anche nelle fase di
costruzione. - Nell’ipotesi di inadempienze del gestore agli obblighi che derivano dalla legge o dalla convenzione, e che
compromettano la risorsa o l’ambiente ovvero che non consentano il raggiungimento dei livelli minimi di
servizio, l’ente di governo dell’ambito interviene tempestivamente per garantire l’adempimento da parte del
gestore, esercitando tutti i poteri ad essa conferiti dalle disposizioni di legge e dalla convenzione.
Perdurando l’inadempienza del gestore, e ferme restando le conseguenti penalità a suo carico, nonché il
potere di risoluzione e di revoca, l’ente di governo dell’ambito, previa diffida, può sostituirsi ad esso
provvedendo a far eseguire a terzi le opere, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di appalti
pubblici. - Qualora l’ente di governo dell’ambito non intervenga, o comunque ritardi il proprio intervento, la
regione, previa diffida e sentita l’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, esercita i necessari
poteri sostitutivi, mediante nomina di un commissario “ad acta”. Qualora la regione non adempia entro
quarantacinque giorni, i predetti poteri sostitutivi sono esercitati, previa diffida ad adempiere nel termine di
venti giorni, dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, mediante nomina di un
commissario “ad acta”. - l’ente di governo dell’ambito con cadenza annuale comunica al Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare ed all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti i risultati dei controlli della
gestione. - Dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato
- Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell’articolo 143 sono affidate in concessione
d’uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato, il quale ne assume
i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare. Gli enti locali proprietari
provvedono in tal senso entro il termine perentorio di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente
disposizione, salvo eventuali quote residue di ammortamento relative anche ad interventi di manutenzione.
Nelle ipotesi di cui all’articolo 172, comma 1, gli enti locali provvedono alla data di decorrenza
dell’affidamento del servizio idrico integrato. Qualora gli enti locali non provvedano entro i termini
prescritti, si applica quanto previsto dal comma 4, dell’articolo 172. La violazione della presente
disposizione comporta responsabilità erariale.
(comma così modificato dall’art. 7, comma 1, lettera f), legge n. 164 del 2014) - Le immobilizzazioni, le attività e le passività relative al servizio idrico integrato, ivi compresi gli oneri
connessi all’ammortamento dei mutui oppure i mutui stessi, al netto degli eventuali contributi a fondo
perduto in conto capitale e/o in conto interessi, sono trasferite al soggetto gestore, che subentra nei
relativi obblighi. Di Tale trasferimento si tiene conto nella determinazione della tariffa, al fine di garantire
l’invarianza degli oneri per la finanza pubblica. Il gestore è tenuto a subentrare nelle garanzie e nelle
obbligazioni relative ai contratti di finanziamento in essere o ad estinguerli, ed a corrispondere al gestore
uscente un valore di rimborso definito secondo i criteri stabiliti dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il
sistema idrico.
(comma così modificato dall’art. 7, comma 1, lettera f), legge n. 164 del 2014) - Tariffa del servizio idrico integrato
- La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della
qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei
costi di gestione delle opere, [dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito] e dei costi di
gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell’ente di
governo dell’ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di
esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio “chi inquina paga”. Tutte le quote
della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo.
(comma così modificato dal d.P.R. n. 116 del 2011, in seguito al referendum abrogativo 12-13 giugno
2011) - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta dell’Autorità di vigilanza sulle
risorse idriche e sui rifiuti, tenuto conto della necessità di recuperare i costi ambientali anche secondo il
principio “chi inquina paga”, definisce con decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa
relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell’acqua. - Al fine di assicurare un’omogenea disciplina sul territorio nazionale, con decreto del Ministro
dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, sono stabiliti i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione
per l’utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa e prevedendo
altresì riduzioni del canone nell’ipotesi in cui il concessionario attui un riuso delle acque reimpiegando le
acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca le acque di
scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. L’aggiornamento dei canoni ha
cadenza triennale. - L’ente di governo dell’ambito, al fine della predisposizione del Piano finanziario di cui all’articolo 149,
comma 1, lettera c), determina la tariffa di base, nell’osservanza delle disposizioni contenute nel decreto di
cui al comma 2, comunicandola all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ed al Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. - La tariffa è applicata dai soggetti gestori, nel rispetto della Convenzione e del relativo disciplinare.
- Nella modulazione della tariffa sono assicurate, anche mediante compensazioni per altri tipi di consumi,
agevolazioni per quelli domestici essenziali, nonché per i consumi di determinate categorie, secondo
prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi di equa redistribuzione dei costi sono ammesse
maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie, per gli impianti ricettivi stagionali, nonché per le
aziende artigianali, commerciali e industriali. - L’eventuale modulazione della tariffa tra i comuni tiene conto degli investimenti pro capite per residente
effettuati dai comuni medesimi che risultino utili ai fini dell’organizzazione del servizio idrico integrato. - Tariffa del servizio di fognatura e depurazione
- Le quote di tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e di depurazione sono dovute dagli utenti
anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi. Il gestore
è tenuto a versare i relativi proventi, risultanti dalla formulazione tariffaria definita ai sensi dell’articolo 154,
a un fondo vincolato intestato all’ente di governo dell’ambito, che lo mette a disposizione del gestore per
l’attuazione degli interventi relativi alle reti di fognatura ed agli impianti di depurazione previsti dal piano
d’ambito. La tariffa non è dovuta se l’utente è dotato di sistemi di collettamento e di depurazione propri,
sempre che tali sistemi abbiano ricevuto specifica approvazione da parte dell’ente di governo dell’ambito.
(comma dichiarato costituzionalmente illegittimo al primo periodo, nella parte in cui prevede che la quota
di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti anche nel caso in cui manchino impianti di
depurazione o questi siano temporaneamente inattivi, con sentenza della Corte costituzionale n. 335 del
2008) - In pendenza dell’affidamento della gestione dei servizi idrici locali al gestore del servizio idrico integrato,
i comuni già provvisti di impianti di depurazione funzionanti, che non si trovino in condizione di dissesto,
destinano i proventi derivanti dal canone di depurazione e fognatura prioritariamente alla manutenzione
degli impianti medesimi. - Gli utenti tenuti al versamento della tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura, di cui al comma 1,
sono esentati dal pagamento di qualsivoglia altra tariffa eventualmente dovuta al medesimo titolo ad altri
enti pubblici. - Al fine della determinazione della quota tariffaria di cui al presente articolo, il volume dell’acqua scaricata
è determinato in misura pari al cento per cento del volume di acqua fornita. - Per le utenze industriali la quota tariffaria di cui al presente articolo è determinata sulla base della
qualità e della quantità delle acque reflue scaricate e sulla base del principio “chi inquina paga”. E’ fatta
salva la possibilità di determinare una quota tariffaria ridotta per le utenze che provvedono direttamente
alla depurazione e che utilizzano la pubblica fognatura, sempre che i relativi sistemi di depurazione abbiano
ricevuto specifica approvazione da parte dell’ente di governo dell’ambito. - Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua reflua o già usata nel ciclo produttivo, la tariffa per le
utenze industriali è ridotta in funzione dell’utilizzo nel processo produttivo di acqua reflua o già usata. La
riduzione si determina applicando alla tariffa un correttivo, che tiene conto della quantità di acqua
riutilizzata e della quantità delle acque primarie impiegate. - Riscossione della tariffa
- La tariffa è riscossa dal gestore del servizio idrico integrato. Qualora il servizio idrico sia gestito
separatamente, per effetto di particolari convenzioni e concessioni, la relativa tariffa è riscossa dal gestore
del servizio di acquedotto, il quale provvede al successivo riparto tra i diversi gestori interessati entro
trenta giorni dalla riscossione, in base a quanto stabilito dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il
sistema idrico.
(comma così modificato dall’art. 7, comma 1, lettera g), legge n. 164 del 2014) - Con apposita convenzione, sottoposta al controllo dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema
idrico, sono definiti i rapporti tra i diversi gestori per il riparto delle spese di riscossione.
(comma così modificato dall’art. 7, comma 1, lettera g), legge n. 164 del 2014) - La riscossione volontaria della tariffa può essere effettuata con le modalità di cui al capo III del decreto
legislativo 9 luglio 1997, n. 241, previa convenzione con l’Agenzia delle entrate. La riscossione, sia
volontaria sia coattiva, della tariffa può altresì essere affidata ai soggetti iscritti all’albo previsto dall’articolo
53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, a seguito di procedimento ad evidenza pubblica.
(comma così sostituito dall’art. 2, comma 10, legge n. 286 del 2006) - Opere di adeguamento del servizio idrico
- Gli enti locali hanno facoltà di realizzare le opere necessarie per provvedere all’adeguamento del servizio
idrico in relazione ai piani urbanistici ed a concessioni per nuovi edifici in zone già urbanizzate, previo
parere di compatibilità con il piano d’ambito reso dall’ente di governo dell’ambito e a seguito di
convenzione con il soggetto gestore del servizio medesimo, al quale le opere, una volta realizzate, sono
affidate in concessione. - Opere e interventi per il trasferimento di acqua
- Ai fini di pianificare l’utilizzo delle risorse idriche, laddove il fabbisogno comporti o possa comportare il
trasferimento di acqua tra regioni diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei distretti
idrografici, le Autorità di bacino, sentite le regioni interessate, promuovono accordi di programma tra le
regioni medesime, ai sensi dell’articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, salvaguardando
in ogni caso le finalità di cui all’articolo 144 del presente decreto. A tal fine il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ciascuno per la parte di
propria competenza, assumono di concerto le opportune iniziative anche su richiesta di una Autorità di
bacino o di una regione interessata od anche in presenza di istanza presentata da altri soggetti pubblici o
da soggetti privati interessati, fissando un termine per definire gli accordi. - In caso di inerzia, di mancato accordo in ordine all’utilizzo delle risorse idriche, o di mancata attuazione
dell’accordo stesso, provvede in via sostitutiva, previa diffida ad adempiere entro un congruo termine, il
Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare. - Le opere e gli impianti necessari per le finalità di cui al presente articolo sono dichiarati di interesse
nazionale. La loro realizzazione e gestione, se di iniziativa pubblica, possono essere poste anche a totale
carico dello Stato mediante quantificazione dell’onere e relativa copertura finanziaria, previa deliberazione
del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta dei Ministri
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle infrastrutture e dei trasporti, ciascuno per la
parte di rispettiva competenza. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare esperisce le
procedure per la concessione d’uso delle acque ai soggetti utilizzatori e definisce la relativa convenzione
tipo; al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti compete la determinazione dei criteri e delle modalità
per l’esecuzione e la gestione degli interventi, nonché l’affidamento per la realizzazione e la gestione degli
impianti.
158-bis. Approvazione dei progetti degli interventi e individuazione dell’autorità espropriante
(articolo introdotto dall’art. 7, comma 1, lettera h), legge n. 164 del 2014) - I progetti definitivi delle opere, degli interventi previsti nei piani di investimenti compresi nei piani
d’ambito di cui all’articolo 149 del presente decreto, sono approvati dagli enti di governo degli ambiti o
bacini territoriali ottimali e omogenei istituiti o designati ai sensi dell’articolo 3-bis del decreto-legge del 13
agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, che provvedono
alla convocazione di apposita conferenza di servizi, ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto
1990, n. 241. La medesima procedura si applica per le modifiche sostanziali delle medesime opere,
interventi ed impianti. - L’approvazione di cui al comma 1 comporta dichiarazione di pubblica utilità e costituisce titolo abilitativo
e, ove occorra, variante agli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, esclusi i piani
paesaggistici. Qualora l’approvazione costituisca variante agli strumenti di pianificazione urbanistica e
territoriale, tale variante deve essere coordinata con il piano di protezione civile secondo quanto previsto
dall’articolo 3, comma 6, della legge 24 febbraio 1992, n. 225. - L’ente di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei di cui al comma 1 costituisce
autorità espropriante per la realizzazione degli interventi di cui al presente articolo. L’ente di governo può
delegare, in tutto o in parte, i propri poteri espropriativi al gestore del servizio idrico integrato, nell’ambito
della convenzione di affidamento del servizio i cui estremi sono specificati in ogni atto del procedimento
espropriativo.
Titolo III – Vigilanza, controlli e partecipazione
(ai sensi dell’art. 1, comma 5, del d.lgs. n. 284 del 2006, tutti i riferimenti all’Autorità di vigilanza sulle
risorse idriche e sui rifiuti sono abrogati) - Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti – Vigilanza, controlli e partecipazione
(abrogato dall’art. 1, comma 5, d.lgs. n. 284 del 2006) - Compiti e funzioni dell’Autorità di vigilanza
(abrogato dall’art. 1, comma 5, d.lgs. n. 284 del 2006) - Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche
(articolo così sostituito dall’art. 2, comma 15, d.lgs. n. 4 del 2008)
(ai sensi dell’art. 10, commi 11 e seguenti, della legge n. 106 del 2011, di conversione del decreto-legge n.
70 del 2011, il Comitato, poi Commissione per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche è stato sostituito
dall’Agenzia Nazionale di vigilanza sulle risorse idriche, le cui funzioni sono state trasferite all’Autorità per
l’energia elettrica il gas e il sistema idrico (AEEGSI) con d.p.c.m. 20 luglio 2012, in attuazione dell’art. 21,
comma 20, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito nella legge n. 214 del 2011) - Il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche di cui al decreto legislativo 7 novembre 2006, n.
284, articolo 1, comma 5, è istituito presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
e del mare, al fine di garantire l’osservanza dei principi di cui all’articolo 141, comma 2 del presente
decreto legislativo, con particolare riferimento alla regolare determinazione ed al regolare adeguamento
delle tariffe, nonché alla tutela dell’interesse degli utenti. - Il Comitato è composto, nel rispetto del principio dell’equilibrio di genere, da sette membri, nominati con
decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare. Di tali componenti, tre
sono designati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e quattro – di cui
uno con funzioni di presidente individuato con il medesimo decreto – sono scelti tra persone
particolarmente esperte in materia di tutela ed uso delle acque, sulla base di specifiche esperienze e
conoscenze del settore. - I membri del Comitato durano in carica tre anni e non possono essere confermati. I componenti non
possono essere dipendenti di soggetti di diritto privato operanti nel settore, né possono avere interessi
diretti e indiretti nei medesimi; qualora siano dipendenti pubblici, essi sono collocati fuori ruolo o, se
professori universitari, sono collocati in aspettativa per l’intera durata del mandato. Con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, è determinato il trattamento
economico spettante ai membri del Comitato. - Il Comitato, nell’ambito delle attività previste all’articolo 6, comma 2, del d.P.R. 14 maggio 2007, n. 90,
in particolare:
a) predispone con delibera il metodo tariffario per la determinazione della tariffa di cui
all’articolo 154 e le modalità di revisione periodica, e lo trasmette al Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare e del mare, che lo adotta con proprio decreto sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano;
b) verifica la corretta redazione del piano d’ambito, esprimendo osservazioni, rilievi e
prescrizioni sugli elementi tecnici ed economici e sulla necessità di modificare le clausole
contrattuali e gli atti che regolano il rapporto tra gli enti di governo dell’ambito e i gestori in
particolare quando ciò sia richiesto dalle ragionevoli esigenze degli utenti;
c) predispone con delibera una o più convenzioni tipo di cui all’articolo 151, e la trasmette al
Ministro per l’ambiente e per la tutela del territorio e del mare, che la adotta con proprio
decreto sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano;
d) emana direttive per la trasparenza della contabilità delle gestioni e valuta i costi delle
singole prestazioni;
e) definisce i livelli minimi di qualità dei servizi da prestare, sentite le regioni, i gestori e le
associazioni dei consumatori;
f) controlla le modalità di erogazione dei servizi richiedendo informazioni e documentazioni ai
gestori operanti nel settore idrico, anche al fine di individuare situazioni di criticità e di
irregolarità funzionali dei servizi idrici;
g) tutela e garantisce i diritti degli utenti emanando linee guida che indichino le misure
idonee al fine di assicurare la parità di trattamento degli utenti, garantire la continuità della
prestazione dei servizi e verificare periodicamente la qualità e l’efficacia delle prestazioni;
h) predispone periodicamente rapporti relativi allo stato di organizzazione dei servizi al fine di
consentire il confronto delle prestazioni dei gestori;
i) esprime pareri in ordine a problemi specifici attinenti la qualità dei servizi e la tutela dei
consumatori, su richiesta del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e
del mare, delle regioni, degli enti locali, degli enti di governo dell’ambito, delle associazioni
dei consumatori e di singoli utenti del servizio idrico integrato; per lo svolgimento delle
funzioni di cui al presente comma il Comitato promuove studi e ricerche di settore;
l) predispone annualmente una relazione al parlamento sullo stato dei servizi idrici e
sull’attività svolta. - Per l’espletamento dei propri compiti e per lo svolgimento di funzioni ispettive, il Comitato si avvale della
segreteria tecnica di cui al d.P.R. 17 giugno 2003, n. 261, articolo 3, comma 1, lettera o). Esso può
richiedere di avvalersi, altresì, dell’attività ispettiva e di verifica dell’Osservatorio di cui al comma 6 e di
altre amministrazioni. - Per l’espletamento dei propri compiti il Comitato si avvale, altresì, dell’Osservatorio dei servizi idrici, di
cui al d.P.R. 17 giugno 2003, n. 261, articolo 3, comma 1, lettera o). L’Osservatorio svolge funzioni di
raccolta, elaborazione e restituzione di dati statistici e conoscitivi, in particolare, in materia di:
a) censimento dei soggetti gestori dei servizi idrici e relativi dati dimensionali, tecnici e
finanziari di esercizio;
b) convenzioni e condizioni generali di contratto per l’esercizio dei servizi idrici;
c) modelli adottati di organizzazione, di gestione, di controllo e di programmazione dei servizi
e degli impianti;
d) livelli di qualità dei servizi erogati;
e) tariffe applicate;
f) piani di investimento per l’ammodernamento degli impianti e lo sviluppo dei servizi.
6-bis Le attività della Segreteria tecnica e dell’Osservatorio dei servizi idrici sono svolte nell’ambito delle
risorse umane, strumentali e finanziarie già operanti presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare e del mare. - I soggetti gestori dei servizi idrici trasmettono entro il 31 dicembre di ogni anno all’Osservatorio, alle
regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano i dati e le informazioni di cui al comma 6.
L’Osservatorio ha, altresì, facoltà di acquisire direttamente le notizie relative ai servizi idrici ai fini della
proposizione innanzi agli organi giurisdizionali competenti, da parte del Comitato, dell’azione avverso gli atti
posti in essere in violazione del presente decreto legislativo, nonché dell’azione di responsabilità nei
confronti degli amministratori e di risarcimento dei danni a tutela dei diritti dell’utente. - L’Osservatorio assicura l’accesso generalizzato, anche per via informatica, ai dati raccolti e alle
elaborazioni effettuate per la tutela degli interessi degli utenti - Partecipazione, garanzia e informazione degli utenti
- Il gestore del servizio idrico integrato assicura l’informazione agli utenti, promuove iniziative per la
diffusione della cultura dell’acqua e garantisce l’accesso dei cittadini alle informazioni inerenti ai servizi
gestiti nell’ambito territoriale ottimale di propria competenza, alle tecnologie impiegate, al funzionamento
degli impianti, alla quantità e qualità delle acque fornite e trattate. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, le regioni e le province autonome,
nell’ambito delle rispettive competenze, assicurano la pubblicità dei progetti concernenti opere idrauliche
che comportano o presuppongono grandi e piccole derivazioni, opere di sbarramento o di canalizzazione,
nonché la perforazione di pozzi. A tal fine, le amministrazioni competenti curano la pubblicazione delle
domande di concessione, contestualmente all’avvio del procedimento, oltre che nelle forme previste
dall’articolo 7 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici, approvato con
regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, su almeno un quotidiano a diffusione nazionale e su un
quotidiano a diffusione locale per le grandi derivazioni di acqua da fiumi transnazionali e di confine. - Chiunque può prendere visione presso i competenti uffici del Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, delle regioni e delle province autonome di tutti i documenti, atti, studi e progetti
inerenti alle domande di concessione di cui al comma 2 del presente articolo, ai sensi delle vigenti
disposizioni in materia di pubblicità degli atti delle amministrazioni pubbliche. - Gestione delle aree di salvaguardia
- Per assicurare la tutela delle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano, il
gestore del servizio idrico integrato può stipulare convenzioni con lo Stato, le regioni, gli enti locali, le
associazioni e le università agrarie titolari di demani collettivi, per la gestione diretta dei demani pubblici o
collettivi ricadenti nel perimetro delle predette aree, nel rispetto della protezione della natura e tenuto
conto dei diritti di uso civico esercitati. - La quota di tariffa riferita ai costi per la gestione delle aree di salvaguardia, in caso di trasferimenti di
acqua da un ambito territoriale ottimale all’altro, è versata alla comunità montana, ove costituita, o agli
enti locali nel cui territorio ricadono le derivazioni; i relativi proventi sono utilizzati ai fini della tutela e del
recupero delle risorse ambientali. - Disciplina delle acque nelle aree protette
- Nell’ambito delle aree naturali protette nazionali e regionali, l’ente gestore dell’area protetta, sentita
l’Autorità di bacino, definisce le acque sorgive, fluenti e sotterranee necessarie alla conservazione degli
ecosistemi, che non possono essere captate. - Il riconoscimento e la concessione preferenziale delle acque superficiali o sorgentizie che hanno assunto
natura pubblica per effetto dell’articolo 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché le concessioni in
sanatoria, sono rilasciati su parere dell’ente gestore dell’area naturale protetta. Gli enti gestori di aree
protette verificano le captazioni e le derivazioni già assentite all’interno delle aree medesime e richiedono
all’autorità competente la modifica delle quantità di rilascio qualora riconoscano alterazioni degli equilibri
biologici dei corsi d’acqua oggetto di captazione, senza che ciò possa dare luogo alla corresponsione di
indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di
concessione. - Controlli
- Per assicurare la fornitura di acqua di buona qualità e per il controllo degli scarichi nei corpi ricettori,
ciascun gestore di servizio idrico si dota di un adeguato servizio di controllo territoriale e di un laboratorio
di analisi per i controlli di qualità delle acque alla presa, nelle reti di adduzione e di distribuzione, nei
potabilizzatori e nei depuratori, ovvero stipula apposita convenzione con altri soggetti gestori di servizi
idrici. Restano ferme le competenze amministrative e le funzioni di controllo sulla qualità delle acque sugli
scarichi nei corpi idrici stabilite dalla normativa vigente e quelle degli organismi tecnici preposti a tali
funzioni. - Coloro che si approvvigionano in tutto o in parte di acqua da fonti diverse dal pubblico acquedotto sono
tenuti a denunciare annualmente al soggetto gestore del servizio idrico il quantitativo prelevato nei termini
e secondo le modalità previste dalla normativa per la tutela delle acque dall’inquinamento. - Le sanzioni previste dall’articolo 19 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, si applicano al
responsabile della gestione dell’acquedotto soltanto nel caso in cui, dopo la comunicazione dell’esito delle
analisi, egli non abbia tempestivamente adottato le misure idonee ad adeguare la qualità dell’acqua o a
prevenire il consumo o l’erogazione di acqua non idonea.
Titolo IV – Usi produttivi delle risorse idriche - Usi delle acque irrigue e di bonifica
- I consorzi di bonifica ed irrigazione, nell’ambito delle loro competenze, hanno facoltà di realizzare e
gestire le reti a prevalente scopo irriguo, gli impianti per l’utilizzazione in agricoltura di acque reflue, gli
acquedotti rurali e gli altri impianti funzionali ai sistemi irrigui e di bonifica e, previa domanda alle
competenti autorità corredata dal progetto delle opere da realizzare, hanno facoltà di utilizzare le acque
fluenti nei canali e nei cavi consortili per usi che comportino la restituzione delle acque siano compatibili
con le successive utilizzazioni, ivi compresi la produzione di energia idroelettrica e l’approvvigionamento di
imprese produttive. L’Autorità di bacino esprime entro centoventi giorni la propria determinazione.
Trascorso tale termine, la domanda si intende accettata. Per tali usi i consorzi sono obbligati ai pagamento
dei relativi canoni per le quantità di acqua corrispondenti, applicandosi anche in tali ipotesi le disposizioni di
cui al secondo comma dell’articolo 36 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque sugli impianti
elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775. - I rapporti tra i consorzi di bonifica ed irrigazione ed i soggetti che praticano gli usi di cui al comma 1
sono regolati dalle disposizioni di cui al capo I del titolo VI del regio decreto 8 maggio 1904, n. 368. - Fermo restando il rispetto della disciplina sulla qualità delle acque degli scarichi stabilita dalla parte terza
del presente decreto, chiunque, non associato ai consorzi di bonifica ed irrigazione, utilizza canali consortili
o acque irrigue come recapito di scarichi, anche se depurati e compatibili con l’uso irriguo, provenienti da
insediamenti di qualsiasi natura, deve contribuire alle spese sostenute dal consorzio tenendo conto della
portata di acqua scaricata. - Il contributo di cui al comma 3 è determinato dal consorzio interessato e comunicato al soggetto
utilizzatore, unitamente alle modalità di versamento.
4-bis. Con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche
agricole alimentari e forestali e con il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e sentiti i competenti
istituti di ricerca, definisce, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i
parametri fondamentali di qualità delle acque destinate ad uso irriguo su colture alimentari e le relative
modalità di verifica, fatto salvo quanto disposto dall’articolo 112 del presente decreto e dalla relativa
disciplina di attuazione e anche considerati gli standard di qualità, di cui al decreto legislativo 16 marzo
2009, n. 30, nonché gli esiti delle indagini e delle attività effettuati ai sensi del medesimo decreto
legislativo. Con il regolamento di cui al presente comma si provvede, altresì, alla verifica ed eventualmente
alla modifica delle norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue previste dal regolamento di cui al
decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2003, n. 185.
(comma introdotto dall’art. 1, comma 6-sexies, legge n. 6 del 2014, poi così modificato dall’art. 14, comma
8, legge n. 116 del 2014) - Usi agricoli delle acque
- Nei periodi di siccità e comunque nei casi di scarsità di risorse idriche, durante i quali si procede alla
regolazione delle derivazioni in atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la priorità dell’uso
agricolo ivi compresa l’attività di acquacoltura di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 102. - Nell’ipotesi in cui, ai sensi dell’articolo 145, comma 3, si proceda alla regolazione delle derivazioni,
l’amministrazione competente, sentiti i soggetti titolari delle concessioni di derivazione, assume i relativi
provvedimenti. - La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici è libera.
- La raccolta di cui al comma 3 non richiede licenza o concessione di derivazione di acque; la realizzazione
dei relativi manufatti è regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe
e sbarramenti e dalle altre leggi speciali. - L’utilizzazione delle acque sotterranee per gli usi domestici, come definiti dall’articolo 93, secondo
comma, del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici, approvato con regio
decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, resta disciplinata dalla medesima disposizione, purché non
comprometta l’equilibrio del bilancio idrico di cui all’articolo 145 del presente decreto. - Utilizzazione delle acque destinate ad uso idroelettrico
- Tenuto conto dei principi di cui alla parte terza del presente decreto e del piano energetico nazionale,
nonché degli indirizzi per gli usi plurimi delle risorse idriche, il Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sentite le Autorità di bacino,
nonché le regioni e le province autonome, disciplina, senza che ciò possa dare luogo alla corresponsione di
indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la corrispondente riduzione del canone di
concessione:
a) la produzione al fine della cessione di acqua dissalata conseguita nei cicli di produzione
delle centrali elettriche costiere;
b) l’utilizzazione dell’acqua invasata a scopi idroelettrici per fronteggiare situazioni di
emergenza idrica;
c) la difesa e la bonifica per la salvaguardia della quantità e della qualità delle acque dei
serbatoi ad uso idroelettrico. - Piani, studi e ricerche
- I piani, gli studi e le ricerche realizzati dalle Amministrazioni dello Stato e da enti pubblici aventi
competenza nelle materie disciplinate dalla parte terza del presente decreto sono comunicati alle Autorità
di bacino competenti per territorio ai fini della predisposizione dei piani ad esse affidati.
Sezione IV – Disposizioni transitorie e finali - Norme transitorie
- Ai fini dell’applicazione dell’articolo 65, limitatamente alle procedure di adozione ed approvazione dei
piani di bacino, fino alla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, continuano ad
applicarsi le procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino previste dalla legge 18 maggio
1989, n. 183. - Ai fini dell’applicazione dell’articolo 1 del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con
modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365, i riferimenti in esso contenuti all’articolo 1 del decretolegge
11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, devono
intendersi riferiti all’articolo 66 del presente decreto; i riferimenti alla legge 18 maggio 1989, n. 183,
devono intendersi riferiti alla sezione prima della parte terza del presente decreto, ove compatibili.
2-bis. Nelle more della costituzione dei distretti idrografici di cui al Titolo II della Parte terza del presente
decreto e della eventuale revisione della relativa disciplina legislativa, le Autorità di bacino di cui alla legge
18 maggio 1989, n. 183, sono prorogate, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, fino
alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 2,
dell’articolo 63 del presente decreto.
(comma così sostituito dall’art. 1, comma 1, legge n. 13 del 2009) - Ai fini dell’applicazione della parte terza del presente decreto:
a) fino all’emanazione dei decreti di cui all’articolo 95, commi 4 e 5, continua ad applicarsi il
decreto ministeriale 28 luglio 2004;
b) fino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 99, comma 1, continua ad applicarsi il
decreto ministeriale 12 giugno 2003, n. 185;
c) fino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 104, comma 4, si applica il decreto
ministeriale 28 luglio 1994;
d) fino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 112, comma 2, si applica il decreto
ministeriale 6 luglio 2005;
e) fino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 114, comma 4, continua ad applicarsi il
decreto ministeriale 30 giugno 2004;
f) fino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 118, comma 2, continuano ad applicarsi il
decreto ministeriale 18 settembre 2002 e il decreto ministeriale 19 agosto 2003;
g) fino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 123, comma 2, continua ad applicarsi il
decreto ministeriale 19 agosto 2003;
h) fino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 146, comma 3, continua ad applicarsi il
decreto ministeriale 8 gennaio 1997, n. 99;
i) fino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 150, comma 2, all’affidamento della
concessione di gestione del servizio idrico integrato nonché all’affidamento a società miste
continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 22 novembre 2001, nonché le circolari del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 6 dicembre 2004;
l) fino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 154, comma 2, continua ad applicarsi il
decreto ministeriale 1° agosto 1996. - La parte terza del presente decreto contiene le norme di recepimento delle seguenti direttive
comunitarie:
a) direttiva 75/440/CEE relativa alla qualità delle acque superficiali destinate alla produzione
di acqua potabile;
b) direttiva 76/464/CEE concernente l’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose
scaricate nell’ambiente idrico;
c) direttiva 78/659/CEE relativa alla qualità delle acque dolci che richiedono protezione o
miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;
d) direttiva 79/869/CEE relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti e delle
analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
e) direttiva 79/923/CEE relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate alla
molluschicoltura;
f) direttiva 80/68/CEE relativa alla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento
provocato da certe sostanze pericolose;
g) direttiva 82/176/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di
mercurio del settore dell’elettrolisi dei cloruri alcalini;
h) direttiva 83/513/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di
cadmio;
i) direttiva 84/156/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di
mercurio provenienti da settori diversi da quello dell’elettrolisi dei cloruri alcalini;
l) direttiva 84/491/CEE relativa ai valori limite e obiettivi di qualità per gli scarichi di
esaclorocicloesano;
m) direttiva 88/347/CEE relativa alla modifica dell’Allegato 11 della direttiva 86/280/CEE
concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose
che figurano nell’elenco 1 dell’Allegato della direttiva 76/464/CEE;
n) direttiva 90/415/CEE relativa alla modifica della direttiva 86/280/CEE concernente i valori
limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano
nell’elenco 1 della direttiva 76/464/CEE;
o) direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane;
p) direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque da inquinamento provocato dai
nitrati provenienti da fonti agricole;
q) direttiva 98/15/CE recante modifica della direttiva 91/271/CEE per quanto riguarda alcuni
requisiti dell’Allegato 1;
r) direttiva 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque. - Le regioni definiscono, in termini non inferiori a due anni, i tempi di adeguamento alle prescrizioni, ivi
comprese quelle adottate ai sensi dell’articolo 101, comma 2, contenute nella legislazione regionale
attuativa della parte terza del presente decreto e nei piani di tutela di cui all’articolo 121. - Resta fermo quanto disposto dall’articolo 36 della legge 24 aprile 1998, n. 128, e dai decreti legislativi di
attuazione della direttiva 96/92/CE. - Fino all’emanazione della disciplina regionale di cui all’articolo 112, le attività di utilizzazione agronomica
sono effettuate secondo le disposizioni regionali vigenti alla data di entrata in vigore della parte terza del
presente decreto. - Dall’attuazione della parte terza del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri o
minori entrate a carico della finanza pubblica. - Una quota non inferiore al dieci per cento e non superiore al quindici per cento degli stanziamenti
previsti da disposizioni statali di finanziamento è riservata alle attività di monitoraggio e studio destinati
all’attuazione della parte terza del presente decreto. - Restano ferme le disposizioni in materia di difesa del mare.
- Fino all’emanazione di corrispondenti atti adottati in attuazione della parte terza del presente decreto,
restano validi ed efficaci i provvedimenti e gli atti emanati in attuazione delle disposizioni di legge abrogate
dall’articolo 175. - All’onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento della Sezione per la vigilanza sulle risorse
idriche si provvede mediante utilizzo delle risorse di cui all’articolo 22, comma 6, della legge 5 gennaio
1994, n. 36. - (abrogato dall’art. 206-bis, comma 6)
- In sede di prima applicazione, il termine di centottanta giorni di cui all’articolo 112, comma 2, decorre
dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. - Canoni per le utenze di acqua pubblica
- Delle more del trasferimento alla regione Sicilia del demanio idrico, per le grandi derivazioni in corso di
sanatoria di cui all’articolo 96, comma 6, ricadenti nel territorio di tale regione, si applicano
retroattivamente, a decorrere dal 1 gennaio 2002, i seguenti canoni annui:
a) per ogni modulo di acqua assentito ad uso irrigazione, 40.000 euro, ridotte alla metà se le
colature ed i residui di acqua sono restituiti anche in falda;
b) per ogni ettaro del comprensorio irriguo assentito, con derivazione non suscettibile di
essere fatta a bocca tassata, 0,40 euro;
c) per ogni modulo di acqua assentito per il consumo umano, 1.750,00 euro, minimo 300,00
euro;
d) per ogni modulo di acqua assentito ad uso industriale, 12.600,00 euro, minimo 1.750,00
euro. II canone è ridotto del cinquanta per cento se il concessionario attua un riuso delle
acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello
stesso o, ancora, se restituisce le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative
di quelle prelevate. Le disposizioni di cui al comma 5 dell’articolo 12 del decreto-legge 27
aprile 1990, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 1651, non si
applicano per l’uso industriale;
e) per ogni modulo di acqua assentito per la piscicoltura, l’irrigazione di attrezzature sportive
e di aree destinate a verde pubblico, 300,00 euro, minimo 100,00 euro;
f) per ogni kilowatt di potenza nominale assentita, per le concessioni di derivazione ad uso
idroelettrico 12,00 euro, minimo 100,00 euro;
g) per ogni modulo dì acqua assentita ad uso igienico ed assimilati, concernente l’utilizzo
dell’acqua per servizi igienici e servizi antincendio, ivi compreso quello relativo ad impianti
sportivi, industrie e strutture varie qualora la concessione riguardi solo tale utilizzo, per
impianti di autolavaggio e lavaggio strade e comunque per tutti gli usi non previsti dalle
lettere da a) ad f), 900,00 euro. - Gli importi dei canoni di cui al comma 1 non possono essere inferiori a 250,00 euro per derivazioni per il
consumo umano e a 1.500,00 euro per derivazioni per uso industriale. - Gestioni esistenti
- Gli enti di governo degli ambiti che non abbiano già provveduto alla redazione del Piano d’Ambito di cui
all’articolo 149, ovvero non abbiano scelto la forma di gestione ed avviato la procedura di affidamento,
sono tenuti, entro il termine perentorio di un anno dalla data di entrata in vigore della presente
disposizione, ad adottare i predetti provvedimenti disponendo l’affidamento del servizio al gestore unico
con la conseguente decadenza degli affidamenti non conformi alla disciplina pro tempore vigente. - Al fine di garantire il rispetto del principio di unicità della gestione all’interno dell’ambito territoriale
ottimale, il gestore del servizio idrico integrato subentra, alla data di entrata in vigore della presente
disposizione, agli ulteriori soggetti operanti all’interno del medesimo ambito territoriale. Qualora detti
soggetti gestiscano il servizio in base ad un affidamento assentito in conformità alla normativa pro tempore
vigente e non dichiarato cessato ex lege, il gestore del servizio idrico integrato subentra alla data di
scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto. - In sede di prima applicazione, al fine di garantire il conseguimento del principio di unicità della gestione
all’interno dell’ambito territoriale ottimale, l’ente di governo dell’ambito, nel rispetto della normativa vigente
e fuori dai casi di cui al comma 1, dispone l’affidamento al gestore unico di ambito ai sensi dell’articolo
150-bis alla scadenza di una o più gestioni esistenti nell’ambito territoriale tra quelle di cui al comma 2,
ultimo periodo, il cui bacino complessivo affidato sia almeno pari al 25 per cento della popolazione
ricadente nell’ambito territoriale ottimale di riferimento. Il gestore unico così individuato subentra agli
ulteriori soggetti che gestiscano il servizio in base ad un affidamento assentito in conformità alla normativa
pro tempore vigente e non dichiarato cessato ex lege alla data di scadenza prevista nel contratto di servizio
o negli altri atti che regolano il rapporto. Al fine di addivenire, nel più breve tempo possibile,
all’affidamento del servizio al gestore unico di ambito, nelle more del raggiungimento della percentuale di
cui al primo periodo, l’ente competente, nel rispetto della normativa vigente, alla scadenza delle gestioni
esistenti nell’ambito territoriale tra quelle di cui al comma 2, ultimo periodo, i cui bacini affidati siano
complessivamente inferiori al 25 per cento della popolazione ricadente nell’ambito territoriale ottimale di
riferimento, dispone l’affidamento del relativo servizio per una durata in ogni caso non superiore a quella
necessaria al raggiungimento di detta soglia, ovvero per una durata non superiore alla durata residua delle
menzionate gestioni esistenti, la cui scadenza sia cronologicamente antecedente alle altre, ed il cui bacino
affidato, sommato a quello delle gestioni oggetto di affidamento, sia almeno pari al 25 per cento della
popolazione ricadente nell’ambito territoriale ottimale di riferimento.
3-bis. Entro il 31 dicembre 2014 e, negli anni successivi, entro il 30 giugno e il 31 dicembre di ogni anno,
l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico presenta alle Camere una relazione sul rispetto
delle prescrizioni stabilite dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in particolare:
a) a carico delle regioni, per la costituzione degli enti di governo dell’ambito;
b) a carico degli enti di governo dell’ambito, per l’affidamento del servizio idrico integrato;
c) a carico degli enti locali, in relazione alla partecipazione agli enti di governo dell’ambito e in
merito all’affidamento in concessione d’uso gratuito delle infrastrutture del servizio idrico
integrato ai gestori affidatari del servizio. - Qualora l’ente di governo dell’ambito non provveda nei termini stabiliti agli adempimenti di cui ai commi
1,2 e 3 o, comunque, agli ulteriori adempimenti previsti dalla legge, il Presidente della regione esercita,
dandone comunicazione al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e all’Autorità per
l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, i poteri sostitutivi, ponendo le relative spese a carico dell’ente
inadempiente, determinando le scadenze dei singoli adempimenti procedimentali e avviando entro trenta
giorni le procedure di affidamento. In tali ipotesi, i costi di funzionamento dell’ente di governo riconosciuti
in tariffa sono posti pari a zero per tutta la durata temporale dell’esercizio dei poteri sostitutivi. Qualora il
Presidente della regione non provveda nei termini così stabiliti, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il
sistema idrico, entro i successivi trenta giorni, segnala l’inadempienza al Presidente del Consiglio dei
Ministri che nomina un commissario ad acta, le cui spese sono a carico dell’ente inadempiente. La
violazione della presente disposizione comporta responsabilità erariale. - Alla scadenza del periodo di affidamento, o alla anticipata risoluzione delle concessioni in essere, i beni e
gli impianti del gestore uscente relativi al servizio idrico integrato sono trasferiti direttamente all’ente locale
concedente nei limiti e secondo le modalità previsti dalla convenzione.
(commi da 1 a 5 così sostituiti dall’art. 7, comma 1, lettera i), legge n. 164 del 2014) - Gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione gestiti dai consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo
industriale di cui all’articolo 50 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con
d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, da altri consorzi o enti pubblici, nel rispetto dell’unità di gestione, entro il 31
dicembre 2006 sono trasferiti in concessione d’uso al gestore del servizio idrico integrato dell’Ambito
territoriale ottimale nel quale ricadono in tutto o per la maggior parte i territori serviti, secondo un piano
adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, sentite le regioni, le province e gli enti interessati. - Personale
- Fatta salva la legislazione regionale adottata ai sensi dell’articolo 12, comma 3, della legge 5 gennaio
1994, n. 36, il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell’affidamento
del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle
imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi idrici sarà soggetto, ferma restando
la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio idrico
integrato, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. Nel caso di
passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private,
anche cooperative, al gestore del servizio idrico integrato, si applica, ai sensi dell’articolo 31 del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all’articolo 2112
del codice civile. - Disposizioni di attuazione e di esecuzione
- Sino all’adozione da parte del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di nuove
disposizioni attuative della sezione terza della parte terza del presente decreto, si applica il decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 4 marzo 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 14 marzo
1994. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita l’Autorità di vigilanza sulle risorse
idriche e sui rifiuti e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome
di Trento e di Bolzano, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto,
nell’ambito di apposite intese istituzionali, predispone uno specifico programma per il raggiungimento,
senza ulteriori oneri a carico del Ministero, dei livelli di depurazione, così come definiti dalla direttiva
91/271/CEE, attivando i poteri sostitutivi di cui all’articolo 152 negli ambiti territoriali ottimali in cui vi siano
agglomerati a carico dei quali pendono procedure di infrazione per violazione della citata direttiva. - Abrogazione di norme
- A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto sono o restano
abrogate le norme contrarie o incompatibili con il medesimo, ed in particolare:
a) l’articolo 42, comma terzo, del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, come modificato
dall’articolo 8 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;
b) la legge 10 maggio 1976, n. 319;
c) la legge 8 ottobre 1976, n. 690, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 10
agosto 1976, n. 544;
d) la legge 24 dicembre 1979, n. 650;
e) la legge 5 marzo 1982, n. 62, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 30
dicembre 1981, n. 801;
f) il d.P.R. 3 luglio 1982, n. 515;
g) la legge 25 luglio 1984, n. 381, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 29
maggio 1984, n. 176;
h) gli articoli 5, 6 e 7 della legge 24 gennaio 1986, n. 7, di conversione, con modificazioni, del
decreto-legge 25 novembre 1985, n. 667;
i) gli articoli 4, 5, 6 e 7 del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 236;
l) la legge 18 maggio 1989, n. 183;
m) gli articoli 4 e 5 della legge 5 aprile 1990, n. 71, di conversione, con modificazioni, del
decreto-legge 5 febbraio 1990, n. 16;
n) l’articolo 32 della legge 9 gennaio 1991, n. 9;
o) il decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 130;
p) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 131;
q) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 132;
r) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 133;
s) l’articolo 12 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;
t) l’articolo 2, comma 1, della legge 6 dicembre 1993, n. 502, di conversione, con
modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 1993, n. 408;
u) la legge 5 gennaio 1994, n. 36, ad esclusione dell’articolo 22, comma 6;
v) l’articolo 9-bis della legge 20 dicembre 1996, n. 642, di conversione, con modificazioni, del
decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 552;
z) la legge 17 maggio 1995, n. 172, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 17
marzo 1995, n. 79;
aa) l’articolo 1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla
legge 3 agosto 1998, n. 267;
bb) il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, così come modificato dal decreto legislativo
18 agosto 2000, n. 258;
cc) l’articolo 1-bis del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni,
dalla legge 11 ottobre 2000, n. 365. - Norma finale
- Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto che concernono materie di legislazione
concorrente costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’articolo 117, comma 3, della Costituzione. - Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale
e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti. - Per le acque appartenenti al demanio idrico delle province autonome di Trento e di Bolzano restano
ferme le competenze in materia di utilizzazione delle acque pubbliche ed in materia di opere idrauliche
previste dallo statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige e dalle relative norme di attuazione.
Parte quarta – Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati
Titolo I – Gestione dei rifiuti
Capo I – Disposizioni generali - Campo di applicazione
(articolo così sostituito dall’art. 1 del d.lgs. n. 205 del 2010) - La parte quarta del presente decreto disciplina la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati, anche
in attuazione delle direttive comunitarie, in particolare della direttiva 2008/98/CE, prevedendo misure volte
a proteggere l’ambiente e la salute umana, prevenendo o riducendo gli impatti negativi della produzione e
della gestione dei rifiuti, riducendo gli impatti complessivi dell’uso delle risorse e migliorandone l’efficacia. - La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse.
- Sono fatte salve disposizioni specifiche, particolari o complementari, conformi ai principi di cui alla parte
quarta del presente decreto adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di
determinate categorie di rifiuti. - I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che
potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare:
a) senza determinare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora;
b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;
c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla
normativa vigente. - Per conseguire le finalità e gli obiettivi di cui ai commi da 1 a 4, lo Stato, le regioni, le province
autonome e gli enti locali esercitano i poteri e le funzioni di rispettiva competenza in materia di gestione
dei rifiuti in conformità alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto,adottando ogni
opportuna azione ed avvalendosi, ove opportuno, mediante accordi, contratti di programma o protocolli
d’intesa anche sperimentali, di soggetti pubblici o privati. - I soggetti di cui al comma 5 costituiscono, altresì, un sistema compiuto e sinergico che armonizza, in un
contesto unitario, relativamente agli obiettivi da perseguire, la redazione delle norme tecniche, i sistemi di
accreditamento e i sistemi di certificazione attinenti direttamente o indirettamente le materie ambientali,
con particolare riferimento alla gestione dei rifiuti, secondo i criteri e con le modalità di cui all’articolo 195,
comma 2, lettera a), e nel rispetto delle procedure di informazione nel settore delle norme e delle
regolazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione, previste dalle direttive
comunitarie e relative norme di attuazione, con particolare riferimento alla legge 21 giugno 1986, n. 317. - Le regioni e le province autonome adeguano i rispettivi ordinamenti alle disposizioni di tutela
dell’ambiente e dell’ecosistema contenute nella parte quarta del presente decreto entro un anno dalla data
di entrata in vigore della presente disposizione. - Ai fini dell’attuazione dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle disposizioni di cui alla parte quarta del
presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può avvalersi del supporto
tecnico dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), senza nuovi o maggiori
oneri per la finanza pubblica. - Principi
(articolo così sostituito dall’art. 2 del d.lgs. n. 205 del 2010) - La gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di
sostenibilità, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella
produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nonché del
principio chi inquina paga. A tale fine la gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia,
efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica, nonché nel rispetto delle norme
vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali.
178-bis. Responsabilità estesa del produttore
(articolo introdotto dall’art. 3 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Al fine di rafforzare la prevenzione e facilitare l’utilizzo efficiente delle risorse durante l’intero ciclo di vita,
comprese le fasi di riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti, evitando di compromettere la libera
circolazione delle merci sul mercato, possono essere adottati, previa consultazione delle parti interessate,
con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare aventi natura
regolamentare, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
281, le modalità e i criteri di introduzione della responsabilità estesa del produttore del prodotto, inteso
come qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o
importi prodotti, nell’organizzazione del sistema di gestione dei rifiuti, e nell’accettazione dei prodotti
restituiti e dei rifiuti che restano dopo il loro utilizzo. Ai medesimi fini possono essere adottati con uno o più
decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministero dello
sviluppo economico, le modalità e i criteri:
a) di gestione dei rifiuti e della relativa responsabilità finanziaria dei produttori del prodotto. I
decreti della presente lettera sono adottati di concerto con il Ministero dell’Economia e delle
Finanze;
b) di pubblicizzazione delle informazioni relative alla misura in cui il prodotto è riutilizzabile e
riciclabile;
c) della progettazione dei prodotti volta a ridurre i loro impatti ambientali;
d) di progettazione dei prodotti volta a diminuire o eliminare i rifiuti durante la produzione e il
successivo utilizzo dei prodotti, assicurando che il recupero e lo smaltimento dei prodotti che
sono diventati rifiuti avvengano in conformità ai criteri di cui agli articoli 177 e 179;
e) volti a favorire e incoraggiare lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di
prodotti adatti all’uso multiplo, tecnicamente durevoli, e che, dopo essere diventati rifiuti,
sono adatti ad un recupero adeguato e sicuro e a uno smaltimento compatibile con
l’ambiente. - La responsabilità estesa del produttore del prodotto è applicabile fatta salva la responsabilità della
gestione dei rifiuti di cui all’articolo 188, comma 1, e fatta salva la legislazione esistente concernente flussi
di rifiuti e prodotti specifici. - I decreti di cui al comma 1 possono prevedere altresì che i costi della gestione dei rifiuti siano sostenuti
parzialmente o interamente dal produttore del prodotto causa dei rifiuti. Nel caso il produttore del prodotto
partecipi parzialmente, il distributore del prodotto concorre per la differenza fino all’intera copertura di tali
costi. - Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica. - Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti
(articolo così sostituito dall’art. 4 del d.lgs. n. 205 del 2010) - La gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della seguente gerarchia:
a) prevenzione;
b) preparazione per il riutilizzo;
c) riciclaggio;
d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;
e) smaltimento. - La gerarchia stabilisce, in generale, un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore opzione
ambientale. Nel rispetto della gerarchia di cui al comma 1, devono essere adottate le misure volte a
incoraggiare le opzioni che garantiscono, nel rispetto degli articoli 177, commi 1 e 4, e 178, il miglior
risultato complessivo, tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi compresa la fattibilità
tecnica e la praticabilità economica. - Con riferimento a singoli flussi di rifiuti è consentito discostarsi, in via eccezionale, dall’ordine di priorità
di cui al comma 1 qualora ciò sia giustificato, nel rispetto del principio di precauzione e sostenibilità, in
base ad una specifica analisi degli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti sia
sotto il profilo ambientale e sanitario, in termini di ciclo di vita, che sotto il profilo sociale ed economico, ivi
compresi la fattibilità tecnica e la protezione delle risorse. - Con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministro della salute, possono essere individuate, con riferimento a singoli flussi di rifiuti specifici, le opzioni
che garantiscono, in conformità a quanto stabilito dai commi da 1 a 3, il miglior risultato in termini di
protezione della salute umana e dell’ambiente. - Le pubbliche amministrazioni perseguono, nell’esercizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a
favorire il rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti di cui al comma 1 in particolare mediante:
a) la promozione dello sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un uso più razionale e un
maggiore risparmio di risorse naturali;
b) la promozione della messa a punto tecnica e dell’immissione sul mercato di prodotti
concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro
fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento, ad incrementare la quantità o la nocività dei
rifiuti e i rischi di inquinamento;
c) la promozione dello sviluppo di tecniche appropriate per l’eliminazione di sostanze
pericolose contenute nei rifiuti al fine di favorirne il recupero;
d) la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l’impiego dei materiali recuperati
dai rifiuti e di sostanze e oggetti prodotti, anche solo in parte, con materiali recuperati dai
rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi;
e) l’impiego dei rifiuti per la produzione di combustibili e il successivo utilizzo e, più in
generale, l’impiego dei rifiuti come altro mezzo per produrre energia. - Nel rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti le misure dirette al recupero dei rifiuti mediante la
preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio o ogni altra operazione di recupero di materia sono adottate con
priorità rispetto all’uso dei rifiuti come fonte di energia. - Le pubbliche amministrazioni promuovono l’analisi del ciclo di vita dei prodotti sulla base di metodologie
uniformi per tutte le tipologie di prodotti stabilite mediante linee guida dall’ISPRA, eco-bilanci, la
divulgazione di informazioni anche ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, l’uso di strumenti
economici, di criteri in materia di procedure di evidenza pubblica, e di altre misure necessarie. - Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse
umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica. - Prevenzione della produzione di rifiuti
- Al fine di promuovere in via prioritaria la prevenzione e la riduzione della produzione e della nocività dei
rifiuti, le iniziative di cui all’articolo 179 riguardano in particolare:
a) la promozione di strumenti economici, eco-bilanci, sistemi di certificazione ambientale,
utilizzo delle migliori tecniche disponibili, analisi del ciclo di vita dei prodotti, azioni di
informazione e di sensibilizzazione dei consumatori, l’uso di sistemi di qualità, nonché lo
sviluppo del sistema di marchio ecologico ai fini della corretta valutazione dell’impatto di uno
specifico prodotto sull’ambiente durante l’intero ciclo di vita del prodotto medesimo;
(lettera così modificata dall’art. 5 del d.lgs. n. 205 del 2010)
b) la previsione di clausole di bandi di gara o lettere d’invito che valorizzino le capacità e le
competenze tecniche in materia di prevenzione della produzione di rifiuti;
(lettera così modificata dall’art. 5 del d.lgs. n. 205 del 2010)
c) la promozione di accordi e contratti di programma o protocolli d’intesa anche sperimentali
finalizzati, alla prevenzione ed alla riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti;
(lettera così modificata dall’art. 5 del d.lgs. n. 205 del 2010)
d) (lettera abrogata dall’art. 5 del d.lgs. n. 205 del 2010)
1-bis. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta entro il 12 dicembre 2012, a
norma degli articoli 177, 178, 178-bis e 179, un programma nazionale di prevenzione dei rifiuti ed elabora
indicazioni affinché tale programma sia integrato nei piani di gestione dei rifiuti di cui all’articolo 199. In
caso di integrazione nel piano di gestione, sono chiaramente identificate le misure di prevenzione dei rifiuti.
Entro il 31 dicembre di ogni anno, a decorrere dal 2013, il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare presenta alle Camere una relazione recante l’aggiornamento del programma nazionale
di prevenzione dei rifiuti e contenente anche l’indicazione dei risultati raggiunti e delle eventuali criticità
registrate nel perseguimento degli obiettivi di prevenzione dei rifiuti.
(commi così modificato dall’art. 1, comma 3-bis, legge n. 28 del 2012)
1-ter. I programmi di cui al comma 1-bis fissano gli obiettivi di prevenzione. Il Ministero descrive le misure
di prevenzione esistenti e valuta l’utilità degli esempi di misure di cui all’allegato L o di altre misure
adeguate.
1-quater. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare individua gli appropriati specifici
parametri qualitativi o quantitativi per le misure di prevenzione dei rifiuti, adottate per monitorare e
valutare i progressi realizzati nell’attuazione delle misure di prevenzione e può stabilire specifici traguardi e
indicatori qualitativi o quantitativi.
1-quinquies. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare assicura la disponibilità di
informazioni sulle migliori pratiche in materia di prevenzione dei rifiuti e, se del caso, elabora linee guida
per assistere le regioni nella preparazione dei programmi di cui all’articolo 199, comma 3, lett. r).
1-sexies. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le
risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica.
(commi da 1-bis a 1-sexies aggiunti dall’art. 5 del d.lgs. n. 205 del 2010)
1-septies. Al fine di ridurre la produzione di rifiuti organici e gli impatti sull’ambiente derivanti dalla
gestione degli stessi, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, le regioni ed i
comuni, nell’ambito delle rispettive competenze, incentivano le pratiche di compostaggio di rifiuti organici
effettuate sul luogo stesso di produzione, come l’autocompostaggio e il compostaggio di comunità, anche
attraverso gli strumenti di pianificazione di cui all’articolo 199 del presente decreto. I comuni possono
applicare una riduzione sulla tassa di cui all’articolo 1, comma 641, della legge 27 dicembre 2013, n. 147,
alle utenze che effettuano pratiche di riduzione dei rifiuti di cui al presente comma.
1-octies. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, sono
stabiliti i criteri operativi e le procedure autorizzative semplificate per il compostaggio di comunità di rifiuti
organici. Le attività di compostaggio di comunità che, alla data di entrata in vigore del decreto di cui al
presente comma, risultano già autorizzate ai sensi degli articoli 208 o 214 del presente decreto, possono
continuare ad operare sulla base dell’autorizzazione vigente sino alla scadenza della stessa.
(commi 1-septies e 1-octies aggiunti dall’art. 38, comma 1, legge n. 221 del 2015)
180-bis. Riutilizzo di prodotti e preparazione per il riutilizzo dei rifiuti
(articolo introdotto dall’art. 6 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Le pubbliche amministrazioni promuovono, nell’esercizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a
favorire il riutilizzo dei prodotti e la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti. Tali iniziative possono consistere
anche in:
a) uso di strumenti economici;
b) misure logistiche, come la costituzione ed il sostegno di centri e reti accreditati di
riparazione/riutilizzo;
c) adozione, nell’ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, di idonei criteri,
ai sensi dell’articolo 83, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e
previsione delle condizioni di cui agli articoli 68, comma 3, lettera b), e 69 del medesimo
decreto; a tale fine il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta
entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione i decreti attuativi di
cui all’articolo 2 del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 11
aprile 2008, pubblicato nella G.U. n. 107 dell’8 maggio 2008;
d) definizione di obiettivi quantitativi;
e) misure educative;
f) promozione di accordi di programma.
1-bis. Ai fini di cui al comma 1, i comuni possono individuare anche appositi spazi, presso i centri di
raccolta di cui all’articolo 183, comma 1, lettera mm), per l’esposizione temporanea, finalizzata allo scambio
tra privati, di beni usati e funzionanti direttamente idonei al riutilizzo. Nei centri di raccolta possono altresì
essere individuate apposite aree adibite al deposito preliminare alla raccolta dei rifiuti destinati alla
preparazione per il riutilizzo e alla raccolta di beni riutilizzabili. Nei centri di raccolta possono anche essere
individuati spazi dedicati alla prevenzione della produzione di rifiuti, con l’obiettivo di consentire la raccolta
di beni da destinare al riutilizzo, nel quadro di operazioni di intercettazione e schemi di filiera degli
operatori professionali dell’usato autorizzati dagli enti locali e dalle aziende di igiene urbana.
(comma introdotto dall’art. 66 della legge n. 221 dl 2015) - Con uno o più decreti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con
il Ministero dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate le ulteriori misure necessarie per promuovere il riutilizzo
dei prodotti e la preparazione dei rifiuti per il riutilizzo, anche attraverso l’introduzione della responsabilità
estesa del produttore del prodotto. Con uno o più decreti del Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281, adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono
definite le modalità operative per la costituzione e il sostegno di centri e reti accreditati di cui al comma 1,
lett. b), ivi compresa la definizione di procedure autorizzative semplificate. e di un catalogo esemplificativo
di prodotti e rifiuti di prodotti che possono essere sottoposti, rispettivamente, a riutilizzo o a preparazione
per il riutilizzo. - Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse
umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica. - Riciclaggio e recupero dei rifiuti
(articolo così sostituito dall’art. 7 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Al fine di promuovere il riciclaggio di alta qualità e di soddisfare i necessari criteri qualitativi per i diversi
settori del riciclaggio, sulla base delle indicazioni fornite dal Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, le regioni stabiliscono i criteri con i quali i comuni provvedono a realizzare la raccolta
differenziata in conformità a quanto previsto dall’articolo 205. Le autorità competenti realizzano, altresì,
entro il 2015 la raccolta differenziata almeno per la carta, metalli, plastica e vetro, e ove possibile, per il
legno, nonché adottano le misure necessarie per conseguire i seguenti obiettivi:
a) entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti quali, come minimo,
carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici, e possibilmente di altra
origine, nella misura in cui tali flussi di rifiuti sono simili a quelli domestici, sarà aumentata
complessivamente almeno al 50% in termini di peso;
b) entro il 2020 la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di
materiale, incluse operazioni di colmatazione che utilizzano i rifiuti in sostituzione di altri
materiali, di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, escluso il materiale allo stato
naturale definito alla voce 17 05 04 dell’elenco dei rifiuti, sarà aumentata almeno al 70 per
cento in termini di peso. - Fino alla definizione, da parte della Commissione europea, delle modalità di attuazione e calcolo degli
obiettivi di cui al comma 1, il Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare può adottare
decreti che determinino tali modalità. - Con uno o più decreti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con
il Ministero dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate misure per promuovere il recupero dei rifiuti in
conformità ai criteri di priorità di cui all’articolo 179 e alle modalità di cui all’articolo 177, comma 4. nonché
misure intese a promuovere il riciclaggio di alta qualità, privilegiando la raccolta differenziata,
eventualmente anche monomateriale, dei rifiuti. - Per facilitare o migliorare il recupero, i rifiuti sono raccolti separatamente, laddove ciò sia realizzabile dal
punto di vista tecnico, economico e ambientale, e non sono miscelati con altri rifiuti o altri materiali aventi
proprietà diverse. - Per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero è
sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale tramite enti o imprese iscritti nelle apposite
categorie dell’Albo nazionale gestori ambientali ai sensi dell’articolo 212, comma 5, al fine di favorire il più
possibile il loro recupero privilegiando il principio di prossimità agli impianti di recupero. - Al fine di favorire l’educazione ambientale e contribuire alla raccolta differenziata dei rifiuti, i sistemi di
raccolta differenziata di carta e plastica negli istituti scolastici sono esentati dall’obbligo di autorizzazione in
quanto presentano rischi non elevati e non sono gestiti su base professionale. - Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse
umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica.
181-bis. Materie, sostanze e prodotti secondari
(articolo abrogato dall’art. 39, comma 3, d.lgs. n. 205 del 2010) - Smaltimento dei rifiuti
- Lo smaltimento dei rifiuti è effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della
gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed
economica di esperire le operazioni di recupero di cui all’articolo 181. A tal fine, la predetta verifica
concerne la disponibilità di tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l’applicazione in condizioni
economicamente e tecnicamente valide nell’ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in
considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in
ambito nazionale, purché vi si possa accedere a condizioni ragionevoli. - I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile ridotti sia in massa che in
volume, potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero e prevedendo, ove
possibile, la priorità per quei rifiuti non recuperabili generati nell’ambito di attività di riciclaggio o di
recupero.
(comma così modificato dall’art. 8 del d.lgs. n. 205 del 2010) - È vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti,
fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l’opportunità tecnico
economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano.
(comma così sostituito dall’art. 8 del d.lgs. n. 205 del 2010)
3-bis. Il divieto di cui al comma 3 non si applica ai rifiuti urbani che il Presidente della regione ritiene
necessario avviare a smaltimento, nel rispetto della normativa europea, fuori del territorio della regione
dove sono prodotti per fronteggiare situazioni di emergenza causate da calamità naturali per le quali è
dichiarato lo stato di emergenza di protezione civile ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
(comma introdotto dall’art. 35, comma 11, legge n. 164 del 2014) - Nel rispetto delle prescrizioni contenute nel decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, la realizzazione e
la gestione di nuovi impianti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione
garantisca un elevato livello di recupero energetico.
(comma così sostituito dall’art. 8 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Le attività di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate secondo le disposizioni del decreto
legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE.
(comma così sostituito dall’art. 8 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Lo smaltimento dei rifiuti in fognatura è disciplinato dall’articolo 107, comma 3.
(comma prima abrogato dall’art. 2, comma 19, d.lgs. n. 4 del 2008, poi ripristinato per effetto della
sostituzione del predetto comma 19 ad opera dell’art. 9, comma 3, legge n. 210 del 2008)
6-bis. Le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non
superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all’articolo 185, comma 1, lettera f),
effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei
materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti. Nei periodi di
massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e
forestali è sempre vietata. I comuni e le altre amministrazioni competenti in materia ambientale hanno la
facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione del materiale di cui al presente comma all’aperto in
tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in
cui da tale attività possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana, con
particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili (PM10).
(comma introdotto dall’art. 14, comma 8, legge n. 116 del 2014) - (abrogato dall’art. 8 del d.lgs. n. 205 del 2010)
- (abrogato dall’art. 2, comma 19, d.lgs. n. 4 del 2008, poi dall’art. 9, comma 3, legge n. 210 del 2008)
182-bis. Principi di autosufficienza e prossimità
(articolo introdotto dall’art. 9 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad
una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto
tra i costi e i benefici complessivi, al fine di:
a) realizzare l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti del
loro trattamento in ambiti territoriali ottimali;
b) permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno
degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti
dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti
specializzati per determinati tipi di rifiuti;
c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione
dell’ambiente e della salute pubblica. - Sulla base di una motivata richiesta delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, con
decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può essere limitato l’ingresso nel
territorio nazionale di rifiuti destinati ad inceneritori classificati come impianti di recupero, qualora sia
accertato che l’ingresso di tali rifiuti avrebbe come conseguenza a necessità di smaltire i rifiuti nazionali o
di trattare i rifiuti in modo non coerente con i piani di gestione dei rifiuti. Può essere altresì limitato, con le
modalità di cui al periodo precedente, l’invio di rifiuti negli altri Stati membri per motivi ambientali, come
stabilito nel regolamento (CE) n. 1013/2006. - I provvedimenti di cui al comma 2 sono notificati alla Commissione europea.
182-ter. Rifiuti organici
(articolo introdotto dall’art. 9 del d.lgs. n. 205 del 2010) - La raccolta separata dei rifiuti organici deve essere effettuata con contenitori a svuotamento riutilizzabili
o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002. - Ai fini di quanto previsto dal comma 1, le regioni e le province autonome, i comuni e gli ATO, ciascuno
per le proprie competenze e nell’ambito delle risorse disponibili allo scopo a legislazione vigente, adottano
entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto misure volte
a incoraggiare:
a) la raccolta separata dei rifiuti organici;
b) il trattamento dei rifiuti organici in modo da realizzare un livello elevato di protezione
ambientale;
c) l’utilizzo di materiali sicuri per l’ambiente ottenuti dai rifiuti organici, ciò al fine di
proteggere la salute umana e l’ambiente. - Definizioni
(articolo così sostituito dall’art. 10 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle
disposizioni speciali, si intende per:
a) “rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o
abbia l’obbligo di disfarsi;
b) “rifiuto pericoloso”: rifiuto che presenta una o più caratteristiche di cui all’allegato I della
parte quarta del presente decreto;
c) “oli usati”: qualsiasi olio industriale o lubrificante, minerale o sintetico, divenuto improprio
all’uso cui era inizialmente destinato, quali gli oli usati dei motori a combustione e dei sistemi
di trasmissione, nonché gli oli usati per turbine e comandi idraulici;
d) “rifiuto organico” rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina
prodotti da nuclei domestici, ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e
rifiuti simili prodotti dall’industria alimentare raccolti in modo differenziato;
e) “autocompostaggio”: compostaggio degli scarti organici dei propri rifiuti urbani, effettuato
da utenze domestiche e non domestiche, ai fini dell’utilizzo in sito del materiale prodotto;
(lettera modificata dall’art. 38, comma 2, legge n. 221 del 2015)
f) “produttore di rifiuti”: il soggetto la cui attività produce rifiuti e il soggetto al quale sia
giuridicamente riferibile detta produzione (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni
di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la
composizione di detti rifiuti (nuovo produttore);
(lettera modificata dall’art. 11, comma 8, legge n. 125 del 2013, poi dall’art. 11, comma 16-
bis, legge n. 125 del 2015)
g): “produttore del prodotto“: qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente
sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti;
h) “detentore”: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso;
i) “commerciante”: qualsiasi impresa che agisce in qualità di committente, al fine di
acquistare e successivamente vendere rifiuti, compresi i commercianti che non prendono
materialmente possesso dei rifiuti;
l) “intermediario” qualsiasi impresa che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per
conto di terzi, compresi gli intermediari che non acquisiscono la materiale disponibilità dei
rifiuti;
m) “prevenzione”: misure adottate prima che una sostanza, un materiale o un prodotto
diventi rifiuto che riducono:
1) la quantità dei rifiuti, anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o l’estensione
del loro ciclo di vita;
2) gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull’ambiente e la salute umana;
3) il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti;
n) “gestione”: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compresi il
controllo di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento,
nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediario. Non costituiscono
attività di gestione dei rifiuti le operazioni di prelievo, raggruppamento, cernita e deposito
preliminari alla raccolta di materiali o sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici o
meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine
antropica effettuate, nel tempo tecnico strettamente necessario, presso il medesimo sito nel
quale detti eventi li hanno depositati;
(lettera così modificata dall’art. 14, comma 8, legge n. 116 del 2014)
o) “raccolta”: il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare e il deposito preliminare
alla raccolta, ivi compresa la gestione dei centri di raccolta di cui alla lettera “mm”, ai fini del
loro trasporto in un impianto di trattamento;
(lettera così modificata dall’art. 11, comma 16-bis, legge n. 125 del 2015)
p) “raccolta differenziata”: la raccolta in cui un flusso di rifiuti è tenuto separato in base al
tipo ed alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il trattamento specifico;
q) “preparazione per il riutilizzo”: le operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione
attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da
poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento;
r) “riutilizzo”: qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono
rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti;
s) “trattamento”: operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del
recupero o dello smaltimento;
t) “recupero”: qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di
svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per
assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno
dell’impianto o nell’economia in generale. L’allegato C della parte IV del presente decreto
riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero.;
u) “riciclaggio”: qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per
ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri
fini. Include il trattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il
ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di
riempimento;
v) “rigenerazione degli oli usati” qualsiasi operazione di riciclaggio che permetta di produrre
oli di base mediante una raffinazione degli oli usati, che comporti in particolare la separazione
dei contaminanti, dei prodotti di ossidazione e degli additivi contenuti in tali oli;
z) “smaltimento”: qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l’operazione ha
come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. L’Allegato B alla parte IV
del presente decreto riporta un elenco non esaustivo delle operazioni di smaltimento;
aa) “stoccaggio”: le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare
di rifiuti di cui al punto D15 dell’allegato B alla parte quarta del presente decreto, nonché le
attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di rifiuti di cui al punto R13
dell’allegato C alla medesima parte quarta;
bb) “deposito temporaneo”: il raggruppamento dei rifiuti e il deposito preliminare alla raccolta
ai fini del trasporto di detti rifiuti in un impianto di trattamento, effettuati, prima della
raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, da intendersi quale l’intera area in cui si
svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti o, per gli imprenditori agricoli di
cui all’articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della
cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci, alle seguenti
condizioni:
(lettera modificata dall’art. 28, comma 2, legge n. 35 del 2012, poi dall’art. 52, comma 2-ter,
legge n. 134 del 2012, poi dall’art. 11, comma 16-bis, legge n. 125 del 2015)
1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE)
850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto
delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti
contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto
regolamento;
2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di
smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del
produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle
quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga
complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti
pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto
limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un
anno;
3) il “deposito temporaneo” deve essere effettuato per categorie omogenee di
rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi,
nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in
essi contenute;
4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e
l’etichettatura delle sostanze pericolose;
5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero
per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito
temporaneo;
cc) “combustibile solido secondario (CSS)”: il combustibile solido prodotto da rifiuti che
rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche
UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l’applicazione
dell’articolo 184-ter, il combustibile solido secondario, è classificato come rifiuto speciale;
dd) “rifiuto biostabilizzato”: rifiuto ottenuto dal trattamento biologico aerobico o anaerobico
dei rifiuti indifferenziati, nel rispetto di apposite norme tecniche, da adottarsi a cura dello
Stato, finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria e,
in particolare, a definirne i gradi di qualità;
ee) “compost di qualità”: prodotto, ottenuto dal compostaggio di rifiuti organici raccolti
separatamente, che rispetti i requisiti e le caratteristiche stabilite dall’allegato 2 del decreto
legislativo 29 aprile 2010, n. 75, e successive modificazioni;
ff) “digestato di qualità”: prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di rifiuti organici
raccolti separatamente, che rispetti i requisiti contenuti in norme tecniche da emanarsi con
decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
gg) “emissioni”: le emissioni in atmosfera di cui all’articolo 268, comma 1, lettera b);
qq-bis ) “compostaggio di comunità”: compostaggio effettuato collettivamente da più utenze
domestiche e non domestiche della frazione organica dei rifiuti urbani prodotti dalle
medesime, al fine dell’utilizzo del compost prodotto da parte delle utenze conferenti;
(lettera introdotta dall’art. 38, comma 2, legge n. 221 del 2015)
hh) “scarichi idrici”: le immissioni di acque reflue di cui all’articolo 74, comma 1, lettera ff);
ii) “inquinamento atmosferico”: ogni modifica atmosferica di cui all’articolo 268, comma 1,
lettera a);
ll) “gestione integrata dei rifiuti”: il complesso delle attività, ivi compresa quella di
spazzamento delle strade come definita alla lettera oo), volte ad ottimizzare la gestione dei
rifiuti;
mm) “centro di raccolta”: area presidiata ed allestita, senza nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica, per l’attività di raccolta mediante raggruppamento differenziato dei
rifiuti urbani per frazioni omogenee conferiti dai detentori per il trasporto agli impianti di
recupero e trattamento. La disciplina dei centri di raccolta è data con decreto del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata, di cui al
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
nn) “migliori tecniche disponibili”: le migliori tecniche disponibili quali definite all’articolo 5,
comma 1, lett. l-ter) del presente decreto;
oo) spazzamento delle strade: modalità di raccolta dei rifiuti mediante operazione di pulizia
delle strade, aree pubbliche e aree private ad uso pubblico escluse le operazioni di sgombero
della neve dalla sede stradale e sue pertinenze, effettuate al solo scopo di garantire la loro
fruibilità e la sicurezza del transito;
pp) “circuito organizzato di raccolta”: sistema di raccolta di specifiche tipologie di rifiuti
organizzato dai Consorzi di cui ai titoli II e III della parte quarta del presente decreto e alla
normativa settoriale, o organizzato sulla base di un accordo di programma stipulato tra la
pubblica amministrazione ed associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale,
o loro articolazioni territoriali, oppure sulla base di una convenzione-quadro stipulata tra le
medesime associazioni ed i responsabili della piattaforma di conferimento, o dell’impresa di
trasporto dei rifiuti, dalla quale risulti la destinazione definitiva dei rifiuti. All’accordo di
programma o alla convenzione-quadro deve seguire la stipula di un contratto di servizio tra il
singolo produttore ed il gestore della piattaforma di conferimento, o dell’impresa di trasporto
dei rifiuti, in attuazione del predetto accordo o della predetta convenzione;
qq) “sottoprodotto”: qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni di cui all’articolo
184-bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all’articolo 184-bis, comma 2;
qq-bis ) “compostaggio di comunità”: compostaggio effettuato collettivamente da più utenze
domestiche e non domestiche della frazione organica dei rifiuti urbani prodotti dalle
medesime, al fine dell’utilizzo del compost prodotto da parte delle utenze conferenti.
(lettera aggiunta dall’art. 38, comma 2, legge n. 221 del 2015) - Classificazione
- Ai fini dell’attuazione della parte quarta del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l’origine, in
rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non
pericolosi. - Sono rifiuti urbani:
a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile
abitazione;
b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla
lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell’articolo 198, comma 2,
lettera g);
c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;
d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle
strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali
e sulle rive dei corsi d’acqua;
e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali;
f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da
attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), e) ed e). - Sono rifiuti speciali:
a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2135 c.c.;
(lettera così modificata dall’art. 11 del d.lgs. n. 205 del 2010)
b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle
attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall’articolo 184-bis;
(lettera così sostituita dall’art. 11 del d.lgs. n. 205 del 2010)
c) i rifiuti da lavorazioni industriali;
(lettera così modificata dall’art. 2, comma 21-bis, d.lgs. n. 4 del 2008)
d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;
e) i rifiuti da attività commerciali;
f) i rifiuti da attività di servizio;
g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla
potabilizzazione e da altri trattamenti delle acquee dalla depurazione delle acque reflue e da
abbattimento di fumi;
h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie;
i), l), m)(lettere abrogate dall’art. 11 del d.lgs. n. 205 del 2010)
n) (lettera abrogata dall’art. 2, comma 21-bis, d.lgs. n. 4 del 2008) - Sono rifiuti pericolosi quelli che recano le caratteristiche di cui all’allegato I della parte quarta del
presente decreto.
(comma così sostituito dall’art. 11 del d.lgs. n. 205 del 2010) - L’elenco dei rifiuti di cui all’allegato D alla parte quarta del presente decreto include i rifiuti pericolosi e
tiene conto dell’origine e della composizione dei rifiuti e, ove necessario, dei valori limite di concentrazione
delle sostanze pericolose. Esso è vincolante per quanto concerne la determinazione dei rifiuti da
considerare pericolosi. L’inclusione di una sostanza o di un oggetto nell’elenco non significa che esso sia un
rifiuto in tutti i casi, ferma restando la definizione di cui all’articolo 183. Con decreto del Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, da adottare entro centottanta giorni dalla data di
entrata in vigore dalla presente disposizione, possono essere emanate specifiche linee guida per agevolare
l’applicazione della classificazione dei rifiuti introdotta agli allegati D e I.
(comma così sostituito dall’art. 11 del d.lgs. n. 205 del 2010)
5-bis. Con uno o più decreti del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare, con il Ministro della salute, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con
il Ministro dell’economia e delle finanze, sono disciplinate, nel rispetto delle norme dell’Unione europea e
del presente decreto legislativo, le speciali procedure per la gestione, lo stoccaggio, la custodia, nonché per
l’autorizzazione e i nulla osta all’esercizio degli impianti per il trattamento dei rifiuti prodotti dai sistemi
d’arma, dai mezzi, dai materiali e dalle infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare ed alla
sicurezza nazionale, così come individuati con decreto del Ministro della difesa, compresi quelli per il
trattamento e lo smaltimento delle acque reflue navali e oleose di sentina delle navi militari da guerra, delle
navi militari ausiliarie e del naviglio dell’Arma dei carabinieri, del Corpo della Guardia di Finanza e del Corpo
delle Capitanerie di porto – Guardia costiera iscritti nel quadro e nei ruoli speciali del naviglio militare dello
Stato.
(comma così sostituito dall’art. 13, comma 5, legge n. 116 del 2014)
5-bis.1. Presso ciascun poligono militare delle Forze armate è tenuto, sotto la responsabilità del
comandante, il registro delle attività a fuoco. Nel registro sono annotati, immediatamente dopo la
conclusione di ciascuna attività:
(comma introdotto dall’art. 1, comma 304, legge n. 205 del 2017)
a) l’arma o il sistema d’arma utilizzati;
b) il munizionamento utilizzato;
c) la data dello sparo e i luoghi di partenza e di arrivo dei proiettili.
5-bis.2. Il registro di cui al comma 5-bis.1 è conservato per almeno dieci anni dalla data dell’ultima
annotazione. Lo stesso è esibito agli organi di vigilanza e di controllo ambientali e di sicurezza e igiene del
lavoro, su richiesta degli stessi, per gli accertamenti di rispettiva competenza.
(comma introdotto dall’art. 1, comma 304, legge n. 205 del 2017)
5-bis.3. Entro trenta giorni dal termine del periodo esercitativo, il direttore del poligono avvia le attività
finalizzate al recupero dei residuati del munizionamento impiegato. Tali attività devono concludersi entro
centottanta giorni al fine di assicurare i successivi adempimenti previsti dagli articoli 1 e seguenti del
decreto del Ministro della difesa 22 ottobre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 15 aprile
2010.
(comma introdotto dall’art. 1, comma 304, legge n. 205 del 2017)
5-ter. La declassificazione da rifiuto pericoloso a rifiuto non pericoloso non può essere ottenuta attraverso
una diluizione o una miscelazione del rifiuto che comporti una riduzione delle concentrazioni iniziali di
sostanze pericolose sotto le soglie che definiscono il carattere pericoloso del rifiuto.
(comma introdotto dall’art. 11 del d.lgs. n. 205 del 2010)
5-quater. L’obbligo di etichettatura dei rifiuti pericolosi di cui all’articolo 193 e l’obbligo di tenuta dei registri
di cui all’art. 190 non si applicano alle frazioni separate di rifiuti pericolosi prodotti da nuclei domestici fino
a che siano accettate per la raccolta, lo smaltimento o il recupero da un ente o un’impresa che abbiano
ottenuto l’autorizzazione o siano registrate in conformità agli articoli 208, 212, 214 e 216.
(comma introdotto dall’art. 11 del d.lgs. n. 205 del 2010)
184-bis. Sottoprodotto
(articolo introdotto dall’art. 12 del d.lgs. n. 205 del 2010) - È un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od
oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:
a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte
integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo
processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento
diverso dalla normale pratica industriale;
d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico,
tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e
non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana. - Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate misure per stabilire criteri
qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati
sottoprodotti e non rifiuti. All’adozione di tali criteri si provvede con uno o più decreti del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23
agosto 1988, n. 400, in conformità a quanto previsto dalla disciplina comunitaria.
2-bis. (comma aggiunto dall’art. 41, comma 2, legge n. 98 del 2013, poi abrogato dall’art. 31 del d.P.R. n.
120 del 2017)
184-ter. Cessazione della qualifica di rifiuto
(articolo introdotto dall’art. 12 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il
riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle
seguenti condizioni:
a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici;
b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la
normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi
sull’ambiente o sulla salute umana. - L’operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se
soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. I criteri di cui al comma 1 sono
adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri
comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23
agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono
conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto. - Nelle more dell’adozione di uno o più decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi le
disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio in data 5 febbraio 1998,
12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 e l’art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge 6
novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210. La circolare
del Ministero dell’ambiente 28 giugno 1999, prot. n 3402/V/MIN si applica fino a sei mesi dall’entrata in
vigore della presente disposizione. - Un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti del presente articolo è da computarsi ai fini del
calcolo del raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti dal presente decreto, dal decreto
legislativo 24 giugno 2003, n 209, dal decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, e dal decreto legislativo
120 novembre 2008, n. 188, ovvero dagli atti di recepimento di ulteriori normative comunitarie, qualora e a
condizione che siano soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero in essi stabiliti. - La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.
Art. 184-quater. Utilizzo dei materiali di dragaggio
(articolo introdotto dall’art. 14, comma 8, lettera b-ter), legge n. 116 del 2014) - I materiali dragati sottoposti ad operazioni di recupero in casse di colmata o in altri impianti autorizzati
ai sensi della normativa vigente, cessano di essere rifiuti se, all’esito delle operazioni di recupero, che
possono consistere anche in operazioni di cernita e selezione, soddisfano e sono utilizzati rispettando i
seguenti requisiti e condizioni: a) non superano i valori delle concentrazioni soglia di contaminazione di cui
alle colonne A e B della tabella 1 dell’allegato 5 al titolo V della parte quarta, con riferimento alla
destinazione urbanistica del sito di utilizzo, o, in caso di utilizzo diretto in un ciclo produttivo, rispondono ai
requisiti tecnici di cui alla lettera b), secondo periodo; b) è certo il sito di destinazione e sono utilizzati
direttamente, anche a fini del riuso o rimodellamento ambientale, senza rischi per le matrici ambientali
interessate e in particolare senza determinare contaminazione delle acque sotterranee e superficiali. In
caso di utilizzo diretto in un ciclo produttivo, devono, invece, rispettare i requisiti tecnici per gli scopi
specifici individuati, la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti e alle materie prime, e in
particolare non devono determinare emissioni nell’ambiente superiori o diverse qualitativamente da quelle
che derivano dall’uso di prodotti e di materie prime per i quali è stata rilasciata l’autorizzazione all’esercizio
dell’impianto. - Al fine di escludere rischi di contaminazione delle acque sotterranee, i materiali di dragaggio destinati
all’utilizzo in un sito devono essere sottoposti a test di cessione secondo le metodiche e i limiti di cui
all’Allegato 3 del decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario
n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998. L’autorità competente può derogare alle
concentrazioni limite di cloruri e di solfati qualora i materiali di dragaggio siano destinati ad aree
prospicenti il litorale e siano compatibili con i livelli di salinità del suolo e della falda. - Il produttore o il detentore predispongono una dichiarazione di conformità da cui risultino, oltre ai dati
del produttore, o del detentore e dell’utilizzatore, la tipologia e la quantità dei materiali oggetto di utilizzo,
le attività di recupero effettuate, il sito di destinazione e le altre modalità di impiego previste e
l’attestazione che sono rispettati i criteri di cui al presente articolo. La dichiarazione di conformità è
presentata all’autorità competente per il procedimento di recupero e all’ARPA nel cui territorio è localizzato
il sito di destinazione o il ciclo produttivo di utilizzo, trenta giorni prima dell’inizio delle operazioni di
conferimento. Tutti i soggetti che intervengono nel procedimento di recupero e di utilizzo dei materiali di
cui al presente articolo conservano una copia della dichiarazione per almeno un anno dalla data del rilascio,
mettendola a disposizione delle autorità competenti che la richiedano. - Entro trenta giorni dalla comunicazione della dichiarazione di cui al comma 3, l’autorità competente per il
procedimento di recupero verifica il rispetto dei requisiti e delle procedure disciplinate dal presente articolo
e qualora rilevi difformità o violazioni degli stessi ordina il divieto di utilizzo dei materiali di cui al comma 1
che restano assoggettati al regime dei rifiuti. - I materiali che cessano di essere rifiuti ai sensi dei commi 1 e 2 durante la movimentazione sono
accompagnati dalla comunicazione di cui al comma 3 e dal documento di trasporto o da copia del contratto
di trasporto redatto in forma scritta o dalla scheda di trasporto di cui agli articoli 6 e 7-bis del decreto
legislativo 21 novembre 2005, n. 286. - Esclusioni dall’ambito di applicazione
(articolo così sostituito dall’art. 13 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto:
a) le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell’atmosfera;
b) il terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non scavato e gli edifici collegati
permanentemente al terreno, fermo restando quanto previsto dagli artt. 239 e ss.
relativamente alla bonifica di siti contaminati;
c) il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività
di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale
e nello stesso sito in cui è stato escavato;
d) i rifiuti radioattivi;
e) i materiali esplosivi in disuso;
f) le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), del presente articolo, la
paglia, gli sfalci e le potature provenienti dalle attività di cui all’articolo 184, comma 2, lettera
e), e comma 3, lettera a), nonché ogni altro materiale agricolo o forestale naturale non
pericoloso destinati alle normali pratiche agricole e zootecniche o utilizzati in agricoltura, nella
silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di
produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano
l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana
(lettera così sostituita dall’art. 41, comma 1, legge n. 154 del 2016) - Sono esclusi dall’ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto, in quanto regolati da
altre disposizioni normative comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento:
a) le acque di scarico;
b) i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal
regolamento (CE) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all’incenerimento, allo smaltimento in
discarica o all’utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio;
c) le carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione, compresi gli animali
abbattuti per eradicare epizoozie, e smaltite in conformità del regolamento (CE) n.
1774/2002;
d) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall’estrazione, dal trattamento, dall’ammasso di risorse
minerali o dallo sfruttamento delle cave, di cui al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117; - Fatti salvi gli obblighi derivanti dalle normative comunitarie specifiche, sono esclusi dall’ambito di
applicazione della Parte Quarta del presente decreto i sedimenti spostati all’interno di acque superficiali o
nell’ambito delle pertinenze idrauliche ai fini della gestione delle acque e dei corsi d’acqua o della
prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni o siccità o ripristino dei suoli se è
provato che i sedimenti non sono pericolosi ai sensi della decisione 2000/532/CE della Commissione del 3
maggio 2000, e successive modificazioni.
(comma così modificato dall’art. 7, comma 8-bis, legge n. 164 del 2014) - Il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in
cui sono stati escavati, devono essere valutati ai sensi, nell’ordine, degli articoli 183, comma 1, lettera a),
184-bis e 184-ter. - Terre e rocce da scavo
- Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 185, le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ottenute quali
sottoprodotti, possono essere utilizzate per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati purché:
a) siano impiegate direttamente nell’ambito di opere o interventi preventivamente individuati
e definiti;
b) sin dalla fase della produzione vi sia certezza dell’integrale utilizzo;
c) l’utilizzo integrale della parte destinata a riutilizzo sia tecnicamente possibile senza
necessità di preventivo trattamento o di trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti
merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad
emissioni e, più in generale, ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente
diversi da quelli ordinariamente consentiti ed autorizzati per il sito dove sono destinate ad
essere utilizzate;
d) sia garantito un elevato livello di tutela ambientale;
e) sia accertato che non provengono da siti contaminati o sottoposti ad interventi di bonifica
ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto;
f) le loro caratteristiche chimiche e chimico-fisiche siano tali che il loro impiego nel sito
prescelto non determini rischi per la salute e per la qualità delle matrici ambientali interessate
ed avvenga nel rispetto delle norme di tutela delle acque superficiali e sotterranee, della
flora, della fauna, degli habitat e delle aree naturali protette. In particolare deve essere
dimostrato che il materiale da utilizzare non è contaminato con riferimento alla destinazione
d’uso del medesimo, nonche’ la compatibilità di detto materiale con il sito di destinazione;
g) la certezza del loro integrale utilizzo sia dimostrata. L’impiego di terre da scavo nei
processi industriali come sottoprodotti, in sostituzione dei materiali di cava, è consentito nel
rispetto delle condizioni fissate all’articolo 183, comma 1, lettera p). - Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell’ambito della realizzazione di opere o attività
sottoposte a valutazione di impatto ambientale o ad autorizzazione ambientale integrata, la sussistenza dei
requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell’eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono
superare di norma un anno, devono risultare da un apposito progetto che è approvato dall’autorità titolare
del relativo procedimento. Nel caso in cui progetti prevedano il riutilizzo delle terre e rocce da scavo nel
medesimo progetto, i tempi dell’eventuale deposito possono essere quelli della realizzazione del progetto
purche’ in ogni caso non superino i tre anni. - Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell’ambito della realizzazione di opere o attività
diverse da quelle di cui al comma 2 e soggette a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività, la
sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell’eventuale deposito in attesa di utilizzo, che
non possono superare un anno, devono essere dimostrati e verificati nell’ambito della procedura per il
permesso di costruire, se dovuto, o secondo le modalità della dichiarazione di inizio di attività (DIA). - Fatti salvi i casi di cui all’ultimo periodo del comma 2, ove la produzione di terre e rocce da scavo
avvenga nel corso di lavori pubblici non soggetti né a VIA né a permesso di costruire o denuncia di inizio di
attività, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell’eventuale deposito in attesa di
utilizzo, che non possono superare un anno, devono risultare da idoneo allegato al progetto dell’opera,
sottoscritto dal progettista. - Le terre e rocce da scavo, qualora non utilizzate nel rispetto delle condizioni di cui al presente articolo,
sono sottoposte alle disposizioni in materia di rifiuti di cui alla parte quarta del presente decreto. - La caratterizzazione dei siti contaminati e di quelli sottoposti ad interventi di bonifica viene effettuata
secondo le modalità previste dal Titolo V, Parte quarta del presente decreto. L’accertamento che le terre e
rocce da scavo di cui al presente decreto non provengano da tali siti è svolto a cura e spese del produttore
e accertato dalle autorità competenti nell’ambito delle procedure previste dai commi 2, 3 e 4. - Fatti salvi i casi di cui all’ultimo periodo del comma 2, per i progetti di utilizzo già autorizzati e in corso di
realizzazione prima dell’entrata in vigore della presente disposizione, gli interessati possono procedere al
loro completamento, comunicando, entro novanta giorni, alle autorità competenti, il rispetto dei requisiti
prescritti, nonché le necessarie informazioni sul sito di destinazione, sulle condizioni e sulle modalità di
utilizzo, nonché sugli eventuali tempi del deposito in attesa di utilizzo che non possono essere superiori ad
un anno. L’autorità competente può disporre indicazioni o prescrizioni entro i successivi sessanta giorni
senza che ciò comporti necessità di ripetere procedure di VIA, o di AIA o di permesso di costruire o di DIA.
7-bis. Le terre e le rocce da scavo, qualora ne siano accertate le caratteristiche ambientali, possono essere
utilizzate per interventi di miglioramento ambientale e di siti anche non degradati. Tali interventi devono
garantire, nella loro realizzazione finale, una delle seguenti condizioni:
a) un miglioramento della qualità della copertura arborea o della funzionalità per attività agro-silvopastorali;
b) un miglioramento delle condizioni idrologiche rispetto alla tenuta dei versanti e alla raccolta e
regimentazione delle acque piovane;
c) un miglioramento della percezione paesaggistica.
7-ter. Ai fini dell’applicazione del presente articolo, i residui provenienti dall’estrazione di marmi e pietre
sono equiparati alla disciplina dettata per le terre e rocce da scavo. Sono altresì equiparati i residui delle
attività di lavorazione di pietre e marmi che presentano le caratteristiche di cui all’articolo 184-bis. Tali
residui, quando siano sottoposti a un’operazione di recupero ambientale, devono soddisfare i requisiti
tecnici per gli scopi specifici e rispettare i valori limite, per eventuali sostanze inquinanti presenti, previsti
nell’Allegato 5 alla parte IV del presente decreto, tenendo conto di tutti i possibili effetti negativi
sull’ambiente derivanti dall’utilizzo della sostanza o dell’oggetto. - Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi.
(articolo così sostituito dall’art. 15 del d.lgs. n. 205 del 2010) - È vietato miscelare rifiuti pericolosi aventi differenti caratteristiche di pericolosità ovvero rifiuti pericolosi
con rifiuti non pericolosi. La miscelazione comprende la diluizione di sostanze pericolose. - In deroga al comma 1, la miscelazione dei rifiuti pericolosi che non presentino la stessa caratteristica di
pericolosità, tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali, può essere autorizzata ai sensi degli articoli
208, 209 e 211 a condizione che:
a) siano rispettate le condizioni di cui all’articolo 177, comma 4, e l’impatto negativo della
gestione dei rifiuti sulla salute umana e sull’ambiente non risulti accresciuto;
b) l’operazione di miscelazione sia effettuata da un ente o da un’impresa che ha ottenuto
un’autorizzazione ai sensi degli articoli 208, 209 e 211;
c) l’operazione di miscelazione sia conforme alle migliori tecniche disponibili di cui all’articoli
183, comma 1, lettera nn).
2-bis. Gli effetti delle autorizzazioni in essere relative all’esercizio degli impianti di recupero o di
smaltimento di rifiuti che prevedono la miscelazione di rifiuti speciali, consentita ai sensi del presente
articolo e dell’allegato G alla parte quarta del presente decreto, nei testi vigenti prima della data di entrata
in vigore del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, restano in vigore fino alla revisione delle
autorizzazioni medesime.
(comma introdotto dall’art. 15, comma 8-quater, legge n. 116 del 2014) - Fatta salva l’applicazione delle sanzioni specifiche ed in particolare di quelle di cui all’articolo 256,
comma 5, chiunque viola il divieto di cui al comma 1 è tenuto a procedere a proprie spese alla rispetto di
quanto previsto dall’articolo 177, comma 4.
[3-bis. Le miscelazioni non vietate in base al presente articolo non sono sottoposte ad autorizzazione e,
anche se effettuate da enti o imprese autorizzati ai sensi degli articoli 208, 209 e 211, non possono essere
sottoposte a prescrizioni o limitazioni diverse od ulteriori rispetto a quelle previste per legge.]
(comma aggiunto dall’art. 49, comma 1, legge n. 221 del 2015, poi dichiarato costituzionalmente illegittimo
da Corte costituzionale, n. 75 del 21 marzo/12 aprile 2017) - Responsabilità della gestione dei rifiuti
(articolo così sostituito dall’art. 16, comma 1, lettera a), d.lgs. n. 205 del 2010) - Il produttore iniziale o altro detentore di rifiuti provvedono direttamente al loro trattamento, oppure li
consegnano ad un intermediario, ad un commerciante, ad un ente o impresa che effettua le operazioni di
trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità agli
articoli 177 e 179. Fatto salvo quanto previsto ai successivi commi del presente articolo, il produttore
iniziale o altro detentore conserva la responsabilità per l’intera catena di trattamento, restando inteso che
qualora il produttore iniziale o il detentore trasferisca i rifiuti per il trattamento preliminare a uno dei
soggetti consegnatari di cui al presente comma, tale responsabilità, di regola, comunque sussiste.
1-bis. Il produttore iniziale o altro detentore dei rifiuti di rame o di metalli ferrosi e non ferrosi che non
provvede direttamente al loro trattamento deve consegnarli unicamente ad imprese autorizzate alle attività
di trasporto e raccolta di rifiuti o di bonifica dei siti o alle attività di commercio o di intermediazione senza
detenzione dei rifiuti, ovvero a un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti o ad
un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità all’articolo 212, comma 5,
ovvero al recupero o smaltimento dei rifiuti, autorizzati ai sensi delle disposizioni della parte quarta del
presente decreto. Alla raccolta e al trasporto dei rifiuti di rame e di metalli ferrosi e non ferrosi non si
applica la disciplina di cui all’articolo 266, comma 5.
(comma introdotto dall’art. 30, comma 1, legge n. 221 del 2015) - Al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito e di quanto previsto dal regolamento (CE) n.
1013/2006, qualora il produttore iniziale, il produttore e il detentore siano iscritti ed abbiano adempiuto
agli obblighi del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma
2, lett. a), la responsabilità di ciascuno di tali soggetti è limitata alla rispettiva sfera di competenza stabilita
dal predetto sistema. - Al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito e di quanto previsto dal regolamento (CE) n.
1013/2006, la responsabilità dei soggetti non iscritti al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti
(SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), che, ai sensi dell’art. 212, comma 8, raccolgono e
trasportano i propri rifiuti non pericolosi è esclusa:
a) a seguito del conferimento di rifiuti al servizio pubblico di raccolta previa convenzione;
b) a seguito del conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di
smaltimento, a condizione che il produttore sia in possesso del formulario di cui all’articolo
193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento
dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare
comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario.
(lettera così modificata dall’art. 14, comma 8, legge n. 116 del 2014) - Gli enti o le imprese che provvedono alla raccolta o al trasporto dei rifiuti a titolo professionale,
conferiscono i rifiuti raccolti e trasportati agli impianti autorizzati alla gestione dei rifiuti ai sensi degli
articoli 208, 209, 211, 213, 214 e 216 e nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 177, comma 4. - I costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale dei rifiuti, dai detentori del
momento o dai detentori precedenti dei rifiuti.
188-bis. Controllo della tracciabilità dei rifiuti
(articolo introdotto dall’art. 16, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 205 del 2010) - In attuazione di quanto stabilito all’articolo 177, comma 4, la tracciabilità dei rifiuti deve essere garantita
dalla loro produzione sino alla loro destinazione finale. - A tale fine, la gestione dei rifiuti deve avvenire:
a) nel rispetto degli obblighi istituiti attraverso il sistema di controllo della tracciabilità dei
rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 14-bis del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e al decreto del Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009; oppure
b) nel rispetto degli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico nonché del
formulario di identificazione di cui agli articoli 190 e 193. - Il soggetto che aderisce al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui al comma 2,
lett. a), non è tenuto ad adempiere agli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico di cui
all’articolo 190, nonché dei formulari di identificazione dei rifiuti di cui all’articolo 193. Durante il trasporto
effettuato da enti o imprese i rifiuti sono accompagnati dalla copia cartacea della scheda di
movimentazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui al comma 2, lett. a). Il
registro cronologico e le schede di movimentazione del predetto sistema di controllo della tracciabilità dei
rifiuti (SISTRI) sono resi disponibili all’autorità di controllo in qualsiasi momento ne faccia richiesta e sono
conservate in formato elettronico da parte del soggetto obbligato per almeno tre anni dalla rispettiva data
di registrazione o di movimentazione dei rifiuti, ad eccezione dei quelli relativi alle operazioni di
smaltimento dei rifiuti in discarica, che devono essere conservati a tempo indeterminato ed al termine
dell’attività devono essere consegnati all’autorità che ha rilasciato l’autorizzazione. Per gli impianti di
discarica, fermo restando quanto disposto dal decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, il registro
cronologico deve essere conservato fino al termine della fase di gestione post operativa della discarica. - Il soggetto che non aderisce al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui al comma
2, lett. a), deve adempiere agli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico di cui all’articolo
190, nonché dei formulari di identificazione dei rifiuti nella misura stabilita dall’articolo 193.
4-bis. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare si procede
periodicamente, sulla base dell’evoluzione tecnologica e comunque nel rispetto della disciplina comunitaria,
alla semplificazione e all’ottimizzazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, anche alla luce
delle proposte delle associazioni rappresentative degli utenti, ovvero delle risultanze delle rilevazioni di
soddisfazione dell’utenza; le semplificazioni e l’ottimizzazione sono adottate previa verifica tecnica e della
congruità dei relativi costi da parte dell’Agenzia per l’Italia Digitale. Le semplificazioni e l’ottimizzazione
sono finalizzate ad assicurare un’efficace tracciabilità dei rifiuti e a ridurre i costi di esercizio del sistema,
laddove ciò non intralci la corretta tracciabilità dei rifiuti né comporti un aumento di rischio ambientale o
sanitario, anche mediante integrazioni con altri sistemi che trattano dati di logistica e mobilità delle merci e
delle persone ed innovazioni di processo che consentano la delega della gestione operativa alle associazioni
di utenti, debitamente accreditate dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sulla
base dei requisiti tecnologici ed organizzativi individuati con il decreto di cui al presente comma, e ad
assicurare la modifica, la sostituzione o l’evoluzione degli apparati tecnologici, anche con riferimento ai
dispositivi periferici per la misura e certificazione dei dati. Al fine della riduzione dei costi e del
miglioramento dei processi produttivi degli utenti, il concessionario del sistema informativo, o altro
soggetto subentrante, può essere autorizzato dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, previo parere del Garante per la privacy, a rendere disponibile l’informazione territoriale, nell’ambito
della integrazione dei sistemi informativi pubblici, a favore di altri enti pubblici o società interamente a
capitale pubblico, opportunamente elaborata in conformità alle regole tecniche recate dai regolamenti
attuativi della direttiva 2007/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, anche al fine di fornire servizi
aggiuntivi agli utenti, senza nuovi o maggiori oneri per gli stessi. Sono comunque assicurate la sicurezza e
l’integrità dei dati di tracciabilità. Con il decreto di cui al presente comma sono, altresì, rideterminati i
contributi da porre a carico degli utenti in relazione alla riduzione dei costi conseguita, con decorrenza
dall’esercizio fiscale successivo a quello di emanazione del decreto, o determinate le remunerazioni dei
fornitori delle singole componenti dei servizi.
(comma così sostituito dall’art. 11, comma 7, legge n. 125 del 2013)
188-ter. Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)
(articolo introdotto dall’art. 16, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 205 del 2010) - Sono tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-
bis, comma 2, lettera a), gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi e gli enti o le
imprese che raccolgono o trasportano rifiuti speciali pericolosi a titolo professionale compresi i vettori esteri
che operano sul territorio nazionale, o che effettuano operazioni di trattamento, recupero, smaltimento,
commercio e intermediazione di rifiuti urbani e speciali pericolosi, inclusi i nuovi produttori che trattano o
producono rifiuti pericolosi. Sono altresì tenuti ad aderire al SISTRI, in caso di trasporto intermodale, i
soggetti ai quali sono affidati i rifiuti speciali pericolosi in attesa della presa in carico degli stessi da parte
dell’impresa navale o ferroviaria o dell’impresa che effettua il successivo trasporto. Entro sessanta giorni
dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare, sentiti il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, sono definite le modalità di applicazione a regime del SISTRI al trasporto
intermodale.
(comma così sostituito dall’art. 11, comma 1, legge n. 125 del 2013) - Possono aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis,
comma 2, lettera a), su base volontaria i produttori, i gestori e gli intermediari e i commercianti dei rifiuti
diversi da quelli di cui al comma 1.
(comma così sostituito dall’art. 11, comma 1, legge n. 125 del 2013) - Oltre a quanto previsto dal decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 24
aprile 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 30 aprile 2014, con uno o più decreti del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti, possono essere specificate le categorie di soggetti di cui al comma 1 e
sono individuate, nell’ambito degli enti o imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti, ulteriori categorie
di soggetti a cui è necessario estendere il sistema di tracciabilità dei rifiuti di cui all’articolo 188-bis.
(comma così sostituito dall’art. 11, comma 1, legge n. 125 del 2013, poi così modificato dall’art. 29, comma
5, legge n. 221 del 2015) - Sono tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-
bis, comma 2, lett. a), i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani del territorio della regione
Campania. - (abrogato dall’art. 11, comma 6, legge n. 125 del 2013)
- Con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente
disposizione, sono stabiliti, nel rispetto delle norme comunitarie, i criteri e le condizioni per l’applicazione
del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a),
alle procedure relative alle spedizioni di rifiuti di cui al regolamento 8CE) n. 1013/2006, e successive
modificazioni, ivi compresa l’adozione di un sistema di interscambio di dati previsto dall’articolo 26,
paragrafo 4, del predetto regolamento. Nelle more dell’adozione dei predetti decreti, sono fatti salvi gli
obblighi stabiliti dal decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17
dicembre 2009, relativi alla tratta del territorio nazionale interessata dal trasporto transfrontaliero. - Con uno o più regolamenti, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e
successive modificazioni, è effettuata la ricognizione delle disposizioni, ivi incluse quelle del presente
decreto, le quali, a decorrere dalla data di entrata in vigore dei predetti decreti ministeriali, sono abrogate. - In relazione alle esigenze organizzative e operative delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco, connesse, rispettivamente, alla difesa e alla sicurezza militare dello Stato, alla
tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, al soccorso pubblico e alla difesa civile, le procedure e le
modalità con le quali il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) si applica alle
corrispondenti Amministrazioni centrali sono individuate con decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare e del Ministro dell’economia e delle finanze e, per quanto di rispettiva
competenza, del Ministro della difesa e del Ministro dell’interno, da adottare entro 120 giorni dalla data di
entrata in vigore della presente disposizione. - Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare potranno essere individuate
modalità semplificate per l’iscrizione dei produttori di rifiuti pericolosi al sistema di controllo della
tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a). - Nel caso di produzione accidentale di rifiuti pericolosi il produttore è tenuto a procedere alla richiesta di
adesione al SISTRI entro tre giorni lavorativi dall’accertamento della pericolosità dei rifiuti. - Catasto dei rifiuti
(articolo così sostituito dall’art. 16, comma 1, d.lgs. n. 205 del 2010) - Il catasto dei rifiuti, istituito dall’articolo 3 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con
modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è articolato in una Sezione nazionale, che ha sede in
Roma presso l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), e in Sezioni regionali o
delle province autonome di Trento e di Bolzano presso le corrispondenti Agenzie regionali e delle province
autonome per la protezione dell’ambiente. - Il Catasto assicura un quadro conoscitivo completo e costantemente aggiornato dei dati acquisiti tramite
il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e
delle informazioni di cui al comma 3, anche ai fini della pianificazione delle attività di gestione dei rifiuti. - I comuni o loro consorzi e le comunità montane comunicano annualmente alle Camere di commercio,
industria, artigianato e agricoltura, secondo le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994 n. 70, le
seguenti informazioni relative all’anno precedente:
a) la quantità dei rifiuti urbani raccolti nel proprio territorio;
b) la quantità dei rifiuti speciali raccolti nel proprio territorio a seguito di apposita
convenzione con soggetti pubblici o privati;
c) i soggetti che hanno provveduto alla gestione dei rifiuti, specificando le operazioni svolte,
le tipologie e la quantità dei rifiuti gestiti da ciascuno;
d) i costi di gestione e di ammortamento tecnico e finanziario degli investimenti per le attività
di gestione dei rifiuti, nonché i proventi della tariffa di cui all’articolo 238 ed i proventi
provenienti dai consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti;
e) i dati relativi alla raccolta differenziata;
f) le quantità raccolte, suddivise per materiali, in attuazione degli accordi con i consorzi
finalizzati al recupero dei rifiuti. - Le disposizioni di cui al comma 3 non si applicano ai comuni della regione Campania, tenuti ad aderire al
sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a). Le
informazioni di cui al comma 3, lettera d), sono trasmesse all’ISPRA, tramite interconnessione diretta tra il
Catasto dei rifiuti e il sistema di tracciabilità dei rifiuti nella regione Campania di cui all’articolo 2, comma
2-bis, del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre
2008, n. 210 (SITRA). Le attività di cui al presente comma sono svolte nei limiti delle risorse umane,
strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica. - Le disposizioni di cui al comma 3, fatta eccezione per le informazioni di cui alla lettera d), non si
applicano altresì ai comuni di cui all´articolo 188-ter, comma 2, lett. e) che aderiscono al sistema di
controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a). - Le sezioni regionali e provinciali del Catasto provvedono all’elaborazione dei dati di cui al comma 188-
ter, commi 1 e 2, ed alla successiva trasmissione, entro trenta giorni dal ricevimento degli stessi, alla
Sezione nazionale che provvede, a sua volta, all’invio alle amministrazioni regionali e provinciali competenti
in materia rifiuti. L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) elabora annualmente
i dati e ne assicura la pubblicità. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al
presente comma con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. - Per le comunicazioni relative ai rifiuti di imballaggio si applica quanto previsto dall’articolo 220, comma
2. - Registri di carico e scarico
(articolo così sostituito dall’art. 16, comma 1, d.lgs. n. 205 del 2010) - Sono obbligati alla compilazione e tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti:
(comma così sostituito dall’art. 11, comma 12-bis, legge n. 125 del 2013)
a) gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi e gli enti e le imprese
produttori iniziali di rifiuti speciali non pericolosi di cui alle lettere c) e d) del comma 3
dell’articolo 184 e di rifiuti speciali non pericolosi da potabilizzazione e altri trattamenti delle
acque di cui alla lettera g) del comma 3 dell’articolo 184;
b) gli altri detentori di rifiuti, quali enti e imprese che raccolgono e trasportano rifiuti o che
effettuano operazioni di preparazione per il riutilizzo e di trattamento, recupero e
smaltimento, compresi i nuovi produttori e, in caso di trasporto intermodale, i soggetti ai
quali sono affidati i rifiuti speciali in attesa della presa in carico degli stessi da parte
dell’impresa navale o ferroviaria o dell’impresa che effettua il successivo trasporto ai sensi
dell’articolo 188-ter, comma 1, ultimo periodo;
c) gli intermediari e i commercianti di rifiuti.
1-bis. Sono esclusi dall’obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico:
(comma così sostituito dall’art. 11, comma 12-bis, legge n. 125 del 2013)
a) gli enti e le imprese obbligati o che aderiscono volontariamente al sistema di controllo della
tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lettera a), dalla data di
effettivo utilizzo operativo di detto sistema;
b) le attività di raccolta e trasporto di propri rifiuti speciali non pericolosi effettuate dagli enti
e imprese produttori iniziali.
1-ter. Gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile produttori iniziali di rifiuti pericolosi
adempiono all’obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico con una delle due seguenti modalità:
(comma introdotto dall’art. 11, comma 12-bis, legge n. 125 del 2013)
a) con la conservazione progressiva per tre anni del formulario di identificazione di cui
all’articolo 193, comma 1, relativo al trasporto dei rifiuti, o della copia della scheda del
sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2,
lettera a);
b) con la conservazione per tre anni del documento di conferimento di rifiuti pericolosi
prodotti da attività agricole, rilasciato dal soggetto che provvede alla raccolta di detti rifiuti
nell’ambito del ‘circuito organizzato di raccoltà di cui all’articolo 183, comma 1, lettera pp).
1-quater. Nel registro di carico e scarico devono essere annotate le informazioni sulle caratteristiche
qualitative e quantitative dei rifiuti prodotti o soggetti alle diverse attività di trattamento disciplinate dalla
presente Parte quarta. Le annotazioni devono essere effettuate:
(comma introdotto dall’art. 11, comma 12-bis, legge n. 125 del 2013)
a) per gli enti e le imprese produttori iniziali, entro dieci giorni lavorativi dalla produzione e
dallo scarico;
b) per gli enti e le imprese che effettuano operazioni di preparazione per il riutilizzo, entro
dieci giorni lavorativi dalla presa in carico dei rifiuti e dallo scarico dei rifiuti originati da detta
attività;
c) per gli enti e le imprese che effettuano operazioni di trattamento, entro due giorni
lavorativi dalla presa in carico e dalla conclusione dell’operazione di trattamento;
d) per gli intermediari e i commercianti, almeno due giorni lavorativi prima dell’avvio
dell’operazione ed entro dieci giorni lavorativi dalla conclusione dell’operazione.
1-quinquies. Gli imprenditori agricoli di cui al comma 1-ter possono sostituire il registro di carico e scarico
con la conservazione della scheda SISTRI in formato fotografico digitale inoltrata dal destinatario. L’archivio
informatico è accessibile on line sul portale del destinatario, in apposita sezione, con nome dell’utente e
password dedicati.
(comma introdotto dall’art. 14, comma 8-bis, legge n. 116 del 2014) - I registri di carico e scarico sono tenuti presso ogni impianto di produzione o, nel caso in cui ciò risulti
eccessivamente oneroso, nel sito di produzione, e integrati con i formulari di identificazione di cui
all’articolo 193, comma 1, relativi al trasporto dei rifiuti, o con la copia della scheda del sistema di controllo
della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), trasmessa dall’impianto di
destinazione dei rifiuti stessi, sono conservati per cinque anni dalla data dell’ultima registrazione. - I produttori iniziali di rifiuti speciali non pericolosi di cui al comma 1, lettera a), la cui produzione annua
di rifiuti non eccede le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi, possono adempiere all’obbligo della tenuta
dei registri di carico e scarico dei rifiuti anche tramite le associazioni imprenditoriali interessate o società di
servizi di diretta emanazione delle stesse, che provvedono ad annotare i dati previsti con cadenza mensile,
mantenendo presso la sede dell’impresa copia dei dati trasmessi.
(comma così modificato dall’art. 11, comma 12-ter, legge n. 125 del 2013)
3-bis. I registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dalle attività di manutenzione delle reti relative al
servizio idrico integrato e degli impianti a queste connessi possono essere tenuti presso le sedi di
coordinamento organizzativo del gestore, o altro centro equivalente, previa comunicazione all’autorità di
controllo e vigilanza.
(comma introdotto dall’art. 60 della legge n. 221 del 2015) - Le informazioni contenute nel registro di carico e scarico sono rese disponibili in qualunque momento
all’autorità di controllo qualora ne faccia richiesta. - I registri di carico e scarico sono numerati, vidimati e gestiti con le procedure e le modalità fissate dalla
normativa sui registri IVA. Gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono
correttamente adempiuti anche qualora sia utilizzata carta formato A4, regolarmente numerata. I registri
sono numerati e vidimati dalle Camere di commercio territorialmente competenti. - La disciplina di carattere nazionale relativa ai registri di carico e scarico è quella di cui al decreto del
Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 148, come modificato dal comma 7. - Nell’Allegato C1, sezione III, lettera c), del decreto del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 148,
dopo le parole: “in litri” la congiunzione: “e” è sostituita dalla disgiunzione: “o”. - I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o impresa, sono
soggetti all’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico e vi adempiono attraverso la conservazione,
in ordine cronologico, delle copie delle schede del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)
di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), relative ai rifiuti prodotti, rilasciate dal trasportatore dei rifiuti
stessi. - Le operazioni di gestione dei centri di raccolta di cui all’articolo 183, comma 1, lettera mm), sono escluse
dagli obblighi del presente articolo limitatamente ai rifiuti non pericolosi. Per i rifiuti pericolosi la
registrazione del carico e dello scarico può essere effettuata contestualmente al momento dell’uscita dei
rifiuti stessi dal centro di raccolta e in maniera cumulativa per ciascun codice dell’elenco dei rifiuti. - Ordinanze contingibili e urgenti e poteri sostitutivi
- Ferme restando le disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza,
con particolare riferimento alle disposizioni sul potere di ordinanza di cui all’articolo 5 della legge 24
febbraio 1992, n. 225, istitutiva del servizio nazionale della protezione civile, qualora si verifichino situazioni
di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell’ambiente, e non si possa altrimenti
provvedere, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della provincia ovvero il Sindaco possono
emettere, nell’ambito delle rispettive competenze, ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso
temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, nel rispetto,
comunque, delle disposizioni contenute nelle direttive dell’Unione europea, garantendo un elevato livello di
tutela della salute e dell’ambiente. Dette ordinanze sono comunicate al Presidente del Consiglio dei Ministri,
al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle
attività produttive, al Presidente della regione e all’ente di governo dell’ambito di cui all’articolo 201 entro
tre giorni dall’emissione ed hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi.
(comma così modificato dall’art. 44, comma 1, legge n. 221 del 2015) - Entro centoventi giorni dall’adozione delle ordinanze di cui al comma 1, il Presidente della Giunta
regionale promuove ed adotta le iniziative necessarie per garantire la raccolta differenziata, il riutilizzo, il
riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti. In caso di inutile decorso del termine e di accertata inattività, il
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare diffida il Presidente della Giunta regionale a
provvedere entro sessanta giorni e, in caso di protrazione dell’inerzia, può adottare in via sostitutiva tutte
le iniziative necessarie ai predetti fini.
(comma così modificato dall’art. 44, comma 2, legge n. 221 del 2015)
2-bis. All’articolo 11 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30
ottobre 2013, n. 125, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 8, le parole: “3 marzo 2014” sono sostituite dalle se-guenti: “31 dicembre
2014″;
b) dopo il comma 9 è inserito il seguente: “9-bis. Il termine finale di efficacia del contratto,
come modificato ai sensi del comma 9, è stabilito al 31 dicembre 2015. Fermo restando il
predetto termine, entro il 30 giugno 2015 il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio
e del mare avvia le procedure per l’affidamento della concessione del servizio nel rispetto dei
criteri e delle modalità di selezione disciplinati dal codice di cui al decreto legislativo 12 aprile
2006, n. 163, e dalle norme dell’Unione europea di settore, nonché dei princìpi di
economicità, semplificazione, interoperabilità tra sistemi infor-matici e costante
aggiornamento tecnologico. All’attuale società conces-sionaria del SISTRI è garantito
l’indennizzo dei costi di produzione con-suntivati sino al 31 dicembre 2015, previa valutazione
di congruità del-l’Agenzia per l’Italia digitale, nei limiti dei contributi versati dagli ope-ratori
alla predetta data”;
c) al comma 10, dopo il secondo periodo è inserito il seguente: “Il Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare procede, previa valutazione di congruità dell’Agenzia per
l’Italia digitale, al paga-mento degli ulteriori costi di produzione consuntivati, fino alla concorrenza
delle risorse riassegnate nello stato di previsione del Ministero me-desimo, al netto di
quanto già versato”. - Le ordinanze di cui al comma 1 indicano le norme a cui si intende derogare e sono adottate su parere
degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali, che si esprimono con specifico riferimento alle conseguenze
ambientali. - Le ordinanze di cui al comma 1 possono essere reiterate per un periodo non superiore a 18 mesi per
ogni speciale forma di gestione dei rifiuti. Qualora ricorrano comprovate necessità, il Presidente della
regione d’intesa con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può adottare, dettando
specifiche prescrizioni, le ordinanze di cui al comma 1 anche oltre i predetti termini.
(comma così modificato dall’art. 9, comma 8, legge n. 123 del 2008) - Le ordinanze di cui al comma 1 che consentono il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei
rifiuti pericolosi sono comunicate dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare alla
Commissione dell’Unione europea. - Divieto di abbandono
- L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.
- È altresì vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque
superficiali e sotterranee. - Fatta salva l’applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai
commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al
ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di
godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti
effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone
con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale
procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate. - Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona
giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che
siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001,
n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle
associazioni. - Trasporto dei rifiuti
(articolo così sostituito dall’art. 16, comma 1, d.lgs. n. 205 del 2010)
Per gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti e non sono obbligati o non aderiscono
volontariamente al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis,
comma 2, lettera a), i rifiuti devono essere accompagnati da un formulario di identificazione dal quale
devono risultare almeno i seguenti dati:
(alinea così sostituito dall’art. 11, comma 12-quater, legge n. 125 del 2013)
a) nome ed indirizzo del produttore dei rifiuti e del detentore;
b) origine, tipologia e quantità del rifiuto;
c) impianto di destinazione;
d) data e percorso dell’istradamento;
e) nome ed indirizzo del destinatario. - Il formulario di identificazione di cui al comma 1 deve essere redatto in quattro esemplari, compilato,
datato e firmato dal produttore dei rifiuti e controfirmate dal trasportatore che in tal modo dà atto di aver
ricevuto i rifiuti. Gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile possono delegare alla
tenuta ed alla compilazione del formulario di identificazione la cooperativa agricola di cui sono soci che
abbia messo a loro disposizione un sito per il deposito temporaneo ai sensi dell’articolo 183, comma 1,
lettera bb); con apposito decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite
le organizzazioni di categoria più rappresentative, possono essere previste ulteriori modalità semplificate
per la tenuta e compilazione del formulario di identificazione, nel caso in cui l’imprenditore agricolo
disponga di un deposito temporaneo presso la cooperativa agricola di cui è socio. Una copia del formulario
deve rimanere presso il produttore e le altre tre, controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, sono
acquisite una dal destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al predetto
produttore dei rifiuti. Le copie del formulario devono essere conservate per cinque anni.
(comma così modificato dall’art. 29, comma 6, legge n. 221 del 2015) - Il trasportatore non è responsabile per quanto indicato nella Scheda SISTRI – Area movimentazione o
nel formulario di identificazione di cui al comma 1 dal produttore o dal detentore dei rifiuti e per le
eventuali difformità tra la descrizione dei rifiuti e la loro effettiva natura e consistenza, fatta eccezione per
le difformità riscontrabili con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico. - Durante la raccolta ed il trasporto i rifiuti pericolosi devono essere imballati ed etichettati in conformità
alle norme vigenti in materia di imballaggio e etichettatura delle sostanze pericolose. - Fatto salvo quanto previsto per i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani nel territorio della
regione Campania, tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui
all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), nonché per i comuni e le imprese di trasporto di rifiuti urbani in
regioni diverse dalla regione Campania di cui all´articolo 188-ter, comma 2, lett. e), che aderiscono al
sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano
al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico, né ai trasporti di rifiuti
non pericolosi effettuati dal produttore dei rifiuti stessi, in modo occasionale e saltuario, che non eccedano
la quantità di trenta chilogrammi o di trenta litri, né al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal produttore
degli stessi ai centri di raccolta di cui all’articolo 183, comma 1, lett. mm). Sono considerati occasionali e
saltuari i trasporti di rifiuti, effettuati complessivamente per non più di quattro volte l’anno non eccedenti i
trenta chilogrammi o trenta litri al giorno e, comunque, i cento chilogrammi o cento litri l’anno. - In ordine alla definizione del modello e dei contenuti del formulario di identificazione, si applica il decreto
del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 145. - I formulari di identificazione devono essere numerati e vidimati dagli uffici dell’Agenzia delle entrate o
dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura o dagli uffici regionali e provinciali
competenti in materia di rifiuti e devono essere annotati sul registro Iva acquisti. La vidimazione dei
predetti formulari di identificazione è gratuita e non è soggetta ad alcun diritto o imposizione tributaria. - Per le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi che non aderiscono su base
volontaria al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2,
lett. a), il formulario di identificazione è validamente sostituito, per i rifiuti oggetto di spedizioni
transfrontaliere, dai documenti previsti dalla normativa comunitaria di cui all’articolo 194, anche con
riguardo alla tratta percorsa su territorio nazionale. - La scheda di accompagnamento di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99,
relativa all’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, è sostituita dalla Scheda SISTRI – Area
movimentazione di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data
17 dicembre 2009 o, per le imprese che non aderiscono su base volontaria al sistema di controllo della
tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), dal formulario di identificazione
di cui al comma 1. Le specifiche informazioni di cui all’allegato IIIA del decreto legislativo n. 99 del 1992
devono essere indicate nello spazio relativo alle annotazioni della medesima Scheda SISTRI – Area
movimentazione o nel formulario di identificazione. La movimentazione dei rifiuti esclusivamente all’interno
di aree private non è considerata trasporto ai fini della parte quarta del presente decreto.
9-bis. La movimentazione dei rifiuti tra fondi appartenenti alla medesima azienda agricola, ancorché
effettuati percorrendo la pubblica via, non è considerata trasporto ai fini del presente decreto qualora risulti
comprovato da elementi oggettivi ed univoci che sia finalizzata unicamente al raggiungimento del luogo di
messa a dimora dei rifiuti in deposito temporaneo e la distanza fra i fondi non sia superiore a dieci
chilometri. Non è altresì considerata trasporto la movimentazione dei rifiuti effettuata dall’imprenditore
agricolo di cui all’articolo 2135 del codice civile dai propri fondi al sito che sia nella disponibilità giuridica
della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui è socio, qualora sia finalizzata al
raggiungimento del deposito temporaneo.
(comma introdotto dall’art. 28, comma 1, legge n. 35 del 2012, poi così modificato dall’art. 52, comma
2-ter, legge n. 134 del 2012) - La microraccolta dei rifiuti, intesa come la raccolta di rifiuti da parte di un unico raccoglitore o
trasportatore presso più produttori o detentori svolta con lo stesso automezzo, deve essere effettuata nel
più breve tempo tecnicamente possibile. Nelle schede del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti
(SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), relative alla movimentazione dei rifiuti, e nei
formulari di identificazione dei rifiuti devono essere indicate, nello spazio relativo al percorso, tutte le tappe
intermedie previste. Nel caso in cui il percorso dovesse subire delle variazioni, nello spazio relativo alle
annotazioni deve essere indicato a cura del trasportatore il percorso realmente effettuato. - Gli stazionamenti dei veicoli in configurazione di trasporto, nonché le soste tecniche per le operazioni di
trasbordo, ivi compreso quelle effettuate con cassoni e dispositivi scarrabili non rientrano nelle attività di
stoccaggio di cui all’articolo 183, comma 1, lettera v), purché le stesse siano dettate da esigenze di
trasporto e non superino le quarantotto ore, escludendo dal computo i giorni interdetti alla circolazione. - Nel caso di trasporto intermodale di rifiuti, le attività di carico e scarico, di trasbordo, nonché le soste
tecniche all’interno dei porti e degli scali ferroviari, degli interporti, impianti di terminalizzazione e scali
merci non rientrano nelle attività di stoccaggio di cui all’articolo 183, comma 1, lettera aa) purché siano
effettuate nel più breve tempo possibile e non superino comunque, salvo impossibilità per caso fortuito o
per forza maggiore, il termine massimo di sei giorni a decorrere dalla data in cui hanno avuto inizio
predette attività. Ove si prospetti l’impossibilità del rispetto del predetto termine per caso fortuito o per
forza maggiore, il detentore del rifiuto ha l’obbligo di darne indicazione nello spazio relativo alle annotazioni
della medesima Scheda SISTRI – Area movimentazione e informare, senza indugio e comunque prima della
scadenza del predetto termine, il comune e la provincia territorialmente competente indicando tutti gli
aspetti pertinenti alla situazione. Ferme restando le competenze degli organi di controllo, il detentore del
rifiuto dovrà adottare, senza indugio e a propri costi e spese, tutte le iniziative opportune per prevenire
eventuali pregiudizi ambientali e effetti nocivi per la salute umana. La decorrenza del termine massimo di
sei giorni resta sospesa durante il periodo in cui perduri l’impossibilità per caso fortuito o per forza
maggiore. In caso di persistente impossibilità per caso fortuito o per forza maggiore per un periodo
superiore a 30 giorni a decorrere dalla data in cui ha avuto inizio l’attività di cui al primo periodo del
presente comma, il detentore del rifiuto sarà obbligato a conferire, a propri costi e spese, i rifiuti ad un
intermediario, ad un commerciante, ad un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei
rifiuti, o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità agli articoli 177 e
179. - La copia cartacea della scheda del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui
all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), relativa alla movimentazione dei rifiuti e il formulario di
identificazione di cui al comma 1 costituisce documentazione equipollente alla scheda di trasporto di cui
all’articolo 7-bis del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286 e al decreto del Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti 30 giugno 2009. - Spedizioni transfrontaliere
(articolo così sostituito dall’art. 17 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti sono disciplinate dai regolamenti comunitari che regolano la
materia, dagli accordi bilaterali di cui agli articoli 41 e 43 del regolamento (CE) n. 1013/2006 e dal decreto
di cui al comma 4. - Sono fatti salvi, ai sensi degli articoli 41 e 43 del regolamento (CE) n. 1013/2006 gli accordi in vigore tra
lo Stato della Città del Vaticano, la Repubblica di San Marino e la Repubblica italiana. Alle importazioni di
rifiuti urbani e assimilati provenienti dallo Stato della Città del Vaticano e dalla Repubblica di San Marino
non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 42 del predetto regolamento. - Fatte salve le norme che disciplinano il trasporto internazionale di merci, le imprese che effettuano il
trasporto transfrontaliero nel territorio italiano sono iscritte all’Albo nazionale gestori ambientali di cui
all’articolo 212. L’iscrizione all’Albo, qualora effettuata per il solo esercizio dei trasporti transfrontalieri, non
è subordinata alla prestazione delle garanzie finanziarie di cui al comma 10 del medesimo articolo 212.
(comma così modificato dall’art. 24, comma 1, lettera d-bis), legge n. 35 del 2012, poi dall’art. 9, comma
3-terdecies, legge n. 44 del 2012) - Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri
dello sviluppo economico, della salute, dell’economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, nel
rispetto delle norme del regolamento (CE) n. 1013/2006 sono disciplinati:
a) i criteri per il calcolo degli importi minimi delle garanzie finanziarie da prestare per le
spedizioni dei rifiuti, di cui all’articolo 6 del predetto regolamento; tali garanzie sono ridotte
del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001,
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, e del quaranta per cento nel
caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso
14001;
b) le spese amministrative poste a carico dei notificatori ai sensi dell’articolo 29, del
regolamento;
c) le specifiche modalità per il trasporto dei rifiuti negli Stati di cui al comma 2. - Sino all’adozione del decreto di cui al comma 4, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto
del Ministro dell’ambiente 3 settembre 1998, n. 370. - Ai sensi e per gli effetti del regolamento (CE) n. 1013/2006:
a) le autorità competenti di spedizione e di destinazione sono le regioni e le province
autonome;
b) l’autorità di transito è il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;
c) corrispondente è il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Le regioni e le province autonome comunicano le informazioni di cui all’articolo 56 del regolamento (CE)
1013/2006 al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare per il successivo inoltro alla
Commissione dell’Unione europea, nonché, entro il 30 settembre di ogni anno, i dati, riferiti all’anno
precedente, previsti dall’articolo 13, comma 3, della Convenzione di Basilea, ratificata con legge 18 agosto
1993, n. 340.
194-bis. Semplificazione del procedimento di tracciabilità dei rifiuti e per il recupero dei
contributi dovuti per il SISTRI
(articolo introdotto dall’art. 1, comma 1135, legge n. 205 del 2017) - In attuazione delle disposizioni del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7
marzo 2005, n. 82, e per consentire la lettura integrata dei dati riportati, gli adempimenti relativi alle
modalità di compilazione e tenuta del registro di carico e scarico e del formulario di trasporto dei rifiuti di
cui agli articoli 190 e 193 del presente decreto possono essere effettuati in formato digitale. - Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può, sentiti il Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dello sviluppo economico, l’Agenzia per l’Italia digitale e
l’Unioncamere, con proprio decreto, predisporre il formato digitale degli adempimenti di cui al comma 1. - E’ consentita la trasmissione della quarta copia del formulario di trasporto dei rifiuti prevista dal comma
2 dell’articolo 193, anche mediante posta elettronica certificata. - Al contributo previsto dall’articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare 30 marzo 2016, n. 78, si applicano i termini di prescrizione ordinaria previsti
dall’articolo 2946 del codice civile. - Per il recupero dei contributi per il SISTRI dovuti e non corrisposti e delle richieste di rimborso o di
conguaglio da parte di utenti del SISTRI, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
stabilisce, con proprio decreto di natura non regolamentare, una o più procedure, nel rispetto dei seguenti
criteri:
a) comunicazione di avvio del procedimento con l’invio del sollecito di pagamento, prima di
procedere alla riscossione coattiva del credito vantato dal Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, per i contributi per il SISTRI dovuti e non corrisposti o
corrisposti parzialmente;
b) determinazione unitaria del debito o del credito, procedendo alla compensazione dei crediti
maturati a titolo di rimborso con quanto dovuto a titolo di contributo;
c) previsione di modalità semplificate per la regolarizzazione della posizione contributiva degli
utenti obbligati al pagamento dei contributi per il SISTRI, fino all’annualità in corso alla data
di entrata in vigore della presente disposizione, che non vi abbiano provveduto o vi abbiano
provveduto parzialmente, mediante ravvedimento operoso, acquiescenza o accertamento
concordato in contraddittorio;
d) definizione di strumenti di conciliazione giudiziale, al fine di favorire il raggiungimento di
accordi, in sede processuale, tra il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare e gli utenti del SISTRI per i profili inerenti al pagamento o al rimborso dei contributi per
il SISTRI. - L’esperimento delle procedure di cui al comma 2 del presente articolo determina, all’esito della
regolarizzazione della posizione contributiva, l’estinzione della sanzione di cui all’articolo 260-bis, comma 2,
e non comporta il pagamento di interessi.
Capo II – Competenze - Competenze dello stato
- Ferme restando le ulteriori competenze statali previste da speciali disposizioni, anche contenute nella
parte quarta del presente decreto, spettano allo Stato:
a) le funzioni di indirizzo e coordinamento necessarie all’attuazione della parte quarta del
presente decreto, da esercitare ai sensi dell’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nei
limiti di quanto stabilito dall’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131;
b) la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione integrata dei rifiuti;
(lettera così modificata dall’art. 18 del d.lgs. n. 205 del 2010)
b-bis): la definizione di linee guida, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sui contenuti minimi delle autorizzazioni rilasciate
ai sensi degli artt. 208, 215 e 216;
(lettera introdotta dall’art. 18 del d.lgs. n. 205 del 2010)
b-ter) la definizione di linee guida, sentita la Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, per le attività di recupero energetico dei rifiuti;
(lettera introdotta dall’art. 18 del d.lgs. n. 205 del 2010)
c) l’individuazione delle iniziative e delle misure per prevenire e limitare, anche mediante il
ricorso a forme di deposito cauzionale sui beni immessi al consumo, la produzione dei rifiuti,
nonché per ridurne la pericolosità;
d) l’individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti con più elevato impatto
ambientale, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di
recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei
rifiuti medesimi:
e) l’adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore per la riduzione, il
riciclaggio, il recupero e l’ottimizzazione dei flussi di rifiuti;
f) l’individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, degli impianti di
recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la
modernizzazione e lo sviluppo del paese; l’individuazione è operata, sentita la Conferenza
unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un
programma, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del
Ministro dell ‘ambiente e della tutela del territorio, e inserito nel Documento di
programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la
loro realizzazione. Nell’individuare le infrastrutture e gli insediamenti strategici di cui al
presente comma il Governo procede secondo finalità di riequilibrio socio-economico fra le
aree del territorio nazionale. Il Governo indica nel disegno di legge finanziaria ai sensi
dell’articolo 11, comma 3, lettera i-ter), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le risorse
necessarie, anche ai fini dell’erogazione dei contributi compensativi a favore degli enti locali,
che integrano i finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili;
g) la definizione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, di un piano
nazionale di comunicazione e di conoscenza ambientale. La definizione è operata, sentita la
Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a
mezzo di un Programma, formulato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, inserito nel
Documento di programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti
necessari per la realizzazione;
h) l’indicazione delle misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della
cernita e del riciclaggio dei rifiuti;
(lettera così modificata dall’art. 18 del d.lgs. n. 205 del 2010)
i) l’individuazione delle iniziative e delle azioni, anche economiche, per favorire il riciclaggio e
il recupero dai rifiuti, nonché per promuovere il mercato dei materiali recuperati dai rifiuti ed
il loro impiego da parte delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti economici, anche ai
sensi dell’articolo 52, comma 56, lettera a), della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e del
decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 maggio 2003, n.
203;
(lettera così modificata dall’art. 18 del d.lgs. n. 205 del 2010)
l) l’individuazione di obiettivi di qualità dei servizi di gestione dei rifiuti;
m) la determinazione di criteri generali, differenziati per i rifiuti urbani e per i rifiuti speciali, ai
fini della elaborazione dei piani regionali di cui all’articolo 199 con particolare riferimento alla
determinazione, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida per la individuazione degli Ambiti territoriali ottimali,
da costituirsi ai sensi dell’articolo 200, e per il coordinamento dei piani stessi;
n) la determinazione, relativamente all’assegnazione della concessione del servizio per la
gestione integrata dei rifiuti, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida per la definizione delle gare
d’appalto, ed in particolare dei requisiti di ammissione delle imprese, e dei relativi capitolati,
anche con riferimento agli elementi economici relativi agli impianti esistenti;
o) la determinazione, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida inerenti le forme ed i modi della
cooperazione fra gli enti locali, anche con riferimento alla riscossione della tariffa sui rifiuti
urbani ricadenti nel medesimo ambito territoriale ottimale, secondo criteri di trasparenza,
efficienza, efficacia ed economicità:
p) l’indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla
localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti;
q) l’indicazione dei criteri generali, ivi inclusa l’emanazione di specifiche linee guida, per
l’organizzazione e l’attuazione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani;
(lettera così modificata dall’art. 18 del d.lgs. n. 205 del 2010)
r) la determinazione, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida, dei criteri generali e degli standard di
bonifica dei siti inquinati, nonché la determinazione dei criteri per individuare gli interventi di
bonifica che, in relazione al rilievo dell’impatto sull’ambiente connesso all’estensione dell’area
interessata, alla quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, rivestono interesse
nazionale;
s) la determinazione delle metodologie di calcolo e la definizione di materiale riciclato per
l’attuazione dell’articolo 196, comma 1, lettera p);
t) l’adeguamento della parte quarta del presente decreto alle direttive, alle decisioni ed ai
regolamenti dell’Unione europea. - Sono inoltre di competenza dello Stato:
a) l’indicazione dei criteri e delle modalità di adozione, secondo principi di unitarietà,
compiutezza e coordinamento, delle norme tecniche per la gestione dei rifiuti, dei rifiuti
pericolosi e di specifiche tipologie di rifiuti, con riferimento anche ai relativi sistemi di
accreditamento e di certificazione ai sensi dell’articolo 178, comma 5;
b) l’adozione delle norme e delle condizioni per l’applicazione delle procedure semplificate di
cui agli articoli 214, 215 e 216, ivi comprese le linee guida contenenti la specificazione della
relazione da allegare alla comunicazione prevista da tali articoli;
c) la determinazione dei limiti di accettabilità e delle caratteristiche chimiche, fisiche e
biologiche di talune sostanze contenute nei rifiuti in relazione a specifiche utilizzazioni degli
stessi;
d) la determinazione e la disciplina delle attività di recupero dei prodotti di amianto e dei beni
e dei prodotti contenenti amianto, mediante decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro delle attività
produttive;
e) la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l’assimilazione, ai fini della
raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani. Con decreto del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, d’intesa con il Ministro dello
sviluppo economico, sono definiti, entro novanta giorni, i criteri per l’assimilabilità ai rifiuti
urbani;
(lettera così modificata da ultimo dall’art. 14, comma 46, legge n. 214 del 2011)
f) la definizione dei metodi, delle procedure e degli standard per il campionamento e l’analisi
dei rifiuti;
g) la determinazione dei requisiti e delle capacità tecniche e finanziarie per l’esercizio delle
attività di gestione dei rifiuti, ivi compresi i criteri generali per la determinazione delle
garanzie finanziarie in favore delle regioni, con particolare riferimento a quelle dei soggetti
obbligati all’iscrizione all’Albo di cui all’articolo 212, secondo la modalità di cui al comma 9
dello stesso articolo;
h) la definizione del modello e dei contenuti del formulario di cui all’articolo 193 e la
regolamentazione del trasporto dei rifiuti;
i) l’individuazione delle tipologie di rifiuti che per comprovate ragioni tecniche, ambientali ed
economiche possono essere smaltiti direttamente in discarica;
l) l’adozione di un modello uniforme del registro di cui all’articolo 190 e la definizione delle
modalità di tenuta dello stesso, nonché l’individuazione degli eventuali documenti sostitutivi
del registro stesso;
m) l’individuazione dei rifiuti elettrici ed elettronici, di cui all’articolo 227, comma 1, lettera a);
n) l’aggiornamento degli Allegati alla parte quarta del presente decreto;
o) l’adozione delle norme tecniche, delle modalità e delle condizioni di utilizzo del prodotto
ottenuto mediante compostaggio, con particolare riferimento all’utilizzo agronomico come
fertilizzante, ai sensi del decreto legislativo29 aprile 2010, n. 75, e del prodotto di qualità
ottenuto mediante compostaggio da rifiuti organici selezionati alla fonte con raccolta
differenziata;
p) l’autorizzazione allo smaltimento di rifiuti nelle acque marine, in conformità alle disposizioni
stabilite dalle norme comunitarie e dalle convenzioni internazionali vigenti in materia,
rilasciata dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta
dell’autorità marittima nella cui zona di competenza si trova il porto più vicino al luogo dove
deve essere effettuato lo smaltimento ovvero si trova il porto da cui parte la nave con il
carico di rifiuti da smaltire;
q) l’individuazione della misura delle sostanze assorbenti e neutralizzanti, previamente testate
da università o istituti specializzati, di cui devono dotarsi gli impianti destinati allo stoccaggio,
ricarica, manutenzione, deposito e sostituzione di accumulatori, al fine di prevenire
l’inquinamento del suolo, del sottosuolo e di evitare danni alla salute e all’ambiente derivanti
dalla fuoriuscita di acido, tenuto conto della dimensione degli impianti, del numero degli
accumulatori e del rischio di sversamento connesso alla tipologia dell’attività esercitata;
r) l’individuazione e la disciplina, nel rispetto delle norme comunitarie ed anche in deroga alle
disposizioni della parte quarta del presente decreto, di forme di semplificazione degli
adempimenti amministrativi per la raccolta e il trasporto di specifiche tipologie di rifiuti
destinati al recupero e conferiti direttamente dagli utenti finali dei beni che originano i rifiuti
ai produttori, ai distributori, a coloro che svolgono attività di istallazione e manutenzione
presso le utenze domestiche dei beni stessi o ad impianti autorizzati alle operazioni di
recupero di cui alle voci R2, R3, R4, R5, R6 e R9 dell’Allegato C alla parte quarta del presente
decreto, da adottarsi con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disciplina;
s) la riorganizzazione del Catasto dei rifiuti;
t) predisposizione di linee guida per l’individuazione di una codifica omogenea per le
operazioni di recupero e smaltimento da inserire nei provvedimenti autorizzativi da parte delle
autorità competenti, anche in conformità a quanto disciplinato in materia dalla direttiva
2008/12/CE, e sue modificazioni;
u) individuazione dei contenuti tecnici minimi da inserire nei provvedimenti autorizzativi di cui
agli articoli 208, 209, 211;
v) predisposizione di linee guida per l’individuazione delle procedure analitiche, dei criteri e
delle metodologie per la classificazione dei rifiuti pericolosi ai sensi dell’allegato D della parta
quarta del presente decreto.
(lettere da f) a v), così sostituite dall’art. 18, comma 1, del d.lgs. n. 205 del 2010) - Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente decreto, le funzioni di cui ai
comma 1 sono esercitate ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della
salute e dell’interno, sentite la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
(comma così modificato dall’art. 18, comma 1, del d.lgs. n. 205 del 2010) - Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente decreto, le norme
regolamentari e tecniche di cui al comma 2 sono adottate, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23
agosto 1988, n. 400, con decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di
concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell’interno, nonché, quando le predette
norme riguardino i rifiuti agricoli ed il trasporto dei rifiuti, di concerto, rispettivamente, con i Ministri delle
politiche agricole e forestali e delle infrastrutture e dei trasporti. - Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e
dell’accertamento degli illeciti in violazione della normativa in materia di rifiuti nonché della repressione dei
traffici illeciti e degli smaltimenti illegali dei rifiuti provvedono il Comando carabinieri tutela ambiente
(C.C.T.A.) e il Corpo delle Capitanerie di porto; può altresì intervenire il Corpo forestale dello Stato e
possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato. - Competenze delle regioni
- Sono di competenza delle regioni, nel rispetto dei principi previsti dalla normativa vigente e dalla parte
quarta del presente decreto, ivi compresi quelli di cui all’articolo 195:
a) la predisposizione, l’adozione e l’aggiornamento, sentiti le province, i comuni e le Autorità
d’ambito, dei piani regionali di gestione dei rifiuti, di cui all’articolo 199;
b) la regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresa la raccolta
differenziata dei rifiuti urbani, anche pericolosi, secondo un criterio generale di separazione
dei rifiuti di provenienza alimentare e degli scarti di prodotti vegetali e animali o comunque
ad alto tasso di umidità dai restanti rifiuti;
c) l’elaborazione, l’approvazione e l’aggiornamento dei piani per la bonifica di aree inquinate
di propria competenza;
d) l’approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione di rifiuti, anche pericolosi, e
l’autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti, fatte salve le competenze statali di cui
all’articolo 195, comma 1, lettera f), e di cui all’articolo 7, comma 4-bis;
(lettera così sostituita dall’art. 12 del d.lgs. n. 46 del 2014)
e) l’autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero di rifiuti, anche
pericolosi, fatte salve le competenze statali di cui all’articolo 7, comma 4-bis;
(lettera così sostituita dall’art. 12 del d.lgs. n. 46 del 2014)
f) le attività in materia di spedizioni transfrontaliere dei rifiuti che il regolamento (CEE) n.
259/93 del 1° febbraio 1993 attribuisce alle autorità competenti di spedizione e di
destinazione;
g) la delimitazione, nel rispetto delle linee guida generali di cui all’articolo 195, comma 1,
lettera m), degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani e assimilali;
h) la redazione di linee guida ed i criteri per la predisposizione e l’approvazione dei progetti di
bonifica e di messa in sicurezza, nonché l’individuazione delle tipologie di progetti non
soggetti ad autorizzazione, nel rispetto di quanto previsto all’articolo 195, comma 1, lettera
r):
i) la promozione della gestione integrata dei rifiuti;
l) l’incentivazione alla riduzione della produzione dei rifiuti ed al recupero degli stessi;
m) la specificazione dei contenuti della relazione da allegare alla comunicazione di cui agli
articoli 214, 215, e 216, nel rispetto di linee guida elaborate ai sensi dell’articolo 195, comma
2, lettera b);
n) la definizione di criteri per l’individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee
alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri
generali indicati nell’articolo 195, comma 1, lettera p);
o) la definizione dei criteri per l’individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento e
la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all’articolo 195, comma 2, lettera
a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare;
p) l’adozione, sulla base di metodologia di calcolo e di criteri stabiliti da apposito decreto del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle
attività produttive e della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali, da emanarsi entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, delle
disposizioni occorrenti affinché gli enti pubblici e le società a prevalente capitale pubblico,
anche di gestione dei servizi, coprano il proprio fabbisogno annuale di manufatti e beni,
indicati nel medesimo decreto, con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato non
inferiore al 30 per cento del fabbisogno medesimo. A tal fine i predetti soggetti inseriscono
nei bandi di gara o di selezione per l’aggiudicazione apposite clausole di preferenza, a parità
degli altri requisiti e condizioni. Sino all’emanazione del predetto decreto continuano ad
applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio
e del mare 8 maggio 2003, n. 203, e successive circolari di attuazione. Restano ferme, nel
frattempo, le disposizioni regionali esistenti. - Per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 1 le regioni si avvalgono anche delle Agenzie regionali per la
protezione dell’ambiente. - Le regioni privilegiano la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti in aree industriali,
compatibilmente con le caratteristiche delle aree medesime, incentivando le iniziative di autosmaltimento.
Tale disposizione non si applica alle discariche. - Competenze delle province
- In attuazione dell’articolo 19 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, alle province competono in
linea generale le funzioni amministrative concernenti la programmazione ed organizzazione del recupero e
dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, da esercitarsi con le risorse umane, strumentali e
finanziarie disponibili a legislazione vigente, ed in particolare:
(comma così modificato dall’art. 2, comma 27, d.lgs. n. 4 del 2008)
a) il controllo e la verifica degli interventi di bonifica ed il monitoraggio ad essi conseguenti;
b) il controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione e di commercio dei
rifiuti, ivi compreso l’accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui alla parte quarta del
presente decreto;
c) la verifica ed il controllo dei requisiti previsti per l’applicazione delle procedure semplificate,
con le modalità di cui agli articoli 214, 215, e 216;
d) l’individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento di cui
all’articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove già adottato, e
delle previsioni di cui all’articolo 199, comma 3, lettere d) e h), nonché sentiti l’ente di
governo dell’ambito ed i comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di
smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di
recupero e di smaltimento dei rifiuti. - Ai fini dell’esercizio delle proprie funzioni le province possono avvalersi, mediante apposite convenzioni,
di organismi pubblici, ivi incluse le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (ARPA), con specifiche
esperienze e competenze tecniche in materia, fermo restando quanto previsto dagli articoli 214, 215 e 216
in tema di procedure semplificate. - Gli addetti al controllo sono autorizzati ad effettuare ispezioni, verifiche e prelievi di campioni all’interno
di stabilimenti, impianti o imprese che producono o che svolgono attività di gestione dei rifiuti. Il segreto
industriale non può essere opposto agli addetti al controllo, che sono, a loro volta, tenuti all’obbligo della
riservatezza ai sensi della normativa vigente. - Il personale appartenente al Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) è autorizzato ad effettuare
le ispezioni e le verifiche necessarie ai fini dell’espletamento delle funzioni di cui all’articolo 8 della legge 8
luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell’ambiente. - Nell’ambito delle competenze di cui al comma 1, le province sottopongono ad adeguati controlli periodici
gli enti e le imprese che producono rifiuti pericolosi, le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti a titolo
professionale, gli stabilimenti e le imprese che smaltiscono o recuperano rifiuti, curando, in particolare, che
vengano effettuati adeguati controlli periodici sulle attività sottoposte alle procedure semplificate di cui agli
articoli 214, 215, e 216 e che i controlli concernenti la raccolta ed il trasporto di rifiuti pericolosi riguardino,
in primo luogo, l’origine e la destinazione dei rifiuti.
(comma così modificato dall’art. 19 del d.lgs. n. 205 del 2010)
5-bis. Le province, nella programmazione delle ispezioni e controlli di cui al presente articolo, possono
tenere conto, nella determinazione della frequenza degli stessi, delle registrazioni ottenute dai destinatari
nell’ambito del sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS).
(comma così modificato dall’art. 19 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Restano ferme le altre disposizioni vigenti in materia di vigilanza e controllo previste da disposizioni
speciali. - Competenze dei comuni
- I comuni concorrono, nell’ambito delle attività svolte a livello degli ambiti territoriali ottimali di cui
all’articolo 200 e con le modalità ivi previste, alla gestione dei rifiuti urbani ed assimilati. Sino all’inizio delle
attività del soggetto aggiudicatario della gara ad evidenza pubblica indetta dall’ente di governo dell’ambito
ai sensi dell’articolo 202, i comuni continuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo
smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui all’articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267. - I comuni concorrono a disciplinare la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti che, nel rispetto
dei principi di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità e in coerenza con i piani d’ambito adottati ai
sensi dell’articolo 201, comma 3, stabiliscono in particolare:
a) le misure per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti
urbani;
b) le modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani;
c) le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani ed
assimilati al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere
il recupero degli stessi;
d) le norme atte a garantire una distinta ed adeguata gestione dei rifiuti urbani pericolosi e
dei rifiuti da esumazione ed estumulazione di cui all’articolo 184, comma 2, lettera f);
e) le misure necessarie ad ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti
primari di imballaggio in sinergia con altre frazioni merceologiche, fissando standard minimi
da rispettare;
f) le modalità di esecuzione della pesata dei rifiuti urbani prima di inviarli al recupero e allo
smaltimento;
g) l’assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani,
secondo i criteri di cui all’articolo 195, comma 2, lettera e), ferme restando le definizioni di cui
all’articolo 184, comma 2, lettere c) e d). - I comuni sono tenuti a fornire alla regione, alla provincia ed alle Autorità d’ambito tutte le informazioni
sulla gestione dei rifiuti urbani da esse richieste. - I comuni sono altresì tenuti ad esprimere il proprio parere in ordine all’approvazione dei progetti di
bonifica dei siti inquinati rilasciata dalle regioni.
Capo III – Servizio di gestione integrata dei rifiuti - Piani regionali
(articolo così sostituito dall’art. 20 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Le regioni, sentite le province, i comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani, le Autorità d’ambito di cui
all’articolo 201, nel rispetto dei principi e delle finalità di cui agli articoli 177, 178, 179, 180, 181, 182 e
182-bis ed in conformità ai criteri generali stabiliti dall’articolo 195, comma 1, lettera m), ed a quelli previsti
dal presente articolo, predispongono e adottano piani regionali di gestione dei rifiuti. Per l’approvazione dei
piani regionali si applica la procedura di cui alla Parte II del presente decreto in materia di VAS. Presso i
medesimi uffici sono inoltre rese disponibili informazioni relative alla partecipazione del pubblico al
procedimento e alle motivazioni sulle quali si è fondata la decisione, anche in relazione alle osservazioni
scritte presentate. - I piani di gestione dei rifiuti di cui al comma 1 comprendono l’analisi della gestione dei rifiuti esistente
nell’ambito geografico interessato, le misure da adottare per migliorare l’efficacia ambientale delle diverse
operazioni di gestione dei rifiuti, nonché una valutazione del modo in cui i piani contribuiscono
all’attuazione degli obiettivi e delle disposizioni della parte quarta del presente decreto. - I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono inoltre:
a) tipo, quantità e fonte dei rifiuti prodotti all’interno del territorio, suddivisi per ambito
territoriale ottimale per quanto riguarda i rifiuti urbani, rifiuti che saranno prevedibilmente
spediti da o verso il territorio nazionale e valutazione dell’evoluzione futura dei flussi di rifiuti,
nonché la fissazione degli obiettivi di raccolta differenziata da raggiungere a livello regionale,
fermo restando quanto disposto dall’articolo 205;
b) i sistemi di raccolta dei rifiuti e impianti di smaltimento e recupero esistenti, inclusi
eventuali sistemi speciali per oli usati, rifiuti pericolosi o flussi di rifiuti disciplinati da una
normativa comunitaria specifica;
c) una valutazione della necessità di nuovi sistemi di raccolta, della chiusura degli impianti
esistenti per i rifiuti, di ulteriori infrastrutture per gli impianti per i rifiuti in conformità del
principio di autosufficienza e prossimità di cui agli articoli 181, 182 e 182-bis e se necessario
degli investimenti correlati;
d) informazioni sui criteri di riferimento per l’individuazione dei siti e la capacità dei futuri
impianti di smaltimento o dei grandi impianti di recupero, se necessario;
e) politiche generali di gestione dei rifiuti, incluse tecnologie e metodi di gestione pianificata
dei rifiuti, o altre politiche per i rifiuti che pongono problemi particolari di gestione;
f) la delimitazione di ogni singolo ambito territoriale ottimale sul territorio regionale, nel
rispetto delle linee guida di cui all’articolo 195, comma 1, lettera m);
g) il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione
dei rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza, economicità e
autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all’interno di ciascuno degli
ambiti territoriali ottimali di cui all’articolo 200, nonché ad assicurare lo smaltimento e il
recupero dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la
riduzione della movimentazione di rifiuti;
h) la promozione della gestione dei rifiuti per ambiti territoriali ottimali, attraverso strumenti
quali una adeguata disciplina delle incentivazioni, prevedendo per gli ambiti più meritevoli,
tenuto conto delle risorse disponibili a legislazione vigente, una maggiorazione di contributi; a
tal fine le regioni possono costituire nei propri bilanci un apposito fondo;
i) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti urbani;
l) i criteri per l’individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla
localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti nonché per l’individuazione
dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali di cui
all’articolo 195, comma 1, lettera p);
m) le iniziative volte a favorire, il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dai rifiuti di materiale
ed energia, ivi incluso il recupero e lo smaltimento dei rifiuti che ne derivino;
n) le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello
smaltimento dei rifiuti urbani:
o) la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all’articolo 195, comma 2,
lettera a), di disposizioni speciali per specifiche tipologie di rifiuto;
p) le prescrizioni in materia di prevenzione e gestione degli imballaggi e rifiuti di imballaggio
di cui all’articolo 225, comma 6;
q) il programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica di cui
all’articolo 5 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;
r) un programma di prevenzione della produzione dei rifiuti, elaborato sulla base del
programma nazionale di prevenzione dei rifiuti di cui all’art. 180, che descriva le misure di
prevenzione esistenti e fissi ulteriori misure adeguate. Il programma fissa anche gli obiettivi
di prevenzione. Le misure e gli obiettivi sono finalizzati a dissociare la crescita economica
dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti. Il programma deve contenere
specifici parametri qualitativi e quantitativi per le misure di prevenzione al fine di monitorare
e valutare i progressi realizzati, anche mediante la fissazione di indicatori. - Il piano di gestione dei rifiuti può contenere, tenuto conto del livello e della copertura geografica
dell’area oggetto di pianificazione, i seguenti elementi:
a) aspetti organizzativi connessi alla gestione dei rifiuti;
b) valutazione dell’utilità e dell’idoneità del ricorso a strumenti economici e di altro tipo per la
soluzione di problematiche riguardanti i rifiuti, tenuto conto della necessità di continuare ad
assicurare il buon funzionamento del mercato interno;
c) campagne di sensibilizzazione e diffusione di informazioni destinate al pubblico in generale
o a specifiche categorie di consumatori. - Il piano regionale di gestione dei rifiuti è coordinato con gli altri strumenti di pianificazione di
competenza regionale previsti dalla normativa vigente. - Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per la bonifica delle aree inquinate che devono
prevedere:
a) l’ordine di priorità degli interventi, basato su un criterio di valutazione del rischio elaborato
dall’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA);
b) l’individuazione dei siti da bonificare e delle caratteristiche generali degli inquinamenti
presenti;
c) le modalità degli interventi di bonifica e risanamento ambientale, che privilegino
prioritariamente l’impiego di materiali provenienti da attività di recupero di rifiuti urbani;
d) la stima degli oneri finanziari;
e) le modalità di smaltimento dei materiali da asportare. - L’approvazione del piano regionale o il suo adeguamento è requisito necessario per accedere ai
finanziamenti nazionali. - La regione approva o adegua il piano entro il 12 dicembre 2013. Fino a tale momento, restano in vigore
i piani regionali vigenti. - In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 8 e di accertata inattività nell’approvare o
adeguare il piano, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e tutela del
territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, diffida
gli organi regionali competenti a provvedere entro un congruo termine e, in caso di ulteriore inerzia,
adotta, in via sostitutiva, i provvedimenti necessari alla elaborazione e approvazione o adeguamento del
piano regionale. - Le regioni, sentite le province interessate, d’intesa tra loro o singolarmente, per le finalità di cui alla
parte quarta del presente decreto provvedono alla valutazione della necessità dell’aggiornamento del piano
almeno ogni sei anni, nonché alla programmazione degli interventi attuativi occorrenti in conformità alle
procedure e nei limiti delle risorse previste dalla normativa vigente. - Le regioni e le province autonome comunicano tempestivamente al Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare l’adozione o la revisione dei piani di gestione e dei programmi di
prevenzione dei rifiuti di cui al presente articolo, al fine del successivo invio degli stessi alla Commissione
europea. - Le regioni e le province autonome assicurano, attraverso propria deliberazione, la pubblicazione
annuale nel proprio sito web di tutte le informazioni utili a definire lo stato di attuazione dei piani regionali
e dei programmi di cui al presente articolo.
(comma così sostituito dall’art. 29, comma 4, legge n. 221 del 2015)
12-bis. L’attività di vigilanza sulla gestione dei rifiuti è garantita almeno dalla fruibilità delle seguenti
informazioni:
(comma introdotto dall’art. 29, comma 4, legge n. 221 del 2015)
a) produzione totale e pro capite dei rifiuti solidi urbani suddivisa per ambito territoriale
ottimale, se costituito, ovvero per ogni comune;
b) percentuale di raccolta differenziata totale e percentuale di rifiuti effettivamente riciclati;
c) ubicazione, proprietà, capacità nominale autorizzata e capacità tecnica delle piattaforme
per il conferimento dei materiali raccolti in maniera differenziata, degli impianti di selezione
del multimateriale, degli impianti di trattamento meccanico-biologico, degli impianti di
compostaggio, di ogni ulteriore tipo di impianto destinato al trattamento di rifiuti solidi urbani
indifferenziati e degli inceneritori e coinceneritori;
d) per ogni impianto di trattamento meccanico-biologico e per ogni ulteriore tipo di impianto
destinato al trattamento di rifiuti solidi urbani indifferenziati, oltre a quanto previsto alla
lettera c), quantità di rifiuti in ingresso e quantità di prodotti in uscita, suddivisi per codice
CER;
e) per gli inceneritori e i coinceneritori, oltre a quanto previsto alla lettera c), quantità di rifiuti
in ingresso, suddivisi per codice CER;
f) per le discariche, ubicazione, proprietà, autorizzazioni, capacità volumetrica autorizzata,
capacità volumetrica residua disponibile e quantità di materiale ricevuto suddiviso per codice
CER, nonché quantità di percolato prodotto. - Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica - Organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani
- La gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali, di seguito anche
denominati ATO, delimitati dal piano regionale di cui all’articolo 199, nel rispetto delle linee guida di cui
all’articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o), e secondo i seguenti criteri:
a) superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione
integrata dei rifiuti;
b) conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici,
demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative;
c) adeguata valutazione del sistema stradale e ferroviario di comunicazione al fine di
ottimizzare i trasporti all’interno dell’ATO;
d) valorizzazione di esigenze comuni e affinità nella produzione e gestione dei rifiuti;
e) ricognizione di impianti di gestione di rifiuti già realizzati e funzionanti;
f) considerazione delle precedenti delimitazioni affinché i nuovi ATO si discostino dai
precedenti solo sulla base di motivate esigenze di efficacia, efficienza ed economicità. - Le regioni, sentite le province ed i comuni interessati, nell’ambito delle attività di programmazione e di
pianificazione di loro competenza, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte
quarta del presente decreto, provvedono alla delimitazione degli ambiti territoriali ottimali, nel rispetto delle
linee guida di cui all’articolo 195, comma 1, lettera m). Il provvedimento è comunicato alle province ed ai
comuni interessati. - Le regioni interessate, d’intesa tra loro, delimitano gli ATO qualora essi siano ricompresi nel territorio di
due o più regioni. - Le regioni disciplinano il controllo, anche in forma sostitutiva, delle operazioni di gestione dei rifiuti, della
funzionalità dei relativi impianti e del rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative
autorizzazioni. - Le città o gli agglomerati di comuni, di dimensioni maggiori di quelle medie di un singolo ambito,
possono essere suddivisi tenendo conto dei criteri di cui al comma 1. - I singoli comuni entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 2 possono presentare motivate
e documentate richieste di modifica all’assegnazione ad uno specifico ambito territoriale e di spostamento
in un ambito territoriale diverso, limitrofo a quello di assegnazione. - Le regioni possono adottare modelli alternativi o in deroga al modello degli Ambiti Territoriali Ottimali
laddove predispongano un piano regionale dei rifiuti che dimostri la propria adeguatezza rispetto agli
obiettivi strategici previsti dalla normativa vigente, con particolare riferimento ai criteri generali e alle linee
guida riservati, in materia, allo Stato ai sensi dell’articolo 195. - Disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani
(abrogato dall’art. 186-bis della legge n. 191 del 2009, come modificato dall’art. 13, comma 2, della legge
n. 14 del 2012) - Affidamento del servizio
- L’Autorità d’ambito aggiudica il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani mediante gara disciplinata
dai principi e dalle disposizioni comunitarie secondo la disciplina vigente in tema di affidamento dei servizi
pubblici locali, [in conformità ai criteri di cui all’articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 267, nonché con riferimento all’ammontare del corrispettivo per la gestione svolta, tenuto conto
delle garanzie di carattere tecnico e delle precedenti esperienze specifiche dei concorrenti, secondo
modalità e termini definiti con decreto dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare nel
rispetto delle competenze regionali in materia.]
(comma così modificato dall’art. 2, comma 28, d.lgs. n. 4 del 2008, poi parzialmente abrogato dall’art. 12,
comma 1, del d.P.R. n. 168 del 2010, a sua volta inefficace per l’abrogazione dell’articolo 23-bis, della
legge n. 133 del 2008, da parte del d.P.R. n. 113 del 2011, in seguito a referendum del 12-13 giugno
2011) - I soggetti partecipanti alla gara devono formulare, con apposita relazione tecnico-illustrativa allegata
all’offerta, proposte di miglioramento della gestione, di riduzione delle quantità di rifiuti da smaltire e di
miglioramento dei fattori ambientali, proponendo un proprio piano di riduzione dei corrispettivi per la
gestione al raggiungimento di obiettivi autonomamente definiti. - Nella valutazione delle proposte si terrà conto, in particolare, del peso che graverà sull’utente sia in
termini economici, sia di complessità delle operazioni a suo carico. - Gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà degli enti locali già esistenti al momento
dell’assegnazione del servizio sono conferiti in comodato ai soggetti affidatari del medesimo servizio. - I nuovi impianti vengono realizzati dal soggetto affidatario del servizio o direttamente, ai sensi
dell’articolo 113, comma 5-ter, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove sia in possesso dei
requisiti prescritti dalla normativa vigente, o mediante il ricorso alle procedure di cui alla legge 11 febbraio
1994, n. 109, ovvero secondo lo schema della finanza di progetto di cui agli articoli 37-bis e seguenti della
predetta legge n. 109 del 1994 (ora articoli 153 e seguenti del d.lgs. n. 163 del 2006) - Il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell’affidamento del
servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle
imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi comunali per la gestione dei rifiuti
sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al
nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e
individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o
consortili e di imprese private, anche cooperative, al gestore del servizio integrato dei rifiuti urbani, si
applica, ai sensi dell’articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento
del ramo di azienda di cui all’articolo 2112 del codice civile. - Schema tipo di contratto di servizio
- I rapporti tra le Autorità d’ambito e i soggetti affidatari del servizio integrato sono regolati da contratti di
servizio, da allegare ai capitolati di gara, conformi ad uno schema tipo adottato dalle regioni in conformità
ai criteri ed agli indirizzi di cui all’articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o). - Lo schema tipo prevede:
a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;
b) l’obbligo del raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario della gestione;
c) la durata dell’affidamento, comunque non inferiore a quindici anni;
d) i criteri per definire il piano economico-finanziario per la gestione integrata del servizio;
e) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio;
f) i principi e le regole generali relativi alle attività ed alle tipologie di controllo, in relazione ai
livelli del servizio ed al corrispettivo, le modalità, i termini e le procedure per lo svolgimento
del controllo e le caratteristiche delle strutture organizzative all’uopo preposte;
g) gli obblighi di comunicazione e trasmissione di dati, informazioni e documenti del gestore e
le relative sanzioni;
h) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i
principi del codice civile, diversificate a seconda della tipologia di controllo;
i) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare all’utenza, anche con
riferimento alla manutenzione degli impianti;
l) la facoltà di riscatto secondo i principi di cui al titolo I, capo II, del regolamento approvato
con d.P.R. 4 ottobre 1986, n. 902;
m) l’obbligo di riconsegna delle opere, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali
strumentali all’erogazione del servizio in condizioni di efficienza ed in buono stato di
conservazione;
n) idonee garanzie finanziarie e assicurative;
o) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dagli enti locali e del loro
aggiornamento, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze;
p) l’obbligo di applicazione al personale, non dipendente da amministrazioni pubbliche, da
parte del gestore del servizio integrato dei rifiuti, del contratto collettivo nazionale di lavoro
del settore dell’igiene ambientale, stipulato dalle Organizzazioni Sindacali comparativamente
più rappresentative, anche in conformità a quanto previsto dalla normativa in materia
attualmente vigente.
(lettera aggiunta dall’art. 2, comma 28-bis, d.lgs. n. 4 del 2008) - Ai fini della definizione dei contenuti dello schema tipo di cui al comma 2, le Autorità d’ambito operano la
ricognizione delle opere ed impianti esistenti, trasmettendo alla regione i relativi dati. Le Autorità d’ambito
inoltre, ai medesimi fini, definiscono le procedure e le modalità, anche su base pluriennale, per il
conseguimento degli obiettivi previsti dalla parte quarta del presente decreto ed elaborano, sulla base dei
criteri e degli indirizzi fissati dalle regioni, un piano d’ambito comprensivo di un programma degli interventi
necessari, accompagnato da un piano finanziario e dal connesso modello gestionale ed organizzativo. Il
piano finanziario indica, in particolare, le risorse disponibili, quelle da reperire, nonché i proventi derivanti
dall’applicazione della tariffa sui rifiuti per il periodo considerato. - Gestioni esistenti
- I soggetti che esercitano il servizio, anche in economia, alla data di entrata in vigore della parte quarta
del presente decreto, continuano a gestirlo fino alla istituzione e organizzazione del servizio di gestione
integrata dei rifiuti da parte delle Autorità d’ambito. - In relazione alla scadenza del termine di cui al comma 15-bis dell’articolo 113 del decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267, l’Autorità d’ambito dispone i nuovi affidamenti, nel rispetto delle disposizioni di cui alla
parte quarta del presente decreto, entro nove mesi dall’entrata in vigore della medesima parte quarta. - Qualora l’Autorità d’ambito non provveda agli adempimenti di cui ai commi 1 e 2 nei termini ivi stabiliti, il
Presidente della Giunta regionale esercita, dandone comunicazione al Ministro dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare e all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi,
nominando un commissario “ad acta” che avvia entro quarantacinque giorni le procedure di affidamento,
determinando le scadenze dei singoli adempimenti procedimentali. Qualora il commissario regionale non
provveda nei termini così stabiliti, spettano al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare i
poteri sostitutivi preordinati al completamento della procedura di affidamento.
(comma dichiarato parzialmente incostituzionale da Corte costituzionale n. 249 del 2009, nella parte in cui
disciplina l’esercizio del potere sostitutivo del Presidente della Giunta regionale in tema di gestioni esistenti
del servizio di gestione dei rifiuti) - Alla scadenza, ovvero alla anticipata risoluzione, delle gestioni di cui al comma 1, i beni e gli impianti
delle imprese già concessionarie sono trasferiti direttamente all’ente locale concedente nei limiti e secondo
le modalità previste dalle rispettive convenzioni di affidamento. - Misure per incrementare la raccolta differenziata
- Fatto salvo quanto previsto al comma 1-bis, in ogni ambito territoriale ottimale, se costituito, ovvero in
ogni comune, deve essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti
percentuali minime di rifiuti prodotti:
(comma modificato dall’art. 21 del d.lgs. n. 205 del 2010, poi dall’art. 32, comma 1, legge n. 221 del 2015)
a) almeno il trentacinque per cento entro il 31 dicembre 2006;
b) almeno il quarantacinque per cento entro il 31 dicembre 2008;
c) almeno il sessantacinque per cento entro il 31 dicembre 2012.
1-bis. Nel caso in cui, dal punto di vista tecnico, ambientale ed economico, non sia realizzabile raggiungere
gli obiettivi di cui al comma 1, il comune può richiedere al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio
e del mare una deroga al rispetto degli obblighi di cui al medesimo comma 1. Verificata la sussistenza dei
requisiti stabiliti al primo periodo, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può
autorizzare la predetta deroga, previa stipula senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica di un
accordo di programma tra Ministero, regione ed enti locali interessati, che stabilisca:
(comma introdotto dall’art. 21 del d.lgs. n. 205 del 2010)
a) le modalità attraverso le quali il comune richiedente intende conseguire gli obiettivi di cui
all’articolo 181, comma 1. Le predette modalità possono consistere in compensazioni con gli
obiettivi raggiunti in altri comuni;
b) la destinazione a recupero di energia della quota di rifiuti indifferenziati che residua dalla
raccolta differenziata e dei rifiuti derivanti da impianti di trattamento dei rifiuti indifferenziati,
qualora non destinati al recupero di materia;
c) la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, da destinare al riciclo, che il
comune richiedente si obbliga ad effettuare.
1-ter. L’accordo di programma di cui al comma precedente può stabilire obblighi, in linea con le disposizioni
vigenti, per il comune richiedente finalizzati al perseguimento delle finalità di cui alla parte quarta, titolo I,
del presente decreto nonché stabilire modalità di accertamento dell’adempimento degli obblighi assunti
nell’ambito dell’accordo di programma e prevedere una disciplina per l’eventuale inadempimento. I piani
regionali si conformano a quanto previsto dagli accordi di programma di cui al presente articolo.
(comma introdotto dall’art. 21 del d.lgs. n. 205 del 2010) - (abrogato dall’art. 2, comma 28-ter, d.lgs. n. 4 del 2008)
- Nel caso in cui, a livello di ambito territoriale ottimale se costituito, ovvero in ogni comune, non siano
conseguiti gli obiettivi minimi previsti dal presente articolo, è applicata un’addizionale del 20 per cento al
tributo di conferimento dei rifiuti in discarica a carico dei comuni che non abbiano raggiunto le percentuali
previste dal comma 1 sulla base delle quote di raccolta differenziata raggiunte nei singoli comuni.
(comma così sostituito dall’art. 32, comma 1, legge n. 221 del 2015)
3-bis. Al fine di favorire la raccolta differenziata di rifiuti urbani e assimilati, la misura del tributo di cui
all’articolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, è modulata in base alla quota percentuale
di superamento del livello di raccolta differenziata (RD), fatto salvo l’ammontare minimo fissato dal comma
29 dell’articolo 3 della medesima legge n. 549 del 1995, secondo la tabella seguente:
Superamento del livello
di RD rispetto
alla normativa statale
Riduzione del tributo
da 0,01 per cento fino
alla percentuale inferiore
al 10 per cento
30 per cento
10 per cento
15 per cento
20 per cento
25 per cento
40 per cento
50 per cento
60 per cento
70 per cento
3-ter. Per la determinazione del tributo si assume come riferimento il valore di RD raggiunto nell’anno
precedente. Il grado di efficienza della RD è calcolato annualmente sulla base dei dati relativi a ciascun
comune.
3-quater. La regione, avvalendosi del supporto tecnico-scientifico del gestore del catasto regionale dei
rifiuti o di altro organismo pubblico che già svolge tale attività, definisce, con apposita deliberazione, il
metodo standard per calcolare e verificare le percentuali di RD dei rifiuti solidi urbani e assimilati raggiunte
in ogni comune, sulla base di linee guida definite, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. La
regione individua i formati, i termini e le modalità di rilevamento e trasmissione dei dati che i comuni sono
tenuti a comunicare ai fini della certificazione della percentuale di RD raggiunta, nonché le modalità di
eventuale compensazione o di conguaglio dei versamenti effettuati in rapporto alle percentuali da
applicare.
3-quinquies. La trasmissione dei dati di cui al comma 3-quater è effettuata annualmente dai comuni
attraverso l’adesione al sistema informatizzato adottato per la tenuta del catasto regionale dei rifiuti.
L’omessa, incompleta o inesatta trasmissione dei dati determina l’esclusione del comune dall’applicazione
della modulazione del tributo di cui al comma 3-bis.
3-sexies. L’ARPA o l’organismo di cui al comma 3-quater provvede alla validazione dei dati raccolti e alla
loro trasmissione alla regione, che stabilisce annualmente il livello di RD relativo a ciascun comune e a
ciascun ambito territoriale ottimale, ai fini dell’applicazione del tributo.
3-septies. L’addizionale di cui al comma 3 non si applica ai comuni che hanno ottenuto la deroga di cui al
comma 1-bis oppure che hanno conseguito nell’anno di riferimento una produzione pro capite di rifiuti,
come risultante dai dati forniti dal catasto regionale dei rifiuti, inferiore di almeno il 30 per cento rispetto a
quella media dell’ambito territoriale ottimale di appartenenza, anche a seguito dell’attivazione di interventi
di prevenzione della produzione di rifiuti.
3-octies. L’addizionale di cui al comma 3 è dovuta alle regioni e affluisce in un apposito fondo regionale
destinato a finanziare gli interventi di prevenzione della produzione di rifiuti previsti dai piani regionali di cui
all’articolo 199, gli incentivi per l’acquisto di prodotti e materiali riciclati di cui agli articoli 206-quater e 206-
quinquies, il cofinanziamento degli impianti e attività di informazione ai cittadini in materia di prevenzione e
di raccolta differenziata.
(commi da 3-bis) a 3-octies), introdotti dall’art. 32, comma 1, legge n. 221 del 2015) - Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro
delle attività produttive d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo B del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, vengono stabilite la metodologia e i criteri di calcolo delle percentuali di cui ai commi
1 e 2, nonché la nuova determinazione del coefficiente di correzione di cui all’articolo 3, comma 29, della
legge 28 dicembre 1995, n. 549, in relazione al conseguimento degli obiettivi di cui ai commi 1 e 2. - Sino all’emanazione del decreto di cui al comma 4 continua ad applicarsi la disciplina attuativa di cui
all’articolo 3, commi da 24 a 40, della legge 28 dicembre 1995, n. 549. - Fatti salvi gli obiettivi indicati all’articolo 181, comma 1, lettera a), la cui realizzazione è valutata secondo
la metodologia scelta dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ai sensi della
decisione 2011/753/UE della Commissione, del 18 novembre 2011, le regioni tramite apposita legge [, e
previa intesa con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare,] possono indicare
maggiori obiettivi di riciclo e recupero.
(comma dichiarato parzialmente incostituzionale da Corte costituzionale n. 249 del 2009, poi così
modificato dall’art. 32, comma 1, legge n. 221 del 2015)) - Accordi, contratti di programma, incentivi
(articolo così sostituito dall’art. 2, comma 29, d.lgs. n. 4 del 2008) - Nel rispetto dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle disposizioni di cui alla parte quarta del presente
decreto al fine di perseguire la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure, con particolare
riferimento alle piccole imprese, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare e
le altre autorità competenti possono stipulare appositi accordi e contratti di programma con enti pubblici,
con imprese di settore, soggetti pubblici o privati ed associazioni di categoria. Gli accordi ed i contratti di
programma hanno ad oggetto:
a) l’attuazione di specifici piani di settore di riduzione, recupero e ottimizzazione dei flussi di
rifiuti;
b) la sperimentazione, la promozione, l’attuazione e lo sviluppo di processi produttivi e
distributivi e di tecnologie pulite idonei a prevenire o ridurre la produzione dei rifiuti e la loro
pericolosità e ad ottimizzare il recupero dei rifiuti;
c) lo sviluppo di innovazioni nei sistemi produttivi per favorire metodi di produzione di beni
con impiego di materiali meno inquinanti e comunque riciclabili;
d) le modifiche del ciclo produttivo e la riprogettazione di componenti, macchine e strumenti
di controllo;
e) la sperimentazione, la promozione e la produzione di beni progettati, confezionati e messi
in commercio in modo da ridurre la quantità e la pericolosità dei rifiuti e i rischi di
inquinamento;
f) la sperimentazione, la promozione e l’attuazione di attività di riutilizzo, riciclaggio e
recupero di rifiuti;
g) l’adozione di tecniche per il reimpiego ed il riciclaggio dei rifiuti nell’impianto di produzione;
h) lo sviluppo di tecniche appropriate e di sistemi di controllo per l’eliminazione dei rifiuti e
delle sostanze pericolose contenute nei rifiuti; i) l’impiego da parte dei soggetti economici e
dei soggetti pubblici dei materiali recuperati dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani;
l) l’impiego di sistemi di controllo del recupero e della riduzione di rifiuti. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare può altresì stipulare appositi
accordi e contratti di programma con soggetti pubblici e privati o con le associazioni di categoria per:
a) promuovere e favorire l’utilizzo dei sistemi di certificazione ambientale di cui al
regolamento (Cee) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 marzo 2001;
b) attuare programmi di ritiro dei beni di consumo al termine del loro ciclo di utilità ai fini del
riutilizzo, del riciclaggio e del recupero. - Gli accordi e i contratti di programma di cui al presente articolo non possono stabilire deroghe alla
normativa comunitaria e possono prevedere semplificazioni amministrative.
(comma così sostituito dall’art. 8-quater della legge n. 13 del 2009) - Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con
i Ministri dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze, sono individuate le risorse finanziarie da
destinarsi, sulla base di apposite disposizioni legislative di finanziamento, agli accordi ed ai contratti di
programma di cui ai commi 1 e 2 e sono fissate le modalità di stipula dei medesimi. - Ai sensi della comunicazione 2002/412 del 17 luglio 2002 della Commissione delle Comunità europee è
inoltre possibile concludere accordi ambientali che la Commissione può utilizzare nell’ambito della
autoregolamentazione, intesa come incoraggiamento o riconoscimento dei medesimi accordi, oppure della
coregolamentazione, intesa come proposizione al legislatore di utilizzare gli accordi, quando opportuno.
206-bis. Vigilanza e controllo in materia di gestione dei rifiuti
(articolo introdotto dall’art. 2, comma 29-bis, d.lgs. n. 4 del 2008) - Al fine di garantire l’attuazione delle norme di cui alla parte quarta del presente decreto con particolare
riferimento alla prevenzione della produzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti ed all’efficacia,
all’efficienza ed all’economicità della gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, nonché
alla tutela della salute pubblica e dell’ambiente, èil Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare e del mare svolge, in particolare, le seguenti funzioni:
(alinea così modificato dall’art. 29, comma 1, legge n. 221 del 2015)
a) vigila sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;
b) provvede all’elaborazione ed all’aggiornamento permanente di criteri e specifici obiettivi
d’azione, nonché alla definizione ed all’aggiornamento permanente di un quadro di
riferimento sulla prevenzione e sulla gestione dei rifiuti, anche attraverso l’elaborazione di
linee guida sulle modalità di gestione dei rifiuti per migliorarne efficacia, efficienza e qualità,
per promuovere la diffusione delle buone pratiche e delle migliori tecniche disponibili per la
prevenzione, le raccolte differenziate, il riciclo e lo smaltimento dei rifiuti;
c) predispone il Programma generale di prevenzione di cui all’articolo 225 qualora il Consorzio
nazionale imballaggi non provveda nei termini previsti;
d) verifica l’attuazione del Programma generale di cui all’articolo 225 ed il raggiungimento
degli obiettivi di recupero e di riciclaggio;
e) verifica i costi di gestione dei rifiuti, delle diverse componenti dei costi medesimi e delle
modalità di gestione ed effettua analisi comparative tra i diversi ambiti di gestione,
evidenziando eventuali anomalie;
f) verifica livelli di qualità dei servizi erogati;
g) predispone, un rapporto annuale sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di
imballaggio e ne cura la trasmissione al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare e del mare;
g-bis) elabora i parametri per l’individuazione dei costi standard, comunque nel rispetto del
procedimento di determinazione di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 26 novembre 2010,
n. 216, e la definizione di un sistema tariffario equo e trasparente basato sul principio
dell’ordinamento dell’Unione europea “chi inquina paga” e sulla copertura integrale dei costi
efficienti di esercizio e di investimento;
g-ter) elabora uno o più schemi tipo di contratto di servizio di cui all’articolo 203;
g-quater) verifica il rispetto dei termini di cui all’articolo 204, segnalando le inadempienze al
Presidente del Consiglio dei ministri;
g-quinquies) verifica il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dall’Unione europea in materia di
rifiuti e accerta il rispetto della responsabilità estesa del produttore da parte dei produttori e
degli importatori di beni.
(lettere da g-bis) a g-quinquies), aggiunti dall’art. 29, comma 1, legge n. 221 del 2015) - – 3. – (commi abrogati dall’art. 29, comma 1, legge n. 221 del 2015)
- Per l’espletamento delle funzioni di vigilanza e controllo in materia di rifiuti, il Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare si avvale dell’ISPRA, a tal fine utilizzando le risorse di cui al comma 6.
(comma così sostituito dall’art. 29, comma 1, legge n. 221 del 2015) - Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare da emanarsi
entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definite le modalità organizzative e
di funzionamento dell’Osservatorio, nonché gli enti e le agenzie di cui esso può avvalersi. - All’onere derivante dall’esercizio delle funzioni di vigilanza e controllo di cui al presente articolo, pari a
due milioni di euro, aggiornato annualmente al tasso di inflazione, provvedono, tramite contributi di pari
importo complessivo, il Consorzio Nazionale Imballaggi di cui all’articolo 224, i soggetti di cui all’articolo
221, comma 3, lettere a) e c) e i Consorzi di cui agli articoli 233, 234, 235, 236 nonché quelli istituiti ai
sensi degli articoli 227 e 228. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare con
decreto da emanarsi entro novanta giorni dall’entrata in vigore del presente provvedimento e
successivamente entro il 31 gennaio di ogni anno, determina l’entità del predetto onere da porre in capo ai
Consorzi e soggetti predetti. Dette somme sono versate dal Consorzio Nazionale Imballaggi e dagli altri
soggetti e Consorzi all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreto del Ministro
dell’economia e della finanze, ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare e del mare» e conseguentemente all’articolo 170, il comma 13 è
abrogato.
(comma così modificato dall’art. 29, comma 1, legge n. 221 del 2015)
206-ter. Accordi e contratti di programma per incentivare l’acquisto di prodotti derivanti da
materiali post consumo o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal
disassemblaggio dei prodotti complessi
(articolo introdotto dall’art. 23, comma 1, legge n. 221 del 2015) - Al fine di incentivare il risparmio e il riciclo di materiali attraverso il sostegno all’acquisto di prodotti
derivanti da materiali riciclati post consumo o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal
disassemblaggio dei prodotti complessi, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, può stipulare appositi accordi e contratti di
programma:
a) con le imprese che producono beni derivanti da materiali post consumo riciclati o dal
recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi, con
priorità per i beni provenienti dai rifiuti;
b) con enti pubblici;
c) con soggetti pubblici o privati;
d) con le associazioni di categoria, ivi comprese le associazioni di aziende che si occupano di
riuso, preparazione al riutilizzo e riciclaggio;
e) con associazioni senza fini di lucro, di promozione sociale nonché con imprese artigiane e
imprese individuali;
f) con i soggetti incaricati di svolgere le attività connesse all’applicazione del principio di
responsabilità estesa del produttore. - Gli accordi e i contratti di programma di cui al comma 1 hanno ad oggetto:
a) l’erogazione di incentivi in favore di attività imprenditoriali di produzione di beni derivanti
da materiali post consumo riciclati o dal recupero degli scarti e deimateriali rivenienti dal
disassemblaggio dei prodotti complessi, con priorità per i beni provenienti dai rifiuti per i quali
devono essere perseguiti obiettivi di raccolta e riciclo nel rispetto del presente decreto e della
normativa dell’Unione europea, e l’erogazione di incentivi in favore di attività imprenditoriali
di produzione e di preparazione dei materiali post consumo o derivanti dal recupero degli
scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi per il loro riutilizzo
e di attività imprenditoriali di produzione e di commercializzazione di prodotti e componenti di
prodotti reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti;
b) l’erogazione di incentivi in favore di attività imprenditoriali di commercializzazione di
aggregati riciclati marcati CE e definiti secondo le norme UNI EN 13242:2013 e UNI EN
12620:2013, nonché di prodotti derivanti da rifiuti di apparecchiature elettriche ed
elettroniche e da pneumatici fuori uso ovvero realizzati con i materiali plastici provenienti dal
trattamento dei prodotti giunti a fine vita, così come definiti dalla norma UNI 10667-13:2013,
dal post consumo o dal recupero degli scarti di produzione;
c) l’erogazione di incentivi in favore dei soggetti economici e dei soggetti pubblici che
acquistano prodotti derivanti dai materiali di cui alle lettere a) e b). - Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dello sviluppo
economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro
dell’economia e delle finanze, individua con decreto le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente
da destinare, sulla base di apposite disposizioni legislative di finanziamento, agli accordi e ai contratti di
programma di cui ai commi 1 e 2 e fissa le modalità di stipulazione dei medesimi accordi e contratti
secondo criteri che privilegino prioritariamente le attività per il riutilizzo, la produzione o l’acquisto di beni
riciclati utilizzati per la stessa finalità originaria e sistemi produttivi con il minor impatto ambientale rispetto
ai metodi tradizionali.
206-quater. Incentivi per i prodotti derivanti da materiali post consumo o dal recupero degli
scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi
(articolo introdotto dall’art. 23, comma 1, legge n. 221 del 2015) - Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dello sviluppo
economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro
dell’economia e delle finanze, stabilisce con decreto il livello degli incentivi, anche di natura fiscale, e le
percentuali minime di materiale post consumo o derivante dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti
dal disassemblaggio dei prodotti complessi che devono essere presenti nei manufatti per i quali possono
essere erogati gli incentivi di cui all’articolo 206-ter, in considerazione sia della materia risparmiata sia del
risparmio energetico ottenuto riciclando i materiali, tenendo conto dell’intero ciclo di vita dei prodotti. La
presenza delle percentuali di materiale riciclato e riciclato post consumo o derivante dal recupero degli
scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi può essere dimostrata tramite
certificazioni di enti riconosciuti. Il medesimo decreto stabilisce gli strumenti e le misure di incentivazione
per il commercio e per l’acquisto di prodotti e componenti di prodotti usati per favorire l’allungamento del
ciclo di vita dei prodotti. - Per l’acquisto e la commercializzazione di manufatti realizzati in materiali polimerici misti riciclati,
l’incentivo erogato varia a seconda della categoria di prodotto, in base ai criteri e alle percentuali stabiliti
dall’allegato L-bis alla presente parte. - Gli incentivi di cui al comma 2 si applicano ai soli manufatti che impiegano materiali polimerici
eterogenei da riciclo post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal
disassemblaggio dei prodotti complessi in misura almeno pari alle percentuali indicate dall’allegato L-bis
alla presente parte. Il contenuto di materiali polimerici eterogenei da riciclo nei manufatti di cui al presente
comma deve essere garantito da idonea certificazione, sulla base della normativa vigente. - Gli incentivi di cui al presente articolo possono essere fruiti nel rispetto delle regole in materia di aiuti di
importanza minore concessi dagli Stati membri dell’Unione europea in favore di talune imprese o
produzioni, di cui al regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013.
206-quinquies. Incentivi per l’acquisto e la commercializzazione di prodotti che impiegano
materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal
disassemblaggio dei prodotti complessi
(articolo introdotto dall’art. 23, comma 1, legge n. 221 del 2015) - Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio
e del mare e con il Ministro dell’economia e delle finanze, adotta, entro centoventi giorni dalla data di
entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto
1988, n. 400, un regolamento che stabilisce i criteri e il livello di incentivo, anche di natura fiscale, per
l’acquisto di manufatti che impiegano materiali post consumo riciclati o derivanti dal recupero degli scarti e
dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi, ivi inclusi quelli provenienti dalla raccolta
differenziata dei rifiuti diversi dal materiale polimerico.
206-sexies. Azioni premianti l’utilizzo di prodotti che impiegano materiali post consumo o
derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti
complessi negli interventi concernenti gli edifici scolastici, le pavimentazioni stradali e le
barriere acustiche
(articolo introdotto dall’art. 23, comma 1, legge n. 221 del 2015) - Le amministrazioni pubbliche, nelle more dell’adozione da parte delle regioni di specifiche norme
tecniche per la progettazione esecutiva degli interventi negli edifici scolastici, al fine di consentirne la piena
fruibilità dal punto di vista acustico, prevedono, nelle gare d’appalto per l’incremento dell’efficienza
energetica delle scuole e comunque per la loro ristrutturazione o costruzione, l’impiego di materiali e
soluzioni progettuali idonei al raggiungimento dei valori indicati per i descrittori acustici dalla norma UNI
11367:2010 e dalla norma UNI 11532:2014. Nei bandi di gara sono previsti criteri di valutazione delle
offerte ai sensi dell’articolo 83, comma 1, lettera e), del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi
e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, con punteggi
premianti per i prodotti contenenti materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei
materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi nelle percentuali fissate con il decreto di cui
al comma 3 del presente articolo. - Nelle gare d’appalto per la realizzazione di pavimentazioni stradali e barriere acustiche, anche ai fini
dell’esecuzione degli interventi di risanamento acustico realizzati ai sensi del decreto del Ministro
dell’ambiente 29 novembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 285 del 6 dicembre 2000, le
amministrazioni pubbliche e gli enti gestori delle infrastrutture prevedono criteri di valutazione delle offerte
ai sensi dell’articolo 83, comma 1, lettera e), del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, con punteggi
premianti per i prodotti contenenti materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei
materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi nelle percentuali fissate con i decreti di cui al
comma 3 del presente articolo. - Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, con uno o più decreti, anche attraverso i decreti di attuazione del Piano
d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione, di cui al
decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 11 aprile 2008, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 107 dell’8 maggio 2008, definisce:
a) l’entità dei punteggi premianti e le caratteristiche dei materiali che ne beneficeranno, quali
quelli indicati all’articolo 206-ter, comma 2, lettera a), e quelli derivanti dall’utilizzo di
polverino da pneumatici fuori uso;
b) i descrittori acustici da tenere in considerazione nei bandi di gara e i relativi valori di
riferimento;
c) le percentuali minime di residui di produzione e di materiali post consumo o derivanti dal
recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi che
devono essere presenti nei manufatti per i quali possono essere assegnati i punteggi
premianti, in considerazione sia della materia risparmiata sia del risparmio energetico
ottenuto riutilizzando i materiali, tenendo conto dell’intero ciclo di vita dei prodotti;
d) i materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal
disassemblaggio dei prodotti complessi che non possono essere utilizzati senza operazioni di
pre-trattamento finalizzate a escludere effetti nocivi tali da provocare inquinamento
ambientale o danno alla salute umana». - Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti
(abrogato dall’art. 1, comma 5, d.lgs. n. 284 del 2006)
Capo IV – Autorizzazioni e iscrizioni - Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti
(articolo così modificato dall’art. 2, comma 29-ter, d.lgs. n. 4 del 2008) - I soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche
pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il
progetto definitivo dell’impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto
stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute di sicurezza sul lavoro
e di igiene pubblica. Ove l’impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto
ambientale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto
all’autorità competente ai predetti fini; i termini di cui ai commi 3 e 8 restano sospesi fino all’acquisizione
della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi della parte seconda del presente decreto. - Per le installazioni di cui all’articolo 6, comma 13, l’autorizzazione integrata ambientale sostituisce
l’autorizzazione di cui al presente articolo. A tal fine, in relazione alle attività di smaltimento o di recupero
dei rifiuti:
(comma così sostituito dall’art. 13 del d.lgs. n. 46 del 2014)
a) ove un provvedimento di cui al presente articolo sia stato già emanato, la domanda di
autorizzazione integrata ambientale ne riporta gli estremi;
b) se l’istanza non riguarda esclusivamente il rinnovo o l’adeguamento dell’autorizzazione
all’esercizio, prevedendo invece nuove realizzazioni o modifiche, la partecipazione alla
conferenza di servizi di cui all’articolo 29-quater, comma 5, è estesa a tutti i partecipanti alla
conferenza di servizio di cui all’articolo 208, comma 3;
c) la Regione, o l’autorità da essa delegata, specifica in conferenza le garanzie finanziarie da
richiedere ai sensi dell’articolo 208, comma 11, lettera g);
d) i contenuti dell’AIA sono opportunamente integrati con gli elementi di cui all’articolo 208,
comma 11;
e) le garanzie finanziarie di cui all’articolo 208, comma 11, sono prestate a favore della
Regione, o dell’autorità da essa delegata alla gestione della materia;
f) la comunicazione di cui all’articolo 208, comma 18, è effettuata dall’amministrazione che
rilascia l’autorizzazione integrata ambientale;
g) la comunicazione di cui all’articolo 208, comma 19, è effettuata dal soggetto pubblico che
accerta l’evento incidente. - Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, la regione individua il responsabile
del procedimento e convoca apposita conferenza di servizi. Alla conferenza dei servizi partecipano, con un
preavviso di almeno 20 giorni, i responsabili degli uffici regionali competenti e i rappresentanti delle
autorità d’ambito e degli enti locali sul cui territorio è realizzato l’impianto, nonché il richiedente
l’autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire documenti, informazioni e chiarimenti. Nel
medesimo termine di 20 giorni, la documentazione di cui al comma 1 è inviata ai componenti della
conferenza di servizi. La decisione della conferenza dei servizi è assunta a maggioranza e le relative
determinazioni devono fornire una adeguata motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel
corso della conferenza.
(comma così sostituito dall’art. 22 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la Conferenza di servizi:
a) procede alla valutazione dei progetti;
b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con quanto
previsto dall’articolo 177, comma 4;
(lettera così modificata dall’art. 22 del d.lgs. n. 205 del 2010)
c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilità ambientale;
d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla regione. - Per l’istruttoria tecnica della domanda le regioni possono avvalersi delle Agenzie regionali per la
protezione dell’ambiente. - Entro 30 giorni dal ricevimento delle conclusioni della Conferenza dei servizi, valutando le risultanze della
stessa, la regione, in caso di valutazione positiva del progetto, autorizza la realizzazione e la gestione
dell’impianto. L’approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi
regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la
dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.
(comma così modificato dall’art. 22 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Nel caso in cui il progetto riguardi aree vincolate ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42,
si applicano le disposizioni dell’articolo 146 di tale decreto in materia di autorizzazione. - L’istruttoria si conclude entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda di cui al comma 1
con il rilascio dell’autorizzazione unica o con il diniego motivato della stessa. - I termini di cui al comma 8 sono interrotti, per una sola volta, da eventuali richieste istruttorie fatte dal
responsabile del procedimento al soggetto interessato e ricominciano a decorrere dal ricevimento degli
elementi forniti dall’interessato. - Ferma restando la valutazione delle eventuali responsabilità ai sensi della normativa vigente, ove
l’autorità competente non provveda a concludere il procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica entro i
termini previsti al comma 8, si applica il potere sostitutivo di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 112.
(comma così modificato dall’art. 22 del d.lgs. n. 205 del 2010) - L’autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l’attuazione dei principi
di cui all’articolo 178 e contiene almeno i seguenti elementi:
(comma così modificato dall’art. 22 del d.lgs. n. 205 del 2010)
a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti che possono essere trattati;
b) per ciascun tipo di operazione autorizzata, i requisiti tecnici con particolare riferimento alla
compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti e
alla modalità di verifica, monitoraggio e controllo della conformità dell’impianto al progetto
approvato;
c) le misure precauzionali e di sicurezza da adottare;
d) la localizzazione dell’impianto autorizzato;
e) il metodo da utilizzare per ciascun tipo di operazione;
f) le disposizioni relative alla chiusura e agli interventi ad essa successivi che si rivelino
necessarie;
g) le garanzie finanziarie richieste, che devono essere prestate solo al momento dell’avvio
effettivo dell’esercizio dell’impianto; le garanzie finanziarie per la gestione della discarica,
anche per la fase successiva alla sua chiusura, dovranno essere prestate conformemente a
quanto disposto dall’articolo 14 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;
h) la data di scadenza dell’autorizzazione, in conformità con quanto previsto al comma 12;
i) i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche
accompagnati da recupero energetico.
11-bis. Le autorizzazioni concernenti l’incenerimento o il coincenerimento con recupero di energia sono
subordinate alla condizione che il recupero avvenga con un livello elevato di efficienza energetica, tenendo
conto delle migliori tecniche disponibili.
(comma introdotto dall’art. 22 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Salva l’applicazione dell’articolo 29-octies per le installazioni di cui all’articolo 6, comma 13,
l’autorizzazione di cui al comma 1 è concessa per un periodo di dieci anni ed è rinnovabile. A tale fine,
almeno centottanta giorni prima della scadenza dell’autorizzazione, deve essere presentata apposita
domanda alla regione che decide prima della scadenza dell’autorizzazione stessa. In ogni caso l’attività può
essere proseguita fino alla decisione espressa, previa estensione delle garanzie finanziarie prestate. Le
prescrizioni dell’autorizzazione possono essere modificate, prima del termine di scadenza e dopo almeno
cinque anni dal rilascio, nel caso di condizioni di criticità ambientale, tenendo conto dell’evoluzione delle
migliori tecnologie disponibili e nel rispetto delle garanzie procedimentali di cui alla legge n. 241 del 1990.
(comma così modificato dall’art. 13 del d.lgs. n. 46 del 2014)
12-bis. Per impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti ricompresi in un’installazione di cui all’articolo 6,
comma 13, il rinnovo, l’aggiornamento e il riesame dell’autorizzazione di cui al presente articolo sono
disciplinati dal Titolo III-bis della Parte Seconda, previa estensione delle garanzie finanziarie già prestate.
(comma introdotto dall’art. 13 del d.lgs. n. 46 del 2014) - Ferma restando l’applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del
presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione l’autorità competente
procede, secondo la gravità dell’infrazione:
a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell’autorizzazione per un tempo determinato, ove si
manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente;
c) alla revoca dell’autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte
con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la
salute pubblica e per l’ambiente. - Il controllo e l’autorizzazione delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio di rifiuti
in aree portuali sono disciplinati dalle specifiche disposizioni di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84 e di
cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 di attuazione della direttiva 2000/59/CE sui rifiuti prodotti
sulle navi e dalle altre disposizioni previste in materia dalla normativa vigente. Nel caso di trasporto
transfrontaliero di rifiuti, l’autorizzazione delle operazioni di imbarco e di sbarco non può essere rilasciata
se il richiedente non dimostra di avere ottemperato agli adempimenti di cui all’articolo 193, comma 1, del
presente decreto. - Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, esclusi gli impianti mobili che effettuano la
disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l’acqua in testa al processo
depurativo presso il quale operano, ed esclusi i casi in cui si provveda alla sola riduzione volumetrica e
separazione delle frazioni estranee, sono autorizzati, in via definitiva, dalla regione ove l’interessato ha la
sede legale o la società straniera proprietaria dell’impianto ha la sede di rappresentanza. Per lo
svolgimento delle singole campagne di attività sul territorio nazionale, l’interessato, almeno sessanta giorni
prima dell’installazione dell’impianto, deve comunicare alla regione nel cui territorio si trova il sito prescelto
le specifiche dettagliate relative alla campagna di attività, allegando l’autorizzazione di cui al comma 1 e
l’iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali, nonché l’ulteriore documentazione richiesta. La regione può
adottare prescrizioni integrative oppure può vietare l’attività con provvedimento motivato qualora lo
svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell’ambiente o della salute
pubblica. - Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata
in vigore della parte quarta del presente decreto, eccetto quelli per i quali sia completata la procedura di
valutazione di impatto ambientale. - Fatti salvi l’obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico da parte dei soggetti di cui all’articolo 190 ed
il divieto di miscelazione di cui all’articolo 187, le disposizioni del presente articolo non si applicano al
deposito temporaneo effettuato nel rispetto delle condizioni stabilite dall’articolo 183, comma 1, lettera m).
17-bis. L’autorizzazione di cui al presente articolo deve essere comunicata, a cura dell’amministrazione
competente al rilascio della stessa, al Catasto dei rifiuti di cui all’articolo 189 attraverso il Catasto
telematico e secondo gli standard concordati con ISPRA che cura l’inserimento in un elenco nazionale,
accessibile al pubblico, dei seguenti elementi identificativi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica:
(comma introdotto dall’art. 22 del d.lgs. n. 205 del 2010)
a) ragione sociale;
b) sede legale dell’impresa autorizzata;
c) sede dell’impianto autorizzato;
d) attività di gestione autorizzata;
e) i rifiuti oggetto dell’attività di gestione;
f) quantità autorizzate;
g) scadenza dell’autorizzazione.
17-ter. La comunicazione dei dati di cui al comma 17-bis deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a
carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo
standard condivisi.
(comma introdotto dall’art. 22 del d.lgs. n. 205 del 2010) - In caso di eventi incidenti sull’autorizzazione, questi sono comunicati, previo avviso all’interessato, al
Catasto dei rifiuti di cui all’articolo 189.
(comma così sostituito dall’art. 22 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in
corso d’opera o di esercizio che comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più
conformi all’autorizzazione rilasciata.
(comma così sostituito dall’art. 22 del d.lgs. n. 205 del 2010)
19-bis. Alle utenze non domestiche che effettuano il compostaggio aerobico individuale per residui costituiti
da sostanze naturali non pericolose prodotti nell’ambito delle attività agricole e vivaistiche e alle utenze
domestiche che effettuano compostaggio aerobico individuale per i propri rifiuti organici da cucina, sfalci e
potature da giardino è applicata una riduzione della tariffa dovuta per la gestione dei rifiuti urbani.
(comma introdotto dall’art. 37 della legge n. 221 del 2015) - (abrogato dall’art. 22 del d.lgs. n. 205 del 2010)
- Rinnovo delle autorizzazioni alle imprese in possesso di certificazione ambientale
- Nel rispetto delle normative comunitarie, in sede di espletamento delle procedure previste per il rinnovo
delle autorizzazioni all’esercizio di un impianto ovvero per il rinnovo dell’iscrizione all’Albo di cui all’articolo
212, le imprese che risultino registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009 del Parlamento europeo
e del Consiglio, del 25 novembre 2009, sull’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema
comunitario di ecogestione e audit, che abroga il regolamento (CE) n. 761/2001 e le decisioni della
Commissione 2001/681/CE e 2006/193/CE o certificati Uni En Iso 14001, possono sostituire tali
autorizzazioni con autocertificazione resa alle autorità competenti, ai sensi del testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000,
n. 445.
(comma così sostituito dall’art. 23 del d.lgs. n. 205 del 2010) - L’autocertificazione di cui al comma 1 deve essere accompagnata da una copia conforme del certificato
di registrazione ottenuto ai sensi dei regolamenti e degli standard parametrici di cui al medesimo comma 1,
nonché da una denuncia di prosecuzione delle attività, attestante la conformità dell’impresa, dei mezzi e
degli impianti alle prescrizioni legislative e regolamentari, con allegata una certificazione dell’esperimento di
prove a ciò destinate, ove previste. - L’autocertificazione e i relativi documenti, di cui ai commi 1 e 2, sostituiscono a tutti gli effetti
l’autorizzazione alla prosecuzione, ovvero all’esercizio delle attività previste dalle norme di cui al comma 1 e
ad essi si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al d.P.R. 26 aprile 1992, n. 300. Si
applicano, altresì, le disposizioni sanzionatone di cui all’articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. - L’autocertificazione e i relativi documenti mantengono l’efficacia sostitutiva di cui al comma 3 fino ad un
periodo massimo di centottanta giorni successivi alla data di comunicazione all’interessato della decadenza,
a qualsiasi titolo avvenuta, della registrazione ottenuta ai sensi dei regolamenti e degli standard
parametrici di cui al comma 1. - Salva l’applicazione delle sanzioni specifiche e salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di
accertata falsità delle attestazioni contenute nell’autocertificazione e dei relativi documenti, si applica
l’articolo 483 del codice penale nei confronti di chiunque abbia sottoscritto la documentazione di cui ai
commi 1 e 2. - Resta ferma l’applicazione del titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, relativo alla
prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di applicazione
del medesimo.
(comma così modificato dall’art. 24 del d.lgs. n. 205 del 2010, poi dall’art. 14 del d.lgs. n. 46 del 2014) - I titoli abilitativi di cui al presente articolo devono essere comunicati, a cura dell’amministrazione che li
rilascia, all’ISPRA, che cura l’inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi
identificativi di cui all’articolo 208, comma 17, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
(comma così modificato dall’art. 23 del d.lgs. n. 205 del 2010)
7-bis. La comunicazione dei dati di cui al comma 7 deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico
della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard
condivisi.
(comma introdotto dall’art. 23 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Autorizzazioni in ipotesi particolari
(articolo abrogato dall’art. 39, comma 3, d.lgs. n. 205 del 2010) - Autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione
- I termini di cui agli articoli 208 e 210 sono ridotti alla metà per l’autorizzazione alla realizzazione ed
all’esercizio di impianti di ricerca e di sperimentazione qualora siano rispettate le seguenti condizioni:
a) le attività di gestione degli impianti non comportino utile economico;
b) gli impianti abbiano una potenzialità non superiore a 5 tonnellate al giorno, salvo deroghe
giustificate dall’esigenza di effettuare prove di impianti caratterizzati da innovazioni, che
devono però essere limitate alla durata di tali prove. - ha durata dell’autorizzazione di cui al comma 1 è di due anni, salvo proroga che può essere concessa
previa verifica annuale dei risultati raggiunti e non può comunque superare altri due anni. - Qualora il progetto o la realizzazione dell’impianto non siano stati approvati e autorizzati entro il termine
di cui al comma 1, l’interessato può presentare istanza al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio
e del mare, che si esprime nei successivi sessanta giorni di concerto con i Ministri delle attività produttive e
dell’istruzione, dell’università e della ricerca. La garanzia finanziaria in tal caso è prestata a favore dello
Stato. - In caso di rischio di agenti patogeni o di sostanze sconosciute e pericolose dal punto di vista sanitario,
l’autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, che si esprime nei successivi sessanta giorni, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della
salute e dell’istruzione, dell’università e della ricerca. - L’autorizzazione di cui al presente articolo deve essere comunicata, a cura dell’amministrazione che la
rilascia, all’ISPRA, che cura l’inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi
identificativi di cui all’articolo 208, comma 16, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
(comma così modificato dall’art. 24 del d.lgs. n. 205 del 2010)
5-bis. La comunicazione dei dati di cui al comma 5 deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico
della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard
condivisi.
(comma introdotto dall’art. 24 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Albo nazionale gestori ambientali
- È costituito, presso il Ministero dell’ambiente e tutela del territorio, l’Albo nazionale gestori ambientali, di
seguito denominato Albo, articolato in un Comitato nazionale, con sede presso il medesimo Ministero, ed in
Sezioni regionali e provinciali, istituite presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura
dei capoluoghi di regione e delle province autonome di Trento e di Bolzano. I componenti del Comitato
nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali durano in carica cinque anni. - Con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sono istituite sezioni
speciali del Comitato nazionale per ogni singola attività soggetta ad iscrizione all’Albo, senza nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica, e ne vengono fissati composizione e competenze. Il
Comitato nazionale dell’Albo ha potere deliberante ed è composto da diciannove membri effettivi di
comprovata e documentata esperienza tecnico-economica o giuridica nelle materie ambientali nominati con
decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e designati rispettivamente:
(comma così sostituito dall’art. 25 del d.lgs. n. 205 del 2010)
a) due dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di cui uno con
funzioni di Presidente;
b) uno dal Ministro dello sviluppo economico, con funzioni di vice-Presidente;
c) uno dal Ministro della salute;
d) uno dal Ministro dell’economia e delle finanze
e) uno dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
f) uno dal Ministro dell’interno;
g) tre dalle regioni;
h) uno dall’Unione italiana delle Camere di commercio industria, artigianato e agricoltura;
i) otto dalle organizzazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative delle categorie
economiche interessate, di cui due dalle organizzazioni rappresentative della categoria degli
autotrasportatori e due dalle organizzazioni che rappresentano i gestori dei rifiuti e uno delle
organizzazioni rappresentative delle imprese che effettuano attività di bonifica dei siti e di
bonifica di beni contenenti amianto. Per ogni membro effettivo è nominato un supplente. - Le Sezioni regionali e provinciali dell’Albo sono istituite con decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare e sono composte:
a) dal Presidente della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o da un
membro del Consiglio camerale all’uopo designato dallo stesso, con funzioni di Presidente;
b) da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale designato
dalla regione o dalla provincia autonoma, con funzioni di vice-Presidente;
c) da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale,
designato dall’Unione regionale delle province o dalla provincia autonoma;
d) da un esperto di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato dal Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;
e) (lettera abrogata dall’art. 2, comma 30, d.lgs. n. 4 del 2008)
f) (lettera aggiunta dall’art. 2, comma 28-bis, d.lgs. n. 4 del 2008) - (abrogato dall’art. 25 del d.lgs. n. 205 del 2010)
- L’iscrizione all’Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica
dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza
detenzione dei rifiuti stessi. Sono esonerati dall’obbligo di cui al presente comma le organizzazioni di cui
agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224, 228, 233, 234, 235 e 236, al decreto legislativo 20
novembre 2008, n. 188, e al decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, limitatamente all’attività di
intermediazione e commercio senza detenzione di rifiuti oggetto previste nei citati articoli. Per le aziende
speciali, i consorzi di comuni e le società di gestione dei servizi pubblici di cui al decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267, l’iscrizione all’Albo è effettuata con apposita comunicazione del comune o del
consorzio di comuni alla sezione regionale territorialmente competente ed è valida per i servizi di gestione
dei rifiuti urbani prodotti nei medesimi comuni. Le iscrizioni di cui al presente comma, già effettuate alla
data di entrata in vigore della presente disposizione, rimangono efficaci fino alla loro naturale scadenza.
(commi da 5 a 19 così sostituiti dall’art. 25 del d.lgs. n. 205 del 2010) - L’iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e costituisce titolo per l’esercizio delle attività di
raccolta, di trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti; per le altre attività l’iscrizione abilita allo
svolgimento delle attività medesime. - Gli enti e le imprese iscritte all’Albo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi sono
esonerate dall’obbligo di iscrizione per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi a
condizione che tale ultima attività non comporti variazione della classe per la quale le imprese sono iscritte. - I produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri
rifiuti, nonché i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei
propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno, non sono
soggetti alle disposizioni di cui ai commi 5, 6, e 7 a condizione che tali operazioni costituiscano parte
integrante ed accessoria dell’organizzazione dell’impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti. Detti soggetti
non sono tenuti alla prestazione delle garanzie finanziarie e sono iscritti in un’apposita sezione dell’Albo in
base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale o provinciale dell’Albo territorialmente
competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi trenta giorni. Con la comunicazione
l’interessato attesta sotto la sua responsabilità, ai sensi dell’articolo 21 della legge n. 241 del 1990:
a) la sede dell’impresa, l’attività o le attività dai quali sono prodotti i rifiuti;
b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti;
c) gli estremi identificativi e l’idoneità tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti,
tenuto anche conto delle modalità di effettuazione del trasporto medesimo;
d) l’avvenuto versamento del diritto annuale di registrazione di 50 euro rideterminabile ai
sensi dell’articolo 21 del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile 1998, n. 406.
L’iscrizione deve essere rinnovata ogni 10 anni e l’impresa è tenuta a comunicare ogni variazione
intervenuta successivamente all’iscrizione. Le iscrizioni di cui al presente comma, effettuate entro il 14
aprile 2008 ai sensi e per gli effetti della normativa vigente a quella data, dovranno essere aggiornate
entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. - Le imprese di cui ai commi 5 e 8 tenute ad aderire sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti
(SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), procedono, in relazione a ciascun autoveicolo
utilizzato per la raccolta e il trasporto dei rifiuti, all’adempimento degli obblighi stabiliti dall’articolo 3,
comma 6, lettera c), del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data in
data 17 dicembre 2009. La Sezione regionale dell’Albo procede, in sede di prima applicazione entro due
mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, alla sospensione d’ufficio dall’Albo degli
autoveicoli per i quali non è stato adempiuto l’obbligo di cui al precedente periodo. Trascorsi tre mesi dalla
sospensione senza che l’obbligo di cui sopra sia stato adempiuto, l’autoveicolo è di diritto e con effetto
immediato cancellato dall’Albo. - L’iscrizione all’Albo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi, per l’attività di
intermediazione e di commercio dei rifiuti senza detenzione dei medesimi, è subordinata alla prestazione di
idonee garanzie finanziarie a favore dello Stato i cui importi e modalità sono stabiliti con uno o più decreti
del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dell’economia
e delle finanze. Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del
regolamento (CE) n. 1221/2009, e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della
certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001. Fino alla data di entrata in vigore dei
predetti decreti si applicano la modalità e gli importi previsti dal decreto del Ministro dell’ambiente in data 8
ottobre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 1 del 2 gennaio 1997, come modificato dal decreto del
Ministro dell’ambiente in data 23 aprile 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 26 giugno 1999. - Le imprese che effettuano le attività di bonifica dei siti e di bonifica dei beni contenenti amianto devono
prestare idonee garanzie finanziarie a favore della regione territorialmente competente per ogni intervento
di bonifica nel rispetto dei criteri generali di cui all’articolo 195, comma 2, lettera g). Tali garanzie sono
ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, e del
quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni
En Iso 14001. - Sono iscritti all’Albo le imprese e gli operatori logistici presso le stazioni ferroviarie, gli interporti, gli
impianti di terminalizzazione, gli scali merci e i porti ai quali, nell’ambito del trasporto intermodale, sono
affidati rifiuti in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell’impresa ferroviaria o navale o
dell’impresa che effettua il successivo trasporto, nel caso di trasporto navale, il raccomandatario marittimo
di cui alla legge 4 aprile 1977, n. 135, è delegato dall’armatore o noleggiatore, che effettuano il trasporto,
per gli adempimenti relativi al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo
188-bis, comma 2, lett. a). L’iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e non è subordinata alla
prestazione delle garanzie finanziarie. - L’iscrizione all’Albo ed i provvedimenti di sospensione, di revoca, di decadenza e di annullamento
dell’iscrizione, nonché l’accettazione, la revoca e lo svincolo delle garanzie finanziarie che devono essere
prestate a favore dello Stato sono deliberati dalla Sezione regionale dell’Albo della regione ove ha sede
legale l’impresa interessata, in base alla normativa vigente ed alle direttive emesse dal Comitato nazionale. - Avverso i provvedimenti delle Sezioni regionali dell’Albo gli interessati possono proporre, nel termine di
decadenza di trenta giorni dalla notifica dei provvedimenti stessi, ricorso al Comitato nazionale dell’Albo - Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri
dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il parere del Comitato nazionale, da
adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono
definite le attribuzioni e le modalità organizzative dell’Albo, i requisiti tecnici e finanziari delle imprese, i
requisiti dei responsabili tecnici delle medesime, i termini e le modalità di iscrizione, i diritti annuali
d’iscrizione. Fino all’adozione dei predetto decreto, continuano ad applicarsi, per quanto compatibili, le
disposizioni del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile 1998, n. 406, e delle deliberazioni del Comitato
nazionale dell’Albo. Il decreto di cui al presente comma si informa ai seguenti principi:
a) individuazione di requisiti per l’iscrizione, validi per tutte le sezioni, al fine di uniformare le
procedure;
b) coordinamento con la vigente normativa sull’autotrasporto, sul trasporto ferroviario, sul
trasporto via mare e per via navigabile interna, in coerenza con la finalità di cui alla lettera
a);
c) effettiva copertura delle spese attraverso i diritti di segreteria e i diritti annuali di iscrizione;
d) ridefinizione dei diritti annuali d’iscrizione relativi alle imprese di trasporto dei rifiuti iscritte
all’Albo nazionale gestori ambientali;
e) interconnessione e interoperabilità con le pubbliche amministrazioni competenti alla tenuta
di pubblici registri;
f) riformulazione del sistema disciplinare-sanzionatorio dell’Albo e delle cause di cancellazione
dell’iscrizione;
g) definizione delle competenze e delle responsabilità del responsabile tecnico. - Nelle more dell’emanazione dei decreti di cui al presente articolo, continuano ad applicarsi le
disposizioni disciplinanti l’Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti vigenti alla data
di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, la cui abrogazione è differita al momento della
pubblicazione dei suddetti decreti. - Agli oneri per il funzionamento del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali si provvede
con le entrate derivanti dai diritti di segreteria e dai diritti annuali d’iscrizione, secondo le previsioni, anche
relative alle modalità di versamento e di utilizzo, che saranno determinate con decreto del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze. Fino all’adozione del citato decreto, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro
dell’ambiente in data 29 dicembre 1993, e successive modificazioni, e le disposizioni di cui al decreto del
Ministro dell’ambiente in data 13 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del 1° marzo - Le somme di cui all’articolo 7 comma 7, del decreto del Ministro dell’ambiente 29 in data dicembre
1993 sono versate al Capo XXXII, capitolo 2592, articolo 04, dell’entrata del Bilancio dello Stato, per essere
riassegnate, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, al Capitolo 7082 dello stato di
previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. - I compensi da corrispondere ai componenti del Comitato nazionale dell’Albo e delle Sezioni regionali
dell’Albo sono determinati ai sensi dell’articolo 7, comma 5, del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile
1998, 406. - La disciplina regolamentare dei casi in cui, ai sensi degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n.
241, l’esercizio di un’attività privata può essere intrapreso sulla base della denuncia di inizio dell’attività non
si applica alle domande di iscrizione e agli atti di competenza dell’Albo.
(commi da 5 a 19 così sostituiti dall’art. 25 del d.lgs. n. 205 del 2010)
19-bis. Sono esclusi dall’obbligo di iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali gli imprenditori agricoli di
cui all’articolo 2135 del codice civile, produttori iniziali di rifiuti, per il trasporto dei propri rifiuti effettuato
all’interno del territorio provinciale o regionale dove ha sede l’impresa ai fini del conferimento degli stessi
nell’ambito del circuito organizzato di raccolta di cui alla lettera pp) del comma 1 dell’articolo 183.
(comma aggiunto dall’art. 11, comma 12-quinquies, legge n. 125 del 2013) - (commi abrogati dall’art. 25 del d.lgs. n. 205 del 2010)
- Autorizzazioni integrate ambientali
- Le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del Titolo III-bis della parte seconda del presente
decreto, sostituiscono ad ogni effetto, secondo le modalità ivi previste:
a) le autorizzazioni di cui al presente capo;
b) la comunicazione di cui all’articolo 216, limitatamente alle attività non ricadenti nella
categoria 5 dell’Allegato I del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, che, se
svolte in procedura semplificata, sono escluse dall’autorizzazione ambientale integrata, ferma
restando la possibilità di utilizzare successivamente le procedure semplificate previste dal
capo V. - (abrogato dall’art. 26 del d.lgs. n. 205 del 2010)
Capo V – Procedure semplificate - Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei rifiuti per l’ammissione alle
procedure semplificate
(articolo così sostituito dall’art. 27 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Le procedure semplificate di cui al presente capo devono garantire in ogni caso un elevato livello di
protezione ambientale e controlli efficaci ai sensi e nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 177, comma
4. - Con decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri
dello sviluppo economico, della salute e, per i rifiuti agricoli e le attività che generano i fertilizzanti, con il
Ministro delle politiche agricole e forestali, sono adottate per ciascun tipo di attività le norme, che fissano i
tipi e le quantità di rifiuti e le condizioni in base alle quali le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi
effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi e le attività di recupero di cui all’Allegato C
alla parte quarta del presente decreto sono sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 215 e - Con la medesima procedura si provvede all’aggiornamento delle predette norme tecniche e condizioni.
- Le norme e le condizioni di cui al comma 2 e le procedure semplificate devono garantire che i tipi o le
quantità di rifiuti ed i procedimenti e metodi di smaltimento o di recupero siano tali da non costituire un
pericolo per la salute dell’uomo e da non recare pregiudizio all’ambiente. In particolare, ferma restando la
disciplina del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, per accedere alle procedure semplificate, le
attività di trattamento termico e di recupero energetico devono, inoltre, rispettare le seguenti condizioni:
a) siano utilizzati combustibili da rifiuti urbani oppure rifiuti speciali individuati per frazioni
omogenee;
b) i limiti di emissione non siano superiori a quelli stabiliti per gli impianti di incenerimento e
coincenerimento dei rifiuti dalla normativa vigente, con particolare riferimento al decreto
legislativo 11 maggio 2005, n. 133;
c) sia garantita la produzione di una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei
rifiuti in energia utile calcolata su base annuale;
d) siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui agli
articoli 215, commi 1 e 2, e 216, commi 1, 2 e 3. - Sino all’adozione dei decreti di cui al comma 2 relativamente alle attività di recupero continuano ad
applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel S.O. alla
Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998 e 12 giugno 2002, n. 161. - L’adozione delle norme e delle condizioni di cui al comma 2 deve riguardare, in primo luogo, i rifiuti
indicati nella lista verde di cui all’Allegato III del regolamento (CE), n. 1013/2006. - Per la tenuta dei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3, e per l’effettuazione dei
controlli periodici, l’interessato è tenuto a versare alla provincia territorialmente competente un diritto di
iscrizione annuale determinato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze. Nelle more
dell’emanazione del predetto decreto, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente
21 luglio 1998, n. 350.All’attuazione dei compiti indicati dal presente comma le Province provvedono con le
risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica. - La costruzione di impianti che recuperano rifiuti nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle
norme tecniche di cui ai commi 2 e 3 è disciplinata dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di
qualità dell’aria e di inquinamento atmosferico da impianti industriali e dalle altre disposizioni che regolano
la costruzione di impianti industriali. L’autorizzazione all’esercizio nei predetti impianti di operazioni di
recupero di rifiuti non individuati ai sensi del presente articolo resta comunque sottoposta alle disposizioni
di cui agli articoli 208, 209 e 211. - Alle denunce, alle comunicazioni e alle domande disciplinate dal presente capo si applicano, in quanto
compatibili, le disposizioni relative alle attività private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della
legge 7 agosto 1990, n. 241. Si applicano, altresì, le disposizioni di cui all’articolo 21 della legge 7 agosto
1990, n. 241. A condizione che siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche
adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell’articolo 216, l’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può
essere intrapresa decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia. - Le province comunicano al catasto dei rifiuti di cui all’articolo 189, attraverso il Catasto telematico e
secondo gli standard concordati con ISPRA, che cura l’inserimento in un elenco nazionale, accessibile al
pubblico, dei seguenti elementi identificativi delle imprese iscritte nei registri di cui agli articoli 215, comma
3, e 216, comma 3:
a) ragione sociale;
b) sede legale dell’impresa;
c) sede dell’impianto;
d) tipologia di rifiuti oggetto dell’attività di gestione;
e) relative quantità;
f) attività di gestione;
g) data di iscrizione nei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3. - La comunicazione dei dati di cui al comma 9 deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della
finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard
condivisi. - Con uno o più decreti, emanati ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e
successive modificazioni, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare,
sentito il Ministro dello sviluppo economico, sono individuate le condizioni alle quali l’utilizzo di un
combustibile alternativo, in parziale sostituzione dei combustibili fossili tradizionali, in impianti soggetti al
regime di cui al Titolo III-bis della Parte II, dotati di certificazione di qualità ambientale, sia da qualificarsi,
ad ogni effetto, come modifica non sostanziale. I predetti decreti possono stabilire, nel rispetto dell’articolo
177, comma 4, le opportune modalità di integrazione ed unificazione delle procedure, anche presupposte,
per l’aggiornamento dell’autorizzazione integrata ambientale, con effetto di assorbimento e sostituzione di
ogni altro prescritto atto di assenso. Alle strutture eventualmente necessarie, ivi incluse quelle per lo
stoccaggio e l’alimentazione del combustibile alternativo, realizzate nell’ambito del sito dello stabilimento
qualora non già autorizzate ai sensi del precedente periodo, si applica il regime di cui agli articoli 22 e 23
del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al d.P.R. 6 giugno
2001, n. 380, e successive modificazioni.
214-bis. Sgombero della neve
(articolo introdotto dall’art. 28 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Le attività di sgombero della neve effettuate dalle pubbliche amministrazioni o da loro delegati, dai
concessionari di reti infrastrutturali o infrastrutture non costituisce detenzione ai fini della lettera a) comma
1 dell’articolo 183. - Autosmaltimento.
- A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all’articolo 214,
commi 1, 2 e 3, e siano tenute in considerazione le migliori tecniche disponibili, le attività di smaltimento di
rifiuti non pericolosi effettuate nel luogo di produzione dei rifiuti stessi possono essere intraprese decorsi
novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 33, d.lgs. n. 4 del 2008 poi dall’art. 29 del d.lgs. n. 205 del
2010) - Le norme tecniche di cui al comma 1 prevedono in particolare:
a) il tipo, la quantità e le caratteristiche dei rifiuti da smaltire;
b) il ciclo di provenienza dei rifiuti;
c) le condizioni per la realizzazione e l’esercizio degli impianti;
d) le caratteristiche dell’impianto di smaltimento;
e) la qualità delle emissioni e degli scarichi idrici nell’ambiente. - La provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività
ed entro il termine di cui al comma 1 verifica d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti.
A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell’impresa, è allegata
una relazione dalla quale deve risultare:
(comma così modificato dall’art. 2, comma 34, d.lgs. n. 4 del 2008)
a) il rispetto delle condizioni e delle norme tecniche specifiche di cui al comma 1;
b) il rispetto delle norme tecniche di sicurezza e delle procedure autorizzative previste dalla
normativa vigente. - La provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma
1, dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell’attività, salvo che
l’interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il
termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall’amministrazione.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 35, d.lgs. n. 4 del 2008) - La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e, comunque, in caso di
modifica sostanziale delle operazioni di autosmaltimento. - Restano sottoposte alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209, 210 e 211 le attività di autosmaltimento
di rifiuti pericolosi e la discarica di rifiuti. - Operazioni di recupero
- A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all’articolo 214,
commi 1, 2 e 3, l’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere intrapreso decorsi novanta
giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente. Nelle ipotesi di
rifiuti elettrici ed elettronici di cui all’articolo 227, comma 1, lettera a), di veicoli fuori uso di cui all’articolo
227, comma 1, lettera c), e di impianti di coincenerimento, l’avvio delle attività è subordinato
all’effettuazione di una visita preventiva, da parte della provincia competente per territorio, da effettuarsi
entro sessanta giorni dalla presentazione della predetta comunicazione.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 36, d.lgs. n. 4 del 2008 poi dall’art. 30 del d.lgs. n. 205 del
2010) - Le condizioni e le norme tecniche di cui al comma 1, in relazione a ciascun tipo di attività, prevedono in
particolare:
a) per i rifiuti non pericolosi:
1) le quantità massime impiegabili;
2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti utilizzabili nonché le
condizioni specifiche alle quali le attività medesime sono sottoposte alla
disciplina prevista dal presente articolo;
3) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione ai tipi o alle
quantità dei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza
pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che
potrebbero recare pregiudizio all’ambiente;
b) per i rifiuti pericolosi:
1) le quantità massime impiegabili;
2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti;
3) le condizioni specifiche riferite ai valori limite di sostanze pericolose
contenute nei rifiuti, ai valori limite di emissione per ogni tipo di rifiuto ed al tipo
di attività e di impianto utilizzato, anche in relazione alle altre emissioni presenti
in sito;
4) gli altri requisiti necessari per effettuare forme diverse di recupero;
5) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione al tipo ed alle
quantità di sostanze pericolose contenute nei rifiuti ed ai metodi di recupero, i
rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell’uomo e senza
usare procedimenti e metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente. - La provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività
e, entro il termine di cui al comma 1, verifica d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti.
A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell’impresa, è allegata
una relazione dalla quale risulti:
(comma così modificato dall’art. 2, comma 37, d.lgs. n. 4 del 2008)
a) il rispetto delle norme tecniche e delle condizioni specifiche di cui al comma 1;
b) il possesso dei requisiti soggettivi richiesti per la gestione dei rifiuti;
c) le attività di recupero che si intendono svolgere;
d) lo stabilimento, la capacità di recupero e il ciclo di trattamento o di combustione nel quale i
rifiuti stessi sono destinati ad essere recuperati, nonché l’utilizzo di eventuali impianti mobili;
e) le caratteristiche merceologiche dei prodotti derivanti dai cicli di recupero. - La provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma
1, dispone, con provvedimento motivato, il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell’attività, salvo che
l’interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il
termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall’amministrazione.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 36, d.lgs. n. 4 del 2008) - La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e comunque in caso di
modifica sostanziale delle operazioni di recupero. - La procedura semplificata di cui al presente articolo sostituisce, limitatamente alle variazioni qualitative e
quantitative delle emissioni determinate dai rifiuti individuati dalle norme tecniche di cui al comma 1 che
già fissano i limiti di emissione in relazione alle attività di recupero degli stessi, l’autorizzazione di cui
all’articolo 269 in caso di modifica sostanziale dell’impianto. - Alle attività di cui al presente articolo si applicano integralmente le norme ordinarie per il recupero e lo
smaltimento qualora i rifiuti non vengano destinati in modo effettivo al recupero.
(comma sostituito dall’art. 30 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Fermo restando il rispetto dei limiti di emissione in atmosfera di cui all’articolo 214, comma 4, lettera b),
e dei limiti delle altre emissioni inquinanti stabilite da disposizioni vigenti e fatta salva l’osservanza degli
altri vincoli a tutela dei profili sanitari e ambientali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore
della parte quarta del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di
concerto con il Ministro delle attività produttive, determina modalità, condizioni e misure relative alla
concessione di incentivi finanziari previsti da disposizioni legislative vigenti a favore dell’utilizzazione dei
rifiuti in via prioritaria in operazioni di riciclaggio e di recupero per ottenere materie, sostanze, oggetti,
nonché come combustibile per produrre energia elettrica, tenuto anche conto del prevalente interesse
pubblico al recupero energetico nelle centrali elettriche di rifiuti urbani sottoposti a preventive operazioni di
trattamento finalizzate alla produzione di combustibile da rifiuti e di quanto previsto dal decreto legislativo
29 dicembre 2003, n. 387, e successive modificazioni, nonché dalla direttiva 2009/28/CE e dalle relative
disposizioni di recepimento.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 36, d.lgs. n. 4 del 2008, poi dall’art. 30 del d.lgs. n. 205 del
2010)
8-bis. Le operazioni di messa in riserva dei rifiuti pericolosi individuati ai sensi del presente articolo sono
sottoposte alle procedure semplificate di comunicazione di inizio di attività solo se effettuate presso
l’impianto dove avvengono le operazioni di riciclaggio e di recupero previste ai punti da R1 a R9
dell’Allegato C alla parte quarta del presente decreto.
(comma introdotto dall’art. 30 del d.lgs. n. 205 del 2010)
8-ter. Fatto salvo quanto previsto dal comma 8, le norme tecniche di cui ai commi 1, 2 e 3 stabiliscono le
caratteristiche impiantistiche dei centri di messa in riserva di rifiuti non pericolosi non localizzati presso gli
impianti dove sono effettuate le operazioni di riciclaggio e di recupero individuate ai punti da R1 a R9
dell’Allegato C alla parte quarta del presente decreto, nonché le modalità di stoccaggio e i termini massimi
entro i quali i rifiuti devono essere avviati alle predette operazioni.
(comma introdotto dall’art. 30 del d.lgs. n. 205 del 2010)
8-quater. Le attività di trattamento disciplinate dai regolamenti di cui all’articolo 6, paragrafo 2, della
direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, che fissano i criteri
che determinano quando specifici tipi di rifiuti cessano di essere considerati rifiuti, sono sottoposte alle
procedure semplificate disciplinate dall’articolo 214 del presente decreto e dal presente articolo a
condizione che siano rispettati tutti i requisiti, i criteri e le prescrizioni soggettive e oggettive previsti dai
predetti regolamenti, con particolare riferimento:
(comma aggiunto dall’art. 13, comma 4, legge n. 116 del 2014)
a) alla qualità e alle caratteristiche dei rifiuti da trattare;
b) alle condizioni specifiche che devono essere rispettate nello svolgimento delle attività;
c) alle prescrizioni necessarie per assicurare che i rifiuti siano trattati senza pericolo per la
salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio
all’ambiente, con specifico riferimento agli obblighi minimi di monitoraggio;
d) alla destinazione dei rifiuti che cessano di essere considerati rifiuti agli utilizzi individuati.
8-quinquies. L’operazione di recupero può consistere nel mero controllo sui materiali di rifiuto per verificare
se soddisfino i criteri elaborati affinché gli stessi cessino di essere considerati rifiuti nel rispetto delle
condizioni previste. Questa è sottoposta, al pari delle altre, alle procedure semplificate disciplinate
dall’articolo 214 del presente decreto e dal presente articolo a condizione che siano rispettati tutti i
requisiti, i criteri e le prescrizioni soggettive e oggettive previsti dai predetti regolamenti con particolare
riferimento:
(comma aggiunto dall’art. 13, comma 4, legge n. 116 del 2014)
a) alla qualità e alle caratteristiche dei rifiuti da trattare;
b) alle condizioni specifiche che devono essere rispettate nello svolgimento delle attività;
c) alle prescrizioni necessarie per assicurare che i rifiuti siano trattati senza pericolo per la
salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio
all’ambiente, con specifico riferimento agli obblighi minimi di monitoraggio;
d) alla destinazione dei rifiuti che cessano di essere considerati rifiuti agli utilizzi individuati.
8-sexies. Gli enti e le imprese che effettuano, ai sensi delle disposizioni del decreto del Ministro
dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del
16 aprile 1998, dei regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 12
giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269, e dell’articolo 9-bis del decreto-legge 6 novembre
2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210, operazioni di recupero
di materia prima secondaria da specifiche tipologie di rifiuti alle quali sono applicabili i regolamenti di cui al
comma 8-quater del presente articolo, adeguano le proprie attività alle disposizioni di cui al medesimo
comma 8-quater o all’articolo 208 del presente decreto, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore dei
predetti regolamenti di cui al comma 8-quater. Fino alla scadenza di tale termine è autorizzata la
continuazione dell’attività in essere nel rispetto delle citate disposizioni del decreto del Ministro
dell’ambiente 5 febbraio 1998, dei regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio n. 161 del 2002 e n. 269 del 2005 e dell’articolo 9-bis del decreto-legge n. 172 del 2008,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 210 del 2008. Restano in ogni caso ferme le quantità massime
stabilite dalle norme di cui al secondo periodo.
(comma aggiunto dall’art. 13, comma 4, legge n. 116 del 2014)
8-septies. Al fine di un uso più efficiente delle risorse e di un’economia circolare che promuova ambiente e
occupazione, i rifiuti individuati nella lista verde di cui al regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, possono essere utilizzati negli impianti industriali autorizzati
ai sensi della disciplina dell’autorizzazione integrata ambientale di cui agli articoli 29-sexies e seguenti del
presente decreto, nel rispetto del relativo BAT References, previa comunicazione da inoltrare
quarantacinque giorni prima dell’avvio dell’attività all’autorità ambientale competente. In tal caso i rifiuti
saranno assoggettati al rispetto delle norme riguardanti esclusivamente il trasporto dei rifiuti e il formulario
di identificazione.
(comma aggiunto dall’art. 13, comma 4, legge n. 116 del 2014) - – 10. – (abrogati dall’art. 2, comma 36, d.lgs. n. 4 del 2008)
- (commi abrogati dall’art. 30 del d.lgs. n. 205 del 2010)
216-bis. Oli usati
(articolo introdotto dall’art. 31 del d.lgs. n. 205 del 2010)
- (commi abrogati dall’art. 30 del d.lgs. n. 205 del 2010)
- Fatti salvi gli obblighi riguardanti la gestione dei rifiuti pericolosi, gli oli usati sono gestiti in base alla
classificazione attribuita ad essi ai sensi e per gli effetti dell’articolo 184, nel rispetto delle disposizioni della
parte IV del presente decreto e, in particolare, secondo l’ordine di priorità di cui all’articolo 179, comma 1. - In deroga a quanto previsto dall’articolo 187, comma 1, fatti salvi i requisiti di cui al medesimo articolo
187, comma 2, lettere a), b) e c), il deposito temporaneo e le fasi successive della gestione degli oli usati
sono realizzati, anche miscelando gli stessi, in modo da tenere costantemente separati, per quanto
tecnicamente possibile, gli oli usati da destinare, secondo l’ordine di priorità di cui all’articolo 179, comma
1, a processi di trattamento diversi fra loro. È fatto comunque divieto di miscelare gli oli usati con altri tipi
di rifiuti o di sostanze.
(comma così sostituito dall’art. 15, comma 8-quinquies, legge n. 116 del 2014) - Gli oli usati devono essere gestiti:
a) in via prioritaria, tramite rigenerazione tesa alla produzione di basi lubrificanti;
b) in via sussidiaria e, comunque, nel rispetto dell’ordine di priorità di cui all’articolo 179,
comma 1, qualora la rigenerazione sia tecnicamente non fattibile ed economicamente
impraticabile, tramite combustione, nel rispetto delle disposizioni di cui al titolo III-bis della
parte II del presente decreto e al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133;
c) in via residuale, qualora le modalità di trattamento di cui alle precedenti lettere a) e b) non
siano tecnicamente praticabili a causa della composizione degli oli usati, tramite operazioni di
smaltimento di cui all’Allegato B della parte IV del presente decreto. - Al fine di dare priorità alla rigenerazione degli oli usati, le spedizioni transfrontaliere di oli usati dal
territorio italiano verso impianti di incenerimento e coincenerimento collocati al di fuori del territorio
nazionale, sono escluse nella misura in cui ricorrano le condizioni di cui agli articoli 11 e 12 del
regolamento (CE) n. 1013/2006. Si applicano i principi di cui agli articoli 177 e 178, nonché il principio di
prossimità. - Le spedizioni transfrontaliere di oli usati dal territorio italiano verso impianti di rigenerazione collocati al
di fuori del territorio nazionale sono valutate ai sensi del regolamento (CE) n. 1013/2006 e, in particolare,
dell’articolo 12 del predetto regolamento. - Ai fini di cui al comma 5, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può individuare
con uno o più decreti gli elementi da valutare secondo le facoltà concesse alle autorità di spedizione o di
transito nell’esercizio delle competenze di cui agli articoli 11 e 12 del regolamento (CE) n. 1013/2006. - Con uno o più regolamenti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare da adottarsi,
ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro dello
sviluppo economico, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione,
sono definite le norme tecniche per la gestione di oli usati in conformità a quanto disposto dal presente
articolo. Nelle more dell’emanazione del decreto di cui al primo periodo, le autorità competenti possono
autorizzare, nel rispetto della normativa comunitaria, le operazioni di rigenerazione degli oli usati anche in
deroga all’allegato A, tabella 3, del decreto ministeriale 16 maggio 1996, n. 392, fermi restando i limiti
stabiliti dalla predetta tabella in relazione al parametro PCB/PCT.
(comma così modificato dall’art. 24, comma 1, lettera e), legge n. 35 del 2012) - I composti usati fluidi o liquidi solo parzialmente formati di olio minerale o sintetico, compresi i residui
oleosi di cisterna, i miscugli di acqua e olio, le emulsioni ed altre miscele oleose sono soggette alla
disciplina sugli oli usati.
216-ter. Comunicazioni alla Commissione europea
(articolo introdotto dall’art. 31 del d.lgs. n. 205 del 2010) - I piani di gestione ed i programmi di prevenzione di cui all’articolo 199, commi 1 e 3, lettera r) e le loro
eventuali revisioni sostanziali, sono comunicati al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, utilizzando il formato adottato in sede comunitaria, per la successiva trasmissione alla Commissione
europea. - Con cadenza triennale, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica alla
Commissione europea le informazioni sull’applicazione della direttiva 2008/98/CE, inviando una relazione
settoriale in formato elettronico sulla base di un questionario o di uno schema inviato dalla Commissione
europea stessa sei mesi prima del periodo contemplato dalla citata relazione settoriale. - La relazione di cui al comma 2, trasmessa la prima volta alla Commissione europea entro nove mesi
dalla fine del triennio che decorre dal 12 dicembre 2010, prevede, tra l’altro, le informazioni sulla gestione
degli oli usati, sui progressi compiuti nell’attuazione dei programmi di prevenzione dei rifiuti, di cui
all’articolo 199, comma 3, lettera r), e sulla misure previste dall’eventuale attuazione del principio della
responsabilità estesa del produttore, di cui all’articolo 178-bis, comma 1, lettera a). - Gli obiettivi di cui all’articolo 181 relativi alla preparazione per il riutilizzo e al riciclaggio di rifiuti, sono
comunicati alla Commissione europea con i tempi e le modalità descritte nei commi 2 e 3. - La parte quarta del presente decreto nonché i provvedimenti inerenti la gestione dei rifiuti, sono
comunicati alla Commissione europea.
Titolo II – Gestione degli imballaggi - Ambito di applicazione
- Il presente titolo disciplina la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia per prevenirne e
ridurne l’impatto sull’ambiente ed assicurare un elevato livello di tutela dell’ambiente, sia per garantire il
funzionamento del mercato, nonché per evitare discriminazioni nei confronti dei prodotti importati,
prevenire l’insorgere di ostacoli agli scambi e distorsioni della concorrenza e garantire il massimo
rendimento possibile degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, in conformità alla direttiva 94/62/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, come integrata e modificata dalla direttiva
2004/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, di cui la parte quarta del presente decreto costituisce
recepimento nell’ordinamento interno. I sistemi di gestione devono essere aperti alla partecipazione degli
operatori economici interessati. - La disciplina di cui al comma 1 riguarda la gestione di tutti gli imballaggi immessi sul mercato dell’Unione
europea e di tutti i rifiuti di imballaggio derivanti dal loro impiego, utilizzati o prodotti da industrie, esercizi
commerciali, uffici, negozi, servizi, nuclei domestici o da qualunque altro soggetto che produce o utilizza
imballaggi o rifiuti di imballaggio, qualunque siano i materiali che li compongono. Gli operatori delle
rispettive filiere degli imballaggi nel loro complesso garantiscono, secondo i principi della “responsabilità
condivisa”, che l’impatto ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia ridotto al minimo
possibile per tutto il ciclo di vita.
(comma così modificato dall’art. 23, comma 1, legge n. 115 del 2015) - Restano fermi i vigenti requisiti in materia di qualità degli imballaggi, come quelli relativi alla sicurezza,
alla protezione della salute e all’igiene dei prodotti imballati, nonché le vigenti disposizioni in materia di
trasporto e sui rifiuti pericolosi.
3-bis. In attuazione dell’articolo 18 della direttiva 94/62/CE e fatte salve le ipotesi di deroga a tale
disposizione previste dalla medesima direttiva o da altre disposizioni dell’ordinamento europeo, è garantita
l’immissione sul mercato nazionale degli imballaggi conformi alle previsioni del presente titolo e ad ogni
altra disposizione normativa adottata nel rispetto di quanto previsto dalla direttiva 94/62/CE.
(comma aggiunto dall’art. 23, comma 1, legge n. 115 del 2015) - Definizioni
- Ai fini dell’applicazione del presente titolo si intende per:
a) imballaggio: il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere
determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro
manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all’utilizzatore, ad
assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo;
b) imballaggio per la vendita o imballaggio primario: imballaggio concepito in modo da
costituire, nel punto di vendita, un’unità di vendita per l’utente finale o per il consumatore;
c) imballaggio multiplo o imballaggio secondario: imballaggio concepito in modo da costituire,
nel punto di vendita, il raggruppamento di un certo numero di unità di vendita,
indipendentemente dal fatto che sia venduto come tale all’utente finale o al consumatore, o
che serva soltanto a facilitare il rifornimento degli scaffali nel punto di vendita. Esso può
essere rimosso dal prodotto senza alterarne le caratteristiche;
d) imballaggio per il trasporto o imballaggio terziario: imballaggio concepito in modo da
facilitare la manipolazione ed il trasporto di merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, di un
certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli per evitare la loro
manipolazione ed i danni connessi al trasporto, esclusi i container per i trasporti stradali,
ferroviari marittimi ed aerei;
e) imballaggio riutilizzabile: imballaggio o componente di imballaggio che è stato concepito e
progettato per sopportare nel corso del suo ciclo di vita un numero minimo di viaggi o
rotazioni all’interno di un circuito di riutilizzo.
f) rifiuto di imballaggio: ogni imballaggio o materiale di imballaggio, rientrante nella
definizione di rifiuto di cui all’articolo 183, comma 1, lettera a), esclusi i residui della
produzione;
g) gestione dei rifiuti di imballaggio: le attività di gestione di cui all’articolo 183, comma 1,
lettera d);
h) prevenzione: riduzione, in particolare attraverso lo sviluppo di prodotti e di tecnologie non
inquinanti, della quantità e della nocività per l’ambiente sia delle materie e delle sostanze
utilizzate negli imballaggi e nei rifiuti di imballaggio, sia degli imballaggi e rifiuti di imballaggio
nella fase del processo di produzione, nonché in quella della commercializzazione, della
distribuzione, dell’utilizzazione e della gestione post-consumo;
i) riutilizzo: qualsiasi operazione nella quale l’imballaggio concepito e progettato per poter
compiere, durante il suo ciclo di vita, un numero minimo di spostamenti o rotazioni è riempito
di nuovo o reimpiegato per un uso identico a quello per il quale è stato concepito, con o
senza il supporto di prodotti ausiliari presenti sul mercato che consentano il riempimento
dell’imballaggio stesso; tale imballaggio riutilizzato diventa rifiuto di imballaggio quando cessa
di essere reimpiegato;
l) riciclaggio: ritrattamento in un processo di produzione dei rifiuti di imballaggio per la loro
funzione originaria o per altri fini, incluso il riciclaggio organico e ad esclusione del recupero
di energia;
m) recupero dei rifiuti generati da imballaggi: le operazioni che utilizzano rifiuti di imballaggio
per generare materie prime secondarie, prodotti o combustibili, attraverso trattamenti
meccanici, termici, chimici o biologici, inclusa la cernita, e, in particolare, le operazioni
previste nell’Allegato C alla parte quarta del presente decreto;
n) recupero di energia: l’utilizzazione di rifiuti di imballaggio combustibili quale mezzo per
produrre energia mediante termovalorizzazione con o senza altri rifiuti ma con recupero di
calore;
o) riciclaggio organico: il trattamento aerobico (compostaggio) o anaerobico
(biometanazione), ad opera di microrganismi e in condizioni controllate, delle parti
biodegradabili dei rifiuti di imballaggio, con produzione di residui organici stabilizzanti o
metano, ad esclusione dell’interramento in discarica, che non può essere considerato una
forma di riciclaggio organico;
(lettera così modificata dall’art. 23, comma 1, legge n. 115 del 2015)
p) smaltimento: ogni operazione finalizzata a sottrarre definitivamente un imballaggio o un
rifiuto di imballaggio dal circuito economico e/o di raccolta e, in particolare, le operazioni
previste nell’Allegato B alla parte quarta del presente decreto;
q) operatori economici: i produttori, gli utilizzatori, i recuperatori, i riciclatori, gli utenti finali,
le pubbliche amministrazioni e i gestori;
r) produttori: i fornitori di materiali di imballaggio, i fabbricanti, i trasformatori e gli
importatori di imballaggi vuoti e di materiali di imballaggio;
s) utilizzatori: i commercianti, i distributori, gli addetti al riempimento, gli utenti di imballaggi
e gli importatori di imballaggi pieni;
t) pubbliche amministrazioni e gestori: i soggetti e gli enti che provvedono alla
organizzazione, controllo e gestione del servizio di raccolta, trasporto, recupero e
smaltimento di rifiuti urbani nelle forme di cui alla parte quarta del presente decreto o loro
concessionari;
u) utente finale: il soggetto che nell’esercizio della sua attività professionale acquista, come
beni strumentali, articoli o merci imballate;
v) consumatore: il soggetto che fuori dall’esercizio di una attività professionale acquista o
importa per proprio uso imballaggi, articoli o merci imballate;
z) accordo volontario: accordo formalmente concluso tra le pubbliche amministrazioni
competenti e i settori economici interessati, aperto a tutti i soggetti, che disciplina i mezzi, gli
strumenti e le azioni per raggiungere gli obiettivi di cui all’articolo 220;
(lettera così modificata dall’art. 23, comma 1, legge n. 115 del 2015)
aa) filiera: organizzazione economica e produttiva che svolge la propria attività, dall’inizio del
ciclo di lavorazione al prodotto finito di imballaggio, nonché svolge attività di recupero e
riciclo a fine vita dell’imballaggio stesso;
bb) ritiro: l’operazione di ripresa dei rifiuti di imballaggio primari o comunque conferiti al
servizio pubblico, nonché dei rifiuti speciali assimilati, gestita dagli operatori dei servizi di
igiene urbana o simili;
cc) ripresa: l’operazione di restituzione degli imballaggi usati secondari e terziari
dall’utilizzatore o utente finale, escluso il consumatore, al fornitore della merce o distributore
e, a ritroso, lungo la catena logistica di fornitura fino al produttore dell’ imballaggio stesso;
dd) imballaggio usato: imballaggio secondario o terziario già utilizzato e destinato ad essere
ritirato o ripreso. - La definizione di imballaggio di cui alle lettere da a) ad e) del comma 1 è inoltre basata sui criteri
interpretativi indicati nell’articolo 3 della direttiva 94/62/CEE, così come modificata dalla direttiva
2004/12/CE e sugli esempi illustrativi riportati nell’Allegato E alla parte quarta del presente decreto. - Criteri informatori dell’attività di gestione dei rifiuti di imballaggio
- L’attività di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio si informa ai seguenti princìpi generali:
a) incentivazione e promozione della prevenzione alla fonte della quantità e della pericolosità
nella fabbricazione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, soprattutto attraverso
iniziative, anche di natura economica in conformità ai princìpi del diritto comunitario, volte a
promuovere lo sviluppo di tecnologie pulite ed a ridurre a monte la produzione e
l’utilizzazione degli imballaggi, nonché a favorire la produzione di imballaggi riutilizzabili ed il
loro concreto riutilizzo;
b) incentivazione del riciclaggio e del recupero di materia prima, sviluppo della raccolta
differenziata di rifiuti di imballaggio e promozione di opportunità di mercato per incoraggiare
l’utilizzazione dei materiali ottenuti da imballaggi riciclati e recuperati;
c) riduzione del flusso dei rifiuti di imballaggio destinati allo smaltimento finale attraverso le
altre forme di recupero;
d) applicazione di misure di prevenzione consistenti in programmi nazionali o azioni analoghe
da adottarsi previa consultazione degli operatori economici interessati. - Al fine di assicurare la responsabilizzazione degli operatori economici conformemente al principio «chi
inquina paga» nonché la cooperazione degli stessi secondo i princìpi della «responsabilità condivisa»,
l’attività di gestione dei rifiuti di imballaggio si ispira, inoltre, ai seguenti princìpi:
a) individuazione degli obblighi di ciascun operatore economico, garantendo che il costo della
raccolta differenziata, della valorizzazione e dell’eliminazione dei rifiuti di imballaggio sia
sostenuto dai produttori e dagli utilizzatori in proporzione alle quantità di imballaggi immessi
sul mercato nazionale e che la pubblica amministrazione organizzi la raccolta differenziata;
b) promozione di forme di cooperazione tra i soggetti pubblici e privati;
c) informazione agli utenti degli imballaggi ed in particolare ai consumatori secondo le
disposizioni del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di attuazione della direttiva
2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale;
d) incentivazione della restituzione degli imballaggi usati e del conferimento dei rifiuti di
imballaggio in raccolta differenziata da parte del consumatore. - Le informazioni di cui alla lettera c) del comma 2 riguardano in particolare:
a) i sistemi di restituzione, di raccolta e di recupero disponibili;
b) il ruolo degli utenti di imballaggi e dei consumatori nel processo di riutilizzazione, di
recupero e di riciclaggio degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;
c) il significato dei marchi apposti sugli imballaggi quali si presentano sul mercato;
d) gli elementi significativi dei programmi di gestione per gli imballaggi ed i rifiuti di
imballaggio, di cui all’articolo 225, comma 1, e gli elementi significativi delle specifiche
previsioni contenute nei piani regionali ai sensi dell’articolo 225, comma 6. - In conformità alle determinazioni assunte dalla Commissione dell’Unione europea, con decreto del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività
produttive, sono adottate le misure tecniche necessarie per l’applicazione delle disposizioni del presente
titolo, con particolare riferimento agli imballaggi pericolosi, anche domestici, nonché agli imballaggi primari
di apparecchiature mediche e prodotti farmaceutici, ai piccoli imballaggi ed agli imballaggi di lusso. Qualora
siano coinvolti aspetti sanitari, il predetto decreto è adottato di concerto con il Ministro della salute. - Tutti gli imballaggi devono essere opportunamente etichettati secondo le modalità stabilite con decreto
del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività
produttive in conformità alle determinazioni adottate dalla Commissione dell’Unione europea, per facilitare
la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi, nonché per dare una corretta
informazione ai consumatori sulle destinazioni finali degli imballaggi. Il predetto decreto dovrà altresì
prescrivere l’obbligo di indicare, ai fini della identificazione e classificazione dell’imballaggio da parte
dell’industria interessata, la natura dei materiali di imballaggio utilizzati, sulla base della decisione
97/129/CE della Commissione.
219-bis. Sistema di restituzione di specifiche tipologie di imballaggi destinati all’uso
alimentare
(articolo introdotto dall’art. 39, comma 1, legge n. 221 del 2015) - Al fine di prevenire la produzione di rifiuti di imballaggio e di favorire il riutilizzo degli imballaggi usati,
entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione è introdotto, in via sperimentale e
su base volontaria del singolo esercente, il sistema del vuoto a rendere su cauzione per gli imballaggi
contenenti birra o acqua minerale serviti al pubblico da alberghi e residenze di villeggiatura, ristoranti, bar
e altri punti di consumo. - La sperimentazione di cui al comma 1 ha una durata di dodici mesi.
- Ai fini del comma 1, al momento dell’acquisto dell’imballaggio pieno l’utente versa una cauzione con
diritto di ripetizione della stessa al momento della restituzione dell’imballaggio usato. - Con regolamento adottato, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con
decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello
sviluppo economico, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono
disciplinate le modalità della sperimentazione di cui al presente articolo. Con il medesimo regolamento sono
determinate le forme di incentivazione e le loro modalità di applicazione nonché i valori cauzionali per ogni
singola tipologia di imballaggi di cui al presente articolo. Al termine della fase sperimentale si valuterà, sulla
base degli esiti della sperimentazione stessa e sentite le categorie interessate, se confermare e se
estendere il sistema del vuoto a rendere ad altri tipi di prodotto nonché ad altre tipologie di consumo. - Obiettivi di recupero e di riciclaggio
- Per conformarsi ai princìpi di cui all’articolo 219, i produttori e gli utilizzatori devono conseguire gli
obiettivi finali di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio in conformità alla disciplina comunitaria
indicati nell’Allegato E alla parte quarta del presente decreto. - Per garantire il controllo del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio e di recupero, il Consorzio
nazionale degli imballaggi di cui all’articolo 224 acquisisce da tutti i soggetti che operano nel settore degli
imballaggi e dei rifiuti di imballaggi i dati relativi al riciclaggio e al recupero degli stessi e comunica
annualmente alla Sezione nazionale del Catasto dei rifiuti, utilizzando il modello unico di dichiarazione di cui
all’articolo 1 della legge 25 gennaio 1994, n. 70, i dati, riferiti all’anno solare precedente, relativi al
quantitativo degli imballaggi per ciascun materiale e per tipo di imballaggio immesso sul mercato, nonché,
per ciascun materiale, la quantità degli imballaggi riutilizzati e dei rifiuti di imballaggio riciclati e recuperati
provenienti dal mercato nazionale. Le predette comunicazioni possono essere presentate dai soggetti di cui
all’articolo 221, comma 3, lettere a) e c), per coloro i quali hanno aderito ai sistemi gestionali ivi previsti ed
inviate contestualmente al Consorzio nazionale imballaggi. I rifiuti di imballaggio esportati dalla Comunità
sono presi in considerazione, ai fini dell’adempimento degli obblighi e del conseguimento degli obiettivi di
cui al comma 1, solo se sussiste idonea documentazione comprovante che l’operazione di recupero e/o di
riciclaggio è stata effettuata con modalità equivalenti a quelle previste al riguardo dalla legislazione
comunitaria. L’Autorità di cui all’articolo 207, entro centoventi giorni dalla sua istituzione, redige un elenco
dei Paesi extracomunitari in cui le operazioni di recupero e/o di riciclaggio sono considerate equivalenti a
quelle previste al riguardo dalla legislazione comunitaria, tenendo conto anche di eventuali decisioni e
orientamenti dell’Unione europea in materia.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 30-bis, d.lgs. n. 4 del 2008, poi dall’art. 5, comma 2-bis, legge
n. 13 del 2009) - (abrogato dall’art. 2, comma 30-bis, d.lgs. n. 4 del 2008)
- Le pubbliche amministrazioni e i gestori incoraggiano, ove opportuno, l’uso di materiali ottenuti da rifiuti
di imballaggio riciclati per la fabbricazione di imballaggi e altri prodotti mediante:
a) il miglioramento delle condizioni di mercato per tali materiali;
b) la revisione delle norme esistenti che impediscono l’uso di tali materiali. - Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 224, comma 3, lettera e), qualora gli obiettivi complessivi di
riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio come fissati al comma 1 non siano raggiunti alla scadenza
prevista, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri,
su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle attività
produttive, alle diverse tipologie di materiali di imballaggi sono applicate misure di carattere economico,
proporzionate al mancato raggiungimento di singoli obiettivi, il cui introito è versato all’entrata del bilancio
dello Stato per essere riassegnato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze ad apposito
capitolo del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Dette somme saranno utilizzate
per promuovere la prevenzione, la raccolta differenziata, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio. - Gli obiettivi di cui al comma 1 sono riferiti ai rifiuti di imballaggio generati sul territorio nazionale, nonché
a tutti i sistemi di riciclaggio e di recupero al netto degli scarti e sono adottati ed aggiornati in conformità
alla normativa comunitaria con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di
concerto con il Ministro delle attività produttive. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle attività produttive
notificano alla Commissione dell’Unione europea, ai sensi e secondo le modalità di cui agli articoli 12, 16 e
17 della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, la relazione
sull’attuazione delle disposizioni del presente titolo accompagnata dai dati acquisiti ai sensi del comma 2 e i
progetti delle misure che si intendono adottare nell’ambito del titolo medesimo. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle attività produttive
forniscono periodicamente all’Unione europea e agli altri Paesi membri i dati sugli imballaggi e sui rifiuti di
imballaggio secondo le tabelle e gli schemi adottati dalla Commissione dell’Unione europea con la decisione
2005/270/CE del 22 marzo 2005. - Obblighi dei produttori e degli utilizzatori
- I produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta ed efficace gestione ambientale degli
imballaggi e dei rifiuti di imballaggio generati dal consumo dei propri prodotti. - Nell’ambito degli obiettivi di cui agli articoli 205 e 220 e del Programma di cui all’articolo 225, i produttori
e gli utilizzatori, su richiesta del gestore del servizio e secondo quanto previsto dall’accordo di programma
di cui all’articolo 224, comma 5, adempiono all’obbligo del ritiro dei rifiuti di imballaggio primari o
comunque conferiti al servizio pubblico della stessa natura e raccolti in modo differenziato. A tal fine, per
garantire il necessario raccordo con l’attività di raccolta differenziata organizzata dalle pubbliche
amministrazioni e per le altre finalità indicate nell’articolo 224, i produttori e gli utilizzatori partecipano al
Consorzio nazionale imballaggi, salvo il caso in cui venga adottato uno dei sistemi di cui al comma 3,
lettere a) e c) del presente articolo. - Per adempiere agli obblighi di riciclaggio e di recupero nonché agli obblighi della ripresa degli imballaggi
usati e della raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari su superfici private, e con riferimento
all’obbligo del ritiro, su indicazione del Consorzio nazionale imballaggi di cui all’articolo 224, dei rifiuti di
imballaggio conferiti dal servizio pubblico, i produttori possono alternativamente:
a) organizzare autonomamente, anche in forma collettiva, la gestione dei propri rifiuti di
imballaggio sull’intero territorio nazionale;
(lettera così modificata dall’art. 26, comma 1, lettera a), numero 1), legge n. 27 del 2012)
b) aderire ad uno dei consorzi di cui all’articolo 223;
c) attestare sotto la propria responsabilità che è stato messo in atto un sistema di
restituzione dei propri imballaggi, mediante idonea documentazione che dimostri
l’autosufficienza del sistema, nel rispetto dei criteri e delle modalità di cui ai commi 5 e 6. - Ai fini di cui al comma 3 gli utilizzatori sono tenuti a consegnare gli imballaggi usati secondari e terziari e
i rifiuti di imballaggio secondari e terziari in un luogo di raccolta organizzato dai produttori e con gli stessi
concordato. Gli utilizzatori possono tuttavia conferire al servizio pubblico i suddetti imballaggi e rifiuti di
imballaggio nei limiti derivanti dai criteri determinati ai sensi dell’articolo 195, comma 2, lettera e).
(comma così modificato dall’art. 2, comma 30-ter, d.lgs. n. 4 del 2008) - I produttori che non intendono aderire al Consorzio Nazionale Imballaggi e a un Consorzio di cui
all’articolo 223, devono presentare all’Osservatorio nazionale sui rifiuti il progetto del sistema di cui al
comma 3, lettere a) o c) richiedendone il riconoscimento sulla base di idonea documentazione. Il progetto
va presentato entro novanta giorni dall’assunzione della qualifica di produttore ai sensi dell’articolo 218,
comma 1, lettera r) o prima del recesso da uno dei suddetti Consorzi. Il recesso sarà, in ogni caso, efficace
solo dal momento in cui, intervenuto il riconoscimento, l’Osservatorio accerti il funzionamento del sistema e
ne dia comunicazione al Consorzio. L’obbligo di corrispondere il contributo ambientale di cui all’articolo 224,
comma 3, lettera h), è sospeso a seguito dell’intervenuto riconoscimento del progetto sulla base di idonea
documentazione e sino al provvedimento definitivo che accerti il funzionamento o il mancato
funzionamento del sistema e ne dia comunicazione al Consorzio. Per ottenere il riconoscimento i produttori
devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che
il sistema è effettivamente ed autonomamente funzionante e che è in grado di conseguire, nell’ambito delle
attività svolte, gli obiettivi di recupero e di riciclaggio di cui all’articolo 220. I produttori devono inoltre
garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali degli imballaggi siano informati sulle modalità del sistema
adottato. L’osservatorio, acquisiti i necessari elementi di valutazione forniti dall’ISPRA, si esprime entro
novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l’interessato chiede al
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare l’adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi
da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L’osservatorio sarà tenuto a presentare una relazione annuale
di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite. Sono fatti salvi i riconoscimenti già operati ai sensi della
previgente normativa. Alle domande disciplinate dal presente comma si applicano, in quanto compatibili, le
disposizioni relative alle attività private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto
1990, n. 241. A condizione che siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche
adottate ai sensi del presente articolo, le attività di cui al comma 3 lettere a) e c) possono essere
intraprese decorsi novanta giorni dallo scadere del termine per l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte del
ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare come indicato nella presente norma.
(comma modificato dall’art. 2, comma 30-ter, d.lgs. n. 4 del 2008, poi dall’art. 5, comma 2-ter, legge n. 13
del 2009, poi dall’art. 26, comma 1, lettera a), numero 2), legge n. 27 del 2012, poi dall’art. 1, comma
120, legge n. 124 del 2017) - I produttori di cui al comma 5 elaborano e trasmettono al Consorzio nazionale imballaggi di cui
all’articolo 224 un proprio Programma specifico di prevenzione che costituisce la base per l’elaborazione del
programma generale di cui all’articolo 225. - Entro il 30 settembre di ogni anno i produttori di cui al comma 5 presentano all’Autorità prevista
dall’articolo 207 e al Consorzio nazionale imballaggi un piano specifico di prevenzione e gestione relativo
all’anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione di cui
all’articolo 225. - Entro il 31 maggio di ogni anno, i produttori di cui al comma 5 sono inoltre tenuti a presentare
all’Autorità prevista dall’articolo 207 ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla gestione
relativa all’anno solare precedente, comprensiva dell’indicazione nominativa degli utilizzatori che, fino al
consumo, partecipano al sistema di cui al comma 3, lettere a) o c), del programma specifico e dei risultati
conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio; nella stessa relazione possono essere
evidenziati i problemi inerenti il raggiungimento degli scopi istituzionali e le eventuali proposte di
adeguamento della normativa. - Il mancato riconoscimento del sistema ai sensi del comma 5, o la revoca disposta dall’Autorità, previo
avviso all’interessato, qualora i risultati ottenuti siano insufficienti per conseguire gli obiettivi di cui
all’articolo 220 ovvero siano stati violati gli obblighi previsti dai commi 6 e 7, comportano per i produttori
l’obbligo di partecipare ad uno dei consorzi di cui all’articolo 223 e, assieme ai propri utilizzatori di ogni
livello fino al consumo, al consorzio previsto dall’articolo 224. I provvedimenti dell’Autorità sono comunicati
ai produttori interessati e al Consorzio nazionale imballaggi. L’adesione obbligatoria ai consorzi disposta in
applicazione del presente comma ha effetto retroattivo ai soli fini della corresponsione del contributo
ambientale previsto dall’articolo 224, comma 3, lettera h), e dei relativi interessi di mora. Ai produttori e
agli utilizzatori che, entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione dell’Autorità, non provvedano
ad aderire ai consorzi e a versare le somme a essi dovute si applicano inoltre le sanzioni previste
dall’articolo 261. - Sono a carico dei produttori e degli utilizzatori:
(comma così modificato dall’art. 2, comma 30-ter, d.lgs. n. 4 del 2008)
a) i costi per il ritiro degli imballaggi usati e la raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e
terziari;
b) il corrispettivo per i maggiori oneri relativi alla raccolta differenziata dei rifiuti di
imballaggio conferiti al servizio pubblico per i quali l’Autorità d’ambito richiede al Consorzio
nazionale imballaggi o per esso ai soggetti di cui al comma 3 di procedere al ritiro;
c) i costi per il riutilizzo degli imballaggi usati;
d) i costi per il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio;
e) i costi per lo smaltimento dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari. - La restituzione di imballaggi usati o di rifiuti di imballaggio, ivi compreso il conferimento di rifiuti in
raccolta differenziata, non deve comportare oneri economici per il consumatore. - Raccolta differenziata e obblighi della pubblica amministrazione
- La pubblica amministrazione deve organizzare sistemi adeguati di raccolta differenziata in modo da
permettere al consumatore di conferire al servizio pubblico rifiuti di imballaggio selezionati dai rifiuti
domestici e da altri tipi di rifiuti di imballaggio. In particolare:
a) deve essere garantita la copertura omogenea del territorio in ciascun ambito territoriale
ottimale, tenuto conto del contesto geografico;
b) la gestione della raccolta differenziata deve essere effettuata secondo criteri che
privilegino l’efficacia, l’efficienza e l’economicità del servizio, nonché il coordinamento con la
gestione di altri rifiuti. - Nel caso in cui l’osservatorio nazionale sui rifiuti accerti che le pubbliche amministrazioni non abbiano
attivato sistemi adeguati di raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, anche per il raggiungimento degli
obiettivi di cui all’articolo 205, ed in particolare di quelli di recupero e riciclaggio di cui all’articolo 220, può
richiedere al Consorzio nazionale imballaggi di sostituirsi ai gestori dei servizi di raccolta differenziata,
anche avvalendosi di soggetti pubblici o privati individuati dal Consorzio nazionale imballaggi medesimo
mediante procedure trasparenti e selettive, in via temporanea e d’urgenza, comunque per un periodo non
superiore a ventiquattro mesi, sempre che ciò avvenga all’interno di ambiti ottimali opportunamente
identificati, per l’organizzazione e/o integrazione del servizio ritenuto insufficiente. Qualora il Consorzio
nazionale imballaggi, per raggiungere gli obiettivi di recupero e riciclaggio previsti dall’articolo 220, decida
di aderire alla richiesta, verrà al medesimo corrisposto il valore della tariffa applicata per la raccolta dei
rifiuti urbani corrispondente, al netto dei ricavi conseguiti dalla vendita dei materiali e del corrispettivo
dovuto sul ritiro dei rifiuti di imballaggio e delle frazioni merceologiche omogenee. Ove il Consorzio
nazionale imballaggi non dichiari di accettare entro quindici giorni dalla richiesta, l’Autorità, nei successivi
quindici giorni, individua, mediante procedure trasparenti e selettive, un soggetto di comprovata e
documentata affidabilità e capacità a cui affidare la raccolta differenziata e conferire i rifiuti di imballaggio
in via temporanea e d’urgenza, fino all’espletamento delle procedure ordinarie di aggiudicazione del
servizio e comunque per un periodo non superiore a dodici mesi, prorogabili di ulteriori dodici mesi in caso
di impossibilità oggettiva e documentata di aggiudicazione.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 30-ter bis, d.lgs. n. 4 del 2008) - Le pubbliche amministrazioni incoraggiano, ove opportuno, l’utilizzazione di materiali provenienti da
rifiuti di imballaggio riciclati per la fabbricazione di imballaggi e altri prodotti. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle attività produttive
curano la pubblicazione delle misure e degli obiettivi oggetto delle campagne di informazione di cui
all’articolo 224, comma 3, lettera g). - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività
produttive cura la pubblicazione delle norme nazionali che recepiscono le norme armonizzate di cui
all’articolo 226, comma 3, e ne dà comunicazione alla Commissione dell’Unione europea. - Consorzi
(articolo così modificato dall’art. 2, comma 30-quater, d.lgs. n. 4 del 2008) - I produttori che non provvedono ai sensi dell’articolo 221, comma 3, lettere a) e c), costituiscono un
Consorzio per ciascun materiale di imballaggio di cui all’allegato E della parte quarta del presente decreto,
operante su tutto il territorio nazionale. Ai Consorzi possono partecipare i recuperatori, ed i riciclatori che
non corrispondono alla categoria dei produttori, previo accordo con gli altri consorziati ed unitamente agli
stessi. - I consorzi di cui al comma 1 hanno personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro e sono retti
da uno statuto adottato in conformità ad uno schema tipo, redatto dal Ministro dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive, da pubblicare nella Gazzetta
Ufficiale entro il 31 dicembre 2008, conformemente ai princìpi del presente decreto e, in particolare, a
quelli di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, nonché di libera concorrenza nelle attività di
settore. Lo statuto adottato da ciascun consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare che lo approva nei successivi novanta giorni, con suo provvedimento
adottato di concerto con il Ministro delle attività produttive. Ove il Ministro ritenga di non approvare lo
statuto trasmesso, per motivi di legittimità o di merito, lo ritrasmette al consorzio richiedente con le relative
osservazioni. Entro il 31 dicembre 2008 i Consorzi già riconosciuti dalla previgente normativa adeguano il
proprio statuto in conformità al nuovo schema tipo e ai principi contenuti nel presente decreto ed in
particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera Concorrenza nelle
attività di settore, ai sensi dell’articolo 221, comma 2. Nei consigli di amministrazione dei consorzi il numero
dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei riciclatori e dei recuperatori deve essere uguale a
quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori di materie prime di imballaggio.
Lo statuto adottato da ciascun Consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo
economico e con il Ministro dell’economia e delle finanze, salvo motivate osservazioni cui i Consorzi sono
tenuti ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora i Consorzi non ottemperino nei termini prescritti,
le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico. Il decreto ministeriale di
approvazione dello statuto dei consorzi è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. - I consorzi di cui al comma 1 e 2 sono tenuti a garantire l’equilibrio della propria gestione finanziaria. A
tal fine i mezzi finanziari per il funzionamento dei predetti consorzi derivano dai contributi dei consorziati e
dai versamenti effettuati dal Consorzio nazionale imballaggi ai sensi dell’articolo 224, comma 3, lettera h),
secondo le modalità indicate dall’articolo 224, comma 8, dai proventi della cessione, nel rispetto dei princìpi
della concorrenza e della corretta gestione ambientale, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio ripresi,
raccolti o ritirati, nonché da altri eventuali proventi e contributi di consorziati o di terzi. - Ciascun Consorzio mette a punto e trasmette al CONAI e all’Osservatorio nazionale sui rifiuti un proprio
programma pluriennale di prevenzione della produzione di rifiuti d’imballaggio entro il 30 settembre di ogni
anno. - Entro il 30 settembre di ogni anno i consorzi di cui al presente articolo presentano all’Osservatorio
nazionale sui rifiuti e al Consorzio nazionale imballaggi un piano specifico di prevenzione e gestione relativo
all’anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione. - Entro il 31 maggio di ogni anno, i consorzi di cui al presente articolo sono inoltre tenuti a presentare
all’Osservatorio nazionale sui rifiuti ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla gestione
relativa all’anno precedente, con l’indicazione nominativa dei consorziati, il programma specifico ed i
risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio. - Consorzio nazionale imballaggi
(articolo così modificato dall’art. 2, comma 30-quinquies, d.lgs. n. 4 del 2008) - Per il raggiungimento degli obiettivi globali di recupero e di riciclaggio e per garantire il necessario
coordinamento dell’attività di raccolta differenziata, i produttori e gli utilizzatori, nel rispetto di quanto
previsto dall’articolo 221, comma 2, partecipano in forma paritaria al Consorzio nazionale imballaggi, in
seguito denominato CONAI, che ha personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro ed è retto da
uno statuto approvato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di
concerto con il Ministro delle attività produttive. - Entro il 30 giugno 2008, il CONAI adegua il proprio statuto ai princìpi contenuti nel presente decreto ed
in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle
attività di settore, ai sensi dell’articolo 221, comma 2. Lo statuto adottato è trasmesso entro quindici giorni
al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare che lo approva di concerto con il Ministro
delle attività produttive, salvo motivate osservazioni cui il CONAI è tenuto ad adeguarsi nei successivi
sessanta giorni. Qualora il CONAI non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono
apportate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministro delle attività produttive. - Il CONAI svolge le seguenti funzioni:
a) definisce, in accordo con le regioni e con le pubbliche amministrazioni interessate, gli
ambiti territoriali in cui rendere operante un sistema integrato che comprenda la raccolta, la
selezione e il trasporto dei materiali selezionati a centri di raccolta o di smistamento;
b) definisce, con le pubbliche amministrazioni appartenenti ai singoli sistemi integrati di cui
alla lettera a), le condizioni generali di ritiro da parte dei produttori dei rifiuti selezionati
provenienti dalla raccolta differenziata;
c) elabora ed aggiorna, valutati i programmi specifici di prevenzione di cui agli articoli 221,
comma 6, e 223, comma 4, il Programma generale per la prevenzione e la gestione degli
imballaggi e dei rifiuti di imballaggio di cui all’articolo 225;
d) promuove accordi di programma con gli operatori economici per favorire il riciclaggio e il
recupero dei rifiuti di imballaggio e ne garantisce l’attuazione;
e) assicura la necessaria cooperazione tra i consorzi di cui all’articolo 223, i soggetti di cui
all’articolo 221, comma 3, lettere a) e c) e gli altri operatori economici, anche eventualmente
destinando una quota del contributo ambientale CONAI, di cui alla lettera h), ai consorzi che
realizzano percentuali di recupero o di riciclo superiori a quelle minime indicate nel
Programma generale, al fine del conseguimento degli obiettivi globali di cui all’Allegato E alla
parte quarta del presente decreto. Ai consorzi che non raggiungono i singoli obiettivi di
recupero è in ogni caso ridotta la quota del contributo ambientale ad essi riconosciuto dal
Conai;
f) indirizza e garantisce il necessario raccordo tra le amministrazioni pubbliche, i consorzi e gli
altri operatori economici;
g) organizza, in accordo con le pubbliche amministrazioni, le campagne di informazione
ritenute utili ai fini dell’attuazione del Programma generale;
h) ripartisce tra i produttori e gli utilizzatori il corrispettivo per i maggiori oneri della raccolta
differenziata di cui all’articolo 221, comma 10, lettera b), nonché gli oneri per il riciclaggio e
per il recupero dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio di raccolta differenziata, in
proporzione alla quantità totale, al peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio immessi
sul mercato nazionale, al netto delle quantità di imballaggi usati riutilizzati nell’anno
precedente per ciascuna tipologia di materiale. A tal fine determina e pone a carico dei
consorziati, con le modalità individuate dallo statuto, anche in base alle utilizzazioni e ai criteri
di cui al comma 8, il contributo denominato contributo ambientale CONAI;
i) promuove il coordinamento con la gestione di altri rifiuti previsto dall’articolo 222, comma
1, lettera b), anche definendone gli ambiti di applicazione;
l) promuove la conclusione, su base volontaria, di accordi tra i consorzi di cui all’articolo 223 e
i soggetti di cui all’articolo 221, comma 3, lettere a) e c), con soggetti pubblici e privati. Tali
accordi sono relativi alla gestione ambientale della medesima tipologia di materiale oggetto
dell’intervento dei consorzi con riguardo agli imballaggi, esclusa in ogni caso l’utilizzazione del
contributo ambientale CONAI;
m) fornisce i dati e le informazioni richieste dall’Autorità di cui all’articolo 207 e assicura
l’osservanza degli indirizzi da questa tracciati;
n) acquisisce da enti pubblici o privati, nazionali o esteri, i dati relativi ai flussi degli
imballaggi in entrata e in uscita dal territorio nazionale e i dati degli operatori economici
coinvolti. Il conferimento di tali dati al CONAI e la raccolta, l’elaborazione e l’utilizzo degli
stessi da parte di questo si considerano, ai fini di quanto previsto dall’articolo 178, comma 1,
di rilevante interesse pubblico ai sensi dell’articolo 53 del decreto legislativo 30 giugno 2003,
n. 196. - Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione
accantonati dal CONAI e dai consorzi di cui all’articolo 223 nelle riserve costituenti il loro patrimonio netto
non concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto
qualsiasi forma, ai consorziati ed agli aderenti di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei
predetti sistemi gestionali, dei consorzi e del CONAI. - Il CONAI può stipulare un accordo di programma quadro su base nazionale con l’Associazione nazionale
Comuni italiani (ANCI), con l’Unione delle province italiane (PI) o con le Autorità d’ambito al fine di
garantire l’attuazione del principio di corresponsabilità gestionale tra produttori, utilizzatori e pubbliche
amministrazioni. In particolare, tale accordo stabilisce:
a) l’entità dei maggiori oneri per la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, di cui
all’articolo 221, comma 10, lettera b), da versare alle competenti pubbliche amministrazioni,
determinati secondo criteri di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza di gestione del
servizio medesimo, nonché sulla base della tariffa di cui all’articolo 238, dalla data di entrata
in vigore della stessa;
b) gli obblighi e le sanzioni posti a carico delle parti contraenti;
c) le modalità di raccolta dei rifiuti da imballaggio in relazione alle esigenze delle attività di
riciclaggio e di recupero. - L’accordo di programma di cui al comma 5 è trasmesso all’Autorità di cui all’articolo 207, che può
richiedere eventuali modifiche ed integrazioni entro i successivi sessanta giorni. - Ai fini della ripartizione dei costi di cui al comma 3, lettera h), sono esclusi dal calcolo gli imballaggi
riutilizzabili immessi sul mercato previa cauzione. - Il contributo ambientale del Conai è utilizzato in via prioritaria per il ritiro degli imballaggi primari o
comunque conferiti al servizio pubblico e, in via accessoria, per l’organizzazione dei sistemi di raccolta,
recupero e riciclaggio dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari. A tali fini, tale contributo è attribuito dal
Conai, sulla base di apposite convenzioni, ai soggetti di cui all’articolo 223, in proporzione alla quantità
totale, al peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio immessi sul mercato nazionale, al netto delle
quantità di imballaggi usati riutilizzati nell’anno precedente per ciascuna tipologia di materiale. Il CONAI
provvede ai mezzi finanziari necessari per lo svolgimento delle proprie funzioni con i proventi dell’attività,
con i contributi dei consorziati e con una quota del contributo ambientale CONAI, determinata nella misura
necessaria a far fronte alle spese derivanti dall’espletamento, nel rispetto dei criteri di contenimento dei
costi e di efficienza della gestione, delle funzioni conferitegli dal presente titolo nonché con altri contributi e
proventi di consorziati e di terzi, compresi quelli dei soggetti di cui all’articolo 221, lettere a) e c), per le
attività svolte in loro favore in adempimento alle prescrizioni di legge. - L’applicazione del contributo ambientale CONAI esclude l’assoggettamento del medesimo bene e delle
materie prime che lo costituiscono ad altri contributi con finalità ambientali previsti dalla parte quarta del
presente decreto o comunque istituiti in applicazione del presente decreto. - Al Consiglio di amministrazione del CONAI partecipa con diritto di voto un rappresentante dei
consumatori indicato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministro delle
attività produttive. - (abrogato dall’art. 2, comma 30-quinquies, d.lgs. n. 4 del 2008)
- In caso di mancata stipula dell’accordo di cui al comma 5, entro novanta giorni dall’entrata in vigore del
presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare invita le parti a
trovare un’intesa entro sessanta giorni, decorsi i quali senza esito positivo, provvede direttamente, d’intesa
con Ministro dello sviluppo economico, a definire il corrispettivo di cui alla lettera a) del comma 5.
L’accordo di cui al comma 5 è sottoscritto, per le specifiche condizioni tecniche ed economiche relative al
ritiro dei rifiuti di ciascun materiale d’imballaggio, anche dal competente Consorzio di cui all’articolo 223.
Nel caso in cui uno di questi Consorzi non lo sottoscriva e/o non raggiunga le intese necessarie con gli enti
locali per il ritiro dei rifiuti d’imballaggio, il Conai subentra nella conclusione delle convenzioni locali al fine
di assicurare il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio previsti dall’articolo 220. - Nel caso siano superati, a livello nazionale, gli obiettivi finali di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di
imballaggio indicati nel programma generale di prevenzione e gestione degli imballaggi di cui all’articolo
225, il CONAI adotta, nell’ambito delle proprie disponibilità finanziarie, forme particolari di incentivo per il
ritiro dei rifiuti di imballaggi nelle aree geografiche che non abbiano ancora raggiunto gli obiettivi di
raccolta differenziata di cui all’articolo 205, comma 1, entro i limiti massimi di riciclaggio previsti
dall’Allegato E alla parte quarta del presente decreto. - Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di
imballaggio - Sulla base dei programmi specifici di prevenzione di cui agli articoli 221, comma 6, e 223, comma 4, il
CONAI elabora annualmente un Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei
rifiuti di imballaggio che individua, con riferimento alle singole tipologie di materiale di imballaggio, le
misure per conseguire i seguenti obiettivi:
a) prevenzione della formazione dei rifiuti di imballaggio;
b) accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggio riciclabili rispetto alla
quantità di imballaggi non riciclabili;
c) accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggio riutilizzabili rispetto
alla quantità di imballaggi non riutilizzabili;
d) miglioramento delle caratteristiche dell’imballaggio allo scopo di permettere ad esso di
sopportare più tragitti o rotazioni nelle condizioni di utilizzo normalmente prevedibili;
e) realizzazione degli obiettivi di recupero e riciclaggio. - Il Programma generale di prevenzione determina, inoltre:
a) la percentuale in peso di ciascuna tipologia di rifiuti di imballaggio da recuperare ogni
cinque anni e, nell’ambito di questo obiettivo globale, sulla base della stessa scadenza, la
percentuale in peso da riciclare delle singole tipologie di materiali di imballaggio, con un
minimo percentuale in peso per ciascun materiale;
b) gli obiettivi intermedi di recupero e riciclaggio rispetto agli obiettivi di cui alla lettera a). - Entro il 30 novembre di ogni anno il CONAI trasmette all’Osservatorio nazionale sui rifiuti un piano
specifico di prevenzione e gestione relativo all’anno solare successivo, che sarà inserito nel programma
generale di prevenzione e gestione.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 30-quinquies bis, d.lgs. n. 4 del 2008) - La relazione generale consuntiva relativa all’anno solare precedente è trasmessa per il parere all’Autorità
di cui all’articolo 207, entro il 30 giugno di ogni anno. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare e del Ministro delle attività produttive, d’intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e l’ANCI si provvede alla
approvazione ed alle eventuali modificazioni e integrazioni del Programma generale di prevenzione e di
gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio. - Nel caso in cui il Programma generale non sia predisposto, lo stesso è elaborato in via sostitutiva
dall’Osservatorio nazionale sui rifiuti. In tal caso gli obiettivi di recupero e riciclaggio sono quelli massimi
previsti dall’allegato E alla parte quarta del presente decreto.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 30-quinquies bis, d.lgs. n. 4 del 2008) - I piani regionali di cui all’articolo 199 sono integrati con specifiche previsioni per la gestione degli
imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sulla base del programma di cui al presente articolo. - Divieti
- È vietato lo smaltimento in discarica degli imballaggi e dei contenitori recuperati, ad eccezione degli
scarti derivanti dalle operazioni di selezione, riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio. - Fermo restando quanto previsto dall’articolo 221, comma 4, è vietato immettere nel normale circuito di
raccolta dei rifiuti urbani imballaggi terziari di qualsiasi natura. Eventuali imballaggi secondari non restituiti
all’utilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere conferiti al servizio pubblico solo in raccolta
differenziata, ove la stessa sia stata attivata nei limiti previsti dall’articolo 221, comma 4. - Possono essere commercializzati solo imballaggi rispondenti a tutti i requisiti essenziali stabiliti dalla
direttiva 94/62/CEE e riportati nell’allegato F alla parte quarta del presente decreto. Tali requisiti si
presumono soddisfatti quando gli imballaggi siano conformi alle pertinenti norme armonizzate i cui numeri
di riferimento sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o alle norme nazionali che
abbiano recepito tali norme armonizzate e, in mancanza di queste, agli standard europei fissati dal
Comitato europeo di normalizzazione. In mancanza delle norme armonizzate, i requisiti essenziali stabiliti
nella direttiva 94/62/CE nonché quelli di cui all’allegato F alla parte quarta del presente decreto si
presumono soddisfatti quando gli imballaggi sono conformi alle pertinenti norme nazionali, adottate ai
sensi del paragrafo 3 dell’articolo 9 della direttiva 94/62/CE. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive sono aggiornati i predetti
standard, tenuto conto della comunicazione della Commissione europea 2005/C44/13. Sino all’emanazione
del predetto decreto si applica l’Allegato F alla parte quarta del presente decreto.
(comma così modificato dall’art. 23, comma 1, legge n. 115 del 2015) - È vietato immettere sul mercato imballaggi o componenti di imballaggio, ad eccezione degli imballaggi
interamente costituiti di cristallo, con livelli totali di concentrazione di piombo, mercurio, cadmio e cromo
esavalente superiore a 100 parti per milione (ppm) in peso. Per gli imballaggi in vetro si applica la
decisione 2001/171/CE del 19 febbraio 2001 e per gli imballaggi in plastica si applica la decisione
1999/177/CE dell’ 8 febbraio 1999. - Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro
delle attività produttive sono determinate, in conformità alle decisioni dell’Unione europea:
a) le condizioni alle quali i livelli di concentrazione di cui al comma 4 non si applicano ai
materiali riciclati e ai circuiti di produzione localizzati in una catena chiusa e controllata;
b) le tipologie di imballaggio esonerate dal requisito di cui al comma 4.
226-bis. Divieti di commercializzazione delle borse di plastica - Fatta salva comunque la commercializzazione delle borse di plastica biodegradabili e compostabili, è
vietata la commercializzazione delle borse di plastica in materiale leggero, nonché delle altre borse di
plastica non rispondenti alle seguenti caratteristiche:
a) borse di plastica riutilizzabili con maniglia esterna alla dimensione utile del sacco:
1) con spessore della singola parete superiore a 200 micron e contenenti una
percentuale di plastica riciclata di almeno il 30 per cento fornite, come
imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari;
2) con spessore della singola parete superiore a 100 micron e contenenti una
percentuale di plastica riciclata di almeno il 10 per cento fornite, come
imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano esclusivamente
merci e prodotti diversi dai generi alimentari;
b) borse di plastica riutilizzabili con maniglia interna alla dimensione utile del sacco:
1) con spessore della singola parete superiore a 100 micron e contenenti una
percentuale di plastica riciclata di almeno il 30 per cento fornite, come
imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari;
2) con spessore della singola parete superiore a 60 micron e contenenti una
percentuale di plastica riciclata di almeno il 10 per cento fornite, come
imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano esclusivamente
merci e prodotti diversi dai generi alimentari. - Le borse di plastica di cui al comma 1 non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il
prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei
prodotti trasportati per il loro tramite.
226-ter. Riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero - Al fine di conseguire, in attuazione della direttiva (UE) 2015/720, una riduzione sostenuta dell’utilizzo di
borse di plastica, è avviata la progressiva riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in
materiale ultraleggero diverse da quelle aventi entrambe le seguenti caratteristiche, attestate da
certificazioni rilasciate da organismi accreditati:
a) biodegradabilita’ e compostabilita’ secondo la norma armonizzata UNI EN 13432:2002;
b) contenuto minimo di materia prima rinnovabile secondo le percentuali di cui al comma 2,
lettere a), b) e c), determinato sulla base dello standard di cui al comma 4. - La progressiva riduzione delle borse di plastica in materiale ultraleggero è realizzata secondo le seguenti
modalità:
a) dal 1º gennaio 2018, possono essere commercializzate esclusivamente le borse
biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non
inferiore al 40 per cento;
b) dal 1º gennaio 2020, possono essere commercializzate esclusivamente le borse
biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non
inferiore al 50 per cento;
c) dal 1º gennaio 2021, possono essere commercializzate esclusivamente le borse
biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non
inferiore al 60 per cento. - Nell’applicazione delle misure di cui ai commi 1 e 2 sono fatti comunque salvi gli obblighi di conformità
alla normativa sull’utilizzo dei materiali destinati al contatto con gli alimenti adottata in attuazione dei
regolamenti (UE) n. 10/2011, (CE) n. 1935/2004 e (CE) n. 2023/2006, nonché il divieto di utilizzare la
plastica riciclata per le borse destinate al contatto alimentare. - Gli organismi accreditati certificano la presenza del contenuto minimo di materia prima rinnovabile
determinando la percentuale del carbonio di origine biologica presente nelle borse di plastica rispetto al
carbonio totale ivi presente ed utilizzando a tal fine lo standard internazionale vigente in materia di
determinazione del contenuto di carbonio a base biologica nella plastica ovvero lo standard UNI CEN/TS
16640. - Le borse di plastica in materiale ultraleggero non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il
prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei
prodotti imballati per il loro tramite.
226-quater. Plastiche monouso - Ai fini di prevenire la produzione di rifiuti da prodotti di plastica monouso e di quella dei materiali di
origine fossile, nonché di prevenire l’abbandono e di favorire la loro raccolta differenziata e il relativo
riciclaggio di materia, nonché di facilitare e promuovere l’utilizzo di beni di consumo ecocompatibili
coerentemente con gli obiettivi indicati nella comunicazione della Commissione europea “Strategia europea
per la plastica nell’economia circolare”, COM(2018) 28 definitivo, i produttori, su base volontaria e in via
sperimentale dal 1° gennaio 2019 fino al 31 dicembre 2023:
a) adottano modelli di raccolta differenziata e di riciclo di stoviglie in plastica da fonte fossile
con percentuali crescenti di reintroduzione delle materie prime seconde nel ciclo produttivo;
b) producono, impiegano e avviano a compostaggio stoviglie fabbricate con biopolimeri di
origine vegetale;
c) utilizzano entro il 31 dicembre 2023 biopolimeri, con particolare attenzione alle fonti di
approvvigionamento nazionale, in modo massivo e in alternativa alle plastiche di fonte fossile
per la produzione di stoviglie monouso. - Per le finalità e gli obiettivi di cui al comma 1 i produttori promuovono:
a) la raccolta delle informazioni necessarie alla messa a punto di materie prime, processi e
prodotti ecocompatibili e la raccolta dei dati per la costruzione di Life Cycle Assessment
certificabili;
b) l’elaborazione di standard qualitativi per la:
1) determinazione delle caratteristiche qualitative delle materie prime e degli
additivi impiegabili in fase di produzione;
2) determinazione delle prestazioni minime del prodotto durante le fasi di
impiego, compreso il trasporto, lo stoccaggio e l’utilizzo;
c) lo sviluppo di tecnologie innovative per il riciclo dei prodotti in plastica monouso;
d) l’informazione sui sistemi di restituzione dei prodotti in plastica monouso usati da parte del
consumatore. - Le informazioni di cui alla lettera d) del comma 2 riguardano in particolare:
a) i sistemi di restituzione, di raccolta e di recupero disponibili;
b) il ruolo degli utenti di prodotti di plastica monouso e dei consumatori nel processo di
riutilizzazione, di recupero e di riciclaggio dei prodotti di plastica monouso e dei rifiuti di
imballaggio;
c) il significato dei marchi apposti sui prodotti di plastica monouso. - Al fine di realizzare attività di studio e verifica tecnica e monitoraggio da parte dei competenti istituti di
ricerca, è istituito un apposito Fondo presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
con una dotazione di euro 100.000 a decorrere dall’anno 2019. Con successivo decreto del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata
in vigore della presente disposizione, sono individuate le specifiche modalità di utilizzazione del Fondo.
(comma introdotto dall’art. 1, comma 802, legge n. 145 del 2018)
Titolo III – Gestione di particolari categorie di rifiuti - Rifiuti elettrici ed elettronici, rifiuti di pile e accumulatori, rifiuti sanitari, veicoli fuori uso
e prodotti contenenti amianto - Restano ferme le disposizioni speciali, nazionali e comunitarie relative alle altre tipologie di rifiuti, ed in
particolare quelle riguardanti:
a) rifiuti elettrici ed elettronici: direttiva 2000/53/CE, direttiva 2002/95/CE e direttiva
2003/108/CE e relativo decreto legislativo di attuazione 25 luglio 2005, n. 151. Relativamente
alla data di entrata in vigore delle singole disposizioni del citato provvedimento, nelle more
dell’entrata in vigore di tali disposizioni, continua ad applicarsi la disciplina di cui all’articolo 44
del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
b) rifiuti sanitari: d.P.R. 15 luglio 2003, n. 254;
c) veicoli fuori uso: direttiva 2000/53/CE e decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, ferma
restando la ripartizione degli oneri, a carico degli operatori economici, per il ritiro e
trattamento dei veicoli fuori uso in conformità a quanto previsto dall’articolo 5, comma 4,
della citata direttiva 2000/53/CE;
d) recupero dei rifiuti dei beni e prodotti contenenti amianto: decreto ministeriale 29 luglio
2004, n. 248;
d-bis) rifiuti di pile e accumulatori: direttiva 2006/66/CE e relativo decreto legislativo di
attuazione 20 novembre 2008, n. 188.
(lettera aggiunta dall’art. 43, comma 1, legge n. 221 del 2015) - Pneumatici fuori uso
- Fermo restando il disposto di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, nonché il disposto di cui
agli articoli 179 e 180 del presente decreto, al fine di garantire il perseguimento di finalità di tutela
ambientale secondo le migliori tecniche disponibili, ottimizzando, anche tramite attività di ricerca, sviluppo
e formazione, il recupero dei pneumatici fuori uso e per ridurne la formazione anche attraverso la
ricostruzione è fatto obbligo ai produttori e importatori di pneumatici di provvedere, singolarmente o in
forma associata e con periodicità almeno annuale, alla gestione di quantitativi di pneumatici fuori uso pari
a quelli dai medesimi immessi sul mercato e destinati alla vendita sul territorio nazionale, provvedendo
anche ad attività di ricerca, sviluppo e formazione finalizzata ad ottimizzare la gestione dei pneumatici fuori
uso nel rispetto dell’articolo 177, comma 1. Ai fini di cui al presente comma, un quantitativo di pneumatici
pari in peso a cento equivale ad un quantitativo di pneumatici fuori uso pari in peso a novantacinque.
(comma modificato dall’art. 32, comma 3, d.lgs. n. 205 del 2010, poi modificato dall’art. 1, comma 751,
legge n. 145 del 2018) - Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da
emanarsi nel termine di giorni centoventi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente
decreto, sono disciplinati i tempi e le modalità attuative dell’obbligo di cui al comma 1. In tutte le fasi della
commercializzazione dei pneumatici è indicato in fattura il contributo a carico degli utenti finali necessario,
anche in relazione alle diverse tipologie di pneumatici, per far fronte agli oneri derivanti dall’obbligo di cui
al comma 1. Detto contributo, parte integrante del corrispettivo di vendita, è assoggettato ad IVA ed è
riportato nelle fatture in modo chiaro e distinto. Il produttore o l’importatore applicano il rispettivo
contributo vigente alla data della immissione del pneumatico nel mercato nazionale del ricambio. Il
contributo rimane invariato in tutte le successive fasi di commercializzazione del pneumatico con l’obbligo,
per ciascun rivenditore, di indicare in modo chiaro e distinto in fattura il contributo pagato all’atto
dell’acquisto dello stesso.
(comma così modificato dall’art. 8-bis della legge n. 116 del 2014)
3-bis. I produttori e gli importatori di pneumatici o le loro eventuali forme associate determinano
annualmente l’ammontare del rispettivo contributo necessario per l’adempimento, nell’anno solare
successivo, degli obblighi di cui al comma 1 e lo comunicano, entro il 31 ottobre di ogni anno, al Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare anche specificando gli oneri e le componenti di costo
che giustificano l’ammontare del contributo. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, se necessario, richiede integrazioni e chiarimenti al fine di disporre della completezza delle
informazioni da divulgare anche a mezzo del proprio portale informatico entro il 31 dicembre del rispettivo
anno. E’ fatta salva la facoltà di procedere nell’anno solare in corso alla rideterminazione, da parte dei
produttori e degli importatori di pneumatici o le rispettive forme associate, del contributo richiesto per
l’anno solare in corso. produttori e gli importatori di pneumatici o le loro eventuali forme associate devono
utilizzare, nei due esercizi successivi, gli avanzi di gestione derivanti dal contributo ambientale per la
gestione di pneumatici fuori uso, anche qualora siano stati fatti oggetto di specifico accordo di programma,
protocollo d’intesa o accordo comunque denominato, ovvero per la riduzione del contributo ambientale.
(comma sostituito dall’art. 24, comma 1, lettera f), legge n. 35 del 2012, poi così modificato dall’art. 1,
comma 751, legge n. 145 del 2018) - I produttori e gli importatori di pneumatici inadempienti agli obblighi di cui al comma 1 sono
assoggettati ad una sanzione amministrativa pecuniaria proporzionata alla gravità dell’inadempimento,
comunque non superiore al doppio del contributo incassato per il periodo considerato. - Combustibile da rifiuti e combustibile da rifiuti di qualità elevata – cdr e cdr-q
(articolo abrogato dall’art. 39, comma 3, d.lgs. n. 205 del 2010) - Rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture
- Il luogo di produzione dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture, effettuata
direttamente dal gestore dell’infrastruttura a rete e degli impianti per l’erogazione di forniture e servizi di
interesse pubblico o tramite terzi, può coincidere con la sede del cantiere che gestisce l’attività
manutentiva o con la sede locale del gestore della infrastruttura nelle cui competenze rientra il tratto di
infrastruttura interessata dai lavori di manutenzione ovvero con il luogo di concentramento dove il
materiale tolto d’opera viene trasportato per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione
del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad
alcun trattamento.
1-bis. I rifiuti derivanti dalla attività di raccolta e pulizia delle infrastrutture autostradali, con esclusione di
quelli prodotti dagli impianti per l’erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o da altre attività
economiche, sono raccolti direttamente dal gestore della infrastruttura a rete che provvede alla consegna a
gestori del servizio dei rifiuti solidi urbani.
(comma introdotto dall’art. 2, comma 30-quinquies, d.lgs. n. 4 del 2008) - La valutazione tecnica del gestore della infrastruttura di cui al comma 1 è eseguita non oltre sessanta
giorni dalla data di ultimazione dei lavori. La documentazione relativa alla valutazione tecnica è conservata,
unitamente ai registri di carico e scarico, per cinque anni. - Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai rifiuti derivanti da attività manutentiva, effettuata
direttamente da gestori erogatori di pubblico servizio o tramite terzi, dei mezzi e degli impianti fruitori delle
infrastrutture di cui al comma 1. - Fermo restando quanto previsto nell’articolo 190, comma 3, i registri di carico e scarico relativi ai rifiuti
prodotti dai soggetti e dalle attività di cui al presente articolo possono essere tenuti nel luogo di produzione
dei rifiuti così come definito nel comma 1. - I rifiuti provenienti dalle attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie di qualsiasi tipologia, sia
pubbliche che asservite ad edifici privati, si considerano prodotti dal soggetto che svolge l’attività di pulizia
manutentiva. Tali rifiuti potranno essere conferiti direttamente ad impianti di smaltimento o recupero o, in
alternativa, raggruppati temporaneamente presso la sede o unità locale del soggetto che svolge l’attività di
pulizia manutentiva. I soggetti che svolgono attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie aderiscono al
sistema SISTRI ai sensi dell’articolo dell’art. 188-ter, comma 1, lettera f). Il soggetto che svolge l’attività di
pulizia manutentiva è comunque tenuto all’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali, prevista dall’articolo
212, comma 5, per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti.
(comma così sostituito dall’art. 33 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Veicoli fuori uso non disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209
- Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio, con esclusione di quelli disciplinati dal decreto
legislativo 24 giugno 2002, n. 209, che intenda procedere alla demolizione dello stesso deve consegnarlo
ad un centro di raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e la
rottamazione, autorizzato ai sensi degli articoli 208, 209 e 210. Tali centri di raccolta possono ricevere
anche rifiuti costituiti da parti di veicoli a motore. - Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio di cui al comma 1 destinato alla demolizione può
altresì consegnarlo ai concessionari o alle succursali delle case costruttrici per la consegna successiva ai
centri di cui al comma 1, qualora intenda cedere il predetto veicolo o rimorchio per acquistarne un altro. - I veicoli a motore o i rimorchi di cui al comma 1 rinvenuti da organi pubblici o non reclamati dai
proprietari e quelli acquisiti per occupazione ai sensi degli articoli 927, 928, 929 e 923 del codice civile sono
conferiti ai centri di raccolta di cui al comma 1 nei casi e con le procedure determinate con decreto del
Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare e delle infrastrutture e dei trasporti. Fino all’adozione di tale decreto, trova
applicazione il decreto 22 ottobre 1999, n. 460. - I centri di raccolta ovvero i concessionari o le succursali delle case costruttrici rilasciano al proprietario
del veicolo o del rimorchio consegnato per la demolizione un certificato dal quale deve risultare la data
della consegna, gli estremi dell’autorizzazione del centro, le generalità del proprietario e gli estremi di
identificazione del veicolo, nonché l’assunzione, da parte del gestore del centro stesso ovvero del
concessionario o del titolare della succursale, dell’impegno a provvedere direttamente alle pratiche di
cancellazione dal Pubblico registro automobilistico (PRA). - La cancellazione dal PRA dei veicoli e dei rimorchi avviati a demolizione avviene esclusivamente a cura
del titolare del centro di raccolta o del concessionario o del titolare della succursale senza oneri di agenzia
a carico del proprietario del veicolo o del rimorchio. A tal fine, entro novanta giorni dalla consegna del
veicolo o del rimorchio da parte del proprietario, il gestore del centro di raccolta, il concessionario o il
titolare della succursale deve comunicare l’avvenuta consegna per la demolizione del veicolo e consegnare
il certificato di proprietà, la carta di circolazione e le targhe al competente Ufficio del PRA che provvede ai
sensi e per gli effetti dell’articolo 103, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. - Il possesso del certificato di cui al comma 4 libera il proprietario del veicolo dalla responsabilità civile,
penale e amministrativa connessa con la proprietà dello stesso. - I gestori dei centri di raccolta, i concessionari e i titolari delle succursali delle case costruttrici di cui ai
commi 1 e 2 non possono alienare, smontare o distruggere i veicoli a motore e i rimorchi da avviare allo
smontaggio ed alla successiva riduzione in rottami senza aver prima adempiuto ai compiti di cui al comma
5. - Gli estremi della ricevuta dell’avvenuta denuncia e consegna delle targhe e dei documenti agli uffici
competenti devono essere annotati sull’apposito registro di entrata e di uscita dei veicoli da tenersi
secondo le norme del regolamento di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. - Agli stessi obblighi di cui ai commi 7 e 8 sono soggetti i responsabili dei centri di raccolta o altri luoghi di
custodia di veicoli rimossi ai sensi dell’articolo 159 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nel caso di
demolizione del veicolo ai sensi dell’articolo 215, comma 4 del predetto decreto legislativo 30 aprile 1992,
n. 285. - È consentito il commercio delle parti di ricambio recuperate dalla demolizione dei veicoli a motore o dei
rimorchi ad esclusione di quelle che abbiano attinenza con la sicurezza dei veicoli. L’origine delle parti di
ricambio immesse alla vendita deve risultare dalle fatture e dalle ricevute rilasciate al cliente. - Le parti di ricambio attinenti alla sicurezza dei veicoli sono cedute solo agli esercenti l’attività di
autoriparazione di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122, e, per poter essere utilizzate, ciascuna impresa di
autoriparazione è tenuta a certificarne l’idoneità e la funzionalità. - L’utilizzazione delle parti di ricambio di cui ai commi 10 e 11 da parte delle imprese esercenti attività di
autoriparazione deve risultare dalle fatture rilasciate al cliente. - Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive e
delle infrastrutture e dei trasporti, emana le norme tecniche relative alle caratteristiche degli impianti di
demolizione, alle operazioni di messa in sicurezza e all’individuazione delle parti di ricambio attinenti la
sicurezza di cui al comma 11. Fino all’adozione di tale decreto, si applicano i requisiti relativi ai centri di
raccolta e le modalità di trattamento dei veicoli di cui all’Allegato I del decreto legislativo 24 giugno 2003,
n. 209. - Rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico
- La disciplina di carattere nazionale relativa ai rifiuti prodotti dalle navi ed ai residui di carico è contenuta
nel decreto legislativo 24 giugno 2003 n. 182. - Gli impianti che ricevono acque di sentina già sottoposte a un trattamento preliminare in impianti
autorizzati ai sensi della legislazione vigente possono accedere alle procedure semplificate di cui al decreto
17 novembre 2005, n. 269, fermo restando che le materie prime e i prodotti ottenuti devono possedere le
caratteristiche indicate al punto 6.6.4 dell’Allegato 3 del predetto decreto, come modificato dal comma 3
del presente articolo. - Ai punti 2.4 dell’allegato 1 e 6.6.4 dell’Allegato 3 del decreto 17 novembre 2005, n. 269 la congiunzione:
“e” è sostituita dalla disgiunzione: “o”.
232-bis. Rifiuti di prodotti da fumo
(articolo introdotto dall’art. 40, comma 1, legge n. 221 del 2015) - I comuni provvedono a installare nelle strade, nei parchi e nei luoghi di alta aggregazione sociale
appositi raccoglitori per la raccolta dei mozziconi dei prodotti da fumo. - Al fine di sensibilizzare i consumatori sulle conseguenze nocive per l’ambiente derivanti dall’abbandono
dei mozziconi dei prodotti da fumo, i produttori, in collaborazione con il Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, attuano campagne di informazione. - È vietato l’abbandono di mozziconi dei prodotti da fumo sul suolo, nelle acque e negli scarichi.
232-ter. Divieto di abbandono di rifiuti di piccolissime dimensioni
(articolo introdotto dall’art. 40, comma 1, legge n. 221 del 2015) - Al fine di preservare il decoro urbano dei centri abitati e per limitare gli impatti negativi derivanti dalla
dispersione incontrollata nell’ambiente di rifiuti di piccolissime dimensioni, quali anche scontrini, fazzoletti di
carta e gomme da masticare, è vietato l’abbandono di tali rifiuti sul suolo, nelle acque, nelle caditoie e negli
scarichi. - Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali
esausti
(articolo così modificato dall’art. 2, comma 30-sexies, d.lgs. n. 4 del 2008) - Al fine di razionalizzare ed organizzare la gestione degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti, tutti gli
operatori della filiera costituiscono un consorzio. I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai
principi di cui all’articolo 237. - Il Consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di
diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello
sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e ai principi contenuti
nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di
libera concorrenza nelle attività di settore. Nel consiglio di amministrazione del Consorzio il numero dei
consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere
uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori di materie prime. Lo
statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo
motivate osservazioni cui il Consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il
Consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello
sviluppo economico; il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del Consorzio è pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale. - Il consorzio svolge per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:
a) assicura la raccolta presso i soggetti di cui al comma 12, il trasporto, lo stoccaggio, il
trattamento e il recupero degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti;
b) assicura, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di inquinamento, lo smaltimento
di oli e grassi vegetali e animali esausti raccolti dei quali non sia possibile o conveniente la
rigenerazione;
c) promuove lo svolgimento di indagini di mercato e di studi di settore al fine di migliorare,
economicamente e tecnicamente, il ciclo di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e
recupero degli oli e grassi vegetali e animali esausti. - Le deliberazioni degli organi del consorzio, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del
presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutte le imprese partecipanti. - Partecipano al consorzio:
a) le imprese che producono, importano o detengono oli e grassi vegetali ed animali esausti;
b) le imprese che riciclano e recuperano oli e grassi vegetali e animali esausti;
c) le imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio di oli e grassi vegetali e
animali esausti;
d) eventualmente, le imprese che abbiano versato contributi di riciclaggio ai sensi del comma
10, lettera d). - Le quote di partecipazione ai consorzi sono determinate in base al rapporto tra la capacità produttiva di
ciascun consorziato e la capacità produttiva complessivamente sviluppata da tutti i consorziati appartenenti
alla medesima categoria. - La determinazione e l’assegnazione delle quote compete al consiglio di amministrazione del consorzio
che vi provvede annualmente secondo quanto stabilito dallo statuto. - Nel caso di incapacità o di impossibilità di adempiere, per mezzo delle stesse imprese consorziate, agli
obblighi di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e riutilizzo degli oli e dei grassi vegetali e animali
esausti stabiliti dalla parte quarta del presente decreto, il consorzio può, nei limiti e nei modi determinati
dallo statuto, stipulare con le imprese pubbliche e private contratti per l’assolvimento degli obblighi
medesimi. - Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono, entro centoventi giorni dalla
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello Statuto tipo ai sensi del comma 2, organizzare autonomamente
la gestione degli oli e grassi vegetali e animali esausti su tutto il territorio nazionale. In tale ipotesi gli
operatori stessi devono richiedere all’Autorità di cui all’articolo 207, previa trasmissione di idonea
documentazione, il riconoscimento del sistema adottato. A tal fine i predetti operatori devono dimostrare di
aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema è
effettivamente ed autonoma mente funzionante e che è in grado di conseguire, nell’ambito delle attività
svolte, gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli
utenti finali siano informati sulle modalità del sistema adottato. L’Autorità, dopo aver acquisito i necessari
clementi di valutazione, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel
termine sopra indicato, l’interessato chiede al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
l’adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L’Autorità è
tenuta a presentare una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite. - Il consorzio è tenuto a garantire l’equilibrio della propria gestione finanziaria. Le risorse finanziarie del
consorzio sono costituite:
a) dai proventi delle attività svolte dal consorzio;
b) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile;
c) dalle quote consortili;
d) dal contributo ambientale a carico dei produttori e degli importatori di oli e grassi vegetali
e animali per uso alimentare destinati al mercato interno e ricadenti nelle finalità consortili di
cui al comma 1, determinati annualmente con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive, al fine di
garantire l’equilibrio di gestione del consorzio. - Il consorzio di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 9 trasmette annualmente al Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive i bilanci
preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione; inoltre, entro il 31 maggio di ogni
anno, tale soggetto presenta agli stessi Ministri una relazione tecnica sull’attività complessiva sviluppata
dallo stesso e dai loro singoli aderenti nell’anno solare precedente. - Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di approvazione
dello Statuto di cui al comma 2, chiunque, in ragione della propria attività professionale, detiene oli e grassi
vegetali e animali esausti è obbligato a conferirli al consorzio direttamente o mediante consegna a soggetti
incaricati dai consorzi, fermo restando quanto previsto al comma 9. L’obbligo di conferimento non esclude
la facoltà per il detentore di cedere oli e grassi vegetali e animali esausti ad imprese di altro Stato membro
della Comunità europea. - Chiunque, in ragione della propria attività professionale ed in attesa del conferimento al consorzio,
detenga oli e grassi animali e vegetali esausti è obbligato a stoccare gli stessi in apposito contenitore
conforme alle disposizioni vigenti in materia di smaltimento. - Restano ferme le disposizioni comunitarie e nazionali vigenti in materia di prodotti, sottoprodotti e
rifiuti di origine animale. - I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 5 che vengano costituiti o inizino
comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all’entrata in vigore della
parte quarta del presente decreto aderiscono al consorzio di cui al comma 1 o adottano il sistema di cui al
comma 9, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. - Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene
(articolo così modificato dall’art. 2, comma 30-septies, d.lgs. n. 4 del 2008) - Al fine di razionalizzare, organizzare e gestire la raccolta e il trattamento dei rifiuti di beni in polietilene
destinati allo smaltimento, è istituito il consorzio per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene, esclusi gli
imballaggi di cui all’articolo 218, comma 1, lettere a), b), c), d), e) e dd), i beni, ed i relativi rifiuti, di cui
agli articoli 227, comma 1, lettere a), b) e c), e 231. I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai
principi di cui all’articolo 237. - (comma abrogato dall’art. 35, comma 12, legge n. 164 del 2014)
- Il consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di
diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello
sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e ai principi contenuti
nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di
libera concorrenza nelle attività di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei
consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere
uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori con materie prime. Lo
statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo
motivate osservazioni cui il consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il
consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello
sviluppo economico; Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio è pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale. In ogni caso, del consiglio di amministrazione del consorzio deve fare parte un
rappresentante indicato da ciascuna associazione maggiormente rappresentativa a livello nazionale delle
categorie produttive interessate, nominato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico.
(comma così modificato dall’art. 35, comma 12, legge n. 164 del 2014) - Ai consorzi partecipano:
a) i produttori e gli importatori di beni in polietilene;
b) gli utilizzatori e i distributori di beni in polietilene;
c) i riciclatori e i recuperatoli di rifiuti di beni in polietilene. - Ai consorzi possono partecipare in qualità di soci aggiunti i produttori ed importatori di materie prime in
polietilene per la produzione di beni in polietilene e le imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo
stoccaggio dei beni in polietilene. Le modalità di partecipazione vengono definite nell’ambito dello statuto
di cui al comma 3. - I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 4 che vengano costituiti o inizino
comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all’entrata in vigore della
parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei consorzi di cui al comma 1 o adottano il sistema
di cui al comma 7, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. - Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono entro centoventi giorni dalla
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello Statuto tipo ai sensi del comma 2:
a) organizzare autonomamente la gestione dei rifiuti di beni in polietilene su tutto il territorio
nazionale;
b) mettere in atto un sistema di raccolta e restituzione dei beni in polietilene al termine del
loro utilizzo, con avvio al riciclo o al recupero, previo accordi con aziende che svolgono tali
attività, con quantità definite e documentate;
Nelle predette ipotesi gli operatori stessi devono richiedere all’osservatorio nazionale sui
rifiuti, previa trasmissione di idonea documentazione, il riconoscimento del sistema adottato.
A tal fine i predetti operatori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri
di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonomamente
funzionante e che è in grado di conseguire, nell’ambito delle attività svolte, gli obiettivi fissati
dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali
siano informati sulle modalità del sistema adottato. L’Autorità, dopo aver acquisito i necessari
elementi di valutazione, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata
risposta nel termine sopra indicato, l’interessato chiede al Ministro dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare l’adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei
successivi sessanta giorni. L’Autorità presenta una relazione annuale di sintesi relativa a tutte
le istruttorie esperite. - I consorzi di cui al comma 1 si propongono come obiettivo primario di favorire il ritiro dei beni a base di
polietilene al termine del ciclo di utilità per avviarli ad attività di riciclaggio e di recupero. A tal fine i
consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:
a) promuovono la gestione del flusso dei beni a base di polietilene;
b) assicurano la raccolta, il riciclaggio e le altre forme di recupero dei rifiuti di beni in
polietilene;
c) promuovono la valorizzazione delle frazioni di polietilene non riutilizzabili;
d) promuovono l’informazione degli utenti, intesa a ridurre il consumo dei materiali ed a
favorire forme corrette di raccolta e di smaltimento;
e) assicurano l’eliminazione dei rifiuti di beni in polietilene nel caso in cui non sia possibile o
economicamente conveniente il riciclaggio, nel rispetto delle disposizioni contro
l’inquinamento. - Nella distribuzione dei prodotti dei consorziati, i consorzi possono ricorrere a forme di deposito
cauzionale. - I consorzi sono tenuti a garantire l’equilibrio della propria gestione finanziaria. I mezzi finanziari per il
funzionamento del consorzi sono costituiti:
a) dai proventi delle attività svolte dai consorzi;
b) dai contributi dei soggetti partecipanti;
c) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile;
d) dall’eventuale contributo percentuale di riciclaggio di cui al comma 13. - Le deliberazioni degli organi dei consorzi, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del
presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutti i soggetti partecipanti. - I consorzi di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 7 trasmettono annualmente al Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive il bilancio
preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione. I consorzi di cui al comma 1 ed i
soggetti di cui al comma 7, entro il 31 maggio di ogni anno, presentano una relazione tecnica sull’attività
complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell’anno solare precedente. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività
produttive determina ogni due anni con proprio decreto gli obiettivi minimi di riciclaggio e, in caso di
mancato raggiungimento dei predetti obiettivi, può stabilire un contributo percentuale di riciclaggio da
applicarsi sull’importo netto delle fatture emesse dalle imprese produttrici ed importatrici di beni di
polietilene per il mercato interno. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di
concerto con il Ministro delle attività produttive determina gli obiettivi di riciclaggio a valere per il primo
biennio entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto. Il
contributo percentuale di riciclaggio è stabilito comunque in misura variabile, in relazione alla percentuale
di polietilene contenuta nel bene e alla durata temporale del bene stesso. Con il medesimo decreto di cui al
presente comma è stabilita anche l’entità dei contributi di cui al comma 10, lettera b).
(comma così modificato dall’art. 35, comma 12, legge n. 164 del 2014) - Decorsi novanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del decreto di approvazione dello
statuto di cui al comma 3, chiunque, in ragione della propria attività, detiene rifiuti di beni in polietilene è
obbligato a conferirli a uno dei consorzi riconosciuti o direttamente o mediante consegna a soggetti
incaricati dai consorzi stessi, fatto comunque salvo quanto previsto dal comma 7. L’obbligo di conferimento
non esclude la facoltà per il detentore di cedere i rifiuti di bene in polietilene ad imprese di altro Stato
membro della Comunità europea. - Consorzio nazionale per la raccolta e trattamento delle batterie al piombo esauste e dei
rifiuti piombosi
(articolo così modificato dall’art. 2, comma 30-octies, d.lgs. n. 4 del 2008) - Al fine di razionalizzare ed organizzare la gestione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi,
tutte le imprese di cui all’articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con
modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, come modificato dal comma 15 del presente articolo,
aderiscono al consorzio di cui al medesimo articolo 9-quinquies che adotta sistemi di gestione conformi ai
principi di cui all’articolo 237. - Il consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di
diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello
sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e ai principi contenuti
nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di
libera concorrenza nelle attività di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei
consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere
uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori. Lo statuto adottato dal
consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni
cui il consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il consorzio non ottemperi nei
termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; Il decreto
ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. - All’articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988 n. 397 convertito, con modificazioni, dalla
legge 9 novembre 1988, il comma 6-bis, è sostituito dal presente: «Tutti i soggetti che effettuano attività
di gestione del rifiuto di batterie al piombo esauste e di rifiuti piombosi, devono trasmettere
contestualmente al Consorzio copia della comunicazione di cui all’articolo 189, per la sola parte inerente i
rifiuti di batterie esauste e di rifiuti piombosi. Alla violazione dell’obbligo si applicano le medesime sanzioni
previste per la mancata comunicazione di cui al citato articolo 189 comma 3. - 5. 6. 7. (commi abrogati dall’art. 2, comma 30-octies, d.lgs. n. 4 del 2008)
- I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 15 che vengano costituiti o inizino
comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all’entrata in vigore della
parte quarta del presente decreto aderiscono al consorzio di cui al comma 1 entro sessanta giorni dalla
data di costituzione o di inizio della propria attività. - Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di
approvazione dello statuto di cui al comma 2, chiunque detiene batterie al piombo esauste o rifiuti
piombosi è obbligato al loro conferimento al consorzio, direttamente o mediante consegna a soggetti
incaricati del consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attività di gestione di
tali rifiuti, fermo restando quanto previsto al comma 3. L’obbligo di conferimento non esclude la facoltà per
il detentore di cedere le batterie esauste ed i rifiuti piombosi ad imprese di altro Stato membro della
Comunità europea. - All’articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla
legge 9 novembre 1988, n. 475, il comma 7 è sostituito dal seguente: «Al fine di assicurare al consorzio i
mezzi finanziari per lo svolgimento dei propri compiti è istituito un contributo ambientale sulla vendita delle
batterie in relazione al contenuto a peso di piombo da applicarsi da parte di tutti i produttori e gli
importatori che immettono le batterie al piombo nel mercato italiano, con diritto di rivalsa sugli acquirenti
in tutte le successive fasi della commercializzazione. I produttori e gli importatori versano direttamente al
consorzio i proventi del contributo ambientale.». - Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro
delle attività produttive, sono determinati: il contributo ambientale di cui al comma 10, la percentuale dei
costi da coprirsi con l’applicazione di tale contributo ambientale. - Chiunque, in ragione della propria attività ed in attesa del conferimento ai sensi del comma 9, detenga
batterie esauste è obbligato a stoccare le batterie stesse in apposito contenitore conforme alle disposizioni
vigenti in materia di smaltimento dei rifiuti. - I consorzi di cui al comma 1 trasmettono annualmente al Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta
giorni dalla loro approvazione; inoltre, entro il 31 maggio di ogni anno, tali soggetti presentano agli stessi
Ministri una relazione tecnica sull’attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti
nell’anno solare precedente. - Al comma 2 dell’articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con
modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è aggiunta la seguente lettera: «d-bis) promuovere la
sensibilizzazione dell’opinione pubblica e dei consumatori sulle tematiche della raccolta e dell’eliminazione
delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi». - Il comma 3 dell’articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con
modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è sostituito dal seguente:
«Al Consorzio, che è dotato di personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro, partecipano:
a) le imprese che effettuano il riciclo delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi mediante la
produzione di piombo secondario raffinato od in lega;
b) le imprese che svolgono attività di fabbricazione oppure di importazione di batterie al piombo;
c) le imprese che effettuano la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi;
d) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita delle batterie al piombo.». - Dopo il comma 3, dell’articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con
modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è inserito il seguente:
«3-bis: Nell’ambito di ciascuna categoria, le quote di partecipazione da attribuire ai singoli soci sono
determinate come segue:
a) per le imprese di riciclo di cui alla lettera a) del comma 3 sono determinate in base al rapporto fra la
capacità produttiva di piombo secondario del singolo soggetto consorziato e quella complessiva di tutti i
consorziati appartenenti alla stessa categoria;
b) per le imprese che svolgono attività di fabbricazione, oppure d’importazione delle batterie al piombo di
cui alla lettera b) del comma 3, sono determinate sulla base del contributo ambientale versato al netto dei
rimborsi;
c) le quote di partecipazione delle imprese e loro associazioni di cui alle lettere c) e d) del comma 3 del
presente articolo sono attribuite alle associazioni nazionali dei raccoglitori di batterie al piombo esauste, in
proporzione ai quantitativi conferiti al Consorzio dai rispettivi associati, e alle associazioni dell’artigianato
che installano le batterie di avviamento al piombo.». - (abrogato dall’art. 2, comma 30-octies, d.lgs. n. 4 del 2008)
- Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione
accantonati dai consorzi nelle riserve costituenti il patrimonio netto non concorrono alla formazione del
reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati di tali
avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei consorzi medesimi. - Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati
(articolo così modificato dall’art. 2, comma 30-nonies, d.lgs. n. 4 del 2008) - Al fine di razionalizzare e organizzare la gestione degli oli minerali usati, da avviare obbligatoriamente
alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base, le imprese di cui al comma 4, sono tenute a partecipare
all’assolvimento dei compiti previsti al comma 12 tramite adesione al consorzio di cui all’articolo 11 del
decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95. Il consorzio adottano sistemi di gestione conformi ai principi di
cui all’articolo 237. - Il consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di
diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello
sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e ai principi contenuti
nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di
libera concorrenza nelle attività di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei
consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere
uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori. Lo statuto adottato dal
consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni
cui il consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il consorzio non ottemperi nei
termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; Il decreto
ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. - Le imprese che eliminano gli oli minerali usati tramite co-combustione e all’uopo debitamente autorizzate
e gli altri consorzi di cui al presente articolo sono tenute a fornire al Consorzio di cui all’articolo 11 del
decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, i dati tecnici di cui al comma 12, lettera h), affinché tale
consorzio comunichi annualmente tutti i dati raccolti su base nazionale ai Ministeri che esercitano il
controllo, corredati da una relazione illustrativa. Alla violazione dell’obbligo si applicano le sanzioni di cui
all’articolo 258 per la mancata comunicazione di cui all’articolo 189, comma 3 - Al Consorzio partecipano in forma paritetica tutte le imprese che:
a) le imprese che producono, importano o mettono in commercio oli base vergini;
b) le imprese che producono oli base mediante un processo di rigenerazione;
c) le imprese che effettuano il recupero e la raccolta degli oli usati;
d) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita degli oli lubrificanti. - Le quote di partecipazione al consorzio sono ripartite fra le categorie di imprese di cui al comma 4 e
nell’ambito di ciascuna di esse sono attribuite in proporzione delle quantità di lubrificanti prodotti,
commercializzati rigenerati o recuperati. - Le deliberazioni degli organi del Consorzio, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del
presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutti i consorziati. - Il consorzio determina annualmente, con riferimento ai costi sopportati nell’anno al netto dei ricavi per
l’assolvimento degli obblighi di cui al presente articolo, il contributo per chilogrammo dell’olio lubrificante
che sarà messo a consumo nell’anno successivo. Ai fini della parte quarta del presente decreto si
considerano immessi al consumo gli oli lubrificanti di base e finiti all’atto del pagamento dell’imposta di
consumo. - Le imprese partecipanti sono tenute a versare al consorzio i contributi dovuti da ciascuna di esse
secondo le modalità ed i termini fissati ai sensi del comma 9. - Le modalità e i termini di accertamento, riscossione e versamento dei contributi di cui al comma 8, sono
stabiliti con decreto del Ministro della economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare e delle attività produttive, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale entro
un mese dall’approvazione dello statuto del consorzio. - Il consorzio di cui al comma 1 trasmette annualmente al Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta
giorni dalla loro approvazione. Il Consorzio di cui al comma 1, entro il 31 maggio di ogni anno, presenta al
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive una
relazione tecnica sull’attività complessiva sviluppata dallo stesso e dai suoi singoli aderenti nell’anno solare
precedente. - Lo statuto di cui al comma 2, prevede, in particolare, gli organi del consorzio e le relative modalità di
nomina. - Il consorzio svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:
a) promuovere la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle tematiche della raccolta;
b) assicurare ed incentivare la raccolta degli oli usati ritirandoli dai detentori e dalle imprese
autorizzate;
c) espletare direttamente la attività di raccolta degli oli usati dai detentori che ne facciano
richiesta nelle aree in cui la raccolta risulti difficoltosa o economicamente svantaggiosa;
d) selezionare gli oli usati raccolti ai fini della loro corretta eliminazione tramite rigenerazione,
combustione o smaltimento;
e) cedere gli oli usati raccolti:
1) in via prioritaria, alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base;
2) in caso ostino effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo,
alla combustione o coincenerimento;
3) in difetto dei requisiti per l’avvio agli usi di cui ai numeri precedenti, allo
smaltimento tramite incenerimento o deposito permanente;
f) perseguire ed incentivare lo studio, la sperimentazione e la realizzazione di nuovi processi
di trattamento e di impiego alternativi:
g) operare nel rispetto dei principi di concorrenza, di libera circolazione dei beni, di
economicità della gestione, nonché della tutela della salute e dell’ambiente da ogni
inquinamento dell’aria, delle acque del suolo;
h) annotare ed elaborare tutti i dati tecnici relativi alla raccolta ed eliminazione degli oli usati
e comunicarli annualmente al Consorzio di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio
1992, n. 95, affinché tale Consorzio li trasmetta ai Ministeri che esercitano il controllo,
corredati da una relazione illustrativa;
i) garantire ai rigeneratori, nei limiti degli oli usati rigenerabili raccolti e della produzione
dell’impianto, i quantitativi di oli usati richiesti a prezzo equo e, comunque, non superiore al
costo diretto della raccolta;
l) assicurare lo smaltimento degli oli usati nel caso non sia possibile o economicamente
conveniente il recupero, nel rispetto delle disposizioni contro l’inquinamento. - Il consorzio può svolgere le proprie funzioni sia direttamente che tramite mandati conferiti ad imprese
per determinati e limitati settori di attività o determinate aree territoriali. L’attività dei mandatari è svolta
sotto la direzione e la responsabilità del consorzio stesso. - I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 4 che vengano costituiti o inizino
comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all’entrata in vigore della
parte quarta del presente decreto aderiscono al Consorzio di cui al comma 1, entro sessanta giorni dalla
data di costituzione o di inizio della propria attività. - Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di approvazione
dello statuto di cui al comma 2, chiunque detiene oli minerali esausti è obbligato al loro conferimento al
Consorzio di cui al comma 1, direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del consorzio o
autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attività di gestione di tali rifiuti. L’obbligo di
conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere gli oli minerali esausti ad imprese di altro
Stato membro della Comunità europea. - Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione
accantonati dal consorzio di cui al comma 1 nelle riserve costituenti il patrimonio netto non concorrono alla
formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai
consorziati di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento del consorzio medesimo. - Criteri direttivi dei sistemi di gestione
- I sistemi di gestione adottati devono, in ogni caso, essere aperti alla partecipazione di tutti gli operatori
e concepiti in modo da assicurare il principio di trasparenza, di non discriminazione, di non distorsione della
concorrenza, di libera circolazione nonché il massimo rendimento possibile.
Titolo III-bis – Incenerimento e coincenerimento dei rifiuti
(titolo introdotto dall’art. 15 del d.lgs. n. 46 del 2014)
237-bis. Finalità e oggetto - Il presente titolo definisce le misure e le procedure atte a prevenire oppure, qualora non sia possibile, a
ridurre gli effetti negativi delle attività di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti, ed in particolare le
emissioni delle suddette attività nell’aria, nel suolo, nelle acque superficiali e sotterranee, al fine di
conseguire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di tutela della salute umana. - Ai fini di cui al comma 1, il presente titolo disciplina:
a) i valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti;
b) i metodi di campionamento, di analisi e di valutazione degli inquinanti derivanti dagli
impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti;
c) i criteri e le norme tecniche generali riguardanti le caratteristiche costruttive e funzionali,
nonché le condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei
rifiuti, con particolare riferimento all’esigenza di assicurare un’elevata protezione
dell’ambiente contro le emissioni causate dall’incenerimento e dal coincenerimento dei rifiuti.
237-ter. Definizioni - Ai fini dell’applicazione del presente titolo si definiscono:
a) ‘rifiuti urbani misti’: i rifiuti di cui all’articolo 184, comma 2, del presente decreto
legislativo, ad esclusione di quelli individuati al sottocapitolo 20.01, che sono oggetto di
raccolta differenziata, e al sottocapitolo 20.02 di cui all’Allegato D alla Parte Quarta;
b) ‘impianto di incenerimento’: qualsiasi unità e attrezzatura tecnica, fissa o mobile, destinata
al trattamento termico di rifiuti con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione,
attraverso l’incenerimento mediante ossidazione dei rifiuti, nonché altri processi di
trattamento termico, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione ed il processo al plasma, a
condizione che le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite. Nella
nozione di impianto di incenerimento si intendono compresi: il sito e tutte le linee di
incenerimento, nonché i luoghi di ricezione dei rifiuti in ingresso allo stabilimento, i luoghi di
stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione in rifiuti, in
combustibile ausiliario e in aria di combustione, le caldaie, le installazioni di trattamento degli
scarichi gassosi, le installazioni di trattamento o stoccaggio in loco dei residui e delle acque
reflue, i camini, i dispositivi ed i sistemi di controllo delle operazioni di incenerimento, di
registrazione e monitoraggio delle condizioni di incenerimento. Se per il trattamento termico
dei rifiuti sono utilizzati processi diversi dall’ossidazione, quali ad esempio la pirolisi, la
gassificazione o il processo al plasma, l’impianto di incenerimento dei rifiuti include sia il
processo di trattamento termico che il successivo processo di incenerimento;
(lettera così modificata dall’art. 18, comma 1, della legge n. 167 del 2017)
c) ‘impianto di coincenerimento’: qualsiasi unità tecnica, fissa o mobile, la cui funzione
principale consiste nella produzione di energia o di materiali e che utilizza rifiuti come
combustibile normale o accessorio o in cui i rifiuti sono sottoposti a trattamento termico ai fini
dello smaltimento, mediante ossidazione dei rifiuti, nonché altri processi di trattamento
termico, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione ed il processo al plasma, a condizione
che le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite. Nella nozione di
impianto di coincenerimento si intendono compresi: il sito e l’intero impianto, compresi le
linee di coincenerimento, la ricezione dei rifiuti in ingresso allo stabilimento e lo stoccaggio, le
installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione dei rifiuti, del combustibile
ausiliario e dell’aria di combustione, i generatori di calore, le apparecchiature di trattamento,
movimentazione e stoccaggio in loco delle acque reflue e dei rifiuti risultanti dal processo di
coincenerimento, le installazioni di trattamento degli scarichi gassosi, i camini, i dispositivi ed
i sistemi di controllo delle varie operazioni e di registrazione e monitoraggio delle condizioni di
coincenerimento. Se per il trattamento termico dei rifiuti sono utilizzati processi diversi
dall’ossidazione, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione o il processo al plasma,
l’impianto di coincenerimento dei rifiuti include sia il processo di trattamento termico che il
successivo processo di coincenerimento. Se il coincenerimento dei rifiuti avviene in modo che
la funzione principale dell’impianto non consista nella produzione di energia o di materiali,
bensì nel trattamento termico ai fini dello smaltimento dei rifiuti, l’impianto è considerato un
impianto di incenerimento dei rifiuti ai sensi della lettera b);
(lettera così modificata dall’art. 18, comma 1, della legge n. 167 del 2017)
d) ‘impianto di incenerimento e coincenerimento esistente’: un impianto autorizzato prima del
28 dicembre 2002, purché lo stesso sia stato messo in funzione entro il 28 dicembre 2003;
ovvero un impianto per il quale la domanda di autorizzazione sia stata richiesta all’autorità
competente entro il 28 dicembre 2002, purché lo stesso sia stato messo in funzione entro il
28 dicembre 2004;
e) ‘impianto di incenerimento e coincenerimento nuovo’: impianto diverso da quello ricadente
nella definizione di impianto esistente;
f) ‘modifica sostanziale’: una modifica delle caratteristiche o del funzionamento ovvero un
potenziamento di un’installazione o di un impianto di combustione, di un impianto di
incenerimento dei rifiuti o di un impianto di coincenerimento dei rifiuti che potrebbe avere
effetti negativi e significativi per la salute umana e per l’ambiente;
g) ‘camino’: una struttura contenente una o più canne di scarico che forniscono un condotto
attraverso il quale lo scarico gassoso viene disperso nell’atmosfera;
h) ‘capacità nominale’: la somma delle capacità di incenerimento dei forni che costituiscono
un impianto di incenerimento o coincenerimento dei rifiuti, quali dichiarate dal costruttore e
confermate dal gestore, espressa in quantità di rifiuti che può essere incenerita in un’ora,
rapportata al potere calorifico dichiarato dei rifiuti;
l) ‘carico termico nominale’: la somma delle capacità di incenerimento dei forni che
costituiscono l’impianto, quali dichiarate dal costruttore e confermate dal gestore, espressa
come prodotto tra la quantità oraria di rifiuti inceneriti ed il potere calorifico dichiarato dei
rifiuti;
m) ‘ore operative’: il tempo, espresso in ore, durante cui un impianto di combustione, in tutto
o in parte, è in funzione e scarica emissioni nell’atmosfera, esclusi i periodi di avvio o di
arresto;
n) ‘emissione’: lo scarico diretto o indiretto, da fonti puntiformi o diffuse dell’installazione, di
sostanze, vibrazioni, calore o rumore nell’aria, nell’acqua o nel suolo;
o) ‘valori limite di emissione’: la massa, espressa in rapporto a determinati parametri specifici,
la concentrazione oppure il livello di un’emissione che non devono essere superati in uno o
più periodi di tempo;
p) ‘diossine e furanì: tutte le dibenzo-p-diossine e i dibenzofurani policlorurati di cui alla nota
1 alla lettera a), del punto 4, al paragrafo A dell’Allegato 1;
q) ‘gestore’: la persona fisica o giuridica di cui all’articolo 5, comma 1, lettera r-bis);
r) ‘residuo’: qualsiasi materiale liquido o solido, comprese le scorie e le ceneri pesanti, le
ceneri volanti e la polvere di caldaia, i prodotti solidi di reazione derivanti dal trattamento del
gas, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue, i catalizzatori esauriti e il carbone
attivo esaurito, definito come rifiuto all’articolo 183, comma 1, lettera a), generato dal
processo di incenerimento o di coincenerimento, dal trattamento degli effluenti gassosi o
delle acque reflue o da altri processi all’interno dell’impianto di incenerimento o di
coincenerimento;
s) ‘biomassa’: per biomassa si intendono:
1) prodotti costituiti di materia vegetale di provenienza agricola o forestale,
utilizzabili come combustibile per recuperarne il contenuto energetico;
2) i rifiuti seguenti:
2.1) rifiuti vegetali derivanti da attività agricole e forestali;
2.2) rifiuti vegetali derivanti dalle industrie alimentari di
trasformazione, se l’energia termica generata è recuperata;
2.3) rifiuti vegetali fibrosi della produzione di pasta di carta grezza
e di produzione di carta dalla pasta, se sono coinceneriti sul luogo
di produzione e se l’energia termica generata è recuperata;
2.4) rifiuti di sughero;
2.5) rifiuti di legno, ad eccezione di quelli che possono contenere
composti organici alogenati o metalli pesanti, ottenuti a seguito di
un trattamento o di rivestimento inclusi in particolare i rifiuti di
legno di questo genere derivanti dai rifiuti edilizi e di demolizione;
t) ‘autorizzazione’: la decisione o più decisioni scritte, emanate dall’autorità competente ai fini
di autorizzare la realizzazione e l’esercizio degli impianti di cui alle lettere b) e c), in
conformità a quanto previsto nel presente titolo.
237-quater. Ambito di applicazione ed esclusioni - Il presente titolo si applica agli impianti di incenerimento e agli impianti di coincenerimento dei rifiuti
solidi o liquidi. - Sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente titolo:
a) gli impianti di gassificazione o di pirolisi, se i gas prodotti da siffatto trattamento termico
dei rifiuti sono purificati in misura tale da non costituire più rifiuti prima del loro
incenerimento e da poter provocare emissioni non superiori a quelle derivanti dalla
combustione di gas naturale;
b) gli impianti che trattano unicamente i seguenti rifiuti:
1) rifiuti di cui all’articolo 237-ter, comma 1, lettera s), numero 2);
2) rifiuti radioattivi;
3) rifiuti animali, come regolati dal regolamento (CE) n. 1069/2009 del
Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009, recante norme
sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo
umano;
4) rifiuti derivanti dalla prospezione e dallo sfruttamento delle risorse petrolifere
e di gas nelle installazioni offshore e inceneriti a bordo di queste ultime;
c) impianti sperimentali utilizzati a fini di ricerca, sviluppo e sperimentazione per migliorare il
processo di incenerimento che trattano meno di 50 t di rifiuti all’anno.
237-quinquies. Domanda di autorizzazione - La realizzazione e l’esercizio degli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti rientranti
nell’ambito di applicazione del presente titolo devono essere autorizzati ai sensi delle seguenti disposizioni:
a) per gli impianti non sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale ai sensi dell’articolo
6, comma 13, si applica l’articolo 208;
b) per gli impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale ai sensi dell’articolo 6,
comma 13 del presente decreto legislativo si applicano le disposizioni del Titolo III-bis della
Parte Seconda. - La domanda per il rilascio dell’autorizzazione deve contenere in particolare una descrizione delle misure
previste per garantire che siano rispettate le seguenti prescrizioni:
a) l’impianto è progettato e attrezzato e sarà gestito e sottoposto a manutenzione in maniera
conforme ai requisiti del presente titolo, tenendo conto delle categorie di rifiuti da incenerire
o da coincenerire;
b) il calore generato durante il processo di incenerimento e di coincenerimento è recuperato,
per quanto praticabile, attraverso la produzione di calore, vapore o energia;
c) i residui sono ridotti al minimo in quantità e nocività e riciclati ove opportuno;
d) lo smaltimento dei residui che non possono essere evitati, limitati o riciclati sarà effettuato
nel rispetto della Parte IV;
e) le tecniche di misurazione proposte per le emissioni negli effluenti gassosi e nelle acque di
scarico sono conformi ai requisiti dell’Allegato 1, lettera C, e dell’Allegato 2, lettera C, al
presente Titolo. - Per gli impianti di produzione di energia elettrica tramite coincenerimento, per cui il produttore fornisca
documentazione atta a dimostrare che la producibilità imputabile a fonti rinnovabili, per il quinquennio
successivo alla data prevista di entrata in esercizio dell’impianto, sia superiore al 50 per cento della
producibilità complessiva di energia elettrica, si applica il procedimento di cui all’articolo 12 del decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.
237-sexies. Contenuto dell’autorizzazione - L’autorizzazione alla realizzazione ed esercizio degli impianti di incenerimento e coincenerimento deve in
ogni caso indicare esplicitamente:
a) un elenco di tutti i tipi di rifiuti che possono essere trattati nell’impianto, individuati
mediante il riferimento ai relativi codici dell’elenco europeo dei rifiuti, nonché l’informazione
sulla quantità di ciascun tipo di rifiuti autorizzati;
b) la capacità nominale e il carico termico nominale autorizzato dell’impianto;
c) i valori limite per le emissioni nell’atmosfera e nell’acqua per ogni singolo inquinante;
d) le procedure e la frequenza di campionamento e misurazione da utilizzare per rispettare le
condizioni fissate per il controllo delle emissioni, nonché la localizzazione dei punti di
campionamento e misurazione;
e) il periodo massimo durante il quale, a causa di disfunzionamenti, guasti o arresti
tecnicamente inevitabili dei dispositivi di depurazione e di misurazione, le emissioni
nell’atmosfera e gli scarichi di acque reflue possono superare i valori limite di emissione
previsti;
f) i periodi massimi di tempo per l’avviamento e l’arresto durante il quale non vengono
alimentati rifiuti come disposto all’articolo 237-octies, comma 11, del presente Titolo e
conseguentemente esclusi dal periodo di effettivo funzionamento dell’impianto ai fini
dell’applicazione dell’Allegato 1, paragrafo A, punto 5, e paragrafo C, punto 1;
g) le modalità e la frequenza dei controlli programmati per accertare il rispetto delle
condizioni e delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione medesima, da effettuarsi, ove non
diversamente disposto, da parte delle agenzie regionali e provinciali per la protezione
dell’ambiente, con oneri a carico del gestore;
h) il periodo che deve intercorrere tra la messa in esercizio e la messa a regime dell’impianto.
La messa in esercizio deve essere comunicata all’autorità competente con un anticipo di
almeno quindici giorni. L’autorizzazione stabilisce altresì la data entro cui devono essere
comunicati all’autorità competente i dati relativi alle emissioni effettuate in un periodo
continuativo di marcia controllata decorrente dalla messa a regime, e la durata di tale
periodo, nonché il numero dei campionamenti da realizzare. - In aggiunta alle prescrizioni di cui al comma 1, l’autorizzazione rilasciata per un impianto di
incenerimento e di coincenerimento che utilizza rifiuti pericolosi contiene:
a) un elenco delle quantità ed i poteri calorifici inferiori minimi e massimi delle diverse
tipologie di rifiuti pericolosi che possono essere trattati nell’impianto;
b) i flussi di massa minimi e massimi di tali rifiuti pericolosi, i loro valori calorifici minimi e
massimi e il loro contenuto massimo di policlorobifenile, pentaclorofenolo, cloro, fluoro, zolfo,
metalli pesanti e altre sostanze inquinanti. - Per quanto concerne il coincenerimento dei propri rifiuti nel luogo di produzione in caldaie a corteccia
utilizzate nelle industrie della pasta di legno e della carta, l’autorizzazione è subordinata almeno alle
seguenti condizioni:
a) devono essere adottate tecniche tali da assicurare il rispetto dei valori limite di emissione
fissati nell’Allegato 1, paragrafo A, per il carbonio organico totale;
(lettera così modificata dall’art. 18, comma 1, della legge n. 167 del 2017)
b) le condizioni d’esercizio autorizzate non devono dare luogo ad una maggior quantità di
residui o a residui con un più elevato tenore di inquinanti organici rispetto ai residui ottenibili
applicando le prescrizioni di cui al presente articolo.
3-bis. L’autorità competente riesamina periodicamente e aggiorna, ove necessario, le condizioni di
autorizzazione.
(comma aggiunto dall’art. 18, comma 1, della legge n. 167 del 2017)
237-septies. Consegna e ricezione dei rifiuti - Il gestore dell’impianto di incenerimento o di coincenerimento adotta tutte le precauzioni necessarie
riguardo alla consegna e alla ricezione dei rifiuti per evitare o limitare per quanto praticabile gli effetti
negativi sull’ambiente, in particolare l’inquinamento dell’aria, del suolo, delle acque superficiali e
sotterranee nonché altri effetti negativi sull’ambiente, odori e rumore e i rischi diretti per la salute umana.
Tali misure devono soddisfare almeno le prescrizioni di cui ai commi 3, 4 e 5. - Prima dell’accettazione dei rifiuti nell’impianto di incenerimento o di coincenerimento, il gestore
determina la massa di ciascun tipo di rifiuti, possibilmente individuati in base all’elenco europeo dei rifiuti. - Prima dell’accettazione dei rifiuti pericolosi nell’impianto di incenerimento o nell’impianto di
coincenerimento, il gestore raccoglie informazioni sui rifiuti al fine di verificare l’osservanza dei requisiti
previsti dall’autorizzazione, in particolare quelli di cui all’articolo 237-sexies. - Le informazioni di cui al comma 3 comprendono quanto segue:
a) tutti i dati di carattere amministrativo sul processo produttivo contenuti nei documenti di
cui al comma 5, lettera a);
b) la composizione fisica e, se possibile, chimica dei rifiuti e tutte le altre informazioni
necessarie per valutarne l’idoneità ai fini del previsto processo di incenerimento e
coincenerimento;
c) le caratteristiche di pericolosità dei rifiuti, le sostanze con le quali non possono essere
mescolati e le precauzioni da adottare nella manipolazione dei rifiuti. - Prima dell’accettazione dei rifiuti pericolosi nell’impianto di incenerimento o di coincenerimento il gestore
applica almeno le seguenti procedure:
a) controllo dei documenti prescritti ai sensi della Parte Quarta, e, se del caso, di quelli
prescritti dal regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14
giugno 2006, relativo alla spedizione di rifiuti e dalla legislazione in materia di trasporto di
merci pericolose;
b) ad esclusione dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo e di eventuali altri rifiuti
individuati dall’autorità competente, per i quali il campionamento risulti inopportuno, devono
essere prelevati campioni rappresentativi. Questa operazione va effettuata, per quanto
possibile, prima del conferimento nell’impianto, per verificarne mediante controlli la
conformità all’autorizzazione nonché alle informazioni di cui ai commi 3 e 4, e per consentire
alle autorità competenti di identificare la natura dei rifiuti trattati. I campioni sono conservati
per almeno un mese dopo l’incenerimento o il coincenerimento dei rifiuti da cui sono stati
prelevati. - L’autorità competente, in sede di autorizzazione, può concedere deroghe ai commi 2, 3 4 e 5, lettera a),
per gli impianti di incenerimento o di coincenerimento che sono parte di un’installazione di cui al Titolo IIIbis
della Parte Seconda a condizione che inceneriscano o coinceneriscano esclusivamente i propri rifiuti, nel
luogo in cui gli stessi sono stati prodotti, e che venga garantito il rispetto delle previsioni del presente
titolo, anche mediante la prescrizione di misure specifiche che tengano conto delle masse e delle categorie
di tali rifiuti.
237-octies. Condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e coincenerimento - Nell’esercizio dell’impianto di incenerimento o di coincenerimento devono essere adottate tutte le misure
affinché le attrezzature utilizzate per la ricezione, gli stoccaggi, i pretrattamenti e la movimentazione dei
rifiuti, nonché per la movimentazione o lo stoccaggio dei residui prodotti, siano progettate e gestite in
modo da ridurre le emissioni e gli odori, secondo le migliori tecniche disponibili. - Gli impianti di incenerimento devono essere gestiti in modo da ottenere il più completo livello di
incenerimento possibile, adottando, se necessario, adeguate tecniche di pretrattamento dei rifiuti. Le scorie
e le ceneri pesanti prodotte dal processo di incenerimento non possono presentare un tenore di incombusti
totali, misurato come carbonio organico totale, di seguito denominato TOC, superiore al 3 per cento in
peso, o una perdita per ignizione superiore al 5 per cento in peso sul secco. - Gli impianti di incenerimento devono essere progettati, costruiti, equipaggiati e gestiti in modo tale che,
dopo l’ultima immissione di aria di combustione, i gas prodotti dal processo di incenerimento siano portati,
in modo controllato ed omogeneo, anche nelle condizioni più sfavorevoli, ad una temperatura di almeno
850° C per almeno due secondi. Tale temperatura è misurata in prossimità della parete interna della
camera di combustione, o in un altro punto rappresentativo della camera di combustione indicato
dall’autorità competente. - Gli impianti di coincenerimento devono essere progettati, costruiti, equipaggiati e gestiti in modo tale
che i gas prodotti dal coincenerimento dei rifiuti siano portati, in modo controllato ed omogeneo, anche
nelle condizioni più sfavorevoli previste, ad una temperatura di almeno 850°C per almeno due secondi. - Se vengono inceneriti e coinceneriti rifiuti pericolosi contenenti oltre l’1 per cento di sostanze organiche
alogenate, espresse in cloro, la temperatura necessaria per osservare il disposto del secondo e terzo
comma è pari ad almeno 1100°C per almeno due secondi. - Ciascuna linea dell’impianto di incenerimento deve essere dotata di almeno un bruciatore ausiliario da
utilizzare, nelle fasi di avviamento e di arresto dell’impianto, per garantire l’innalzamento ed il
mantenimento della temperatura minima stabilita ai sensi dei commi 3 e 5 e all’articolo 237-nonies,
durante tali operazioni e fintantoché vi siano rifiuti nella camera di combustione. Tale bruciatore deve
entrare in funzione automaticamente in modo da evitare, anche nelle condizioni più sfavorevoli, che la
temperatura dei gas di combustione, dopo l’ultima immissione di aria di combustione, scenda al di sotto
delle temperature minima stabilite ai commi 3 e 5 e all’articolo 237-nonies, fino a quando vi è combustione
di rifiuto. Il bruciatore ausiliario non deve essere alimentato con combustibili che possano causare
emissioni superiori a quelle derivanti dalla combustione di gasolio, gas liquefatto e gas naturale. - Prima dell’inizio delle operazioni di incenerimento o coincenerimento, l’autorità competente verifica che
l’impianto sia conforme alle prescrizioni alle quali è stato subordinato il rilascio dell’autorizzazione. I costi di
tale verifica sono a carico del titolare dell’impianto. L’esito della verifica non comporta in alcun modo una
minore responsabilità per il gestore. - Qualora l’autorità competente non provvede alla verifica di cui al comma precedente entro trenta giorni
dalla ricezione della relativa richiesta, il titolare può dare incarico ad un soggetto abilitato di accertare che
l’impianto soddisfa le condizioni e le prescrizioni alle quali è stato subordinato il rilascio dell’autorizzazione.
L’esito dell’accertamento è fatto pervenire all’autorità competente e, se positivo, trascorsi quindici giorni,
consente l’attivazione dell’impianto. - Al fine di ridurre l’impatto dei trasporti di rifiuti destinati agli impianti di incenerimento in fase
progettuale può essere prevista la realizzazione di appositi collegamenti ferroviari con oneri a carico dei
soggetti gestori di impianti. L’approvazione di tale elemento progettuale nell’ambito della procedura di
autorizzazione, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico comunale e comporta la
dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori. - La dismissione degli impianti deve avvenire nelle condizioni di massima sicurezza ed il sito deve essere
bonificato e ripristinato ai sensi della normativa vigente. - Gli impianti di incenerimento e di coincenerimento sono dotati di un sistema automatico per impedire
l’alimentazione di rifiuti in camera di combustione nei seguenti casi:
a) all’avviamento, finché non sia raggiunta la temperatura minima stabilita ai commi 3, 4 e 5
e la temperatura prescritta ai sensi dell’articolo 237-nonies;
b) qualora la temperatura nella camera di combustione scenda al di sotto di quella minima
stabilita ai sensi dei commi 3, 4 e 5, oppure della temperatura prescritta ai sensi dell’articolo
237-nonies;
c) qualora le misurazioni in continuo degli inquinanti negli effluenti indichino il superamento
di uno qualsiasi dei valori limite di emissione, a causa del cattivo funzionamento o di un
guasto dei dispositivi di depurazione degli scarichi gassosi. - Il calore generato durante il processo di incenerimento o coincenerimento è recuperato per quanto
tecnicamente possibile. - I rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo sono introdotti direttamente nel forno di incenerimento
senza prima essere mescolati con altre categorie di rifiuti e senza manipolazione diretta. - La gestione operativa degli impianti di incenerimento o di coincenerimento dei rifiuti deve essere
affidata a persone fisiche tecnicamente competenti.
237-nonies. Modifica delle condizioni di esercizio e modifica sostanziale dell’attività - Per determinate categorie di rifiuti o determinati processi termici, l’autorità competente può, in sede di
autorizzazione, prevedere espressamente l’applicazione di prescrizioni diverse da quelle riportate ai commi
2, 3, 4, 5 e 6 dell’articolo 237-octies, nonché, per quanto riguarda la temperatura, di cui al comma 11
dell’articolo 237-octies, purché nell’impianto di incenerimento e di coincenerimento siano adottate tecniche
tali da assicurare:
a) il rispetto dei valori limite di emissione fissati nell’Allegato 1, parte A, per l’incenerimento e
Allegato 2, parte A, per il coincenerimento;
b) che le condizioni d’esercizio autorizzate non diano luogo ad una maggior quantità di residui
o a residui con un più elevato tenore di inquinanti organici rispetto ai residui ottenibili
applicando le prescrizioni di cui all’articolo 237-octies.
1-bis. Per le emissioni di carbonio organico totale e monossido di carbonio degli impianti di
coincenerimento dei rifiuti, autorizzati a modificare le condizioni di esercizio, è comunque assicurato il
rispetto dei valori limite di emissione fissati nell’Allegato 1, paragrafo A.
(comma inserito dall’art. 18, comma 1, della legge n. 167 del 2017) - Le autorità competenti comunicano Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare tutte le
condizioni di esercizio autorizzate ai sensi del presente articolo e i risultati delle verifiche effettuate anche
alla luce delle relazioni annuali di cui all’articolo 237-septiesdecies. Il Ministero provvede a comunicare alla
Commissione europea le informazioni ricevute nell’ambito delle relazioni di cui all’articolo 29-terdecies. - Se un impianto di incenerimento dei rifiuti o di un impianto di coincenerimento dei rifiuti tratta
esclusivamente rifiuti non pericolosi, la modifica dell’attività che comporti l’incenerimento o il
coincenerimento di rifiuti pericolosi è considerata sostanziale.
237-decies. Coincenerimento di olii usati - E’ vietato il coincenerimento di oli usati contenenti PCB/PCT e loro miscele in misura eccedente le 50
parti per milione. Tale divieto deve essere espressamente menzionato nell’autorizzazione concessa
dall’autorità competente ad impianti di coincenerimento che utilizzano rifiuti pericolosi. - Il coincenerimento di olii usati, fermo restando il divieto di cui al comma 1, è autorizzato secondo le
disposizioni del presente titolo, a condizione che siano rispettate le seguenti ulteriori prescrizioni:
a) gli oli usati come definiti all’articolo 183, comma 1, lettera c), siano conformi ai seguenti
requisiti:
1) la quantità di policlorodifenili (PCB) di cui al decreto legislativo 22 maggio
1999, n. 209, e successive modificazioni, e degli idrocarburi policlorurati
presenti concentrazioni non superiori a 50 ppm;
2) questi rifiuti non siano resi pericolosi dal fatto di contenere altri costituenti
elencati nell’Allegato D alla Parte Quarta, in quantità o concentrazioni
incompatibili con gli obiettivi previsti dall’articolo 177, comma 4;
3) il potere calorifico inferiore sia almeno 30 MJ per chilogrammo;
b) la potenza termica nominale della singola apparecchiatura dell’impianto in cui sono
alimentati gli oli usati come combustibile sia pari o superiore a 6 MW.
237-undecies. Coincenerimento di rifiuti animali rientranti nell’ambito di applicazione del
regolamento n. 1069/2009/UE - Il coincenerimento dei prodotti trasformati derivanti da materiali di categoria 1, 2 e 3 di cui al
regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009, è autorizzato
secondo le disposizioni degli articoli 237-quinquies e 237-sexies, a condizione che siano rispettati i requisiti,
le modalità di esercizio e le prescrizioni di cui all’Allegato 3. - La domanda per il rilascio delle autorizzazioni è inviata anche alla Azienda sanitaria locale (ASL)
territorialmente competente. - Nella documentazione di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 148, e nel Modello
unico di dichiarazione ambientale, di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70, e successive modificazioni,
deve essere indicato, nella parte relativa all’individuazione e classificazione dei rifiuti di cui al presente
articolo, il codice dell’Elenco europeo dei rifiuti; 020203 ‘Scarti inutilizzabili per il consumo e la
trasformazione’.
237-duodecies. Emissione in atmosfera - Gli effluenti gassosi degli impianti di incenerimento e coincenerimento devono essere emessi in modo
controllato attraverso un camino di altezza adeguata e con velocità e contenuto entalpico tale da favorire
una buona dispersione degli effluenti al fine di salvaguardare la salute umana e l’ambiente, con particolare
riferimento alla normativa relativa alla qualità dell’aria. - Gli impianti di incenerimento dei rifiuti e gli impianti di coincenerimento sono progettati, costruiti,
equipaggiati e gestiti in modo che le emissioni nell’atmosfera non superano i valori limite di emissione di
cui rispettivamente all’Allegato I, paragrafo A, e all’Allegato 2, paragrafo A, al presente Titolo. - Qualora il calore liberato dal coincenerimento di rifiuti pericolosi sia superiore al 40 per cento del calore
totale liberato nell’impianto, o qualora l’impianto coincenerisca rifiuti urbani misti non trattati, i valori limite
di emissione sono quelli fissati all’Allegato 1, paragrafo A, al presente Titolo e conseguentemente non si
applica la formula di miscelazione di cui all’Allegato 2, paragrafo A. - I risultati delle misurazioni effettuate per verificare l’osservanza dei valori limite di emissione di cui al
comma 1, sono normalizzati alle condizioni descritte all’Allegato 1, lettera B, al presente Titolo. Il controllo
delle emissioni è effettuato conformemente al punto C dell’Allegato 1 e punto C dell’Allegato 2. - I risultati delle misurazioni effettuate per verificare l’osservanza dei valori limite di emissione di cui al
comma 2, sono normalizzati alle condizioni descritte all’Allegato 2, lettera B, al presente Titolo. - L’installazione e il funzionamento dei sistemi di misurazione automatici sono sottoposti a controllo e test
annuale di verifica come prescritto al punto C dell’Allegato 1 e al punto C dell’Allegato 2 al presente Titolo. - Nel caso di coincerimento dei rifiuti urbani misti non trattati, i valori limite di emissione sono quelli fissati
all’Allegato 1, paragrafo A. - In sede di autorizzazione, l’autorità competente valuta la possibilità di concedere specifiche deroghe
previste agli Allegati 1 e 2, nel rispetto delle norme di qualità ambientale, e, ove ne ricorra la fattispecie,
delle disposizioni del Titolo III-bis della Parte seconda.
237-terdecies. Scarico di acque reflue - Lo scarico di acque reflue provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi evacuate da un impianto
di incenerimento o di coincenerimento è limitata per quanto possibile e comunque disciplinato
dall’autorizzazione di cui all’articolo 237-sexies. - Le acque reflue provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi evacuate da un impianto di
incenerimento o di coincenerimento sono soggette all’autorizzazione rilasciata dall’autorità competente ai
sensi del Titolo III-bis. - La domanda di autorizzazione, ove preveda lo scarico di acque reflue provenienti dalla depurazione di
effluenti gassosi, deve essere accompagnata dall’indicazione delle caratteristiche quantitative e qualitative
dello scarico; della quantità di acqua da prelevare nell’anno solare, del corpo ricettore e del punto previsto
per il prelievo al fine del controllo, dalla descrizione del sistema complessivo di scarico, ivi comprese le
operazioni ad esso funzionalmente connesse, dell’eventuale sistema di misurazione del flusso degli scarichi
ove richiesto, dall’indicazione dei mezzi tecnici impiegati nel processo produttivo e nei sistemi di scarico,
nonché dall’indicazione dei sistemi di depurazione utilizzati per conseguire il rispetto dei valori limite di
emissione di cui al comma 3. - L’autorizzazione di cui all’articolo 237-sexies, con riferimento allo scarico di acque reflue provenienti dalla
depurazione di effluenti gassosi, stabilisce:
a) i valori limite di emissione per gli inquinanti di cui al punto D dell’Allegato I al presente
Titolo;
b) i parametri di controllo operativo per le acque reflue almeno relativamente al pH, alla
temperatura e alla portata;
c) le prescrizioni riguardanti le misurazioni ai fini della sorveglianza degli scarichi come
frequenza delle misurazioni della massa degli inquinanti delle acque reflue trattate, nonché la
localizzazione dei punti di campionamento o di misurazione;
d) prescrizioni tecniche in funzione del raggiungimento dell’obiettivo di qualità dei corpi idrici
ricettori individuati ai sensi dell’articolo 76 e successivi;
e) le eventuali ulteriori prescrizioni volte a garantire che gli scarichi siano effettuati in
conformità alle disposizioni del presente decreto e senza pregiudizio per il corpo recettore,
per la salute pubblica e l’ambiente. - Lo scarico in acque superficiali di acque reflue provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi deve
rispettare almeno i valori di emissioni previsti all’Allegato 1, paragrafo D. E’ vietato lo scarico sul suolo,
sottosuolo e nelle acque sotterranee. - Le acque reflue provenienti dalla depurazione degli scarichi gassosi devono essere separate dalle acque
di raffreddamento e dalle acque di prima pioggia rispettando i valori limite di emissione di cui alla Tabella 5
dell’Allegato V alla Parte Terza, a piè di impianto di trattamento. - Qualora le acque reflue provenienti dalla depurazione dei gas di scarico siano trattate congiuntamente
ad acque reflue provenienti da altre fonti, le misurazioni devono essere effettuate:
a) sul flusso delle acque reflue provenienti dai processi di depurazione degli effluenti gassosi
prima dell’immissione nell’impianto di trattamento collettivo delle acque reflue;
b) sugli altri flussi di acque reflue prima dell’immissione nell’impianto di trattamento collettivo
delle acque reflue;
c) dopo il trattamento, al punto di scarico finale delle acque reflue. - Al fine di verificare l’osservanza dei valori limite di emissione stabiliti all’Allegato I, paragrafo D, per il
flusso di acque reflue provenienti dal processo di depurazione degli effluenti gassosi, sono effettuati gli
opportuni calcoli di bilancio di massa per stabilire i livelli di emissione che, nello scarico finale delle acque
reflue, possono essere attribuiti alla depurazione degli effluenti gassosi dell’impianto di incenerimento o
coincenerimento.
(comma così modificato dall’art. 18, comma 1, della legge n. 167 del 2017) - I valori limite di emissione si applicano nel punto in cui le acque reflue, provenienti dalla depurazione
degli scarichi gassosi sono evacuate dall’impianto di incenerimento dei rifiuti o dall’impianto di
incenerimento dei rifiuti o dall’impianto di coincenerimento dei rifiuti. - I valori limite non possono essere in alcun caso conseguiti mediante diluizione delle acque reflue.
- Fermo restando il divieto di scarico o di immissione diretta di acque meteoriche nelle acque
sotterranee, ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le acque meteoriche di dilavamento, le
acque di prima pioggia e di lavaggio, le acque contaminate derivanti da spandimenti o da operazioni di
estinzione di incendi delle aree esterne devono essere convogliate ed opportunamente trattate, ai sensi
della Parte III del presente decreto legislativo. - Devono essere adottate le misure necessarie volte all’eliminazione ed alla riduzione dei consumi,
nonché ad incrementare il riciclo ed il riutilizzo di acqua reflua o già usata nel ciclo produttivo come l’acqua
di raffreddamento, anche mediante le migliori tecnologie disponibili ai sensi della Parte Terza. - Qualora le acque reflue provenienti dalla depurazione degli scarichi gassosi siano trattate al di fuori
dell’impianto di incenerimento dei rifiuti o dell’impianto di coincenerimento dei rifiuti in un impianto di
trattamento destinato esclusivamente al trattamento di questo tipo di acque reflue, i valori limite di
emissione di cui alla tabella dell’Allegato 1, lettera D, si applicano al punto in cui le acque reflue
fuoriescono dall’impianto di trattamento. - Il sito dell’impianto di incenerimento dei rifiuti e il sito dell’impianto di coincenerimento dei rifiuti, ivi
comprese le aree di stoccaggio dei rifiuti, è progettato e gestito in modo da evitare l’immissione non
autorizzata e accidentale di qualsiasi inquinante nel suolo, nelle acque superficiali e nelle acque
sotterranee. - E’ prevista una capacità di stoccaggio per le acque piovane contaminate che defluiscano dal sito
dell’impianto di incenerimento dei rifiuti o dal sito dell’impianto di coincenerimento o per l’acqua
contaminata derivante da spandimenti o da operazioni di estinzione di incendi. La capacità di stoccaggio
deve essere sufficiente per garantire che tali acque possano, se necessario, essere analizzate e, se
necessario, trattate prima dello scarico.
237-quattuordecies. Campionamento ed analisi delle emissioni in atmosfera degli impianti di
incenerimento e di coincenerimento - I metodi di campionamento, analisi e valutazione delle emissioni in atmosfera, nonché le procedure di
acquisizione, validazione, elaborazione ed archiviazione dei dati, sono fissati ed aggiornati ai sensi della
lettera C dell’Allegato 1 e della lettera C dell’Allegato 2 al presente Titolo, per quanto non previsto
all’Allegato VI alla Parte Quinta. - I valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e coincenerimento si intendono rispettati se
conformi rispettivamente a quanto previsto all’Allegato 1, paragrafo C, punto 1, e all’Allegato 2, paragrafo
C, punto 1. - Negli impianti di incenerimento e in quelli di coincenerimento devono essere misurate e registrate in
continuo nell’effluente gassoso le concentrazioni di CO, NOx, SO2, polveri totali, TOC, HCl, HF e NH3.
L’autorità competente può autorizzare che le misurazioni in continuo siano sostituite da misurazioni
periodiche di HCl, HF ed SO2, se il gestore dimostra che le emissioni di tali inquinanti non possono in
nessun caso essere superiori ai valori limite di emissione stabiliti. La misurazione in continuo di acido
fluoridrico (HF) può essere sostituita da misurazioni periodiche se l’impianto adotta sistemi di trattamento
dell’acido cloridrico (HCl) nell’effluente gassoso che garantiscano il rispetto del valore limite di emissione
relativo a tale sostanza. - L’autorità competente può decidere di non imporre misurazioni in continuo per NOx e può prescrivere le
misurazioni periodiche stabilite al comma 5, negli impianti esistenti di incenerimento o coincenerimento dei
rifiuti aventi capacità nominale inferiore a 6t/ora se il gestore può dimostare, sulla base di informazioni
relative alla qualità dei rifiuti in questione, delle tecnologie utilizzate e dei risultati del monitoraggio delle
emissioni, che in nessuna circostanza le emissioni di NOx possono essere superiori al valore limite di
emissione prescritto. - Devono inoltre essere misurati e registrati in continuo il tenore volumetrico di ossigeno, la temperatura,
la pressione, il tenore di vapore acqueo e la portata volumetrica nell’effluente gassoso. La misurazione in
continuo del tenore di vapore acqueo non è richiesta se l’effluente gassoso campionato viene essiccato
prima dell’analisi. - Deve essere inoltre misurata e registrata in continuo la temperatura dei gas vicino alla parete interna o
in altro punto rappresentativo della camera di combustione, secondo quanto autorizzato dall’autorità
competente. - Devono essere misurate con cadenza almeno quadrimestrale le sostanze di cui all’Allegato 1, paragrafo
A, punti 3 e 4, nonché gli altri inquinanti, di cui al precedente comma 2, per i quali l’autorità competente
abbia prescritto misurazioni periodiche; per i primi dodici mesi di funzionamento dell’impianto, le predette
sostanze devono essere misurate almeno ogni tre mesi. - All’atto della messa in esercizio dell’impianto, e successivamente su motivata richiesta dell’autorità
competente, devono essere controllati nelle più gravose condizioni di funzionamento i seguenti parametri
relativi ai gas prodotti, individuati agli articoli 237-octies e 237-nonies:
a) tempo di permanenza;
b) temperatura minima;
c) tenore di ossigeno. - Gli impianti di coincenerimento devono assicurare inoltre la misurazione e registrazione della quantità di
rifiuti e di combustibile alimentato a ciascun forno o altra apparecchiatura. - Tutti i risultati delle misurazioni sono registrati, elaborati e presentati all’autorità competente in modo
da consentirle di verificare l’osservanza delle condizioni di funzionamento previste e dei valori limite di
emissione stabiliti nell’autorizzazione, secondo le procedure fissate dall’autorità che ha rilasciato la stessa. - Qualora dalle misurazioni eseguite risulti che i valori limite di emissione in atmosfera stabiliti dal
presente articolo sono superati, il gestore provvede a informarne senza indugio l’autorità competente e
l’agenzia regionale o provinciale per la protezione dell’ambiente, fermo restando quanto previsto all’articolo
237-octiesdecies. - La corretta installazione ed il funzionamento dei dispositivi automatici di misurazione delle emissioni
gassose sono sottoposti a controllo da parte dell’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione. La
taratura di detti dispositivi deve essere verificata, con metodo parallelo di riferimento, con cadenza almeno
triennale.
237-quinquiesdecies. Controllo e sorveglianza delle emissioni nei corpi idrici - Fermo restando quanto previsto all’articolo 237-terdecies, ai fini della sorveglianza su parametri,
condizioni e concentrazioni di massa inerenti al processo di incenerimento o di coincenerimento sono
utilizzate tecniche di misurazione e sono installate le relative attrezzature. - Le misurazioni delle emissioni negli ambienti idrici effettuate al punto di scarico delle acque reflue,
devono essere eseguite in conformità a quanto previsto all’Allegato 1, paragrafo E, punto 1. - I valori limite di emissione si considerano rispettati se conformi a quanto previsto all’Allegato 1,
paragrafo E, punto 2. - Tutti i risultati delle misurazioni sono registrati, elaborati e presentati all’autorità competente in modo da
consentirle di verificare l’osservanza delle condizioni di funzionamento previste e dei valori limite di
emissione stabiliti nell’autorizzazione, secondo le procedure fissate dall’autorità che ha rilasciato la stessa. - Qualora dalle misurazioni eseguite risulti che i valori limite di emissione negli ambienti idrici sono
superati si provvede ad informare tempestivamente l’autorità competente e l’agenzia regionale o
provinciale per la protezione dell’ambiente, fermo restando quanto previsto all’articolo 237-septiesdecies. - La corretta installazione ed il funzionamento dei dispositivi automatici di misurazione degli scarichi idrici
sono sottoposti a controllo da parte dell’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione. La taratura di
detti dispositivi deve essere verificata, con metodo parallelo di riferimento, con cadenza almeno triennale. - Il campionamento, la conservazione, il trasporto e le determinazioni analitiche, ai fini dei controlli e della
sorveglianza, devono essere eseguiti secondo le metodiche APAT.
237-sexiesdecies. Residui - La quantità e la pericolosità dei residui prodotti durante il funzionamento dell’impianto di incenerimento
o di coincenerimento devono essere ridotte al minimo: I residui sono riciclati in conformità alla Parte IV del
presente decreto legislativo, quando appropriato, direttamente nell’impianto o al di fuori di esso. I residui
che non possono essere riciclati devono essere smaltiti in conformità alle norme del presente decreto
legislativo. - Il trasporto e lo stoccaggio intermedio di residui secchi sotto forma di polveri devono essere effettuati in
modo tale da evitare la dispersione nell’ambiente di tali residui, ad esempio mediante l’utilizzo di contenitori
chiusi. - Preliminarmente al riciclaggio o smaltimento dei residui prodotti dall’impianto di incenerimento o di
coincenerimento, devono essere effettuate opportune analisi per stabilire le caratteristiche fisiche e
chimiche, nonché il potenziale inquinante dei vari residui. L’analisi deve riguardare in particolare l’intera
frazione solubile e la frazione solubile dei metalli pesanti.
237-septiesdecies. Obblighi di comunicazione, informazione, accesso e partecipazione - Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, integra la relazione di cui all’articolo 29-
terdecies, comma 2 con i dati concernenti l’applicazione del presente titolo, anche avvalendosi delle
informazioni ricevute dai gestori degli impianti di incenerimento e coincenerimento di cui al successivo
comma 5. - Al fine di garantire al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare la base informativa
necessaria all’attuazione del comma 1, le autorità competenti integrano la comunicazione periodica
trasmessa ai sensi dell’articolo 29-terdecies, comma 1, con le informazioni relative all’applicazione del
presente titolo, secondo le indicazioni fornite del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare. - Le autorizzazioni alla realizzazione e all’esercizio degli impianti di incenerimento o di coincenerimento
sono rilasciate solo dopo aver garantito l’accesso alle informazioni ai sensi di quanto disposto dalla
normativa di settore. - Fatto salvo il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, e, esclusi i casi in cui si applicano le disposizioni
in materia di informazione del pubblico previste al Titolo III-bis della Parte Seconda, le domande di
autorizzazione e rinnovo per impianti di incenerimento e di coincenerimento sono rese accessibili al
pubblico in uno o più luoghi aperti al pubblico, e comunque presso la sede del comune territorialmente
competente, per un periodo di tempo adeguato e comunque non inferiore a trenta giorni, affinché
chiunque possa esprimere le proprie osservazioni prima della decisione dell’autorità competente. La
decisione dell’autorità competente, l’autorizzazione e qualsiasi suo successivo aggiornamento sono rese
accessibili al pubblico con le medesime modalità. - Per gli impianti di incenerimento e coincenerimento aventi una capacità nominale di due o più Mg l’ora,
entro il 30 aprile dell’anno successivo, il gestore predispone una relazione annuale relativa al
funzionamento ed alla sorveglianza dell’impianto che dovrà essere trasmessa all’autorità competente che la
rende accessibile al pubblico con le modalità di cui al comma 4. Tale relazione fornisce, come requisito
minimo, informazioni in merito all’andamento del processo e delle emissioni nell’atmosfera e nell’acqua
rispetto alle norme di emissione previste dal presente titolo. - L’autorità competente redige un elenco, accessibile al pubblico, degli impianti di incenerimento e
coincenerimento aventi una capacità nominale inferiore a due tonnellate l’ora. - Copia delle autorizzazioni rilasciate, nonché della relazione di cui al comma 4 e degli elenchi di cui al
comma 5 sono trasmesse, per le finalità di cui al comma 1 al Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare e all’ Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).
237-octiesdecies. Condizioni anomale di funzionamento - L’autorità competente stabilisce nell’autorizzazione il periodo massimo di tempo durante il quale, a causa
di disfunzionamenti, guasti o arresti tecnicamente inevitabili dei dispositivi di depurazione e di misurazione,
le concentrazioni delle sostanze regolamentate presenti nelle emissioni in atmosfera e nelle acque reflue
depurate possono superare i valori limite di emissione autorizzati. - Nei casi di guasto, il gestore riduce o arresta l’attività appena possibile, finché sia ristabilito il normale
funzionamento. - Fatto salvo l’articolo 237-octies, comma 11, lettera c), per nessun motivo, in caso di superamento dei
valori limite di emissione, l’impianto di incenerimento o di coincenerimento o la linea di incenerimento può
continuare ad incenerire rifiuti per più di quattro ore consecutive. La durata cumulativa del funzionamento
in tali condizioni in un anno deve essere inferiore a sessanta ore. La durata di sessanta ore si applica alle
linee dell’intero impianto che sono collegate allo stesso dispositivo di abbattimento degli inquinanti dei gas
di combustione. - Per gli impianti di incenerimento, nei casi di cui al comma 1 e di cui al comma 2 qualora il gestore decide
di ridurre l’attività, il tenore totale di polvere delle emissioni nell’atmosfera non deve in nessun caso
superare i 150 mg/m³, espressi come media su 30 minuti. Non possono essere superati i valori limite
relativi alle emissioni nell’atmosfera di TOC e CO di cui all’Allegato 1, lettera A, punto 2 e 5, lettera b).
Devono inoltre essere rispettate tutte le altre prescrizioni di cui agli articoli 237-octies e 237-nonies. - Non appena si verificano le condizioni anomale di cui ai commi 1 e 2, il gestore ne dà comunicazione nel
più breve tempo possibile all’autorità competente e all’autorità di controllo. Analoga comunicazione viene
data non appena è ripristinata la completa funzionalità dell’impianto.
(comma così modificato dall’art. 18, comma 1, della legge n. 167 del 2017)
237-noviesdecies. Incidenti o inconvenienti - Fatte salve le disposizioni della Parte sesta, di attuazione della direttiva 2004/35/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e
riparazione del danno ambientale e esclusi i casi disciplinati all’articolo 29-undecies, in caso di incidenti o
inconvenienti che incidano in modo significativo sull’ambiente, il gestore:
a) deve informare immediatamente le Regioni, le Province e i Comuni territorialmente
competenti;
b) deve adottare immediatamente le misure per limitare le conseguenze ambientali e
prevenire ulteriori eventuali incidenti o inconvenienti. - Ai fini del comma 1, le Regioni e le Province territorialmente competenti, diffidano il gestore ad adottare
ogni misura complementare appropriata e necessaria per limitare le conseguenze ambientali e prevenire
ulteriori eventuali incidenti o inconvenienti.
237-vicies. Accessi ed ispezioni - I soggetti incaricati dei controlli sono autorizzati ad accedere in ogni tempo presso gli impianti di
incenerimento e coincenerimento per effettuare le ispezioni, i controlli, i prelievi e i campionamenti
necessari all’accertamento del rispetto dei valori limite di emissione in atmosfera e in ambienti idrici,
nonché del rispetto delle prescrizioni relative alla ricezione, allo stoccaggio dei rifiuti e dei residui, ai
pretrattamenti e alla movimentazione dei rifiuti e delle altre prescrizioni contenute nei provvedimenti
autorizzatori o regolamentari e di tutte le altre prescrizioni contenute nel presente decreto. - Il proprietario o il gestore degli impianti sono tenuti a fornire tutte le informazioni, dati e documenti
richiesti dai soggetti di cui al comma 1, necessari per l’espletamento delle loro funzioni, ed a consentire
l’accesso all’intero impianto.
237-unvicies. Spese - Le spese relative alle ispezioni e ai controlli, in applicazione delle disposizioni del presente Titolo, nonché
quelle relative all’espletamento dell’istruttoria per il rilascio dell’autorizzazione e per la verifica degli impianti
sono a carico del titolare dell’autorizzazione, sulla base del costo effettivo del servizio, secondo tariffe e
modalità di versamento da determinarsi, salvi i casi disciplinati dalla Parte seconda del presente decreto,
con disposizioni regionali. - Fatto salvo il comma 1, le attività e le misure previste rientrano nell’ambito dei compiti istituzionali delle
amministrazioni e degli enti interessati, cui si fa fronte con le risorse di bilancio allo scopo destinate a
legislazione vigente. - Dall’attuazione del presente titolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
237-duovicies. Disposizioni transitorie e finali - Gli impianti esistenti si adeguano alle disposizioni del presente Titolo entro il 10 gennaio 2016.
- Per gli impianti esistenti, fermo restando l’obbligo a carico del gestore di adeguamento previsto al
comma 1, l’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione provvede all’aggiornamento della stessa
secondo le norme regolamentari e tecniche stabilite dal presente decreto, in occasione del primo rinnovo,
rilascio o riesame dell’autorizzazione ambientale, successivo alla data di entrata in vigore della presente
disposizione. - Per gli impianti esistenti che effettuano coincenerimento di rifiuti non pericolosi secondo le procedure
semplificate di cui al Capo V, del Titolo I alla Parte Quarta per i quali si effettui il rinnovo della
comunicazione prevista articoli dal predetto Capo V, resta fermo l’obbligo di adeguamento, a carico del
gestore, previsto al comma 1. - Agli impianti di coincenerimento non sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale, con l’esclusione
degli impianti che utilizzano rifiuti pericolosi, possono essere applicate le procedure semplificate di cui al
Capo V, del Titolo I della Parte quarta. L’ammissione delle attività di coincenerimento dei rifiuti alle
procedure semplificate è subordinata alla comunicazione di inizio di attività che dovrà comprendere, oltre a
quanto previsto agli articoli 237-quinquies, comma 2, e 237-sexies, comma 1, la relazione prevista
all’articolo 215, comma 3. Per l’avvio dell’attività di coincenerimento dei rifiuti la regione chiede la
prestazione di adeguata garanzia finanziaria a suo favore nella misura definita dalla regione stessa e
proporzionata alla capacità massima di coincenerimento dei rifiuti. L’avvio delle attività è subordinato
all’effettuazione di una ispezione preventiva, da parte della provincia competente per territorio, da
effettuarsi entro sessanta giorni dalla data di presentazione della predetta comunicazione. Le ispezioni
successive, da effettuarsi almeno una volta l’anno, accertano:
a) la tipologia e la quantità dei rifiuti sottoposti alle operazioni di coincenerimento;
b) la conformità delle attività di coincenerimento a quanto previsto agli articoli 214 e 215, e
relative norme di attuazione. - Nel caso in cui la provincia competente per territorio, a seguito delle ispezioni previste al comma 4,
accerta la violazione delle disposizioni stabilite al comma stesso, vieta, previa diffida e fissazione di un
termine per adempiere, l’inizio ovvero la prosecuzione dell’attività, salvo che il titolare dell’impianto non
provveda, entro il termine stabilito, a conformare detta attività alla normativa vigente. - Nelle more del rilascio delle autorizzazioni di cui ai commi 2 e 3, i gestori continuano ad operare sulla
base del titolo autorizzatorio precedentemente posseduto. - Con riguardo agli impianti autorizzati ai sensi dell’articolo 208, nel caso in cui il titolo autorizzatorio di cui
al comma 6 non preveda un rinnovo periodico entro il 10 gennaio 2015, entro tale data i gestori degli
impianti di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti esistenti presentano comunque all’autorità
competente una richiesta di rinnovo del titolo autorizzatorio ai fini dell’adeguamento di cui al comma 1. - Per il recepimento di normative tecniche comunitarie di modifica degli allegati al presente Titolo si
provvede con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa
comunicazione ai Ministri della salute e delle attività produttive; ogni qualvolta la nuova normativa
comunitaria preveda poteri discrezionali per la sua trasposizione, il decreto è adottato di concerto con i
Ministri della salute e delle attività produttive, sentita la Conferenza unificata.
Titolo IV – Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani - Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani
(ai sensi dell’art. 14, comma 33, della legge n. 122 del 2010, le disposizioni di questo articolo «si
interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla
predetta tariffa rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria») - Chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte ad uso privato o pubblico non
costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del
territorio comunale, che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa. La tariffa costituisce
il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e
ricomprende anche i costi indicati dall’articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36. La tariffa
di cui all’articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, è abrogata a decorrere dall’entrata in
vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11. - La tariffa per la gestione dei rifiuti è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti
per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri,
determinati con il regolamento di cui al comma 6, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per
fasce di utenza e territoriali. - La tariffa è determinata, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6,
dalle Autorità d’ambito ed è applicata e riscossa dai soggetti affidatari del servizio di gestione integrata
sulla base dei criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6. Nella determinazione della tariffa è prevista
la copertura anche di costi accessori relativi alla gestione dei rifiuti urbani quali, ad esempio, le spese di
spazzamento delle strade. Qualora detti costi vengano coperti con la tariffa ciò deve essere evidenziato nei
piani finanziari e nei bilanci dei soggetti affidatari del servizio. - La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del
servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, nonché da una
quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione, in modo
che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio. - Le Autorità d’ambito approvano e presentano all’Autorità di cui all’articolo 207 il piano finanziario e la
relativa relazione redatta dal soggetto affidatario del servizio di gestione integrata. Entro quattro anni dalla
data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 6, dovrà essere gradualmente assicurata
l’integrale copertura dei costi. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività
produttive, sentiti la Conferenza Stato regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le
rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per
le politiche ambientali (CESPA) e i soggetti interessati, disciplina, con apposito regolamento da emanarsi
entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto e nel rispetto delle
disposizioni di cui al presente articolo, i criteri generali sulla base dei quali vengono definite le componenti
dei costi e viene determinata la tariffa, anche con riferimento alle agevolazioni di cui al comma 7,
garantendo comunque l’assenza di oneri per le autorità interessate. - Nella determinazione della tariffa possono essere previste agevolazioni per le utenze domestiche e per
quelle adibite ad uso stagionale o non continuativo, debitamente documentato ed accertato, che tengano
anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali. In questo caso, nel piano
finanziario devono essere indicate le risorse necessarie per garantire l’integrale copertura dei minori introiti
derivanti dalle agevolazioni, secondo i criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6. - Il regolamento di cui al comma 6 tiene conto anche degli obiettivi di miglioramento della produttività e
della qualità del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato. - L’eventuale modulazione della tariffa tiene conto degli investimenti effettuati dai comuni o dai gestori
che risultino utili ai fini dell’organizzazione del servizio. - Alla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il
produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua
l’attività di recupero dei rifiuti stessi. - Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per
l’applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti. - La riscossione volontaria e coattiva della tariffa può essere effettuata secondo le disposizioni del d.P.R.
29 settembre 1973, n. 602, mediante convenzione con l’Agenzia delle entrate.
Titolo V – Bonifica di siti contaminati - Princìpi e campo di applicazione
- Il presente titolo disciplina gli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti contaminati e definisce
le procedure, i criteri e le modalità per lo svolgimento delle operazioni necessarie per l’eliminazione delle
sorgenti dell’inquinamento e comunque per la riduzione delle concentrazioni di sostanze inquinanti, in
armonia con i principi e le norme comunitari, con particolare riferimento al principio “chi inquina paga”. - Ferma restando la disciplina dettata dal titolo I della parte quarta del presente decreto, le disposizioni
del presente titolo non si applicano:
a) all’abbandono dei rifiuti disciplinato dalla parte quarta del presente decreto. In tal caso
qualora, a seguito della rimozione, avvio a recupero, smaltimento dei rifiuti abbandonati o
depositati in modo incontrollato, si accerti il superamento dei valori di attenzione, si dovrà
procedere alla caratterizzazione dell’area ai fini degli eventuali interventi di bonifica e
ripristino ambientale da effettuare ai sensi del presente titolo;
b) agli interventi di bonifica disciplinati da leggi speciali, se non nei limiti di quanto
espressamente richiamato dalle medesime o di quanto dalle stesse non disciplinato. - Gli interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso sono
disciplinati dalle regioni con appositi piani, fatte salve le competenze e le procedure previste per i siti
oggetto di bonifica di interesse nazionale e comunque nel rispetto dei criteri generali di cui al presente
titolo. - Definizioni
- Ai fini dell’applicazione del presente titolo, si definiscono:
a) sito: l’area o porzione di territorio, geograficamente definita e determinata, intesa nelle
diverse matrici ambientali (suolo, materiali di riporto, sottosuolo ed acque sotterranee) e
comprensiva delle eventuali strutture edilizie e impiantistiche presenti;
(lettera così modificata dall’art. 3, comma 4, legga n. 28 del 212)
b) concentrazioni soglia di contaminazione (CSC): i livelli di contaminazione delle matrici
ambientali che costituiscono valori al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del
sito e l’analisi di rischio sito specifica, come individuati nell’Allegato 5 alla parte quarta del
presente decreto. Nel caso in cui il sito potenzialmente contaminato sia ubicato in un’area
interessata da fenomeni antropici o naturali che abbiano determinato il superamento di una o
più concentrazioni soglia di contaminazione, queste ultime si a s su m o n o pari al valore di
fondo esistente per tutti i parametri superati;
c) concentrazioni soglia di rischio (CSR): i livelli di contaminazione delle matrici ambientali, da
determinare caso per caso con l’applicazione della procedura di analisi di rischio sito specifica
secondo i principi illustrati nell’Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto e sulla base
dei risultati del piano di caratterizzazione, il cui superamento richiede la messa in sicurezza e
la bonifica. I livelli di concentrazione così definiti costituiscono i livelli di accettabilità per il
sito;
d) sito potenzialmente contaminato: un sito nel quale uno o più valori di concentrazione delle
sostanze inquinanti rilevati nelle matrici ambientali risultino superiori ai valori di
concentrazione soglia di contaminazione (CSC), in attesa di espletare le operazioni di
caratterizzazione e di analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica, che ne
permettano di determinare lo stato o meno di contaminazione sulla base delle concentrazioni
soglia di rischio (CSR);
e) sito contaminato: un sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR),
determinati con l’applicazione della procedura di analisi di rischio di cui all’Allegato 1 alla
parte quarta del presente decreto sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione,
risultano superati;
f) sito non contaminato: un sito nel quale la contaminazione rilevata nelle matrice ambientali
risulti inferiore ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC) oppure, se
superiore, risulti comunque inferiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR)
determinate a seguito dell’analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica;
g) sito con attività in esercizio: un sito nel quale risultano in esercizio attività produttive sia
industriali che commerciali nonché le aree pertinenziali e quelle adibite ad attività accessorie
economiche, ivi comprese le attività di mantenimento e tutela del patrimonio ai fini della
successiva ripresa delle attività;
h) sito dismesso: un sito in cui sono cessate le attività produttive;
i) misure di prevenzione: le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che
ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente, intesa come rischio
sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in
un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia;
l) misure di riparazione: qualsiasi azione o combinazione di azioni, tra cui misure di
attenuazione o provvisorie dirette a riparare, risanare o sostituire risorse naturali e/o servizi
naturali danneggiati, oppure a fornire un’alternativa equivalente a tali risorse o servizi;
m) messa in sicurezza d’emergenza: ogni intervento immediato o a breve termine, da
mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di
contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti
primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a
rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza
operativa o permanente;
n) messa in sicurezza operativa: l’insieme degli interventi eseguiti in un sito con attività in
esercizio atti a garantire un adeguato livello di sicurezza per le persone e per l’ambiente, in
attesa di ulteriori interventi di messa in sicurezza permanente o bonifica da realizzarsi alla
cessazione dell’attività. Essi comprendono altresì gli interventi di contenimento della
contaminazione da mettere in atto in via transitoria fino all’esecuzione della bonifica o della
messa in sicurezza permanente, al fine di evitare la diffusione della contaminazione all’interno
della stessa matrice o tra matrici differenti. In tali casi devono essere predisposti idonei piani
di monitoraggio e controllo che consentano di verificare l’efficacia delle soluzioni adottate;
o) messa in sicurezza permanente: l’insieme degli interventi atti a isolare in modo definitivo le
fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo
livello di sicurezza per le persone e per l’ambiente. In tali casi devono essere previsti piani di
monitoraggio e controllo e limitazioni d’uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici;
p) bonifica: l’insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze
inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle
acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di
rischio (CSR);
q) ripristino e ripristino ambientale: gli interventi di riqualificazione ambientale e
paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza
permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la
destinazione d’uso conforme agli strumenti urbanistici;
r) inquinamento diffuso: la contaminazione o le alterazioni chimiche, fisiche o biologiche delle
matrici ambientali determinate da fonti diffuse e non imputabili ad una singola origine:
s) analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica: analisi sito specifica degli effetti sulla
salute umana derivanti dall’esposizione prolungata all’azione delle sostanze presenti nelle
matrici ambientali contaminate, condotta con i criteri indicati nell’Allegato 1 alla parte quarta
del presente decreto;
t) condizioni di emergenza: gli eventi al verificarsi dei quali è necessaria l’esecuzione di
interventi di emergenza, quali ad esempio:
1) concentrazioni attuali o potenziali dei vapori in spazi confinati prossime ai
livelli di esplosività o idonee a causare effetti nocivi acuti alla salute;
2) presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in
corsi di acqua superficiali o nella falda:
3) contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli;
4) pericolo di incendi ed esplosioni. - Regolamento aree agricole
- Il regolamento relativo agli interventi di bonifica, ripristino ambientale e di messa in sicurezza,
d’emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all’allevamento è
adottato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i
Ministri delle attività produttive, della salute e delle politiche agricole e forestali.
(comma dichiarato parzialmente incostituzionale da Corte costituzionale n. 247 del 2009, nella parte in cui
non prevede che sia sentita preventivamente la Conferenza unificata)
Art. 241-bis. Aree Militari
(articolo introdotto dall’art. 13, comma 5, legge n. 116 del 2014) - Ai fini dell’individuazione delle misure di prevenzione, messa in sicurezza e bonifica, e dell’istruttoria dei
relativi progetti, da realizzare nelle aree del demanio destinate ad uso esclusivo delle Forze armate per
attività connesse alla difesa nazionale, si applicano le concentrazioni di soglia di contaminazione previste
nella tabella 1, colonne A e B, dell’allegato 5 al titolo V della parte quarta del presente decreto, individuate
tenuto conto delle diverse destinazioni e delle attività effettivamente condotte all’interno delle aree militari. - Gli obiettivi di intervento nelle aree di cui al comma 1 sono determinanti mediante applicazione di idonea
analisi di rischio sito specifica che deve tenere conto dell’effettivo utilizzo e delle caratteristiche ambientali
di dette aree o di porzioni di esse e delle aree limitrofe, al fine di prevenire, ridurre o eliminare i rischi per
la salute dovuti alla potenziale esposizione a sostanze inquinanti e la diffusione della contaminazione nelle
matrici ambientali. - Resta fermo che in caso di declassificazione del sito da uso militare a destinazione residenziale dovranno
essere applicati i limiti di concentrazione di soglia di contaminazione di cui alla Tabella 1, colonna a),
dell’Allegato 5, alla Parte IV, Titolo V del presente decreto. - Le concentrazioni soglia di contaminazione delle sostanze specifiche delle attività militari non incluse
nella Tabella l dell’Allegato 5, alla Parte IV, Titolo V del presente decreto sono definite dall’Istituto
Superiore di Sanità sulla base delle informazioni tecniche fornite dal Ministero della difesa.
4-bis. Il comandante di ciascun poligono militare delle Forze armate adotta un piano di monitoraggio
permanente sulle componenti di tutte le matrici ambientali in relazione alle attività svolte nel poligono,
assumendo altresì le iniziative necessarie per l’estensione del monitoraggio, a cura degli organi competenti,
anche alle aree limitrofe al poligono. Relativamente ai poligoni temporanei o semi-permanenti il predetto
piano è limitato al periodo di utilizzo da parte delle Forze armate.
4-ter. Il comandante di ciascun poligono militare delle Forze armate predispone semestralmente, per
ciascuna tipologia di esercitazione o sperimentazione da eseguire nell’area del poligono, un documento
indicante le attività previste, le modalità operative di tempo e di luogo e gli altri elementi rilevanti ai fini
della tutela dell’ambiente e della salute.
4-quater. Il comandante del poligono militare delle Forze armate trasmette il documento di cui al comma
4-ter alla regione in cui ha sede il poligono. Lo stesso documento è messo a disposizione dell’ARPA e dei
comuni competenti per territorio.
4-quinquies. Le regioni in cui hanno sede poligoni militari delle Forze armate istituiscono un Osservatorio
ambientale regionale sui poligoni militari, nell’ambito dei sistemi informativi ambientali regionali afferenti
alla rete informativa nazionale ambientale (SINANET) di cui all’articolo 11 della legge 28 giugno 2016, n. - Il comandante del poligono militare, entro trenta giorni dal termine del periodo esercitativo, trasmette
all’Osservatorio le risultanze del piano di monitoraggio ambientale di cui al comma 4-bis. Le forme di
collaborazione tra gli Osservatori ambientali regionali e il Ministero della difesa sono disciplinate da appositi
protocolli.
4-sexies. Con le modalità previste dall’articolo 184, comma 5-bis, sono disciplinate, nel rispetto dei principi
di cui alla parte sesta, titolo II, del presente decreto, le procedure applicabili al verificarsi, nei poligoni
militari delle Forze armate, di un evento in relazione al quale esiste il pericolo imminente di un danno
ambientale.
4-septies. Con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare e con il Ministro della salute, è stabilito il periodo massimo di utilizzo annuale dei
poligoni militari delle Forze armate per le esercitazioni e le sperimentazioni.
4-octies. Ferme restando le competenze di cui all’articolo 9 del decreto del Ministro della difesa 22 ottobre
2009 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 15 aprile 2010, l’ISPRA provvede alle attività di vigilanza
sul rispetto della normativa sui rifiuti avvalendosi delle ARPA, secondo le modalità definite con decreto del
Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
4-novies. Con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, sono determinati annualmente gli oneri a carico del Ministero della difesa, relativi alle
attività di cui all’articolo 184, comma 5-bis.3, e ai commi 4-bis e 4-octies del presente articolo.
(commi da 4-bis a 4-novies introdotti dall’art. 1, comma 304, legge n. 205 del 2017) - Per le attività di progettazione e realizzazione degli interventi, di cui al presente articolo, il Ministero
della difesa si può avvalere, con apposite convenzioni, di organismi strumentali dell’Amministrazione
centrale che operano nel settore e definisce con propria determinazione le relative modalità di attuazione. - Procedure operative ed amministrative
- Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile
dell’inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà
immediata comunicazione ai sensi e con le modalità di cui all’articolo 304, comma 2. La medesima
procedura si applica all’atto di individuazione di contaminazioni storiche che possano ancora comportare
rischi di aggravamento della situazione di contaminazione. - Il responsabile dell’inquinamento, attuate le necessarie misure di prevenzione, svolge, nelle zone
interessate dalla contaminazione, un’indagine preliminare sui parametri oggetto dell’inquinamento e, ove
accerti che il livello delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) non sia stato superato, provvede al
ripristino della zona contaminata, dandone notizia, con apposita autocertificazione, al comune ed alla
provincia competenti per territorio entro quarantotto ore dalla comunicazione. L’autocertificazione conclude
il procedimento di notifica di cui al presente articolo, ferme restando le attività di verifica e di controllo da
parte dell’autorità competente da effettuarsi nei successivi quindici giorni. Nel caso in cui l’inquinamento
non sia riconducibile ad un singolo evento, i parametri da valutare devono essere individuati, caso per
caso, sulla base della storia del sito e delle attività ivi svolte nel tempo. - Qualora l’indagine preliminare di cui al comma 2 accerti l’avvenuto superamento delle CSC anche per un
solo parametro, il responsabile dell’inquinamento ne dà immediata notizia al comune ed alle province
competenti per territorio con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di
emergenza adottate. Nei successivi trenta giorni, presenta alle predette amministrazioni, nonché alla
regione territorialmente competente il piano di caratterizzazione con i requisiti di cui all’Allegato 2 alla parte
quarta del presente decreto. Entro i trenta giorni successivi la regione, convocata la conferenza di servizi,
autorizza il piano di caratterizzazione con eventuali prescrizioni integrative. L’autorizzazione regionale
costituisce assenso per tutte le opere connesse alla caratterizzazione, sostituendosi ad ogni altra
autorizzazione, concessione, concerto, intesa, nulla osta da parte della pubblica amministrazione. - Sulla base delle risultanze della caratterizzazione, al sito è applicata la procedura di analisi del rischio
sito specifica per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (CSR). I criteri per l’applicazione
della procedura di analisi di rischio sono stabiliti con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e della salute entro il
30 giugno 2008. Nelle more dell’emanazione del predetto decreto, i criteri per l’applicazione della
procedura di analisi di rischio sono riportati nell’Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto. Entro sei
mesi dall’approvazione del piano di caratterizzazione, il soggetto responsabile presenta alla regione i
risultati dell’analisi di rischio. La conferenza di servizi convocata dalla regione, a seguito dell’istruttoria
svolta in contraddittorio con il soggetto responsabile, cui è dato un preavviso di almeno venti giorni,
approva il documento di analisi di rischio entro i sessanta giorni dalla ricezione dello stesso. Tale
documento è inviato ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata
per la conferenza e, in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione fornisce una adeguata ed
analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 43, d.lgs. n. 163 del 2008)
5 Qualora gli esiti della procedura dell’analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti
presenti nel sito è inferiore alle concentrazioni soglia di rischio, la conferenza dei servizi, con l’approvazione
del documento dell’analisi del rischio, dichiara concluso positivamente il procedimento. In tal caso la
conferenza di servizi può prescrivere lo svolgimento di un programma di monitoraggio sul sito circa la
stabilizzazione della situazione riscontrata in relazione agli esiti dell’analisi di rischio e all’attuale
destinazione d’uso del sito. A tal fine, il soggetto responsabile, entro sessanta giorni dall’approvazione di
cui sopra, invia alla provincia ed alla regione competenti per territorio un piano di monitoraggio nel quale
sono individuati:
a) i parametri da sottoporre a controllo;
b) la frequenza e la durata del monitoraggio. - La regione, sentita la provincia, approva il piano di monitoraggio entro trenta giorni dal ricevimento dello
stesso. L’anzidetto termine può essere sospeso una sola volta, qualora l’autorità competente ravvisi la
necessità di richiedere, mediante atto adeguatamente motivato, integrazioni documentali o
approfondimenti del progetto, assegnando un congruo termine per l’adempimento. In questo caso il
termine per l’approvazione decorre dalla ricezione del progetto integrato. Alla scadenza del periodo di
monitoraggio il soggetto responsabile ne dà comunicazione alla regione ed alla provincia, inviando una
relazione tecnica riassuntiva degli esiti del monitoraggio svolto. Nel caso in cui le attività di monitoraggio
rilevino il superamento di uno o più delle concentrazioni soglia di rischio, il soggetto responsabile dovrà
avviare la procedura di bonifica di cui al comma 7. - Qualora gli esiti della procedura dell’analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti
presenti nel sito è superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), il soggetto responsabile
sottopone alla regione, nei successivi sei mesi dall’approvazione del documento di analisi di rischio, il
progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove
necessario, le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad
accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito. Per la selezione delle
tecnologie di bonifica in situ più idonee, la regione può autorizzare l’applicazione a scala pilota, in campo,
di tecnologie di bonifica innovative, anche finalizzata all’individuazione dei parametri di progetto necessari
per l’applicazione a piena scala, a condizione che tale applicazione avvenga in condizioni di sicurezza con
riguardo ai rischi sanitari e ambientali. Nel caso di interventi di bonifica o di messa in sicurezza di cui al
primo periodo, che presentino particolari complessità a causa della natura della contaminazione, degli
interventi, delle dotazioni impiantistiche necessarie o dell’estensione dell’area interessata dagli interventi
medesimi, il progetto può essere articolato per fasi progettuali distinte al fine di rendere possibile la
realizzazione degli interventi per singole aree o per fasi temporali successive. Nell’ambito dell’articolazione
temporale potrà essere valutata l’adozione di tecnologie innovative, di dimostrata efficienza ed efficacia, a
costi sopportabili, resesi disponibili a seguito dello sviluppo tecnico-scientifico del settore. La regione,
acquisito il parere del comune e della provincia interessati mediante apposita conferenza di servizi e sentito
il soggetto responsabile, approva il progetto, con eventuali prescrizioni ed integrazioni entro sessanta giorni
dal suo ricevimento. Tale termine può essere sospeso una sola volta, qualora la regione ravvisi la necessità
di richiedere, mediante atto adeguatamente motivato, integrazioni documentali o approfondimenti al
progetto, assegnando un congruo termine per l’adempimento. In questa ipotesi il termine per
l’approvazione del progetto decorre dalla presentazione del progetto integrato. Ai soli fini della
realizzazione e dell’esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie all’attuazione del progetto
operativo e per il tempo strettamente necessario all’attuazione medesima, l’autorizzazione regionale di cui
al presente comma sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla
osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente compresi, in particolare, quelli relativi alla
valutazione di impatto ambientale, ove necessaria, alla gestione delle terre e rocce da scavo all’interno
dell’area oggetto dell’intervento ed allo scarico delle acque emunte dalle falde. L’autorizzazione costituisce,
altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità dei
lavori. Con il provvedimento di approvazione del progetto sono stabiliti anche i tempi di esecuzione,
indicando altresì le eventuali prescrizioni necessarie per l’esecuzione dei lavori ed è fissata l’entità delle
garanzie finanziarie, in misura non superiore al cinquanta per cento del costo stimato dell’intervento, che
devono essere prestate in favore della regione per la corretta esecuzione ed il completamento degli
interventi medesimi.
(comma modificato dall’art. 40, comma 5, legge n. 214 del 2011, poi dall’art. 24, comma 1, lettera f-bis),
legge n. 35 del 2012, poi dall’art. 34, comma 7-bis, legge n. 164 del 2014) - 1 criteri per la selezione e l’esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale, di messa in
sicurezza operativa o permanente, nonché per l’individuazione delle migliori tecniche di intervento a costi
sostenibili (B.A.T.N.E.E.C. – Best Available Technology Not Entailing Excessive Costs) ai sensi delle
normative comunitarie sono riportati nell’Allegato 3 alla parte quarta del presente decreto. - La messa in sicurezza operativa, riguardante i siti contaminati, garantisce una adeguata sicurezza
sanitaria ed ambientale ed impedisce un’ulteriore propagazione dei contaminanti. I progetti di messa in
sicurezza operativa sono accompagnati da accurati piani di monitoraggio dell’efficacia delle misure adottate
ed indicano se all’atto della cessazione dell’attività si renderà necessario un intervento di bonifica o un
intervento di messa in sicurezza permanente. Possono essere altresì autorizzati interventi di manutenzione
ordinaria e straordinaria e di messa in sicurezza degli impianti e delle reti tecnologiche, purché non
compromettano la possibilità di effettuare o completare gli interventi di bonifica che siano condotti
adottando appropriate misure di prevenzione dei rischi.
(comma così modificato dall’art. 40, comma 5, legge n. 214 del 2011) - Nel caso di caratterizzazione, bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale di siti con attività in
esercizio, la regione, fatto salvo l’obbligo di garantire la tutela della salute pubblica e dell’ambiente, in sede
di approvazione del progetto assicura che i suddetti interventi siano articolati in modo tale da risultare
compatibili con la prosecuzione della attività. - Nel caso di eventi avvenuti anteriormente all’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto
che si manifestino successivamente a tale data in assenza di rischio immediato per l’ambiente e per la
salute pubblica, il soggetto interessato comunica alla regione, alla provincia e al comune competenti
l’esistenza di una potenziale contaminazione unitamente al piano di caratterizzazione del sito, al fine di
determinarne l’entità e l’estensione con riferimento ai parametri indicati nelle CSC ed applica le procedure
di cui ai commi 4 e seguenti. - Le indagini ed attività istruttorie sono svolte dalla provincia, che si avvale della competenza tecnica
dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente e si coordina con le altre amministrazioni. - La procedura di approvazione della caratterizzazione e del progetto di bonifica si svolge in Conferenza
di servizi convocata dalla regione e costituita dalle amministrazioni ordinariamente competenti a rilasciare i
permessi, autorizzazioni e concessioni per la realizzazione degli interventi compresi nel piano e nel
progetto. La relativa documentazione è inviata ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni
prima della data fissata per la discussione e, in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione
deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso
della conferenza. Compete alla provincia rilasciare la certificazione di avvenuta bonifica. Qualora la
provincia non provveda a rilasciare tale certificazione entro trenta giorni dal ricevimento della delibera di
adozione, al rilascio provvede la regione.
13-bis. Per la rete di distribuzione carburanti si applicano le procedure semplificate di cui all’articolo 252,
comma 4.
(comma aggiunto dall’art. 13, comma 3-ter, legge n. 116 del 2014)
Art. 242-bis. Procedura semplificata per le operazioni di bonifica
(articolo introdotto dall’art. 13, comma 1, legge n. 116 del 2014) - L’operatore interessato a effettuare, a proprie spese, interventi di bonifica del suolo con riduzione della
contaminazione ad un livello uguale o inferiore ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, può
presentare all’amministrazione di cui agli articoli 242 o 252 uno specifico progetto completo degli interventi
programmati sulla base dei dati dello stato di contaminazione del sito, nonché del cronoprogramma di
svolgimento dei lavori. La caratterizzazione e il relativo progetto di bonifica non sono sottoposti alle
procedure di approvazione di cui agli articoli 242 e 252, bensì a controllo ai sensi dei commi 3 e 4 del
presente articolo per la verifica del conseguimento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione nei
suoli per la specifica destinazione d’uso. L’operatore è responsabile della veridicità dei dati e delle
informazioni forniti, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
(comma così modificato dall’art. 34, comma 10-bis, legge n. 164 del 2014)
1-bis. Qualora il progetto di bonifica di cui al comma 1 riguardi un sito di estensione superiore a 15.000
metri quadrati, esso può essere attuato in non più di tre fasi, ciascuna delle quali è soggetta al termine di
esecuzione di cui al comma 2. Nel caso di bonifica di un sito avente estensione superiore a 400.000 metri
quadrati, il numero delle fasi o dei lotti funzionali in cui si articola il progetto è stabilito dallo specifico
crono-programma ivi annesso, la cui definizione deve formare oggetto di intesa con l’autorità competente.
Il crono-programma deve precisare, in particolare, gli interventi per la bonifica e le misure di prevenzione e
messa in sicurezza relativi all’intera area, con specifico riferimento anche alle acque di falda.
(comma introdotto dall’art. 34, comma 10-bis, legge n. 164 del 2014) - Per il rilascio degli atti di assenso necessari alla realizzazione e all’esercizio degli impianti e attività
previsti dal progetto di bonifica l’interessato presenta gli elaborati tecnici esecutivi di tali impianti e attività
alla regione nel cui territorio ricade la maggior parte degli impianti e delle attività, che, entro i successivi
trenta giorni, convoca apposita conferenza di servizi, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, o delle
discipline regionali applicabili in materia. Entro novanta giorni dalla convocazione, la regione adotta la
determinazione conclusiva che sostituisce a tutti di effetti ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o
atto di assenso comunque denominato. Non oltre trenta giorni dalla comunicazione dell’atto di assenso, il
soggetto interessato comunica all’amministrazione titolare del procedimento di cui agli articoli 242 o 252 e
all’ARPA territorialmente competente, la data di avvio dell’esecuzione della bonifica che si deve concludere
nei successivi diciotto mesi, salva eventuale proroga non superiore a sei mesi; decorso tale termine, salvo
motivata sospensione, deve essere avviato il procedimento ordinario ai sensi degli articoli 242 o 252.
2-bis. Nella selezione della strategia di intervento dovranno essere privilegiate modalità tecniche che
minimizzino il ricorso allo smaltimento in discarica. In particolare, nel rispetto dei principi di cui alla parte IV
del presente decreto legislativo, dovrà essere privilegiato il riutilizzo in situ dei materiali trattati. - Ultimati gli interventi di bonifica, l’interessato presenta il piano di caratterizzazione all’autorità di cui agli
articoli 242 o 252 al fine di verificare il conseguimento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione
della matrice suolo per la specifica destinazione d’uso. Il piano è approvato nei successivi quarantacinque
giorni. In via sperimentale, per i procedimenti avviati entro il 31 dicembre 2017, decorso inutilmente il
termine di cui al periodo precedente, il piano di caratterizzazione si intende approvato. L’esecuzione di tale
piano è effettuata in contraddittorio con l’ARPA territorialmente competente, che procede alla validazione
dei relativi dati e ne dà comunicazione all’autorità titolare del procedimento di bonifica entro
quarantacinque giorni. - La validazione dei risultati del piano di campionamento di collaudo finale da parte dell’Agenzia regionale
per la protezione dell’ambiente territorialmente competente, che conferma il conseguimento dei valori di
concentrazione soglia di contaminazione dei suoli, costituisce certificazione dell’avvenuta bonifica del suolo.
I costi dei controlli sul piano di campionamento finale e della relativa validazione sono a carico del soggetto
di cui al comma 1. Ove i risultati del campionamento di collaudo finale dimostrino che non sono stati
conseguiti i valori di concentrazione soglia di contaminazione nella matrice suolo, l’Agenzia regionale per la
protezione dell’ambiente territorialmente competente comunica le difformità riscontrate all’autorità titolare
del procedimento di bonifica e al soggetto di cui al comma 1, il quale deve presentare, entro i successivi
quarantacinque giorni, le necessarie integrazioni al progetto di bonifica che è istruito nel rispetto delle
procedure ordinarie ai sensi degli articoli 242 o 252 del presente decreto. - Resta fermo l’obbligo di adottare le misure di prevenzione, messa in sicurezza e bonifica delle acque di
falda, se necessarie, secondo le procedure di cui agli articoli 242 o 252. - Conseguiti i valori di concentrazione soglia di contaminazione del suolo, il sito può essere utilizzato in
conformità alla destinazione d’uso prevista secondo gli strumenti urbanistici vigenti, salva la valutazione di
eventuali rischi sanitari per i fruitori del sito derivanti dai contaminanti volatili presenti nelle acque di falda. - Gestione delle acque sotterranee emunte.
(articolo così sostituito dall’art. 41, comma 1, legge n. 98 del 2013) - Al fine di impedire e arrestare l’inquinamento delle acque sotterranee nei siti contaminati, oltre ad
adottare le necessarie misure di messa in sicurezza e di prevenzione dell’inquinamento delle acque, anche
tramite conterminazione idraulica con emungimento e trattamento, devono essere individuate e adottate le
migliori tecniche disponibili per eliminare, anche mediante trattamento secondo quanto previsto
dall’articolo 242, o isolare le fonti di contaminazione dirette e indirette; in caso di emungimento e
trattamento delle acque sotterranee deve essere valutata la possibilità tecnica di utilizzazione delle acque
emunte nei cicli produttivi in esercizio nel sito, in conformità alle finalità generali e agli obiettivi di
conservazione e risparmio delle risorse idriche stabiliti nella parte terza. - Il ricorso al barrieramento fisico è consentito solo nel caso in cui non sia possibile conseguire altrimenti
gli obiettivi di cui al comma 1 secondo le modalità dallo stesso previste. - Ove non si proceda ai sensi dei commi 1 e 2, l’immissione di acque emunte in corpi idrici superficiali o in
fognatura deve avvenire previo trattamento depurativo da effettuare presso un apposito impianto di
trattamento delle acque di falda o presso gli impianti di trattamento delle acque reflue industriali esistenti e
in esercizio in loco, che risultino tecnicamente idonei. - Le acque emunte convogliate tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di
continuità il punto di prelievo di tali acque con il punto di immissione delle stesse, previo trattamento di
depurazione, in corpo ricettore, sono assimilate alle acque reflue industriali che provengono da uno scarico
e come tali soggette al regime di cui alla parte terza. - In deroga a quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 104, ai soli fini della bonifica, è ammessa la
reimmissione, previo trattamento, delle acque sotterranee nello stesso acquifero da cui sono emunte. A tal
fine il progetto di cui all’articolo 242 deve indicare la tipologia di trattamento, le caratteristiche qualitative e
quantitative delle acque reimmesse, le modalità di reimmissione e le misure di controllo e monitoraggio
della porzione di acquifero interessata; le acque emunte possono es-sere reimmesse anche mediante
reiterati cicli di emungimento, trattamento e reimmissione, e non devono contenere altre acque di scarico
né altre sostanze ad eccezione di sostanze necessarie per la bonifica espressamente autorizzate, con
particolare riferimento alle quantità utilizzabili e alle modalità d’impiego. - Il trattamento delle acque emunte deve garantire un’effettiva riduzione della massa delle sostanze
inquinanti scaricate in corpo ricettore, al fine di evitare il mero trasferimento della contaminazione presente
nelle acque sotterranee ai corpi idrici superficiali. - Ordinanze
- Le pubbliche amministrazioni che nell’esercizio delle proprie funzioni individuano siti nei quali accertino
che i livelli di contaminazione sono superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, ne danno
comunicazione alla regione, alla provincia e al comune competenti. - La provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver svolto le opportune indagini volte
ad identificare il responsabile dell’evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza
motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo. - L’ordinanza di cui al comma 2 è comunque notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per gli
effetti dell’articolo 253. - Se il responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito né altro
soggetto interessato, gli interventi che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui al presente
titolo sono adottati dall’amministrazione competente in conformità a quanto disposto dall’articolo 250. - Obblighi di intervento e di notifica da parte dei soggetti non responsabili della potenziale
contaminazione - Le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale disciplinate dal
presente titolo possono essere comunque attivate su iniziativa degli interessati non responsabili. - Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all’articolo 242, il
proprietario o il gestore dell’area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento
della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia
ed al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui
all’articolo 242. La provincia, una volta ricevute le comunicazioni di cui sopra, si attiva, sentito il comune,
per l’identificazione del soggetto responsabile al fine di dar corso agli interventi di bonifica. È comunque
riconosciuta al proprietario o ad altro soggetto interessato la facoltà di intervenire in qualunque momento
volontariamente per la realizzazione degli interventi dì bonifica necessari nell’ambito del sito in proprietà o
disponibilità. - Qualora i soggetti interessati procedano ai sensi dei commi 1 e 2 entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore della parte quarta del presente decreto, ovvero abbiano già provveduto in tal senso in precedenza,
la decorrenza dell’obbligo di bonifica di siti per eventi anteriori all’entrata in vigore della parte quarta del
presente decreto verrà definita dalla regione territorialmente competente in base alla pericolosità del sito,
determinata in generale dal piano regionale delle bonifiche o da suoi eventuali stralci, salva in ogni caso la
facoltà degli interessati di procedere agli interventi prima del suddetto termine. - Accordi di programma
- I soggetti obbligati agli interventi di cui al presente titolo ed i soggetti altrimenti interessati hanno diritto
di definire modalità e tempi di esecuzione degli interventi mediante appositi accordi di programma stipulati,
entro sei mesi dall’approvazione del documento di analisi di rischio di cui all’articolo 242, con le
amministrazioni competenti ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo. - Nel caso in cui vi siano soggetti che intendano o siano tenuti a provvedere alla contestuale bonifica di
una pluralità di siti che interessano il territorio di più regioni, i tempi e le modalità di intervento possono
essere definiti con appositi accordi di programma stipulati, entro dodici mesi dall’approvazione del
documento di analisi di rischio di cui all’articolo 242, con le regioni interessate. - Nel caso in cui vi siano soggetti che intendano o siano tenuti a provvedere alla contestuale bonifica di
una pluralità di siti dislocati su tutto il territorio nazionale o vi siano più soggetti interessati alla bonifica di
un medesimo sito di interesse nazionale, i tempi e le modalità di intervento possono essere definiti con
accordo di programma da stipularsi, entro diciotto mesi dall’approvazione del documento di analisi di
rischio di cui all’articolo 242, con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto
con i Ministri della salute e delle attività produttive, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni. - Siti soggetti a sequestro
- Nel caso in cui il sito inquinato sia soggetto a sequestro, l’autorità giudiziaria che lo ha disposto può
autorizzare l’accesso al sito per l’esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino
ambientale delle aree, anche al fine di impedire l’ulteriore propagazione degli inquinanti ed il conseguente
peggioramento della situazione ambientale. - Controlli
- La documentazione relativa al piano della caratterizzazione del sito e al progetto operativo, comprensiva
delle misure di riparazione, dei monitoraggi da effettuare, delle limitazioni d’uso e delle prescrizioni
eventualmente dettate ai sensi dell’articolo 242, comma 4, è trasmessa alla provincia e all’Agenzia
regionale per la protezione dell’ambiente competenti ai fini dell’effettuazione dei controlli sulla conformità
degli interventi ai progetti approvati. - Il completamento degli interventi di bonifica, di messa in sicurezza permanente e di messa in sicurezza
operativa, nonché la conformità degli stessi al progetto approvato sono accertati dalla provincia mediante
apposita certificazione sulla base di una relazione tecnica predisposta dall’Agenzia regionale per la
protezione dell’ambiente territorialmente competente. - La certificazione di cui al comma 2 costituisce titolo per io svincolo delle garanzie finanziarie di cui
all’articolo 242, comma 7. - Aree contaminate di ridotte dimensioni
- Per le aree contaminate di ridotte dimensioni si applicano le procedure semplificate di intervento
riportate nell’Allegato 4 alla parte quarta del presente decreto. - Bonifica da parte dell’amministrazione
- Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti
disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né
altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all’articolo 242 sono realizzati d’ufficio dal
comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l’ordine di priorità
fissati dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o
privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica. Al fine di anticipare le somme per i
predetti interventi le regioni possono istituire appositi fondi nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio. - Censimento ed anagrafe dei siti da bonificare
- Le regioni, sulla base dei criteri definiti dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale
(APAT), predispongono l’anagrafe dei siti oggetto di procedimento di bonifica, la quale deve contenere:
a) l’elenco dei siti sottoposti ad intervento di bonifica e ripristino ambientale nonché degli
interventi realizzati nei siti medesimi;
b) l’individuazione dei soggetti cui compete la bonifica;
c) gli enti pubblici di cui la regione intende avvalersi, in caso di inadempienza dei soggetti
obbligati, ai fini dell’esecuzione d’ufficio, fermo restando l’affidamento delle opere necessarie
mediante gara pubblica ovvero il ricorso alle procedure dell’articolo 242. - Qualora, all’esito dell’analisi di rischio sito specifica venga accertato il superamento delle concentrazioni
di rischio, tale situazione viene riportata dal certificato di destinazione urbanistica, nonché dalla cartografia
e dalle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico generale del comune e viene comunicata
all’Ufficio tecnico erariale competente. - Per garantire l’efficacia della raccolta e del trasferimento dei dati e delle informazioni, l’Istituto superiore
per la protezione e la ricerca ambientale (APAT) definisce, in collaborazione con le regioni e le agenzie
regionali per la protezione dell’ambiente, i contenuti e la struttura dei dati essenziali dell’anagrafe, nonché
le modalità della loro trasposizione in sistemi informativi collegati alla rete del Sistema informativo
nazionale dell’ambiente (SINA). - Siti di interesse nazionale
- I siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, sono individuabili in relazione alle caratteristiche del
sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell’impatto sull’ambiente circostante in
termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali. - All’individuazione dei siti di interesse nazionale si provvede con decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, d’intesa con le regioni interessate, secondo i seguenti principi e criteri
direttivi:
a) gli interventi di bonifica devono riguardare aree e territori, compresi i corpi idrici, di
particolare pregio ambientale;
b) la bonifica deve riguardare aree e territori tutelati ai sensi del decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42;
c) il rischio sanitario ed ambientale che deriva dal rilevato superamento delle concentrazioni
soglia di rischio deve risultare particolarmente elevato in ragione della densità della
popolazione o dell’estensione dell’area interessata;
d) l’impatto socio economico causato dall’inquinamento dell’area deve essere rilevante;
e) la contaminazione deve costituire un rischio per i beni di interesse storico e culturale di
rilevanza nazionale;
f) gli interventi da attuare devono riguardare siti compresi nel territorio di più regioni;
f-bis) l’insistenza, attualmente o in passato, di attività di raffinerie, di impianti chimici integrati
o di acciaierie.
(lettera aggiunta dall’art. 36-bis, comma 1, legge n. 134 del 2012)
2-bis. Sono in ogni caso individuati quali siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, i siti interessati da
attività produttive ed estrattive di amianto.
(comma introdotto dall’art. 36-bis, comma 1, legge n. 134 del 2012) - Ai fini della perimetrazione del sito sono sentiti i comuni, le province, le regioni e gli altri enti locali,
assicurando la partecipazione dei responsabili nonché dei proprietari delle aree da bonificare, se diversi dai
soggetti responsabili. - La procedura di bonifica di cui all’articolo 242 dei siti di interesse nazionale è attribuita alla competenza
del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministero delle attività
produttive. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può avvalersi anche dell’Istituto
superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT), delle Agenzie regionali per la protezione
dell’ambiente delle regioni interessate e dell’Istituto superiore di sanità nonché di altri soggetti qualificati
pubblici o privati, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta procedure
semplificate per le operazioni di bonifica relative alla rete di distribuzione carburanti.
(comma così modificato dall’art. 57, comma 15-bis, legge n. 35 del 2012, come introdotto dall’art. 37,
comma 4, legge n. 134 del 2012) - Nel caso in cui il responsabile non provveda o non sia individuabile oppure non provveda il proprietario
del sito contaminato né altro soggetto interessato, gli interventi sono predisposti dal Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, avvalendosi dell’Istituto superiore per la protezione e
la ricerca ambientale (APAT), dell’Istituto superiore di sanità e dell’E.N.E.A. nonché di altri soggetti
qualificati pubblici o privati. - L’autorizzazione del progetto e dei relativi interventi sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le
concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente, ivi
compresi, tra l’altro, quelli relativi alla realizzazione e all’esercizio degli impianti e delle attrezzature
necessarie alla loro attuazione. L’autorizzazione costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta
dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori. - Se il progetto prevede la realizzazione di opere sottoposte a procedura di valutazione di impatto
ambientale, l’approvazione del progetto di bonifica comprende anche tale valutazione. - In attesa del perfezionamento del provvedimento di autorizzazione di cui ai commi precedenti,
completata l’istruttoria tecnica, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può
autorizzare in via provvisoria, su richiesta dell’interessato, ove ricorrano motivi d’urgenza e fatta salva
l’acquisizione della pronuncia positiva del giudizio di compatibilità ambientale, ove prevista, l’avvio dei
lavori per la realizzazione dei relativi interventi di bonifica, secondo il progetto valutato positivamente, con
eventuali prescrizioni, dalla conferenza di servizi convocata dal Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare. L’autorizzazione provvisoria produce gli effetti di cui all’articolo 242, comma 7. - E’ qualificato sito di interesse nazionale ai sensi della normativa vigente l’area interessata dalla bonifica
della ex discarica delle Strillaie (Grosseto). Con successivo decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare si provvederà alla perimetrazione della predetta area.
252-bis. Siti inquinati nazionali di preminente interesse pubblico per la riconversione
industriale
(articolo così sostituito dall’ art. 4, comma 1, legge n. 9 del 2014) - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dello sviluppo economico,
d’intesa con la regione territorialmente interessata e, per le materie di competenza, con il Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, nonché con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo per gli
aspetti di competenza in relazione agli eventuali specifici vincoli di tutela insistenti sulle aree e sugli
immobili, possono stipulare accordi di programma con uno o più proprietari di aree contaminate o altri
soggetti interessati ad attuare progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di riconversione
industriale e sviluppo economico produttivo in siti di interesse nazionale individuati entro il 30 aprile 2007
ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 426, al fine di promuovere il riutilizzo di tali siti in condizioni di
sicurezza sanitaria e ambientale, e di preservare le matrici ambientali non contaminate. Sono escluse le
aree interessate dalle misure di cui al decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, convertito, con modificazioni,
dalla legge 3 agosto 2013, n. 89, e successive modificazioni. L’esclusione cessa di avere effetto nel caso in
cui l’impresa è ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al decreto-legge 23
dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 11, legge n. 20 del 2015) - Gli accordi di programma di cui al comma 1 assicurano il coordinamento delle azioni per determinare i
tempi, le modalità, il finanziamento e ogni altro connesso e funzionale adempimento per l’attuazione dei
progetti e disciplinano in particolare:
a) l’individuazione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica da attuare, sulla base dei
risultati della caratterizzazione validati dalle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente;
b) l’individuazione degli interventi di riconversione industriale e di sviluppo economico
produttivo anche attraverso studi e ricerche appositamente condotti da università ed enti di
ricerca specializzati;
c) il piano economico finanziario dell’investimento e la durata del relativo programma;
d) i tempi di attuazione degli interventi e le relative garanzie;
e) i contributi pubblici e le altre misure di sostegno economico finanziario disponibili e
attribuiti;
f) la causa di revoca dei contributi e delle altre misure di sostegno, e di risoluzione
dell’accordo;
g) l’individuazione del soggetto attuatore degli interventi di messa in sicurezza e di bonifica, e
delle attività di monitoraggio, controllo e gestione degli interventi di messa in sicurezza che
restano a carico del soggetto interessato;
h) i tempi di presentazione e approvazione degli interventi di messa in sicurezza e di bonifica;
i) la previsione di interventi di formazione, riqualificazione e aggiornamento delle competenze
dei lavoratori degli impianti dismessi da reimpiegare nei lavori di bonifica previsti dai
medesimi accordi di programma, mediante il ricorso a fondi preliminarmente individuati a
livello nazionale e regionale;
i-bis) le modalità di monitoraggio per il controllo dell’adempimento degli impegni assunti e
della realizzazione dei progetti. - La stipula dell’accordo di programma costituisce riconoscimento dell’interesse pubblico generale alla
realizzazione degli impianti, delle opere e di ogni altro intervento connesso e funzionale agli obiettivi di
risanamento e di sviluppo economico produttivo e dichiarazione di pubblica utilità. - Ad eccezione di quanto previsto al comma 5, i soggetti interessati di cui al comma 1 non devono essere
responsabili della contaminazione del sito oggetto degli interventi di messa in sicurezza e bonifica,
riconversione industriale e di sviluppo economico produttivo, tenuto conto anche dei collegamenti societari
e di cariche direttive ricoperte nelle società interessate o ad esse collegate. A tal fine sono soggetti
interessati non responsabili i proprietari e i gestori di siti inquinati che non hanno cagionato la
contaminazione del sito e hanno assolto gli obblighi imposti dall’articolo 245, comma 2. - Gli Accordi di Programma di cui al comma 1 possono essere stipulati anche con soggetti che non
soddisfano i requisiti di cui al comma 4 alle seguenti ulteriori condizioni:
a) i fatti che hanno causato l’inquinamento devono essere antecedenti al 30 aprile 2007;
b) oltre alle misure di messa in sicurezza e bonifica, devono essere individuati gli interventi di
riparazione del danno ambientale disciplinati dall’allegato 3 alla Parte VI del presente;
c) termine finale per il completamento degli interventi di riparazione del danno ambientale è
determinato in base ad uno specifico piano finanziario presentato dal soggetto interessato
tenendo conto dell’esigenza di non pregiudicare l’avvio e lo sviluppo dell’iniziativa economica
e di garantire la sostenibilità economica di detti interventi, comunque in misura non inferiore
a dieci anni. - L’attuazione da parte dei soggetti interessati degli impegni di messa in sicurezza, bonifica, monitoraggio,
controllo e relativa gestione, e di riparazione, individuati dall’accordo di programma esclude per tali
soggetti ogni altro obbligo di bonifica e riparazione ambientale e fa venir meno l’onere reale per tutti i fatti
antecedenti all’accordo medesimo. La revoca dell’onere reale per tutti i fatti antecedenti all’accordo di
programma previsto dalle misure volte a favorire la realizzazione delle bonifiche dei siti di interesse
nazionale è subordinata, nel caso di soggetto interessato responsabile della contaminazione, al rilascio
della certificazione dell’avvenuta bonifica e messa in sicurezza dei siti inquinati ai sensi dell’articolo 248. Nel
caso di soggetto interessato responsabile della contaminazione, i contributi e le misure di cui alla lettera e)
del comma 2 non potranno riguardare le attività di messa in sicurezza, di bonifica e di riparazione del
danno ambientale di competenza dello stesso soggetto, ma esclusivamente l’acquisto di beni strumentali
alla riconversione industriale e allo sviluppo economico dell’area. - Al di fuori dei casi che rientrano nel campo di applicazione del comma 5, la pubblica amministrazione
può agire autonomamente nei confronti del responsabile della contaminazione per la ripetizione delle spese
sostenute per gli interventi di messa in sicurezza e di bonifica individuati dall’accordo nonché per gli
ulteriori interventi di bonifica e riparazione del danno ambientale nelle forme e nei modi previsti dalla
legge. - Gli interventi per l’attuazione del progetto integrato sono autorizzati e approvati con decreto del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dello sviluppo economico sulla base delle
determinazioni assunte in Conferenza di Servizi indetta dal Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare ai sensi dell’articolo 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Alla Conferenza
di Servizi partecipano tutti i soggetti pubblici firmatari dell’accordo di programma o titolari dei procedimenti
di approvazione e autorizzazione, comunque denominati, aventi ad oggetto gli interventi, le opere e le
attività previste dall’accordo medesimo, nonché i soggetti interessati proponenti. L’assenso espresso dai
rappresentanti degli enti locali sulla base delle determinazioni a provvedere degli organi competenti,
sostituisce ogni atto di competenza di detti enti. - Fatta salva l’applicazione delle norme in materia di valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione
ambientale integrata, i decreti di cui al comma 8 autorizzano gli interventi di messa in sicurezza e di
bonifica nonché la costruzione e l’esercizio degli impianti e delle opere connesse. - Alla progettazione, al coordinamento e al monitoraggio dei progetti integrati di bonifica, riconversione
industriale e sviluppo economico in siti inquinati di interesse nazionale di cui al comma 1 sono preposte,
con oneri posti a carico delle risorse stanziate a legislazione vigente, una o più società “in house”
individuate nell’accordo di programma, di intesa tra il Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che vi provvedono con le risorse umane, strumentali e
finanziarie disponibili a legislazione vigente. Sulle aree di proprietà pubblica ovvero nel caso di attivazione
degli interventi a iniziativa pubblica, i predetti soggetti sono tenuti ad attivare procedure a evidenza
pubblica per l’attuazione degli interventi, salvo quanto previsto dalle disposizioni vigenti per la gestione in
house in conformità ai requisiti prescritti dalla normativa e dalla giurisprudenza europea. - Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca d’intesa con il Ministero dello sviluppo
economico, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e le Regioni e Province Autonome, adotta misure
volte a favorire la formazione di nuove competenze professionali, anche in ambito degli Istituti tecnici
superiori, in materia di bonifica ambientale, finanziate, nell’ambito delle risorse stanziate a legislazione
vigente nonché a valere sulle risorse della programmazione 2014-2020, previamente incluse negli Accordi
di programma di cui al comma 1 del presente articolo. - Oneri reali e privilegi speciali
- Gli interventi di cui al presente titolo costituiscono onere reale sui siti contaminati qualora effettuati
d’ufficio dall’autorità competente ai sensi dell’articolo 250. L’onere reale viene iscritto a seguito della
approvazione del progetto di bonifica e deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica. - Le spese sostenute per gli interventi di cui al comma 1 sono assistite da privilegio speciale immobiliare
sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2748, secondo comma, del codice civile. Detto
privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull’immobile. - Il privilegio e la ripetizione delle spese possono essere esercitati, nei confronti del proprietario del sito
incolpevole dell’inquinamento o del pericolo di inquinamento, solo a seguito di provvedimento motivato
dell’autorità competente che giustifichi, tra l’altro, l’impossibilità di accertare l’identità del soggetto
responsabile ovvero che giustifichi l’impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo
soggetto ovvero la loro infruttuosità. - In ogni caso, il proprietario non responsabile dell’inquinamento può essere tenuto a rimborsare, sulla
base di provvedimento motivato e con l’osservanza delle disposizioni di cui alla legge 7 agosto, n. 241, le
spese degli interventi adottati dall’autorità competente soltanto nei limiti del valore di mercato del sito
determinato a seguito dell’esecuzione degli interventi medesimi. Nel caso in cui il proprietario non
responsabile dell’inquinamento abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto
di rivalersi nei confronti del responsabile dell’inquinamento per le spese sostenute e per l’eventuale
maggior danno subito. - Gli interventi di bonifica dei siti inquinati possono essere assistiti, sulla base di apposita disposizione
legislativa di finanziamento, da contributi pubblici entro il limite massimo del cinquanta per cento delle
relative spese qualora sussistano preminenti interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela igienicosanitaria
e ambientale o occupazionali. Ai predetti contributi pubblici non si applicano le disposizioni di cui
ai commi 1 e 2.
Titolo VI – Sistema sanzionatorio e disposizioni transitorie e finali
Capo I – Sanzioni - Norme speciali
- Restano ferme le sanzioni previste da norme speciali vigenti in materia.
- Abbandono di rifiuti
- Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 256, comma 2, chiunque, in violazione delle disposizioni di cui
agli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li
immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da
trecento euro a tremila euro. Se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa è
aumentata fino al doppio.
(comma così modificato dall’art. 34 del d.lgs. n. 205 del 2010)
1-bis. Chiunque viola il divieto di cui all’articolo 232-ter è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria
da euro trenta a euro centocinquanta. Se l’abbandono riguarda i rifiuti di prodotti da fumo di cui all’articolo
232-bis, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio.
(comma aggiunto dall’art. 40, comma 1, legge n. 221 del 2015) - Il titolare del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale della casa costruttrice che
viola le disposizioni di cui all’articolo 231, comma 5, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da
euro 260 a euro 1.550. - Chiunque non ottempera all’ordinanza del Sindaco, di cui all’articolo 192, comma 3, o non adempie
all’obbligo di cui all’articolo 187, comma 3, è punito con la pena dell’arresto fino ad un anno. Nella
sentenza di condanna o nella sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, il
beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione di quanto
disposto nella ordinanza di cui all’articolo 192, comma 3, ovvero all’adempimento dell’obbligo di cui
all’articolo 187, comma 3. - Attività di gestione di rifiuti non autorizzata
- Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque effettua una attività
di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della
prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e
216 è punito:
(comma così modificato dall’art. 11, comma 3, d.lgs. n. 46 del 2014)
a) con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000
euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000
euro se si tratta di rifiuti pericolosi. - Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o
depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in
violazione del divieto di cui all’articolo 192, commi 1 e 2. - Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque realizza o gestisce
una discarica non autorizzata è punito con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da
2.600 euro a 26.000 euro. Si applica la pena dell’arresto da uno a tre anni e dell’ammenda da euro 5.200 a
euro 52.000 se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi. Alla sentenza di
condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la
confisca dell’area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell’autore o del compartecipe
al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi.
(comma così modificato dall’art. 11, comma 3, d.lgs. n. 46 del 2014) - Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotte della metà nelle ipotesi di inosservanza delle prescrizioni
contenute o richiamate nelle autorizzazioni, nonché nelle ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni
richiesti per le iscrizioni o comunicazioni. - Chiunque, in violazione del divieto di cui all’articolo 187, effettua attività non consentite di miscelazione
di rifiuti, è punito con la pena di cui al comma 1, lettera b). - Chiunque effettua il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi, con
violazione delle disposizioni di cui all’articolo 227, comma 1, lettera b), è punito con la pena dell’arresto da
tre mesi ad un anno o con la pena dell’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro. Si applica la sanzione
amministrativa pecuniaria da 2.600 euro a 15.500 euro per i quantitativi non superiori a duecento litri o
quantità equivalenti. - Chiunque viola gli obblighi di cui agli articoli 231, commi 7, 8 e 9, 233, commi 12 e 13, e 234, comma
14, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 260 euro a 1.550 euro. - I soggetti di cui agli articoli 233, 234, 235 e 236 che non adempiono agli obblighi di partecipazione ivi
previsti sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da 8.000 euro a 45.000 euro, fatto
comunque salvo l’obbligo di corrispondere i contributi pregressi. Sino all’adozione del decreto di cui
all’articolo 234, comma 2, le sanzioni di cui al presente comma non sono applicabili ai soggetti di cui al
medesimo articolo 234.
9 Le sanzioni di cui al comma 8 sono ridotte della metà nel caso di adesione effettuata entro il
sessantesimo giorno dalla scadenza del termine per adempiere agli obblighi di partecipazione previsti dagli
articoli 233, 234, 235 e 236.
256-bis. Combustione illecita di rifiuti
(articolo introdotto dall’art. 3, comma 1, legge n. 6 del 2014) - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero
depositati in maniera incontrollata in aree non autorizzate è punito con la reclusione da due a cinque anni.
Nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si applica la pena della reclusione da tre a sei anni.
Il responsabile è tenuto al
ripristino dello stato dei luoghi, al risarcimento del danno ambientale e al pagamento, anche in via di
regresso, delle spese per la bonifica. - Le stesse pene si applicano a colui che tiene le condotte di cui all’articolo 255, comma 1, e le condotte di
reato di cui agli articoli 256 e 259 in funzione della successiva combustione illecita di rifiuti. - La pena è aumentata di un terzo se il delitto di cui al comma 1 è commesso nell’ambito dell’attività di
un’impresa o comunque di un’attività organizzata. Il titolare dell’impresa o il responsabile dell’attività
comunque organizzata è responsabile anche sotto l’autonomo profilo dell’omessa vigilanza sull’operato
degli autori materiali del delitto comunque riconducibili all’impresa o all’attività stessa; ai predetti titolari
d’impresa o responsabili dell’attività si applicano altresì le sanzioni previste dall’articolo 9, comma 2, del
decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231. - La pena è aumentata di un terzo se il fatto di cui al comma 1 è commesso in territori che, al momento
della condotta e comunque nei cinque anni precedenti, siano o siano stati interessati da dichiarazioni di
stato di emergenza nel settore dei rifiuti ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225. - I mezzi utilizzati per il trasporto di rifiuti oggetto del reato di cui al comma 1 del presente articolo,
inceneriti in aree o in impianti non autorizzati, sono confiscati ai sensi dell’articolo 259, comma 2, salvo che
il mezzo appartenga a persona estranea alle condotte di cui al citato comma 1 del presente articolo e che
non si configuri concorso di persona nella commissione del reato. Alla sentenza di condanna o alla
sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale consegue la confisca dell’area
sulla quale è commesso il reato, se di proprietà dell’autore o del concorrente nel reato, fatti salvi gli
obblighi di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi. - Si applicano le sanzioni di cui all’articolo 255 se le condotte di cui al comma 1 hanno a oggetto i rifiuti di
cui all’articolo 184, comma 2, lettera e). Fermo restando quanto previsto dall’articolo 182, comma 6-bis, le
disposizioni del presente articolo non si applicano all’abbruciamento di materiale agricolo o forestale
naturale, anche derivato da verde pubblico o privato.
(comma così modificato dall’art. 14, comma 8, legge n. 116 del 2014) - Bonifica dei siti
- Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque cagiona l’inquinamento del suolo, del sottosuolo,
delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio è
punito con la pena dell’arresto da sei mesi a un anno o con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro, se
non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato dall’autorità competente nell’ambito del
procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti. In caso di mancata effettuazione della comunicazione di cui
all’articolo 242, il trasgressore è punito con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da
1.000 euro a 26.000 euro.
(comma così modificato dall’art. 1, comma 2, legge n. 68 del 2015) - Si applica la pena dell’arresto da un anno a due anni e la pena dell’ammenda da 5.200 euro a 52.000
euro se l’inquinamento è provocato da sostanze pericolose. - Nella sentenza di condanna per la contravvenzione di cui ai commi 1 e 2, o nella sentenza emessa ai
sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena
può essere subordinato alla esecuzione degli interventi di emergenza, bonifica e ripristino ambientale. - L’osservanza dei progetti approvati ai sensi degli articoli 242 e seguenti costituisce condizione di non
punibilità per le contravvenzioni ambientali contemplate da altre leggi per il medesimo evento e per la
stessa condotta di inquinamento di cui al comma 1.
(comma così sostituito dall’art. 1, comma 2, legge n. 68 del 2015) - Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei
formulari
(articolo così modificato dall’art. 35 del d.lgs. n. 205 del 2010) - I soggetti di cui all’articolo 190, comma 1, che non abbiano aderito al sistema di controllo della
tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e che omettano di tenere
ovvero tengano in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui al medesimo articolo, sono puniti
con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. - I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o di impresa che non
adempiano all’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico con le modalità di cui all’articolo 1,
comma 1, della legge 25 gennaio 2006, n. 29, e all’articolo 6, comma 1 del decreto del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, pubblicato nel S.O. alla
Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2010, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da
quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro. - Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a 15 dipendenti, le misure
minime e massime di cui al comma 1 sono ridotte rispettivamente da 1.040 euro a 6.200 euro. Il numero
di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno
durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità
lavorative annue; ai predetti fini l’anno da prendere in considerazione è quello dell’ultimo esercizio
contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell’infrazione. - Le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8,
che non aderiscono, su base volontaria, al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui
all’articolo 188-bis, comma 2, lettera a), ed effettuano il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui
all’articolo 193 ovvero indicano nel formulario stesso dati incompleti o inesatti sono puniti con la sanzione
amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro. Si applica la pena di cui
all’articolo 483 del codice penale a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce
false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa
uso di un certificato falso durante il trasporto. - Se le indicazioni di cui ai commi 1 e 2 sono formalmente incomplete o inesatte ma i dati riportati nella
comunicazione al catasto, nei registri di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati
e nelle altre scritture contabili tenute per legge consentono di ricostruire le informazioni dovute, si applica
la sanzione amministrativa pecuniaria da 260 euro a 1.550 euro. La stessa pena si applica se le indicazioni
di cui al comma 4 sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono tutti gli elementi per ricostruire
le informazioni dovute per legge, nonché nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata
conservazione dei registri di cui all’articolo 190, comma 1, o del formulario di cui all’articolo 193 da parte
dei soggetti obbligati.
5-bis. I soggetti di cui all’articolo 220, comma 2, che non effettuino la comunicazione ivi prescritta ovvero
la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da
duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il
sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si
applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.
5-ter. Il sindaco del comune che non effettui la comunicazione di cui all’articolo 189, comma 3, ovvero la
effettui in modo incompleto o inesatto, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da
duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il
sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si
applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.
5-quater. In caso di violazione di uno o più degli obblighi previsti dall’articolo 184, commi 5-bis.1 e 5-bis.2,
e dall’articolo 241-bis, commi 4-bis, 4-ter e 4-quater, del presente decreto, il comandante del poligono
militare delle Forze armate è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da tremila euro a diecimila
euro. In caso di violazione reiterata dei predetti obblighi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da
cinquemila euro a ventimila euro.
(comma aggiunto dall’art. 1, comma 304, legge n. 205 del 2017) - Traffico illecito di rifiuti
- Chiunque effettua una spedizione di rifiuti costituente traffico illecito ai sensi dell’articolo 26 del
regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, o effettua una spedizione di rifiuti elencati nell’Allegato II del
citato regolamento in violazione dell’articolo 1, comma 3, lettere a), b), c) e d), del regolamento stesso è
punito con la pena dell’ammenda da 1.550 euro a 26.000 euro e con l’arresto fino a due anni. La pena è
aumentata in caso di spedizione di rifiuti pericolosi. - Alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale,
per i reati relativi al traffico illecito di cui al comma 1 o al trasporto illecito di cui agli articoli 256 e 258,
comma 4, consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto. - Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti
(articolo abrogato dall’art. 7 del d.lgs. n. 21 del 2018)
260-bis. Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti
(articolo introdotto dall’art. 36 del d.lgs. n. 205 del 2010) - I soggetti obbligati che omettono l’iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)
di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), nei termini previsti, sono puniti con una sanzione
amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. In caso di rifiuti
pericolosi, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a
novantatremila euro. - I soggetti obbligati che omettono, nei termini previsti, il pagamento del contributo per l’iscrizione al
sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), sono
puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro.
In caso di rifiuti pericolosi, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento
euro a novantatremila euro. All’accertamento dell’omissione del pagamento consegue obbligatoriamente, la
sospensione immediata dal servizio fornito dal predetto sistema di controllo della tracciabilità nei confronti
del trasgressore. In sede di rideterminazione del contributo annuale di iscrizione al predetto sistema di
tracciabilità occorre tenere conto dei casi di mancato pagamento disciplinati dal presente comma. - Chiunque omette di compilare il registro cronologico o la scheda SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE,
secondo i tempi, le procedure e le modalità stabilite dal sistema informatico di controllo di cui al comma 1,
ovvero fornisce al suddetto sistema informazioni incomplete, o inesatte, altera fraudolentemente uno
qualunque dei dispositivi tecnologici accessori al predetto sistema informatico di controllo, o comunque ne
impedisce in qualsiasi modo il corretto funzionamento, é punito con la sanzione amministrativa pecuniaria
da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. Nel caso di imprese che occupino un numero di
unità lavorative inferiore a quindici dipendenti,si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da
millequaranta euro a seimiladuecento. Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero
di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e
quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l’anno da prendere in
considerazione è quello dell’ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento
dell’infrazione. Se le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilità dei
rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro
millecinquecentocinquanta. - Qualora le condotte di cui al comma 3 siano riferibili a rifiuti pericolosi si applica la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacinquecento ad euro novantatremila, nonché la sanzione
amministrativa accessoria della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto cui
l’infrazione è imputabile ivi compresa la sospensione dalla carica di amministratore. Nel caso di imprese che
occupino un numero di unità lavorative inferiore a quindici dipendenti, le misure minime e massime di cui
al periodo precedente sono ridotte rispettivamente da duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro
per i rifiuti pericolosi. Le modalità di calcolo dei numeri di dipendenti avviene nelle modalità di cui al
comma 3. Se le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si
applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecentoventi ad euro tremilacento. - Al di fuori di quanto previsto nei commi da 1 a 4, i soggetti che si rendono inadempienti agli ulteriori
obblighi su di loro incombenti ai sensi del predetto sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)
sono puniti, per ciascuna delle suddette violazioni, con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro
duemilaseicento ad euro quindicimilacinquecento. In caso di rifiuti pericolosi si applica la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacinquecento ad euro novantatremila. - Si applica la pena di cui all’articolo 483 c.p. a colui che, nella predisposizione di un certificato di analisi di
rifiuti, utilizzato nell’ambito del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti fornisce false indicazioni sulla
natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi inserisce un certificato
falso nei dati da fornire ai fini della tracciabilità dei rifiuti. - Il trasportatore che omette di accompagnare il trasporto dei rifiuti con la copia cartacea della scheda
SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE e, ove necessario sulla base della normativa vigente, con la copia del
certificato analitico che identifica le caratteristiche dei rifiuti è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da 1.600 euro a 9.300 euro. Si applica la pena di cui all’art. 483 del codice penale in caso di
trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a colui che, durante il trasporto fa uso di un
certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle
caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti trasportati. - Il trasportatore che accompagna il trasporto di rifiuti con una copia cartacea della scheda SISTRI – AREA
Movimentazione fraudolentemente alterata è punito con la pena prevista dal combinato disposto degli
articoli 477 e 482 del codice penale. La pena è aumentata fino ad un terzo nel caso di rifiuti pericolosi. - Se le condotte di cui al comma 7 non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta.
9-bis. Chi con un’azione od omissione viola diverse disposizioni di cui al presente articolo ovvero commette
più violazioni della stessa disposizione soggiace alla sanzione amministrativa prevista per la violazione più
grave, aumentata sino al doppio. La stessa sanzione si applica a chi con più azioni od omissioni, esecutive
di un medesimo disegno, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse
disposizioni di cui al presente articolo.
(comma aggiunto dall’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 121 del 2011)
9-ter. Non risponde delle violazioni amministrative di cui al presente articolo chi, entro trenta giorni dalla
commissione del fatto, adempie agli obblighi previsti dalla normativa relativa al sistema informatico di
controllo di cui al comma 1. Nel termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o dalla
notificazione della violazione, il trasgressore può definire la controversia, previo adempimento degli
obblighi di cui sopra, con il pagamento di un quarto della sanzione prevista. La definizione agevolata
impedisce l’irrogazione delle sanzioni accessorie.
(comma aggiunto dall’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 121 del 2011)
260-ter. Sanzioni amministrative accessorie. Confisca
(articolo introdotto dall’art. 36 del d.lgs. n. 205 del 2010) - All’accertamento delle violazioni di cui ai commi 7 e 8 dell’articolo 260-bis, consegue obbligatoriamente
la sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo utilizzato per l’attività di trasporto dei rifiuti di
mesi 12, nel caso in cui il responsabile si trovi nelle situazioni di cui all’art. 99 c.p. o all’articolo 8-bis della
legge 24 novembre 1981, n. 689, o abbia commesso in precedenza illeciti amministrativi con violazioni
della stessa indole o comunque abbia violato norme in materia di rifiuti.
(comma così modificato dall’art. 3, comma 3, d.lgs. n. 121 del 2011, poi dall’art. 11, comma 3, legge n.
154 del 2016) - Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 213, 214, 214 bis e 224-ter del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e relative norme di attuazione. - All’accertamento delle violazioni di cui al comma 1 dell’articolo 260-bis, consegue la sanzione accessoria
del fermo amministrativo di mesi 12 del veicolo utilizzato dal trasportatore. In ogni caso restituzione del
veicolo sottoposto al fermo amministrativo non può essere disposta in mancanza dell’ iscrizione e del
correlativo versamento del contributo. - In caso di trasporto non autorizzato di rifiuti pericolosi, è sempre disposta la confisca del veicolo e di
qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto del rifiuto, ai sensi dell’articolo 240, secondo comma, del
codice penale, salvo che gli stessi che appartengano, non fittiziamente a persona estranea al reato. - Il fermo di cui al comma 1 e la confisca di cui al comma 4 conseguono obbligatoriamente anche
all’accertamento delle violazioni di cui al comma 1 dell’articolo 256. - Imballaggi
- I produttori e gli utilizzatori che non adempiono all’obbligo di raccolta di cui all’articolo 221, comma 2, o
non adottano, in alternativa, sistemi gestionali ai sensi del medesimo articolo 221, comma 3, lettere a) e
c), sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 5.000.
(comma così sostituito dall’art. 11, comma 3, legge n. 154 del 2016) - I produttori di imballaggi che non provvedono ad organizzare un sistema per l’adempimento degli
obblighi di cui all’articolo 221, comma 3, e non aderiscono ai consorzi di cui all’articolo 223, né adottano un
sistema di restituzione dei propri imballaggi ai sensi dell’articolo 221, comma 3, lettere a) e c), sono puniti
con la sanzione amministrativa pecuniaria da 15.500 euro a 46.500 euro. La stessa pena si applica agli
utilizzatori che non adempiono all’obbligo di cui all’articolo 221, comma 4. - La violazione dei divieti di cui all’articolo 226, commi 1 e 4, è punita con la sanzione amministrativa
pecuniaria da 5.200 euro a 40.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque immette nel mercato interne
imballaggi privi dei requisiti di cui all’articolo 219, comma 5. - La violazione del disposto di cui all’articolo 226, comma 3, è punita con la sanzione amministrativa
pecuniaria da 2.6000 euro a 15.500 euro.
261-bis. Sanzioni
(articolo introdotto dall’art. 16 del d.lgs. n. 46 del 2014) - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua attività di incenerimento o di
coincenerimento di rifiuti pericolosi in mancanza della prescritta autorizzazione all’esercizio di cui presente
titolo, è punito con l’arresto da uno a due anni e con l’ammenda da diecimila euro a cinquantamila euro. - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua attività di incenerimento o di
coincenerimento di rifiuti non pericolosi, negli impianti di cui all’articolo 237-ter, comma 1, lettere b), c) d)
ed e), in mancanza della prescritta autorizzazione all’esercizio, è punito con l’arresto da sei mesi ad un
anno e con l’ammenda da diecimila euro a trentamila euro. - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua lo scarico sul suolo, nel sottosuolo o nelle
acque sotterranee, di acque reflue evacuate da un impianto di incenerimento o coincenerimento e
provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi di cui all’articolo 237-duodecies, comma 5, è punito
con l’arresto fino ad un anno e con l’ammenda da diecimila euro a trentamila euro. - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il proprietario ed il gestore che nell’effettuare la dismissione
di un impianto di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti non provvedono a quanto previsto all’articolo
237-octies, comma 10, sono puniti con l’arresto fino ad un anno e con l’ammenda da diecimila euro a
venticinquemila euro. - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua attività di incenerimento o di
coincenerimento di rifiuti nelle condizioni di cui all’articolo 237-septiesdecies, comma 3, superando anche
uno solo dei limiti temporali ivi previsti, è punito con l’arresto fino a nove mesi e con l’ammenda da
cinquemila euro a trentamila euro. - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua lo scarico in acque superficiali di acque
reflue evacuate da un impianto di incenerimento o coincenerimento e provenienti dalla depurazione degli
effluenti gassosi di cui all’articolo 237-duodecies, comma 5, non rispettando i valori di emissione previsti
all’Allegato 1, paragrafo D, è punito con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da diecimila euro a
trentamila euro. - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua lo scarico delle acque reflue di cui
all’articolo 237-duodecies, in mancanza della prescritta autorizzazione di cui al comma 1, è punito con
l’arresto fino a tre mesi e con l’ammenda da cinquemila euro a trentamila euro. - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, nell’esercizio dell’attività di incenerimento o
coincenerimento, supera i valori limite di emissione di cui all’articolo 237-undecies, è punito con l’arresto
fino ad un anno o con l’ammenda da diecimila euro a venticinquemila euro. Se i valori non rispettati sono
quelli di cui all’Allegato 1, paragrafo A, punti 3) e 4), il responsabile è punito con l’arresto da uno a due
anni e con l’ammenda da diecimila euro a quarantamila euro. - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il professionista che, nel certificato sostitutivo di cui
all’articolo 237-octies, comma 8, e all’articolo 237-octies, comma 10, con riferimento agli impianti di
coincenerimento, attesta fatti non corrispondenti al vero, è punito con l’arresto fino ad un anno o con
l’ammenda da cinquemila euro a venticinquemila euro. - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque mette in esercizio un impianto di incenerimento
o di coincenerimento autorizzato alla costruzione ed all’esercizio, in assenza della verifica di cui all’articolo
237-octies, comma 7, o della relativa certificazione sostitutiva comunicata nelle forme di cui all’articolo 237-
octies, comma 8, e all’articolo 237-octies, comma 10, con riferimento agli impianti di coincenerimento, è
punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da tremila euro a venticinquemila euro. - Salvo che il fatto costituisca più grave reato e salvo quanto previsto al comma 12, chiunque,
nell’esercizio di un impianto autorizzato di incenerimento o coincenerimento, non osserva le prescrizioni
indicate nell’autorizzazione ai sensi dell’articolo 237-quinquies, comma 2, con riferimento agli impianti di
incenerimento, all’articolo 237-quinquies, comma 3, all’articolo 237-septies, comma 1, e all’articolo 237-
octies, comma 1, è punito con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro. - Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, nell’esercizio di un impianto autorizzato di incenerimento
o coincenerimento, avendo conseguito in sede di autorizzazione le parziali deroghe di cui all’articolo 237-
septies, comma 6, e all’articolo 237-nonies, non rispetta le prescrizioni imposte dall’autorità competente in
sede di autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa da tremila euro a venticinquemila euro. - Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, nell’esercizio di un impianto autorizzato di incenerimento
o coincenerimento, avendo conseguito in sede di autorizzazione le deroghe di cui all’articolo 237-undecies,
comma 6, non rispetta le prescrizioni imposte dall’autorità competente in sede di autorizzazione, è punito
con la sanzione amministrativa da duemilacinquecento euro a venticinquemila euro. - Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, al di fuori dei casi previsti dal presente articolo,
nell’esercizio di un impianto di incenerimento o coincenerimento non rispetta le prescrizioni di cui al
presente decreto, o quelle imposte dall’autorità competente in sede di autorizzazione, è punito con la
sanzione amministrativa da mille euro a trentacinquemila euro. - Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 13, 14 e 15 non si applicano nel caso in cui
l’installazione è soggetta alle disposizioni del Titolo III-bis della Parte seconda. - Competenza e giurisdizione
- Fatte salve le altre disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689 in materia di accertamento degli
illeciti amministrativi, all’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla parte quarta del
presente decreto provvede la provincia nel cui territorio è stata commessa la violazione, ad eccezione delle
sanzioni previste dall’articolo 261, comma 3, in relazione al divieto di cui all’articolo 226, comma 1, per le
quali è competente il comune. - Avverso le ordinanze-ingiunzione relative alle sanzioni amministrative di cui al comma 1 è esperibile il
giudizio di opposizione di cui all’articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689. - Per i procedimenti penali pendenti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto
l’autorità giudiziaria, se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento,
dispone la trasmissione degli atti agli Enti indicati ai comma 1 ai fini dell’applicazione delle sanzioni
amministrative. - Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie
- I proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni di cui alle disposizioni della parte
quarta del presente decreto sono devoluti alle province e sono destinati all’esercizio delle funzioni di
controllo in materia ambientale, fatti salvi i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui
all’articolo 261, comma 3, in relazione al divieto di cui all’articolo 226, comma 1, che sono devoluti ai
comuni. - Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative irrogate ai sensi dell’articolo 261-bis sono
versate all’entrata dei bilanci delle autorità competenti e sono destinate a potenziare le ispezioni ambientali
straordinarie previste dal presente decreto, in particolare all’articolo 29-decies, comma 4, nonché le
ispezioni finalizzate a verificare il rispetto degli obblighi ambientali per impianti ancora privi di
autorizzazione.
(comma introdotto dall’art. 17 del d.lgs. n. 46 del 2014)
2-bis. Il 50 per cento delle somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate ai
sensi dell’articolo 255, comma 1-bis, è versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato ad
un apposito Fondo istituito presso lo stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare e destinato alle attività di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 232-bis. Il restante 50 per
cento dei suddetti proventi è destinato ai comuni nel cui territorio sono state accertate le relative violazioni
ed è destinato alle attività di cui al comma 1 dell’articolo 232-bis, ad apposite campagne di informazione da
parte degli stessi comuni, volte a sensibilizzare i consumatori sulle conseguenze nocive per l’ambiente
derivanti dall’abbandono dei mozziconi dei prodotti da fumo e dei rifiuti di piccolissime dimensioni di cui
all’articolo 232-ter, nonché alla pulizia del sistema fognario urbano. Con provvedimento del Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dell’interno e con il
Ministero dell’economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore
della presente disposizione, sono stabilite le modalità attuative del presente comma.
(comma aggiunto dall’art. 40, comma 1, legge n. 221 del 2015)
Capo II – Disposizioni transitorie e finali - Abrogazione di norme
- A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto restano o sono
abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l’ulteriore vigenza:
a) la legge 20 marzo 1941, n. 366;
b) il d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915;
c) il decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9
novembre 1988, n. 475, ad eccezione dell’articolo 9 e dell’articolo 9-quinquies come
riformulato dal presente decreto. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di
continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del
presente decreto, i provvedimenti attuativi dell’articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9
settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475,
continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti
attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;
d) il decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 29
ottobre 1987, n. 441, ad eccezione degli articoli 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies;
e) il decreto-legge 14 dicembre 1988, n. 527, convertito, con modificazioni, dalla legge 10
febbraio 1988, n. 45;
f) l’articolo 29-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni,
dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;
g) i commi 3, 4 e 5, secondo periodo, dell’articolo 103 del decreto legislativo 30 aprile 1992,
n. 285;
h) l’articolo 5, comma 1, del d.P.R. 8 agosto 1994, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 251
del 26 ottobre 1994;
i) il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna
soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte
quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del citato decreto legislativo 5 febbraio
1997, n. 22, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti
provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;
l) l’articolo 14 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni,
dall’articolo 14 della legge 8 agosto 2002, n. 178;
m) l’articolo 9, comma 2-bis, della legge 21 novembre 2000, n. 342, ultimo periodo, dalle
parole: “i soggetti di cui all’articolo 38, comma 3, lettera a) sino alla parola: “CONAI”;
n) (lettera abrogata dall’art. 2, comma 44, d.lgs. n. 4 del 2008)
o) gli articoli 4, 5, 8, 12, 14 e 15 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95. Restano
valide ai fini della gestione degli oli usati, fino al conseguimento o diniego di quelle richieste
ai sensi del presente decreto e per un periodo comunque non superiore ad un triennio dalla
data della sua entrata in vigore, tutte le autorizzazioni concesse, alla data di entrata in vigore
della parte quarta del presente decreto, ai sensi della normativa vigente, ivi compresi il
decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, e il
decreto 16 maggio 1996, n. 392, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 25 luglio 1996.
Al fine di assicurare che non vi sia soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente
normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi
dell’articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, continuano ad applicarsi sino
alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte
quarta del presente decreto;
p) l’articolo 19 della legge 23 marzo 2001, n. 93. - Il Governo, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, adotta, entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, su proposta del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività
produttive, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro trenta giorni
dalla trasmissione del relativo schema alle Camere, apposito regolamento con il quale sono individuati gli
ulteriori atti normativi incompatibili con le disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, che
sono abrogati con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento medesimo.
2-bis. Le integrazioni e le modifiche degli allegati alle norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica
dei siti inquinati del presente decreto sono adottate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dello sviluppo economico,
previo parere dell’ISPRA, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281.
(comma aggiunto dall’art. 3, comma 5, legge n. 28 del 2012)
264-bis. Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri in data 27 aprile 2010
(articolo introdotto dall’art. 37 del d.lgs. n. 205 del 2010) - All’Allegato “Articolazione del MUD” del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27 aprile
2010, pubblicato nel Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 98 del 28 aprile 2010, sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) al capitolo 1 – Rifiuti, al punto “4. Istruzione per la compilazione delle singole sezioni” la
“Sezione comunicazione semplificata” è abrogata e sono abrogati il punto 6 “ Sezione rifiuti” e
il punto 8 “ Sezione intermediari e commercio”;
b) i capitoli 2 e 3 sono abrogati a decorrere dalla dichiarazione relativa al 2011.
264-ter. Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209
(articolo introdotto dall’art. 37 del d.lgs. n. 205 del 2010) - All’articolo 11 del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, il comma 3 è sostituito dal seguente:
“3. A decorrere dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all’articolo 12, comma 2 del decreto
del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, e successive
modificazioni, i dati relativi ai veicoli fuori uso ed ai pertinenti materiali e componenti sottoposti a
trattamento, nonché i dati relativi ai materiali, ai prodotti ed ai componenti ottenuti ed avviati al reimpiego,
al riciclaggio e al recupero, sono forniti attraverso il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti
(SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e all’articolo 14-bis del decreto-legge 1° luglio 2009,
n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.”.
264-quater. Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto legislativo 25 luglio 2005, n.
151
(articolo introdotto dall’art. 37 del d.lgs. n. 205 del 2010) - All’articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, il comma 4 è sostituito dal seguente:
“4. Al fine di verificare il raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 2, a decorrere dal giorno successivo
alla scadenza del termine di cui all’articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, e successive modificazioni, i dati relativi ai RAEE
esportati, trattati ed ai materiali derivanti da essi ed avviati al recupero ed al reimpiego sono forniti
attraverso il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2,
lett. a e all’articolo 14-bis del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n.
102 del 2009. Le informazioni specificano la categoria di appartenenza secondo l’allegato 1A, il peso o, se
non rilevabile, il numero di pezzi degli stessi RAEE.”. - Disposizioni transitorie
- Le vigenti norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta, il trasporto il recupero e lo
smaltimento dei rifiuti restano in vigore sino all’adozione delle corrispondenti specifiche norme adottate in
attuazione della parte quarta del presente decreto. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di
continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente
decreto, le pubbliche amministrazioni, nell’esercizio delle rispettive competenze, adeguano la previgente
normativa di attuazione alla disciplina contenuta nella parte quarta del presente decreto, nel rispetto di
quanto stabilito dall’articolo 264, comma 1, lettera i). Ogni riferimento ai rifiuti tossici e nocivi continua ad
intendersi riferito ai rifiuti pericolosi.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 45, d.lgs. n. 4 del 2008) - In attesa delle specifiche norme regolamentari e tecniche in materia di trasporto dei rifiuti, di cui
all’articolo 195, comma 2, lettera 1), e fermo restando quanto previsto dall’articolo 188-ter e dal decreto
legislativo 24 giugno 2003, n. 182 in materia di rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico, i rifiuti sono
assimilati alle merci per quanto concerne il regime normativo in materia di trasporti via mare e la disciplina
delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio in aree portuali. In particolare i rifiuti
pericolosi sono assimilati alle merci pericolose.
(comma così modificato dall’art. 38 del d.lgs. n. 205 del 2010) - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’istruzione,
dell’università e della ricerca e con il Ministro delle attività produttive, individua con apposito decreto le
forme di promozione e di incentivazione per la ricerca e per lo sviluppo di nuove tecnologie di bonifica
presso le università, nonché presso le imprese e i loro consorzi.
(comma dichiarato parzialmente incostituzionale da Corte costituzionale n. 247 del 2009, nella parte in cui
non prevede che sia sentita preventivamente la Conferenza unificata) - Fatti salvi gli interventi realizzati alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto,
entro centottanta giorni da tale data, può essere presentata all’autorità competente adeguata relazione
tecnica al fine di rimodulare gli obiettivi di bonifica già autorizzati sulla base dei criteri definiti dalla parte
quarta del presente decreto. L’autorità competente esamina la documentazione e dispone le varianti al
progetto necessarie. - (abrogato dall’art. 26, comma 1, lettera b), legge n. 27 del 2012)
- Le aziende siderurgiche e metallurgiche operanti alla data di entrata in vigore della parte quarta del
presente decreto e sottoposte alla disciplina di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sono
autorizzate in via transitoria, previa presentazione della relativa domanda, e fino al rilascio o al definitivo
diniego dell’autorizzazione medesima, ad utilizzare, impiegandoli nel proprio ciclo produttivo, i rottami
ferrosi individuati dal codice GA 430 dell’Allegato II (lista verde dei rifiuti) del regolamento (CE) 1° febbraio
1993, n. 259 e i rottami non ferrosi individuati da codici equivalenti del medesimo Allegato.
6-bis. I soggetti che alla data di entrata in vigore del presente decreto svolgono attività di recupero di
rottami ferrosi e non ferrosi che erano da considerarsi escluse dal campo di applicazione della parte quarta
del medesimo decreto n. 152 del 2006 possono proseguire le attività di gestione in essere alle condizioni di
cui alle disposizioni previgenti fino al rilascio o al diniego delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento di
dette attività nel nuovo regime. Le relative istanze di autorizzazione o iscrizione sono presentate entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
(comma aggiunto dall’art. 2, comma 46, d.lgs. n. 4 del 2008) - Disposizioni finali
- Nelle attrezzature sanitarie di cui all’articolo 4, comma 2, lettera g), della legge 29 settembre 1964, n.
847, sono ricomprese le opere, le costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla
distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree inquinate. - Dall’attuazione delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto non devono derivare nuovi
o maggiori oneri o minori entrate a carico dello Stato. - Le spese per l’indennità e per il trattamento economico del personale di cui all’articolo 9 del decretolegge
9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475,
restano a carico del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, salvo quanto previsto
dal periodo seguente. Il trattamento economico resta a carico delle istituzioni di appartenenza, previa
intesa con le medesime, nel caso in cui il personale svolga attività di comune interesse. - I rifiuti provenienti da attività di manutenzione o assistenza sanitaria si considerano prodotti presso la
sede o il domicilio del soggetto che svolge tali attività. - Le disposizioni di cui agli articoli 189, 190, 193 e 212 non si applicano alle attività di raccolta e trasporto
di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante,
limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio. - Fatti salvi gli effetti dei provvedimenti sanzionatori adottati con atti definitivi, dalla data di pubblicazione
del presente decreto non trovano applicazione le disposizioni recanti gli obblighi di cui agli articoli 48,
comma 2, e 51, comma 6-ter, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonché le disposizioni
sanzionatorie previste dal medesimo articolo 51, commi 6-bis, 6-ter e 6-quinquies, anche con riferimento a
fattispecie verificatesi dopo il 31 marzo 2004. - Con successivo decreto, adottato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di
concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive e della salute, è dettata la
disciplina per la semplificazione amministrativa delle procedure relative ai materiali, ivi incluse le terre e le
rocce da scavo, provenienti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i seimila metri
cubi di materiale nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 45-bis, d.lgs. n. 4 del 2008)
Parte quinta – Norme in materia di tutela dell’aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera
Titolo I – Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti e attività - Campo di applicazione
- Il presente titolo, ai fini della prevenzione e della limitazione dell’inquinamento atmosferico, si applica
agli impianti, inclusi gli impianti termici civili non disciplinati dal titolo II, ed alle attività che producono
emissioni in atmosfera e stabilisce i valori di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di
analisi delle emissioni ed i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite. - Per gli impianti di incenerimento e coincenerimento e gli altri impianti di trattamento termico dei rifiuti i
valori limite di emissione e altre prescrizioni sono stabiliti nell’autorizzazione di cui all’articolo 208 o
nell’autorizzazione integrata ambientale di cui al Titolo III-bis alla Parte Seconda. I valori limite e le
prescrizioni sono stabiliti, per gli impianti di incenerimento e coincenerimento sulla base del Titolo III-bis
della Parte Quarta e dei piani regionali di qualità dell’aria e, per gli altri impianti di trattamento termico dei
rifiuti, sulla base degli articoli 270 e 271 del presente titolo. Resta ferma l’applicazione del presente titolo
per gli altri impianti e le altre attività presenti nello stesso stabilimento, nonché nei casi previsti dall’articolo
214, comma 8.
(comma così modificato dall’art. 18 del d.lgs. n. 46 del 2014) - Resta fermo, per le installazioni sottoposte ad autorizzazione integrata ambientale, quanto previsto al
Titolo III-bis della Parte Seconda; per tali installazioni l’autorizzazione alle emissioni prevista dal presente
Titolo non è richiesta in quanto sostituita dall’autorizzazione integrata ambientale
(comma così sostituito dall’art. 18 del d.lgs. n. 46 del 2014) - Al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi derivanti dal Protocollo di Kyoto e di favorire
comunque la riduzione delle emissioni in atmosfera di sostanze inquinanti, la normativa di cui alla parte
quinta del presente decreto intende determinare l’attuazione di tutte le più opportune azioni volte a
promuovere l’impiego dell’energia elettrica prodotta da impianti di produzione alimentati da fonti rinnovabili
ai sensi della normativa comunitaria e nazionale vigente e, in particolare, della direttiva 2001/77/CE e del
decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, determinandone il dispacciamento prioritario. In particolare:
a) potranno essere promosse dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
di concerto con i Ministri delle attività produttive e per lo sviluppo e la coesione territoriale
misure atte a favorire la produzione di energia elettrica tramite fonti rinnovabili ed al
contempo sviluppare la base produttiva di tecnologie pulite, con particolare riferimento al
Mezzogiorno;
b) con decreto del Ministro delle attività produttive di concerto con i Ministri dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare e dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro trenta
giorni dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, sono determinati
i compensi dei componenti dell’Osservatorio di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 29
dicembre 2003, n. 387, da applicarsi a decorrere dalla data di nomina, nel limite delle risorse
di cui all’articolo 16, comma 6, del medesimo decreto legislativo e senza che ne derivino
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
c) i certificati verdi maturati a fronte di energia prodotta ai sensi dell’articolo 1, comma 71,
della legge 23 agosto 2004, n. 239, possono essere utilizzati per assolvere all’obbligo di cui
all’articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, solo dopo che siano stati annullati
tutti i certificati verdi maturati dai produttori di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili
così come definite dall’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 387 del 2003;
d) al fine di prolungare il periodo di validità dei certificati verdi, all’articolo 20, comma 5, del
decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, le parole «otto anni» sono sostituite dalle
parole «dodici anni». - Definizioni
- Ai fini del presente titolo si applicano le seguenti definizioni:
(comma modificato dall’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 128 del 2010, poi dall’art. 19 del d.lgs. n. 46 del 2014)
a) inquinamento atmosferico: ogni modificazione dell’aria atmosferica, dovuta all’introduzione
nella stessa di una o di più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da ledere o da
costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell’ambiente oppure tali da ledere i
beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell’ambiente;
b) emissione in atmosfera: qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta
nell’atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico e, per le attività di cui all’articolo
275, qualsiasi scarico, diretto o indiretto, di COV nell’ambiente;
c) emissione convogliata: emissione di un effluente gassoso effettuata attraverso uno o più
appositi punti;
d) emissione diffusa: emissione diversa da quella ricadente nella lettera c); per le lavorazioni
di cui all’articolo 275 le emissioni diffuse includono anche i COV contenuti negli scarichi idrici,
nei rifiuti e nei prodotti, fatte salve le diverse indicazioni contenute nella parte III dell’Allegato
III alla parte quinta del presente decreto;
e) emissione tecnicamente convogliabile: emissione diffusa che deve essere convogliata sulla
base delle migliori tecniche disponibili o in presenza di situazioni o di zone che richiedono una
particolare tutela;
f) emissioni totali: la somma delle emissioni diffuse e delle emissioni convogliate;
g) effluente gassoso: lo scarico gassoso, contenente emissioni solide, liquide o gassose; la
relativa portata volumetrica è espressa in metri cubi all’ora riportate in condizioni normali
(Nm3/ora), previa detrazione del tenore di vapore acqueo, se non diversamente stabilito dalla
parte quinta del presente decreto;
h) stabilimento: il complesso unitario e stabile, che si configura come un complessivo ciclo
produttivo, sottoposto al potere decisionale di un unico gestore, in cui sono presenti uno o
più impianti o sono effettuate una o più attività che producono emissioni attraverso, per
esempio, dispositivi mobili, operazioni manuali, deposizioni e movimentazioni. Si considera
stabilimento anche il luogo adibito in modo stabile all’esercizio di una o più attività;
i) stabilimento anteriore al 1988: uno stabilimento che, alla data del 1° luglio 1988, era in
esercizio o costruito in tutte le sue parti o autorizzato ai sensi della normativa previgente, e
che è stato autorizzato ai sensi degli articoli 12 e 13 del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203;
i-bis) stabilimento anteriore al 2006: uno stabilimento che è stato autorizzato ai sensi
dell’articolo 6 o dell’articolo 11 o dell’articolo 15, comma 1, lettera b), del d.P.R. 24 maggio
1988, n. 203, purché in funzione o messo in funzione entro il 29 aprile 2008;
i-ter) stabilimento nuovo: uno stabilimento che non ricade nelle definizioni di cui alle lettere i)
e i-bis);
l) impianto: il dispositivo o il sistema o l’insieme di dispositivi o sistemi fisso e destinato a
svolgere in modo autonomo una specifica attività, anche nell’ambito di un ciclo più ampio;
m) modifica dello stabilimento: installazione di un impianto o avvio di una attività presso uno
stabilimento o modifica di un impianto o di una attività presso uno stabilimento, la quale
comporti una variazione di quanto indicato nel progetto o nella relazione tecnica di cui
all’articolo 269, comma 2, o nell’autorizzazione di cui all’articolo 269, comma 3, o nella
domanda di adesione all’autorizzazione generale di cui all’articolo 272, o nell’autorizzazione
rilasciata ai sensi del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, o nei documenti previsti dall’articolo 12
di tale decreto; ricadono nella definizione anche le modifiche relative alle modalità di esercizio
o ai combustibili utilizzati;
m-bis) modifica sostanziale: modifica che comporta un aumento o una variazione qualitativa
delle emissioni o che altera le condizioni di convogliabilità tecnica delle stesse e che possa
produrre effetti negativi e significativi sull’ambiente; per gli impianti di cui all’articolo 273 si
applica la definizione prevista dall’articolo 5, comma 1, lettera l-bis); per le attività di cui
all’articolo 275 si applicano le definizioni previste ai commi 21e 22 di tale articolo;
n) gestore: la persona fisica o giuridica che ha potere decisionale circa l’installazione o
l’esercizio dello stabilimento e che è responsabile dell’applicazione dei limiti e delle
prescrizioni disciplinate nel presente decreto; per gli impianti di cui all’articolo 273 e per le
attività di cui all’articolo 275 si applica la definizione prevista all’articolo 5, comma 1, lettera
r-bis);
o) autorità competente: la regione o la provincia autonoma o la diversa autorità indicata dalla
legge regionale quale autorità competente al rilascio dell’autorizzazione alle emissioni e
all’adozione degli altri provvedimenti previsti dal presente titolo; per gli stabilimenti sottoposti
ad autorizzazione integrata ambientale e per gli adempimenti a questa connessi, l’autorità
competente è quella che rilascia tale autorizzazione;
p) autorità competente per il controllo: l’autorità a cui la legge regionale attribuisce il compito
di eseguire in via ordinaria i controlli circa il rispetto dell’autorizzazione e delle disposizioni del
presente titolo, ferme restando le competenze degli organi di polizia giudiziaria; in caso di
stabilimenti soggetti ad autorizzazione alle emissioni tale autorità coincide, salvo diversa
indicazione della legge regionale, con quella di cui alla lettera o); per stabilimenti sottoposti
ad autorizzazione integrata ambientale e per i controlli a questa connessi, l’autorità
competente per il controllo è quella prevista dalla normativa che disciplina tale
autorizzazione;
q) valore limite di emissione: il fattore di emissione, la concentrazione, la percentuale o il
flusso di massa di sostanze inquinanti nelle emissioni che non devono essere superati. I valori
di limite di emissione espressi come concentrazione sono stabiliti con riferimento al
funzionamento dell’impianto nelle condizioni di esercizio più gravose e, salvo diversamente
disposto dal presente titolo o dall’autorizzazione, si intendono stabiliti come media oraria;
r) fattore di emissione: rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e unità di misura
specifica di prodotto o di servizio;
s) concentrazione: rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e volume dell’effluente
gassoso; per gli impianti di combustione i valori di emissione espressi come concentrazione
(mg/Nm3) sono calcolati considerando, se non diversamente stabilito dalla parte quinta del
presente decreto, un tenore volumetrico di ossigeno di riferimento del 3 per cento in volume
dell’effluente gassoso per i combustibili liquidi e gassosi, del 6 per cento in volume per i
combustibili solidi e del 15 per cento in volume per le turbine a gas;
t) percentuale: rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e massa della stessa
sostanza utilizzata nel processo produttivo, moltiplicato per cento;
u) flusso di massa: massa di sostanza inquinante emessa per unità di tempo;
v) soglia di rilevanza dell’emissione: flusso di massa, per singolo inquinante, o per singola
classe di inquinanti, calcolato a monte di eventuali sistemi di abbattimento, e nelle condizioni
di esercizio più gravose dell’impianto, al di sotto del quale non si applicano i valori limite di
emissione;
z) condizioni normali: una temperatura di 273,15 K ed una pressione di 101,3 kPa;
aa) migliori tecniche disponibili: la più efficiente ed avanzata fase di sviluppo di attività e
relativi metodi di esercizio indicanti l’idoneità pratica di determinate tecniche ad evitare
ovvero, se ciò risulti impossibile, a ridurre le emissioni; a tal fine, si intende per:
1) tecniche: sia le tecniche impiegate, sia le modalità di progettazione,
costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura degli impianti e delle attività;
2) disponibili: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l’applicazione
in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell’ambito del pertinente
comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi,
indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito
nazionale, purché il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli;
3) migliori: le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione
dell’ambiente nel suo complesso;
Per gli impianti di cui all’articolo 273 e per le attività di cui all’articolo 275 si
applica la definizione prevista all’articolo 5, comma 1, lettera l-ter);
aa-bis) ore operative: il tempo, espresso in ore, durante il quale un grande impianto di
combustione è, in tutto o in parte, è in esercizio e produce emissioni in atmosfera, esclusi i
periodi di avviamento e di arresto;
bb) periodo di avviamento: salva diversa disposizione autorizzativa, il tempo in cui l’impianto,
a seguito dell’erogazione di energia, combustibili o materiali, è portato da una condizione
nella quale non esercita l’attività a cui è destinato, o la esercita in situazione di carico di
processo inferiore al minimo tecnico, ad una condizione nella quale tale attività è esercitata in
situazione di carico di processo pari o superiore al minimo tecnico;
cc) periodo di arresto: salva diversa disposizione autorizzativa, il tempo in cui l’impianto, a
seguito dell’interruzione dell’erogazione di energia, combustibili o materiali, non dovuta ad un
guasto, è portato da una condizione nella quale esercita l’attività a cui è destinato in
situazione di carico di processo pari o superiore al minimo tecnico ad una condizione nella
quale tale funzione è esercitata in situazione di carico di processo inferiore al minimo tecnico
o non è esercitata;
dd) carico di processo: il livello percentuale di produzione rispetto alla potenzialità nominale
dell’impianto;
ee) minimo tecnico: il carico minimo di processo compatibile con l’esercizio dell’attività cui
l’impianto è destinato;
ff) impianto di combustione: qualsiasi dispositivo tecnico in cui sono ossidati combustibili al
fine di utilizzare il calore così prodotto:
gg) grande impianto di combustione: impianto di combustione di potenza termica nominale
non inferiore a 50MW. Un grande impianto di combustione è classificato come:
1) anteriore al 2013: il grande impianto di combustione che ha ottenuto
un’autorizzazione prima del 7 gennaio 2013 o per cui è stata presentata una
domanda completa di autorizzazione entro tale data, a condizione che sia
messo in servizio entro il 7 gennaio 2014;
2) anteriore al 2002: il grande impianto di combustione che ha ottenuto
un’autorizzazione prima del 27 novembre 2002 o per cui è stata presentata una
domanda completa di autorizzazione prima di tale data, a condizione che sia
stato messo in esercizio entro il 27 novembre 2003;
3) nuovo: il grande impianto di combustione che non ricade nella definizione di
cui ai numeri 2) e 3);
hh) potenza termica nominale dell’impianto di combustione: prodotto del potere calorifico
inferiore del combustibile utilizzato e della portata massima di combustibile bruciato al singolo
impianto di combustione, così come dichiarata dal costruttore, espressa in Watt termici o suoi
multipli;
ii) composto organico: qualsiasi composto contenente almeno l’elemento carbonio e uno o
più degli elementi seguenti: idrogeno, alogeni, ossigeno, zolfo, fosforo, silicio o azoto, ad
eccezione degli ossidi di carbonio e dei carbonati e bicarbonati inorganici;
ll) composto organico volatile (COV): qualsiasi composto organico che abbia a 293,15 K una
pressione di vapore di 0,01 kPa o superiore, oppure che abbia una volatilità corrispondente in
condizioni particolari di uso. Ai fini della parte quinta del presente decreto, è considerata
come COV la frazione di creosoto che alla temperatura di 293,15 K ha una pressione di
vapore superiore a 0,01 kPa;
mm) solvente organico: qualsiasi COV usato da solo o in combinazione con altri agenti al fine
di dissolvere materie prime, prodotti o rifiuti, senza subire trasformazioni chimiche, o usato
come agente di pulizia per dissolvere contaminanti oppure come dissolvente, mezzo di
dispersione, correttore di viscosità, correttore di tensione superficiale, plastificante o
conservante;
nn) capacità nominale: la massa giornaliera massima di solventi organici utilizzati per le
attività di cui all’articolo 275, svolte in condizioni di normale funzionamento ed in funzione
della potenzialità di prodotto per cui le attività sono progettate;
oo) consumo di solventi: il quantitativo totale di solventi organici in uno stabilimento utilizzato
per le attività di cui all’articolo 275 per anno civile ovvero per qualsiasi altro periodo di dodici
mesi, detratto qualsiasi COV recuperato per riutilizzo;
pp) consumo massimo teorico di solventi: il consumo di solventi calcolato sulla base della
capacità nominale riferita, se non diversamente stabilito dall’autorizzazione, a tre centotrenta
giorni all’anno in caso di attività effettuate su tutto l’arco della settimana ed a duecentoventi
giorni all’anno per le altre attività;
qq) riutilizzo di solventi organici: l’utilizzo di solventi organici prodotti da una attività e
successivamente recuperati per qualsiasi finalità tecnica o commerciale, ivi compreso l’uso
come combustibile;
rr) soglia di consumo: il consumo di solvente espresso in tonnellate/anno stabilito dalla parte
II dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto, per le attività ivi previste;
ss) (abrogata)
tt) impianti di distribuzione di carburante: impianti in cui il carburante viene erogato ai
serbatoi dei veicoli a motore da impianti di deposito;
uu) benzina: ogni derivato del petrolio, con o senza additivi, corrispondente ai seguenti codici
doganali: NC 2710 1131 – 2710 1141 -2710 1145 – 2710 1149 – 2710 1151 – 2710 1159 o che
abbia una tensione di vapore Reid pari o superiore a 27,6 kilopascal, pronto all’impiego quale
carburante per veicoli a motore, ad eccezione del gas di petrolio liquefatto (GPL);
vv) terminale: ogni struttura adibita al caricamento e allo scaricamento di benzina in/da
veicolo-cisterna, carro-cisterna o nave-cisterna, ivi compresi gli impianti di deposito presenti
nel sito della struttura;
zz) impianto di deposito: ogni serbatoio fisso adibito allo stoccaggio di combustibile;
aaa) impianto di caricamento: ogni impianto di un terminale ove la benzina può essere
caricata in cisterne mobili. Gli impianti di caricamento per i veicoli-cisterna comprendono una
o più torri di caricamento;
bbb) torre di caricamento: ogni struttura di un terminale mediante la quale la benzina può
essere, in un dato momento, caricata in un singolo veicolo-cisterna;
ccc) deposito temporaneo di vapori: il deposito temporaneo di vapori in un impianto di
deposito a tetto fisso presso un terminale prima del trasferimento e del successivo recupero
in un altro terminale. Il trasferimento dei vapori da un impianto di deposito ad un altro nello
stesso terminale non è considerato deposito temporaneo di vapori ai sensi della parte quinta
del presente decreto;
ddd) cisterna mobile: una cisterna di capacità superiore ad 1 m3, trasportata su strada, per
ferrovia o per via navigabile e adibita al trasferimento di benzina da un terminale ad un altro
o da un terminale ad un impianto di distribuzione di carburanti;
eee) veicolo-cisterna: un veicolo adibito al trasporto su strada della benzina che comprenda
una o più cisterne montate stabilmente o facenti parte integrante del telaio o una o più
cisterne rimuovibili. - Autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti
(articolo così modificato dall’art. 3, comma 3, d.lgs. n. 128 del 2010) - Fatto salvo quanto stabilito dall’articolo 267, commi 2 e 3, dal comma 10 del presente articolo e
dall’articolo 272, commi 1 e 5, per tutti gli stabilimenti che producono emissioni deve essere richiesta una
autorizzazione ai sensi della parte quinta del presente decreto. L’autorizzazione è rilasciata con riferimento
allo stabilimento. I singoli impianti e le singole attività presenti nello stabilimento non sono oggetto di
distinte autorizzazioni. - Il gestore che intende installare uno stabilimento nuovo o trasferire un impianto da un luogo ad un altro
presenta all’autorità competente una domanda di autorizzazione, accompagnata:
a) dal progetto dello stabilimento in cui sono descritti gli impianti e le attività, le tecniche
adottate per limitare le emissioni e la quantità e la qualità di tali emissioni, le modalità di
esercizio, la quota dei punti di emissione individuata in modo da garantire l’adeguata
dispersione degli inquinanti, i parametri che caratterizzano l’esercizio e la quantità, il tipo e le
caratteristiche merceologiche dei combustibili di cui si prevede l’utilizzo, nonché, per gli
impianti soggetti a tale condizione, il minimo tecnico definito tramite i parametri di impianto
che lo caratterizzano;
b) da una relazione tecnica che descrive il complessivo ciclo produttivo in cui si inseriscono gli
impianti e le attività ed indica il periodo previsto intercorrente tra la messa in esercizio e la
messa a regime degli impianti. - Per il rilascio dell’autorizzazione all’installazione di stabilimenti nuovi, l’autorità competente indice, entro
trenta giorni dalla ricezione della richiesta, una conferenza di servizi ai sensi dell’articolo 14 della legge 7
agosto 1990, n. 241, nel corso della quale si procede anche, in via istruttoria, ad un contestuale esame
degli interessi coinvolti in altri procedimenti amministrativi e, in particolare, nei procedimenti svolti dal
comune ai sensi del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. Per il
rinnovo e per l’aggiornamento dell’autorizzazione l’autorità competente, previa informazione al comune
interessato il quale può esprimere un parere nei trenta giorni successivi, avvia un autonomo procedimento
entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta. In sede di conferenza di servizi o di autonomo
procedimento, eventuali integrazioni della domanda devono essere trasmesse all’autorità competente entro
trenta giorni dalla relativa richiesta; se l’autorità competente non si pronuncia in un termine pari a
centoventi giorni o, in caso di integrazione della domanda di autorizzazione, pari a centocinquanta giorni
dalla ricezione della domanda stessa, il gestore può, entro i successivi sessanta giorni, richiedere al
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di provvedere, notificando tale richiesta anche
all’autorità competente.
(comma modificato dall’art. 11, comma 4, lettera a), d.P.R. n. 59 del 2013, poi dall’art. 5, comma 1, lettera
d), d.lgs. n. 127 del 2016) - L’autorizzazione stabilisce, ai sensi degli articoli 270 e 271:
a) per le emissioni che risultano tecnicamente convogliabili, le modalità di captazione e di
convogliamento;
b) per le emissioni convogliate o di cui è stato disposto il convogliamento, i valori limite di
emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi, i criteri per la valutazione
della conformità dei valori misurati ai valori limite e la periodicità dei controlli di competenza
del gestore, la quota dei punti di emissione individuata tenuto conto delle relative condizioni
tecnico-economiche, il minimo tecnico per gli impianti soggetti a tale condizione e le portate
di progetto tali da consentire che le emissioni siano diluite solo nella misura inevitabile dal
punto di vista tecnologico e dell’esercizio; devono essere specificamente indicate le sostanze
a cui si applicano i valori limite di emissione, le prescrizioni ed i relativi controlli;
c) per le emissioni diffuse, apposite prescrizioni finalizzate ad assicurarne il contenimento. - (comma abrogato dall’art. 20, comma 1, d.lgs. n. 46 del 2014)
- L’autorizzazione stabilisce il periodo che deve intercorrere tra la messa in esercizio e la messa a regime
dell’impianto. La messa in esercizio deve essere comunicata all’autorità competente con un anticipo di
almeno quindici giorni. L’autorizzazione stabilisce la data entro cui devono essere comunicati all’autorità
competente i dati relativi alle emissioni effettuate in un periodo continuativo di marcia controllata
decorrente dalla messa a regime, e la durata di tale periodo, nonché il numero dei campionamenti da
realizzare; tale periodo deve avere una durata non inferiore a dieci giorni, salvi i casi in cui il progetto di cui
al comma 2, lettera a) preveda che l’impianto funzioni esclusivamente per periodi di durata inferiore.
L’autorità competente per il controllo effettua il primo accertamento circa il rispetto dell’autorizzazione
entro sei mesi dalla data di messa a regime di uno o più impianti o dall’avvio di una o più attività dello
stabilimento autorizzato. - L’autorizzazione rilasciata ai sensi del presente articolo ha una durata di quindici anni. La domanda di
rinnovo deve essere presentata almeno un anno prima della scadenza. Nelle more dell’adozione del
provvedimento sulla domanda di rinnovo dell’autorizzazione rilasciata ai sensi del presente articolo,
l’esercizio dell’impianto può continuare anche dopo la scadenza dell’autorizzazione in caso di mancata
pronuncia in termini del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare a cui sia stato
richiesto di provvedere ai sensi del comma 3. L’autorità competente può imporre il rinnovo
dell’autorizzazione prima della scadenza ed il rinnovo delle autorizzazioni di cui al d.P.R. 24 maggio 1988,
n. 203, prima dei termini previsti dall’articolo 281, comma 1, se una modifica delle prescrizioni autorizzative
risulti necessaria al rispetto dei valori limite di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa. Il rinnovo
dell’autorizzazione comporta il decorso di un periodo di quindici anni. - Il gestore che intende effettuare una modifica dello stabilimento ne dà comunicazione all’autorità
competente o, se la modifica è sostanziale, presenta, ai sensi del presente articolo, una domanda di
autorizzazione. Se la modifica per cui è stata data comunicazione è sostanziale, l’autorità competente
ordina al gestore di presentare una domanda di autorizzazione ai sensi del presente articolo. Se la modifica
è sostanziale l’autorità competente aggiorna l’autorizzazione dello stabilimento con un’istruttoria limitata
agli impianti e alle attività interessati dalla modifica o, a seguito di eventuale apposita istruttoria che
dimostri tale esigenza in relazione all’evoluzione della situazione ambientale o delle migliori tecniche
disponibili, la rinnova con un’istruttoria estesa all’intero stabilimento. Se la modifica non è sostanziale,
l’autorità competente provvede, ove necessario, ad aggiornare l’autorizzazione in atto. Se l’autorità
competente non si esprime entro sessanta giorni, il gestore può procedere all’esecuzione della modifica
non sostanziale comunicata, fatto salvo il potere dell’autorità competente di provvedere successivamente.
E’ fatto salvo quanto previsto dall’articolo 275, comma 11. Il rinnovo dell’autorizzazione comporta, a
differenza dell’aggiornamento, il decorso di un nuovo periodo di quindici anni. Con apposito decreto da
adottare ai sensi dell’articolo 281, comma 5, si provvede ad integrare l’allegato I alla parte quinta del
presente decreto con indicazione degli ulteriori criteri per la qualificazione delle modifiche sostanziali di cui
all’articolo 268, comma 1, lettera m-bis), e con l’indicazione modifiche di cui all’articolo 268, comma 1,
lettera m) per le quali non vi è l’obbligo di effettuare la comunicazione.
(comma così modificato dall’art. 20, comma 1, d.lgs. n. 46 del 2014) - L’autorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare presso gli impianti tutte le ispezioni che
ritenga necessarie per accertare il rispetto dell’autorizzazione. - Non sono sottoposti ad autorizzazione gli impianti di deposito di oli minerali, compresi i gas liquefatti. I
gestori sono comunque tenuti ad adottare apposite misure per contenere le emissioni diffuse ed a
rispettare le ulteriori prescrizioni eventualmente disposte, per le medesime finalità, con apposito
provvedimento dall’autorità competente. - Il trasferimento di uno stabilimento da un luogo ad un altro equivale all’installazione di uno
stabilimento nuovo. - – 13. – 14. – 15. – 16. (abrogati)
- Individuazione degli impianti e convogliamento delle emissioni
(articolo così modificato dall’art. 3, comma 4, d.lgs. n. 128 del 2010) - In sede di autorizzazione, l’autorità competente verifica se le emissioni diffuse di ciascun impianto e di
ciascuna attività sono tecnicamente convogliabili sulla base delle migliori tecniche disponibili e sulla base
delle pertinenti prescrizioni dell’Allegato I alla parte quinta dei presente decreto e, in tal caso, ne dispone la
captazione ed il convogliamento. - In presenza di particolari situazioni di rischio sanitario o di zone che richiedono una particolare tutela
ambientale, l’autorità competente dispone la captazione ed il convogliamento delle emissioni diffuse ai
sensi del comma 1 anche se la tecnica individuata non soddisfa il requisito della disponibilità di cui
all’articolo 268, comma 1, lettera aa), numero 2). - Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri
delle attività produttive e della salute, sono stabiliti i criteri da utilizzare per la verifica di cui ai commi 1 e
2. - Se più impianti con caratteristiche tecniche e costruttive simili, aventi emissioni con caratteristiche
chimico-fisiche omogenee e localizzati nello stesso stabilimento sono destinati a specifiche attività tra loro
identiche, l’autorità competente, tenendo conto delle condizioni tecniche ed economiche, può considerare
gli stessi come un unico impianto disponendo il convogliamento ad un solo punto di emissione. L’autorità
competente deve, in qualsiasi caso, considerare tali impianti come un unico impianto ai fini della
determinazione dei valori limite di emissione. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 282, comma 2. - In caso di emissioni convogliate o di cui è stato disposto il convogliamento, ciascun impianto, deve avere
un solo punto di emissione, fatto salvo quanto previsto nei commi 6 e 7. Salvo quanto diversamente
previsto da altre disposizioni del presente titolo, i valori limite di emissione si applicano a ciascun punto di
emissione. - Ove non sia tecnicamente possibile, anche per ragioni di sicurezza, assicurare il rispetto del comma 5,
l’autorità competente può consentire un impianto avente più punti di emissione. In tal caso, i valori limite
di emissione espressi come flusso di massa, fattore di emissione e percentuale sono riferiti al complesso
delle emissioni dell’impianto e quelli espressi come concentrazione sono riferiti alle emissioni dei singoli
punti. L’autorizzazione può prevedere che i valori limite di emissione si riferiscano alla media ponderata
delle emissioni di sostanze inquinanti uguali o appartenenti alla stessa classe ed aventi caratteristiche
chimiche omogenee, provenienti dai diversi punti di emissione dell’impianto; in tal caso, il flusso di massa
complessivo dell’impianto non può essere superiore a quello che si avrebbe se i valori limite di emissione si
applicassero ai singoli punti di emissione. - Ove opportuno, l’autorità competente, tenuto conto delle condizioni tecniche ed economiche, può
consentire il convogliamento delle emissioni di più impianti in uno o più punti di emissione comuni, purché
le emissioni di tutti gli impianti presentino caratteristiche chimico-fisiche omogenee. In tal caso a ciascun
punto di emissione comune si applica il più restrittivo dei valori limite di emissione espressi come
concentrazione previsti per i singoli impianti e, se del caso, si prevede un tenore di ossigeno di riferimento
coerente con i flussi inviati a tale punto. L’autorizzazione stabilisce apposite prescrizioni volte a limitare la
diluizione delle emissioni ai sensi dell’articolo 269, comma 4, lettera b). - L’adeguamento alle disposizioni del comma 5 o, ove ciò non sia tecnicamente possibile, alle disposizioni
dei commi 6 e 7 è realizzato entro i tre anni successivi al primo rinnovo o all’ottenimento dell’autorizzazione
ai sensi dell’articolo 281, commi 1, 2, 3 o 4, o dell’articolo 272, comma 3, ovvero nel più breve termine
stabilito dall’autorizzazione. Ai fini dell’applicazione dei commi 4, 5, 6 e 7 l’autorità competente tiene anche
conto della documentazione elaborata dalla commissione di cui all’articolo 281, comma 9.
8-bis. Il presente articolo si applica anche ai grandi impianti di combustione, fermo restando quanto
previsto all’articolo 273, commi 9 e 10.
(comma aggiunto dall’art. 20, comma 2, d.lgs. n. 46 del 2014) - Valori limite di emissione e prescrizioni per gli impianti e le attività
(articolo così modificato dall’art. 3, comma 5, d.lgs. n. 128 del 2010) - Il presente articolo disciplina i valori di emissione e le prescrizioni da applicare agli impianti ed alle
attività degli stabilimenti. - Con decreto da adottare ai sensi dell’articolo 281, comma 5, sono individuati, sulla base delle migliori
tecniche disponibili, i valori di emissione e le prescrizioni da applicare alle emissioni convogliate e diffuse
degli impianti ed alle emissioni diffuse delle attività presso gli stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al
2006 e nuovi, attraverso la modifica e l’integrazione degli allegati I e V alla parte quinta del presente
decreto. - La normativa delle regioni e delle province autonome in materia di valori limite e di prescrizioni per le
emissioni in atmosfera degli impianti e delle attività deve tenere conto, ove esistenti, dei piani e programmi
di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa. Restano comunque in vigore le normative adottate dalle
regioni o dalle province autonome in conformità al d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, ed al decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 21 luglio 1989, in cui si stabiliscono appositi valori limite di emissione e
prescrizioni. Per tutti gli impianti e le attività previsti dall’articolo 272, comma 1, la regione o la provincia
autonoma, può stabilire, anche con legge o provvedimento generale, sulla base delle migliori tecniche
disponibili, appositi valori limite di emissione e prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di
esercizio e i combustibili utilizzati. Con legge o provvedimento generale la regione o la provincia autonoma
può inoltre stabilire, ai fini della valutazione dell’entità della diluizione delle emissioni, portate
caratteristiche di specifiche tipologie di impianti. - I piani e i programmi di qualità dell’aria previsti dalla normativa vigente possono stabilire appositi valori
limite di emissione e prescrizioni più restrittivi di quelli contenuti negli Allegati I, II e III e V alla parte
quinta del presente decreto, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio, purché ciò sia
necessario al perseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell’aria. - Per gli impianti e le attività degli stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al 2006 o nuovi l’autorizzazione
stabilisce i valori limite di emissione e le prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di
esercizio ed i combustibili utilizzati, a seguito di un’istruttoria che si basa sulle migliori tecniche disponibili e
sui valori e sulle prescrizioni fissati nelle normative di cui al comma 3 e nei piani e programmi di cui al
comma 4. Si devono altresì valutare il complesso di tutte le emissioni degli impianti e delle attività presenti,
le emissioni provenienti da altre fonti e lo stato di qualità dell’aria nella zona interessata. I valori limite di
emissione e le prescrizioni fissati sulla base di tale istruttoria devono essere non meno restrittivi di quelli
previsti dagli Allegati I, II, III e V alla parte quinta del presente decreto e di quelli applicati per effetto delle
autorizzazioni soggette al rinnovo.
5-bis. Per gli impianti e le attività degli stabilimenti a tecnologia avanzata nella produzione di biocarburanti,
al fine di assicurare la tutela della salute e dell’ambiente, il Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, sentito il Ministro della salute, adotta entro diciotto mesi dalla data di entrata in
vigore della presente disposizione, nel rispetto di quanto previsto dalla normativa europea, apposite linee
guida recanti i criteri per la fissazione dei valori limite di emissione degli impianti di bioraffinazione, quale
parametro vincolante di valutazione da parte delle autorità competenti.
(comma introdotto dall’art. 30, comma 2-sexies, legge n. 116 del 2014)
5-ter. Nelle more dell’adozione delle linee guida di cui al comma 5-bis, gli impianti di bioraffinazione
devono applicare le migliori tecniche disponibili, rispettare i limiti massimi previsti dalla normativa nazionale
applicabile in materia di tutela della qualità dell’aria, di qualità ambientale e di emissioni in atmosfera.
(comma introdotto dall’art. 30, comma 2-sexies, legge n. 116 del 2014) - Per le sostanze per cui non sono fissati valori di emissione, l’autorizzazione stabilisce appositi valori
limite con riferimento a quelli previsti per sostanze simili sotto il profilo chimico e aventi effetti analoghi
sulla salute e sull’ambiente. - Anche a seguito dell’adozione del decreto di cui al comma 2, l’autorizzazione degli stabilimenti anteriori
al 1988, anteriori al 2006 e nuovi può sempre stabilire, per effetto dell’istruttoria prevista dal comma 5,
valori limite e prescrizioni più severi di quelli contenuti negli allegati I, II, III e V alla parte quinta del
presente decreto, nelle normative di cui al comma 3 e nei piani e programmi di cui al comma 4. - (abrogato)
- (abrogato)
- (abrogato)
- I valori limite di emissione e il tenore volumetrico dell’ossigeno di riferimento si riferiscono al volume di
effluente gassoso rapportato alle condizioni normali, previa detrazione, salvo quanto diversamente indicato
nell’Allegato I alla parte quinta del presente decreto, del tenore volumetrico di vapore acqueo. - Salvo quanto diversamente indicato nell’Allegato I alla parte quinta del presente decreto, il tenore
volumetrico dell’ossigeno di riferimento è quello derivante dal processo. Se nell’emissione il tenore
volumetrico di ossigeno è diverso da quello di riferimento, le concentrazioni misurate devono essere
corrette mediante la seguente formula:
E = 21 – O2 * EM
21 – O2M
dove:
EM = concentrazione misurata
E = concentrazione
O2 M = tenore di ossigeno misurato
O2 = tenore di ossigeno di riferimento - I valori limite di emissione si riferiscono alla quantità di emissione diluita nella misura che risulta
inevitabile dal punto di vista tecnologico e dell’esercizio. In caso di ulteriore diluizione dell’emissione le
concentrazioni misurate devono essere corrette mediante la seguente formula:
E = EM * PM
P
dove:
PM= portata misurata
EM = concentrazione misurata
P = portata di effluente gassoso diluita nella misura che risulta inevitabile dal punto di vista
tecnologico e dell’esercizio
E = concentrazione riferita alla P - Salvo quanto diversamente stabilito dalla parte quinta del presente decreto, i valori limite di emissione
si applicano ai periodi di normale funzionamento dell’impianto, intesi come i periodi in cui l’impianto è in
funzione con esclusione dei periodi di avviamento e di arresto e dei periodi in cui si verificano anomalie o
guasti tali da non permettere il rispetto dei valori stessi. L’autorizzazione può stabilire specifiche prescrizioni
per tali periodi di avviamento e di arresto e per l’eventualità di tali anomalie o guasti ed individuare gli
ulteriori periodi transitori nei quali non si applicano i valori limite di emissione. In caso di emissione di
sostanze di cui all’articolo 272, comma 4, lettera a), l’autorizzazione, ove tecnicamente possibile, deve
stabilire prescrizioni volte a consentire la stima delle quantità di tali sostanze emesse durante i periodi in
cui si verificano anomalie o guasti o durante gli altri periodi transitori e fissare appositi valori limite di
emissione, riferiti a tali periodi, espressi come flussi di massa annuali. Se si verifica un’anomalia o un
guasto tale da non permettere il rispetto di valori limite di emissione, l’autorità competente deve essere
informata entro le otto ore successive e può disporre la riduzione o la cessazione delle attività o altre
prescrizioni, fermo restando l’obbligo del gestore di procedere al ripristino funzionale dell’impianto nel più
breve tempo possibile e di sospendere l’esercizio dell’impianto se l’anomalia o il guasto può determinare un
pericolo per la salute umana. Il gestore è comunque tenuto ad adottare tutte le precauzioni opportune per
ridurre al minimo le emissioni durante le fasi di avviamento e di arresto. Sono fatte salve le diverse
disposizioni contenute nella parte quinta del presente decreto per specifiche tipologie di impianti. Non
costituiscono in ogni caso periodi di avviamento o di arresto i periodi di oscillazione che si verificano
regolarmente nello svolgimento della funzione dell’impianto. - Il presente articolo si applica anche ai grandi impianti di combustione di cui all’articolo 273 ed agli
impianti e alle attività di cui all’articolo 275. - Fermo quanto disposto dai commi 5-bis e 5-ter del presente articolo, per le installazioni sottoposte ad
autorizzazione integrata ambientale i valori limite e le prescrizioni di cui al presente articolo si applicano ai
fini del rilascio di tale autorizzazione, fermo restando il potere dell’autorità competente di stabilire valori
limite e prescrizioni più severi.
(comma modificato dall’art. 21 del d.lgs. n. 46 del 2014, poi dall’art. 30, comma 2-septies, legge n. 116 del
2014) - L’Allegato VI alla parte quinta del presente decreto stabilisce i criteri per la valutazione della conformità
dei valori misurati ai valori limite di emissione. Con apposito decreto ai sensi dell’articolo 281, comma 5, si
provvede ad integrare tale Allegato VI, prevedendo i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni,
con l’indicazione di quelli di riferimento, i principi di misura e le modalità atte a garantire la qualità dei
sistemi di monitoraggio delle emissioni. Fino all’adozione di tale decreto si applicano i metodi
precedentemente in uso e, per il rilascio, il rinnovo ed il riesame delle autorizzazioni di cui all’articolo 269, i
metodi stabiliti dall’autorità competente sulla base delle pertinenti norme tecniche CEN o, ove queste non
siano disponibili, sulla base delle pertinenti norme tecniche nazionali, oppure, ove anche queste ultime non
siano disponibili, sulla base delle pertinenti norme tecniche ISO o di altre norme internazionali o delle
norme nazionali previgenti. Nel periodo di vigenza delle autorizzazioni rilasciate prima dell’entrata in vigore
di tale decreto, i controlli, da parte dell’autorità o degli organi di cui all’articolo 268, comma 1, lett. p), e
l’accertamento del superamento dei valori limite di emissione sono effettuati sulla base dei metodi
specificamente indicati nell’autorizzazione o, se l’autorizzazione non indica specificamente i metodi, sulla
base di uno tra i metodi sopra elencati. I successivi commi 18, 19 e 20, fatta salva l’immediata applicazione
degli obblighi di comunicazione relativi ai controlli di competenza del gestore, si applicano a decorrere dal
rilascio o dal primo rinnovo dell’autorizzazione effettuati successivamente all’entrata in vigore di tale
decreto.
(comma così modificato dall’art. 21 del d.lgs. n. 46 del 2014) - Le autorizzazioni alle emissioni, rilasciate, anche in sede di rinnovo, dopo l’entrata in vigore del decreto
di cui al comma 17, indicano, per le emissioni in atmosfera, i metodi di campionamento e di analisi,
individuandoli tra quelli elencati nell’Allegato VI alla parte quinta del presente decreto, e i sistemi per il
monitoraggio delle emissioni. In caso di modifica delle prescrizioni relative ai metodi ed ai sistemi di
monitoraggio nell’ambito dell’autorizzazione, l’autorità competente provvede a modificare anche, ove
opportuno, i valori limite di emissione autorizzati. I controlli, da parte dell’autorità o degli organi di cui
all’articolo 268, comma 1, lett. p), possono essere effettuati solo sulla base dei metodi elencati nell’Allegato
VI alla parte quinta del presente decreto, anche se diversi da quelli di competenza del gestore indicati
dall’autorizzazione. Nel caso in cui, in sede di autorizzazione o di controllo, si ricorra a metodi diversi da
quelli elencati nell’Allegato VI alla parte quinta del presente decreto o a sistemi di monitoraggio non
conformi alle prescrizioni di tale allegato, i risultati della relativa applicazione non sono validi ai sensi ed
agli effetti del presente titolo. Il gestore effettua i controlli di propria competenza sulla base dei metodi e
dei sistemi di monitoraggio indicati nell’autorizzazione e mette i risultati a disposizione dell’autorità
competente per il controllo nei modi previsti dall’Allegato VI alla parte quinta del presente decreto e
dall’autorizzazione; in caso di ricorso a metodi o a sistemi di monitoraggio diversi o non conformi alle
prescrizioni dell’autorizzazione, i risultati della relativa applicazione non sono validi ai sensi ed agli effetti
del presente titolo e si applica la pena prevista dall’articolo 279, comma 2.
(comma così modificato dall’art. 21 del d.lgs. n. 46 del 2014) - Se i controlli di competenza del gestore e i controlli dell’autorità o degli organi di cui all’articolo 268,
comma 1, lett. p), simultaneamente effettuati, forniscono risultati diversi, l’accertamento deve essere
ripetuto sulla base del metodo di riferimento. In caso di divergenza tra i risultati ottenuti sulla base del
metodo di riferimento e quelli ottenuti sulla base dei metodi e sistemi di monitoraggio indicati
dall’autorizzazione, l’autorità competente provvede ad aggiornare tempestivamente l’autorizzazione nelle
parti relative ai metodi ed ai sistemi di monitoraggio ed, ove ne consegua la necessità, ai valori limite di
emissione. - Si verifica un superamento dei valori limite di emissione, ai fini del reato di cui all’articolo 279, comma
2, soltanto se i controlli effettuati dall’autorità o dagli organi di cui all’articolo 268, comma 1, lett. p),
accertano una difformità tra i valori misurati e i valori limite prescritti, sulla base di metodi di
campionamento e di analisi elencati nell’Allegato V alla parte quinta del presente decreto e di sistemi di
monitoraggio conformi alle prescrizioni di tale allegato. Le difformità accertate nei controlli di competenza
del gestore devono essere da costui specificamente comunicate all’autorità competente per il controllo
entro 24 ore dall’accertamento. Se i risultati dei controlli di competenza del gestore e i risultati dei controlli
dell’autorità o degli organi di cui all’articolo 268, comma 1, lett. p), simultaneamente effettuati, divergono
in merito alla conformità dei valori misurati ai valori limite prescritti, si procede nei modi previsti dal comma
19; i risultati di tali controlli, inclusi quelli ottenuti in sede di ripetizione dell’accertamento, non possono
essere utilizzati ai fini della contestazione del reato previsto dall’articolo 279, comma 2, per il superamento
dei valori limite di emissione. Resta ferma, in tutti i casi, l’applicazione dell’articolo 279, comma 2, se si
verificano le circostanze previste dall’ultimo periodo del comma 18. - Impianti e attività in deroga
(articolo così modificato dall’art. 3, comma 6, d.lgs. n. 128 del 2010) - Non sono sottoposti ad autorizzazione di cui al presente titolo gli stabilimenti in cui sono presenti
esclusivamente impianti e attività elencati nella parte I dell’Allegato IV alla parte quinta del presente
decreto. L’elenco si riferisce a impianti e ad attività le cui emissioni sono scarsamente rilevanti agli effetti
dell’inquinamento atmosferico. Si applicano esclusivamente i valori limite di emissione e le prescrizioni
specificamente previsti, per tali impianti e attività, dai piani e programmi o dalle normative di cui all’articolo
271, commi 3 e 4. Al fine di stabilire le soglie di produzione e di consumo e le potenze termiche nominali
indicate nella parte I dell’Allegato IV alla parte quinta del presente decreto si deve considerare l’insieme
degli impianti e delle attività che, nello stabilimento, ricadono in ciascuna categoria presente nell’elenco. Gli
impianti che utilizzano i combustibili soggetti alle condizioni previste dalla parte II, sezioni 4 e 6,
dell’Allegato X alla parte quinta del presente decreto, devono in ogni caso rispettare almeno i valori limite
appositamente previsti per l’uso di tali combustibili nella parte III II, dell’Allegato I alla parte quinta del
presente decreto. Se in uno stabilimento sono presenti sia impianti o attività inclusi nell’elenco della parte I
dell’allegato IV alla parte quinta del presente decreto, sia impianti o attività non inclusi nell’elenco,
l’autorizzazione di cui al presente titolo considera solo quelli esclusi. Il presente comma si applica anche ai
dispositivi mobili utilizzati all’interno di uno stabilimento da un gestore diverso da quello dello stabilimento
o non utilizzati all’interno di uno stabilimento. Il gestore di uno stabilimento in cui i dispositivi mobili di un
altro gestore sono collocati ed utilizzati in modo non occasionale deve comunque ricomprendere tali
dispositivi nella domanda di autorizzazione dell’articolo 269 salva la possibilità di aderire alle autorizzazioni
generali del comma 2 nei casi ivi previsti. L’autorità competente può altresì prevedere, con proprio
provvedimento generale, che i gestori comunichino alla stessa o ad altra autorità da questa delegata, in via
preventiva, la data di messa in esercizio dell’impianto o di avvio dell’attività ovvero, in caso di dispositivi
mobili, la data di inizio di ciascuna campagna di utilizzo. Gli elenchi contenuti nell’allegato IV alla parte
quinta del presente decreto possono essere aggiornati ed integrati, con le modalità di cui all’articolo 281,
comma 5, anche su indicazione delle regioni, delle province autonome e delle associazioni rappresentative
di categorie produttive. - Per specifiche categorie di stabilimenti, individuate in relazione al tipo e alle modalità di produzione,
l’autorità competente può adottare apposite autorizzazioni di carattere generale, relative a ciascuna singola
categoria, nelle quali sono stabiliti i valori limite di emissione, le prescrizioni, anche inerenti le condizioni di
costruzione o di esercizio e i combustibili utilizzati, i tempi di adeguamento, i metodi di campionamento e di
analisi e la periodicità dei controlli. I valori limite di emissione e le prescrizioni sono stabiliti in conformità
all’articolo 271, commi da 5 a 7. L’autorizzazione generale stabilisce i requisiti della domanda di adesione e
può prevedere appositi modelli semplificati di domanda, nei quali le quantità e le qualità delle emissioni
sono deducibili dalle quantità di materie prime ed ausiliarie utilizzate. Al fine di stabilire le soglie di
produzione e di consumo e le potenze termiche nominali indicate nella parte II dell’Allegato IV alla parte
quinta del presente decreto si deve considerare l’insieme degli impianti e delle attività che, nello
stabilimento, ricadono in ciascuna categoria presente nell’elenco. Per gli stabilimenti in cui sono presenti
anche impianti o attività a cui l’autorizzazione generale non si riferisce, il gestore deve presentare domanda
di autorizzazione ai sensi dell’articolo 269. I gestori degli stabilimenti per cui è stata adottata una
autorizzazione generale possono comunque presentare domanda di autorizzazione ai sensi dell’articolo 269.
(comma così modificato dall’art. 11, comma 4, lettera b), d.P.R. n. 59 del 2013) - Almeno quarantacinque giorni prima dell’installazione il gestore degli stabilimenti di cui al comma 2,
presenta all’autorità competente o ad altra autorità da questa delegata una domanda di adesione
all’autorizzazione generale corredata dai documenti ivi prescritti. L’autorità che riceve la domanda può, con
proprio provvedimento, negare l’adesione nel caso in cui non siano rispettati i requisiti previsti
dall’autorizzazione generale o i requisiti previsti dai piani e dai programmi o dalle normative di cui
all’articolo 271, commi 3 e 4, o in presenza di particolari situazioni di rischio sanitario o di zone che
richiedono una particolare tutela ambientale. Tale procedura si applica anche nel caso in cui il gestore
intenda effettuare una modifica dello stabilimento. Resta fermo l’obbligo di sottoporre lo stabilimento
all’autorizzazione di cui all’articolo 269 in caso di modifiche per effetto delle quali lo stabilimento non sia più
conforme alle previsioni dell’autorizzazione generale. L’autorizzazione generale si applica a chi vi ha
aderito, anche se sostituita da successive autorizzazioni generali, per un periodo pari ai dieci anni
successivi all’adesione. Non hanno effetto su tale termine le domande di adesione relative alle modifiche
dello stabilimento. Almeno quarantacinque giorni prima della scadenza di tale periodo il gestore presenta
una domanda di adesione all’autorizzazione generale vigente, corredata dai documenti ivi prescritti.
L’autorità competente procede, almeno ogni dieci anni, al rinnovo delle autorizzazioni generali adottate ai
sensi del presente articolo. Per le autorizzazioni generali rilasciate ai sensi del decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri 21 luglio 1989 e del d.P.R. 25 luglio 1991, il primo rinnovo è effettuato entro cinque
anni dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto e i soggetti autorizzati
presentano una domanda di adesione, corredata dai documenti ivi prescritti, nei sei mesi che seguono al
rinnovo o nei diversi termini stabiliti dall’autorizzazione stessa, durante i quali l’esercizio può essere
continuato. In caso di mancata presentazione della domanda di adesione nei termini previsti dal presente
comma lo stabilimento si considera in esercizio senza autorizzazione alle emissioni. - Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 non si applicano:
a) in caso di emissione di sostanze cancerogene, tossiche per la riproduzione o mutagene o di
sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate, come individuate dalla parte II
dell’Allegato I alla parte quinta del presente decreto, o
b) nel caso in cui siano utilizzate, nell’impianto o nell’attività, le sostanze o i preparati
classificati dal decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, come cancerogeni, mutageni o
tossici per la riproduzione, a causa del loro tenore di COV, e ai quali sono state assegnate
etichette con le frasi di rischio R45, R46, R49, R60, R 61.
4-bis. Con apposito decreto, da adottare ai sensi dell’articolo 281, comma 5, si provvede ad integrare
l’allegato IV, parte II, alla parte quinta del presente decreto con l’indicazione dei casi in cui, in deroga al
comma precedente, l’autorità competente può permettere, nell’autorizzazione generale, l’utilizzo di
sostanze inquinanti classificate con frasi di rischio R45, R46, R49, R60, R61, R68, in considerazione degli
scarsi quantitativi d’impiego o delle ridotte percentuali di presenza nelle materie prime o nelle emissioni. - Il presente titolo non si applica agli stabilimenti destinati alla difesa nazionale ed alle emissioni
provenienti da sfiati e ricambi d’aria esclusivamente adibiti alla protezione e alla sicurezza degli ambienti di
lavoro. Agli impianti di distribuzione dei carburanti si applicano esclusivamente le pertinenti disposizioni
degli articoli 276 e 277. - Grandi impianti di combustione
(articolo così modificato dall’art. 3, comma 7, d.lgs. n. 128 del 2010, poi dall’art. 22 del d.lgs. n. 46 del
2014) - L’Allegato II alla parte quinta del presente decreto stabilisce, in relazione ai grandi impianti di
combustione, i valori limite di emissione, inclusi quelli degli impianti multicombustibili, le modalità di
monitoraggio e di controllo delle emissioni, i criteri per la verifica della conformità ai valori limite e le ipotesi
di anomalo funzionamento o di guasto degli impianti. - Ai grandi impianti di combustione nuovi si applicano i pertinenti valori limite di emissione di cui alla Parte
II, sezioni da 1 a 6, dell’Allegato II alla Parte Quinta. 3. Ai grandi impianti di combustione anteriori al 2013
i pertinenti valori limite di emissione di cui alla Parte II, sezioni da 1 a 6, dell’Allegato II alla Parte Quinta si
applicano a partire dal 1° gennaio 2016. Ai grandi impianti di combustione che hanno ottenuto l’esenzione
prevista all’Allegato II, Parte I, paragrafo 2, alla Parte Quinta si applicano, in caso di esercizio dal 1°
gennaio 2016, i valori limite di emissione previsti dal comma 2 per gli impianti nuovi. Le vigenti
autorizzazioni sono entro tale data adeguate alle disposizioni del presente articolo nell’ambito delle
ordinarie procedure di rinnovo periodico ovvero, se nessun rinnovo periodico è previsto entro tale data, a
seguito di una richiesta di aggiornamento presentata dal gestore entro il 1° gennaio 2015 ai sensi
dell’articolo 29-nonies. Fatto salvo quanto disposto dalla parte seconda del presente decreto, tali
autorizzazioni continuano, nelle more del loro adeguamento, a costituire titolo all’esercizio fino al 1°
gennaio 2016. Le autorizzazioni rilasciate in sede di rinnovo non possono stabilire valori limite meno severi
di quelli previsti dalle autorizzazioni soggette al rinnovo, ferma restando l’istruttoria relativa alle domande
di modifica degli impianti.
3-bis. Il termine del 1° gennaio 2016, di cui al comma 3, è prorogato al 1° gennaio 2017 per i grandi
impianti di combustione per i quali sono state regolarmente presentate istanze di deroga ai sensi dei
commi 4 o 5. Sino alla definitiva pronuncia dell’Autorità Competente in merito all’istanza, e comunque non
oltre il 1° gennaio 2017, le relative autorizzazioni continuano a costituire titolo all’esercizio a condizione che
il gestore rispetti anche le condizioni aggiuntive indicate nelle istanze di deroga.
(comma introdotto dall’art. 8, comma 2, legge n. 21 del 2016)
3-ter. Il termine del 1° gennaio 2016, di cui al comma 3 è prorogato al 1° gennaio 2017 per i grandi
impianti di combustione per i quali sono state regolarmente presentate, alla data del 31 dicembre 2015,
istanze di deroga ai sensi dei paragrafi 3.3 o 3.4, della parte I dell’allegato II alla parte quinta del presente
decreto ovvero ai sensi della parte II dell’allegato II alla parte quinta del presente decreto. Sino alla
definitiva pronuncia dell’Autorità Competente in merito all’istanza, e comunque non oltre il 1° gennaio
2017, le relative autorizzazioni continuano a costituire titolo all’esercizio, a condizione che il gestore rispetti
anche le condizioni aggiuntive indicate nelle istanze di deroga e rispetti dal 1° gennaio 2016, per gli
inquinanti non oggetto di richiesta di deroga, i pertinenti valori limite di emissione massimi indicati nella
parte II dell’allegato II alla parte quinta del presente decreto.
(comma introdotto dall’art. 8, comma 2, legge n. 21 del 2016) - L’autorizzazione può consentire che, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre
2023, gli impianti di combustione di cui al comma 3 siano in esercizio per un numero di ore operative pari o
inferiore a 17.500 senza rispettare i valori limite di emissione di cui al comma 3, ove ricorrano le seguenti
condizioni:
a) il gestore dell’impianto presenta all’autorità competente, entro il 30 giugno 2014,
nell’ambito delle ordinarie procedure di rinnovo periodico dell’autorizzazione ovvero, se
nessun rinnovo periodico è previsto entro tale data, nell’ambito di una richiesta di
aggiornamento presentata ai sensi dell’articolo 29-nonies, una dichiarazione scritta
contenente l’impegno a non far funzionare l’impianto per più di 17.500 ore operative tra il 1°
gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023, informandone contestualmente il Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;
b) entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2017, il gestore presenta all’autorità
competente e, comunque, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare un
documento in cui è riportata la registrazione delle ore operative utilizzate dal 1° gennaio
2016;
c) nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023 si applicano valori
limite di emissione non meno severi di quelli che l’impianto deve rispettare alla data del 31
dicembre 2015 ai sensi dell’autorizzazione, del presente Titolo e del Titolo III-bis alla Parte
Seconda;
d) l’impianto non ha ottenuto l’esenzione prevista all’Allegato II, parte I, paragrafo 2, alla
Parte Quinta.
4-bis. Se l’esenzione prevista dal comma 4 è concessa ad impianti di combustione con potenza termica
nominale totale superiore a 500 MW alimentati con combustibili solidi, autorizzati per la prima volta dopo il
1° luglio 1987, devono essere in tutti i casi rispettati, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31
dicembre 2023, i valori limite previsti per gli ossidi azoto all’Allegato II, Parte II, alla Parte Quinta. - L’autorizzazione può consentire che, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre
2022, gli impianti di combustione anteriori al 2002 con potenza termica nominale totale non superiore a
200 MW siano in esercizio senza rispettare i valori limite di emissione di cui al comma 3, ove ricorrano le
seguenti condizioni:
(comma così modificato dall’art. 18, comma 1, della legge n. 167 del 2017)
a) almeno il 50 per cento della produzione di calore utile dell’impianto, calcolata come media
mobile su ciascun periodo di cinque anni a partire dal quinto anno antecedente
l’autorizzazione, è fornito ad una rete pubblica di teleriscaldamento sotto forma di vapore o di
acqua calda; il gestore è tenuto a presentare all’autorità competente e, comunque, al
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro il 31 maggio di ogni
anno, a partire dal 2017, un documento in cui è indicata la percentuale di produzione di
calore utile dell’impianto destinata a tale fornitura;
b) nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2022 si applicano valori
limite di emissione non meno severi di quelli che l’impianto deve rispettare alla data del 31
dicembre 2015 ai sensi dell’autorizzazione, del presente titolo e del Titolo III-bis della Parte
Seconda. - Ai sensi dell’articolo 271, commi 5, 14 e 15, l’autorizzazione di tutti i grandi impianti di combustione deve
prevedere valori limite di emissione non meno severi dei pertinenti valori di cui alla Parte II, sezioni da 1 a
7, dell’Allegato II e dei valori di cui all’Allegato I alla Parte Quinta. - Per i grandi impianti di combustione, ciascun camino, contenente una o più canne di scarico,
corrisponde, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 270, ad un punto di emissione. - In aggiunta a quanto previsto dall’articolo 271, comma 14, i valori limite di emissione non si applicano ai
grandi impianti di combustione nei casi di anomalo funzionamento previsti dalla parte I dell’Allegato II alla
parte quinta del presente decreto, nel rispetto delle condizioni ivi previste. - Se più impianti di combustione, anche di potenza termica nominale inferiore a 50 MW, sono localizzati
nello stesso stabilimento l’autorità competente deve, in qualsiasi caso, considerare tali impianti come un
unico impianto ai fini della determinazione della potenza termica nominale in base alla quale stabilire i
valori limite di emissione. L’autorità competente, tenendo conto delle condizioni tecniche ed economiche,
può altresì disporre il convogliamento delle emissioni di tali impianti ad un solo punto di emissione ed
applicare i valori limite che, in caso di mancato convogliamento, si applicherebbero all’impianto più recente. - L’adeguamento alle disposizioni del comma 9 è effettuato nei tempi a tal fine stabiliti
dall’autorizzazione. - Nel caso in cui un grande impianto di combustione sia sottoposto a modifiche sostanziali, si applicano
all’impianto i valori limite di emissione stabiliti alla Parte II, sezioni da 1 a 5, lettera B, e sezione 6
dell’Allegato II alla Parte Quinta. - Fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di autorizzazione integrata
ambientale, per gli impianti nuovi o in caso di modifiche ai sensi del comma 11, la domanda di
autorizzazione deve essere corredata da un apposito studio concernente la fattibilità tecnica ed economica
della generazione combinata di calore e di elettricità. Nel caso in cui tale fattibilità sia accertata, anche alla
luce di elementi diversi da quelli contenuti nello studio, l’autorità competente, tenuto conto della situazione
del mercato e della distribuzione, condiziona il rilascio del provvedimento autorizzativo alla realizzazione
immediata o differita di tale soluzione. - Dopo il 1° gennaio 2008, agli impianti di combustione di potenza termica nominale inferiore a 50MW ed
agli altri impianti esclusi dal campo di applicazione della parte quinta del presente decreto, facenti parte di
una raffineria, continuano ad applicarsi, fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in materia di
autorizzazione integrata ambientale, i valori limite di emissione calcolati, su un intervallo mensile o
inferiore, come rapporto ponderato tra la somma delle masse inquinanti emesse e la somma dei volumi
delle emissioni di tutti gli impianti della raffineria, inclusi quelli ricadenti nel campo di applicazione del
presente articolo. - In caso di realizzazione di grandi impianti di combustione che potrebbero arrecare un significativo
pregiudizio all’ambiente di un altro Stato della Comunità europea, l’autorità competente informa il Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare per l’adempimento degli obblighi di cui alla
convenzione sulla valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, stipulata a Espoo il
25 febbraio 1991, ratificata con la legge 3 novembre 1994, n. 640. - Le disposizioni del presente articolo si applicano agli impianti di combustione destinati alla produzione
di energia, ad esclusione di quelli che utilizzano direttamente i prodotti di combustione in procedimenti di
fabbricazione. Sono esclusi in particolare:
a) gli impianti in cui i prodotti della combustione sono utilizzati per il riscaldamento diretto,
l’essiccazione o qualsiasi altro trattamento degli oggetti o dei materiali, come i forni di
riscaldo o i forni di trattamento termico;
b) gli impianti di postcombustione, cioè qualsiasi dispositivo tecnico per la depurazione
dell’effluente gassoso mediante combustione, che non sia gestito come impianto
indipendente di combustione;
c) i dispositivi di rigenerazione dei catalizzatori di craking catalitico;
d) i dispositivi di conversione del solfuro di idrogeno in zolfo;
e) i reattori utilizzati nell’industria chimica;
f) le batterie di forni per il coke;
g) i cowpers degli altiforni;
h) qualsiasi dispositivo tecnico usato per la propulsione di un veicolo, una nave, o un
aeromobile;
i) le turbine a gas e motori a gas usati su piattaforme off-shore e sugli impianti di
rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore;
l) (abrogata dall’art. 34, comma 1, d.lgs. n. 46 del 2014)
m) (abrogata dall’art. 34, comma 1, d.lgs. n. 46 del 2014)
m-bis) gli impianti che utilizzano come combustibile qualsiasi rifiuto solido o liquido non
ricadente nella definizione di biomassa di cui all’Allegato II alla Parte Quinta. - (abrogato dall’art. 34, comma 1, d.lgs. n. 46 del 2014)
16-bis. A partire dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162, ai fini del
rilascio dell’autorizzazione prevista per la costruzione degli di impianti di combustione con una potenza
termica nominale pari o superiore a 300 MW, il gestore presenta una relazione che comprova la sussistenza
delle seguenti condizioni:
a) disponibilità di appropriati siti di stoccaggio di cui all’articolo 3, comma 1, lettera c), del
decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162;
b) fattibilità tecnica ed economica di strutture di trasporto di cui all’articolo 3, comma 1,
lettera aa), del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162;
c) possibilità tecnica ed economica di installare a posteriori le strutture per la cattura di CO2. - Raccolta e trasmissione dei dati sulle emissioni dei grandi impianti di combustione
(articolo sostituito dall’art. 23 del d.lgs. n. 46 del 2014) - Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmette alla Commissione europea,
ogni tre anni, una relazione inerente le emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri di tutti i
grandi impianti di combustione di cui alla parte quinta del presente decreto, nella quale siano
separatamente indicate le emissioni delle raffinerie. Tale relazione è trasmessa per la prima volta entro il
31 dicembre 2007 in relazione al periodo di tre anni che decorre dal 1° gennaio 2004 e, in seguito, entro
dodici mesi dalla fine di ciascun successivo periodo di tre anni preso in esame. Il Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare trasmette inoltre alla Commissione europea, su richiesta, i dati annuali
relativi alle emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri dei singoli impianti di combustione. - Fino all’anno 2016, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta alla
Commissione europea ogni anno, in relazione all’anno precedente, una relazione concernente gli impianti
per i quali è stata concessa l’esenzione prevista dall’Allegato II, parte I, paragrafo 2, alla Parte Quinta, con
l’indicazione dei tempi utilizzati e non utilizzati che sono stati autorizzati per il restante periodo di
funzionamento degli impianti. A tal fine l’autorità competente, se diversa dal Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, comunica a tale Ministero le predette informazioni. - Entro il 1° gennaio 2016 il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica alla
Commissione europea gli elenchi di tutti gli impianti di combustione cui si applicano rispettivamente
l’articolo 273, comma 4, e l’articolo 273, comma 5, specificando, per ciascun impianto, la potenza termica
nominale totale, le tipologie di combustibili usati e i valori limite di emissione applicati per ossidi di zolfo,
ossidi di azoto e polveri. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio presenta alla Commissione
europea entro il 31 dicembre di ogni anno, a partire dal 2017, per ciascun impianto di cui all’articolo 273,
comma 5, la registrazione del numero di ore operative utilizzate dal 1° gennaio 2016 e, per ciascun
impianto di cui all’articolo 273, comma 6, la percentuale della produzione di calore utile, calcolata come
media mobile sui cinque anni civili precedenti, fornita ad una rete pubblica di teleriscaldamento sotto forma
di vapore o di acqua calda. L’autorità competente, se diversa dal Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio, comunica a tale Ministero le predette deroghe contestualmente all’applicazione delle stesse
specificando, per ciascun impianto, la potenza termica nominale totale, le tipologie di combustibili usati e i
valori limite di emissione applicati per ossidi di zolfo, ossidi di azoto e polveri. - Entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2006, i gestori dei grandi impianti di combustione
comunicano all’Istituto superiore per la prevenzione e la ricerca ambientale (ISPRA), con le modalità
previste alla Parte III dell’Allegato II alla Parte Quinta, la tipologia dell’impianto gestito, la data di messa in
esercizio dell’impianto e, con riferimento all’anno precedente, le emissioni totali, di biossido di zolfo, ossidi
di azoto e polveri, determinate conformemente alle prescrizioni della Parte IV dell’Allegato II alla Parte
Quinta, la quantità annua totale di energia prodotta rispettivamente dal carbone, dalla lignite, dalle
biomasse, dalla torba, dagli altri combustibili solidi, dai combustibili liquidi, dal gas naturale e dagli altri
gas, riferita al potere calorifico netto, le ore operative, nonché la caratterizzazione dei sistemi di
abbattimento delle emissioni. In caso di mancata comunicazione dei dati e delle informazioni di cui al
presente comma, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche ai fini di quanto
previsto dall’articolo 650 del codice penale, ordina al gestore inadempiente di provvedere. - L’ISPRA, sulla base delle informazioni di cui al comma 4, elabora una relazione in cui sono riportate le
emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri di tutti i grandi impianti di combustione di cui alla
parte quinta del presente decreto. Tale relazione deve riportare tutti gli elementi previsti dal comma 4.
Almeno due mesi prima della scadenza prevista dal comma 1 per la trasmissione dei dati alla Commissione
europea, l’ISPRA trasmette al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare la suddetta
relazione, nonché i dati disaggregati relativi a ciascun impianto. - I dati di cui al comma 4 sono raccolti e inviati in formato elettronico. A tal fine debbono essere
osservate, ove disponibili, le procedure indicate sul sito internet del Ministero dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare. La relazione di cui al comma 5, nonché i dati disaggregati raccolti dall’ISPRA sono
resi disponibili alle autorità competenti sul sito internet del Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare e sul sito internet dell’ISPRA. - Entro il 31 dicembre di ogni anno, a partire dal 2017, il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare comunica alla Commissione europea, con riferimento all’anno precedente:
a) per gli impianti di combustione cui si applica la Parte II, sezione 1, lettera C, dell’Allegato
II alla Parte Quinta, il tenore di zolfo del combustibile solido indigeno usato e il grado di
desolforazione raggiunto come media mensile; la prima comunicazione indica anche la
motivazione tecnica dell’impossibilità di rispettare i valori limite di emissione oggetto di
deroga;
b) il numero di ore operative annue utilizzate dagli impianti di combustione a cui sono state
concesse le deroghe previste all’Allegato II, parte II, alla Parte Quinta, sezione I, lettera A,
paragrafo 2, sezione 2, lettera A, paragrafo 2, sezione 4, lettera A, paragrafo 1, note 1, 4 e 5,
e sezione 4, lettera A-bis, paragrafo 3. - L’autorità competente, se diversa dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, comunica a tale
Ministero le deroghe di cui alle lettere a) e b) contestualmente all’applicazione delle stesse. - Emissioni di cov
(articolo così modificato dall’art. 3, comma 9, d.lgs. n. 128 del 2010) - L’Allegato III alla parte quinta del presente decreto stabilisce, relativamente alle emissioni di composti
organici volatili, i valori limite di emissione, le modalità di monitoraggio e di controllo delle emissioni, i
criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite e le modalità di redazione del
piano di gestione dei solventi. Le disposizioni previste dal presente articolo per gli stabilimenti si intendono
riferite anche alle installazioni soggette ad autorizzazione integrata ambientale. L’Allegato III alla Parte
Quinta indica i casi in cui le attività degli stabilimenti esistenti di cui al comma 8 sono soggette a valori
limite e prescrizioni speciali.
(comma così modificato dall’art. 24 del d.lgs. n. 46 del 2014) - Se nello stesso stabilimento sono esercitate, mediante uno o più impianti o macchinari e sistemi non fissi
o operazioni manuali, una o più attività individuate nella parte II dell’Allegato III alla parte quinta del
presente decreto le quali superano singolarmente le soglie di consumo di solvente ivi stabilite, a ciascuna di
tali attività si applicano, secondo le modalità di cui al comma 7, i valori limite per le emissioni convogliate e
per le emissioni diffuse di cui al medesimo Allegato III, parte III, oppure i valori limite di emissione totale
di cui a tale Allegato III, parti III e IV, nonché le prescrizioni ivi previste. Tale disposizione si applica anche
alle attività che, nello stesso stabilimento, sono direttamente collegate e tecnicamente connesse alle
attività individuate nel suddetto Allegato III, parte II, e che possono influire sulle emissioni di COV. Il
superamento delle soglie di consumo di solvente è valutato con riferimento al consumo massimo teorico di
solvente. Le attività di cui alla parte II dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto comprendono
la pulizia delle apparecchiature e non comprendono la pulizia dei prodotti, fatte salve le diverse disposizioni
ivi previste. - Ai fini di quanto previsto dal comma 2, i valori limite per le emissioni convogliate si applicano a ciascun
impianto che produce tali emissioni ed i valori limite per le emissioni diffuse si applicano alla somma delle
emissioni non convogliate di tutti gli impianti, di tutti i macchinari e sistemi non fissi e di tutte le operazioni. - Il gestore che intende effettuare le attività di cui al comma 2 presenta all’autorità competente una
domanda di autorizzazione dello stabilimento ai sensi dell’articolo 269 o, ricorrendone i presupposti, una
domanda di adesione ai sensi dell’articolo 272, comma 3, o una domanda di autorizzazione integrata
ambientale ai sensi dell’articolo 29-ter, in conformità a quanto previsto al presente articolo e all’Allegato III
alla Parte Quinta. In aggiunta ai casi previsti dall’articolo 269, comma 8, la domanda di autorizzazione deve
essere presentata anche dal gestore dello stabilimento in cui sono esercitate delle attività che, a seguito di
una modifica del consumo massimo teorico di solvente, rientrano tra quelle di cui al comma 2.
(comma così modificato dall’art. 24 del d.lgs. n. 46 del 2014) - L’autorizzazione stabilisce, sulla base dei commi 2 e 7, i valori limite di emissione e le prescrizioni che
devono essere rispettati. Per la captazione e il convogliamento si applica l’articolo 270. Sono inoltre
previste le precauzioni necessarie per ridurre al minimo le emissioni di COV durante le operazioni di
avviamento e di arresto. Le autorizzazioni, incluse quelle rilasciate in sede di rinnovo ai sensi dell’articolo
281, assicurano che tali valori limite e prescrizioni si applichino a tutte le attività di cui al comma 2 e che i
valori limite e le prescrizioni di cui all’ultimo periodo del comma 2 si possano applicare soltanto alle attività
degli stabilimenti esistenti.
(comma così modificato dall’art. 24 del d.lgs. n. 46 del 2014)
5-bis. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 271, commi 14 e 20, il gestore informa
tempestivamente l’autorità competente di qualsiasi violazione delle prescrizioni autorizzative.
(comma introdotto dall’art. 18, comma 1, della legge n. 167 del 2017) - L’autorizzazione indica il consumo massimo teorico di solvente e l’emissione totale annua conseguente
all’applicazione dei valori limite di cui al comma 2, nonché la periodicità dell’aggiornamento del piano di
gestione di cui alla parte V dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto.
(comma così modificato dall’art. 18, comma 1, della legge n. 167 del 2017) - Il rispetto dei valori limite di emissione previsti dal comma 2 è assicurato mediante l’applicazione delle
migliori tecniche disponibili e, in particolare, utilizzando materie prime a ridotto o nullo tenore di solventi
organici, ottimizzando l’esercizio e la gestione delle attività e, ove necessario, installando idonei dispositivi
di abbattimento, in modo da minimizzare le emissioni di composti organici volatili. - Si considerano esistenti, ai fini del presente articolo, gli stabilimenti che al 1° aprile 2001 erano in
esercizio in base agli atti autorizzativi all’epoca previsti o per i quali è stata presentata una domanda
completa di autorizzazione prima di tale data ove lo stabilimento sia stato messo in funzione entro il 1°
aprile 2002. Si considerano nuovi gli altri stabilimenti. Ai fini dell’applicazione degli articoli 270, 271 e 281
gli stabilimenti previsti dal presente articolo, escluse le installazioni sottoposte ad autorizzazione integrata
ambientale, si considerano anteriori al 1988, anteriori al 2006 e nuovi sulla base delle definizioni previste
dall’articolo 268.
(comma così sostituito dall’art. 24 del d.lgs. n. 46 del 2014) - (abrogato dall’art. 34, comma 1, d.lgs. n. 46 del 2014)
- Sono fatte salve le autorizzazioni rilasciate prima del 13 marzo 2004 che conseguono un maggiore
contenimento delle emissioni di composti organici volatili rispetto a quello ottenibile con l’applicazione delle
indicazioni di cui alle parti III e IV dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto. In tal caso
rimangono validi i metodi di campionamento e di analisi precedentemente in uso. È fatta salva la facoltà
del gestore di chiedere all’autorità competente di rivedere dette autorizzazioni sulla base delle disposizioni
della parte quinta del presente decreto. - In caso di modifiche sostanziali di attività svolte negli stabilimenti esistenti l’autorizzazione dispone che
le attività oggetto di modifica sostanziale:
(comma così sostituito dall’art. 24 del d.lgs. n. 46 del 2014)
a) siano soggette alle prescrizioni relative alle attività degli stabilimenti nuovi;
b) siano soggette alle prescrizioni relative alle attività degli stabilimenti esistenti se le
emissioni totali di tutte le attività svolte nello stabilimento non superano quelle che si
producono in caso di applicazione della lettera a). - Se il gestore comprova all’autorità competente che, pur utilizzando la migliore tecnica disponibile, non
è possibile, per uno specifico stabilimento, rispettare il valore limite per le emissioni diffuse, tale autorità
può autorizzare deroghe a detto valore limite, purché ciò non comporti rischi per la salute umana o per
l’ambiente e purché le migliori tecniche disponibili siano comunque applicate.
(comma così sostituito dall’art. 24 del d.lgs. n. 46 del 2014) - Nei casi previsti nella parte III dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto, l’autorità
competente può esentare il gestore dall’applicazione delle prescrizioni ivi stabilite se le emissioni non
possono essere convogliate ai sensi dell’articolo 270, commi 1 e 2. In tal caso si applica quanto previsto
dalla parte IV dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto, salvo il gestore comprovi all’autorità
competente che il rispetto di detto Allegato non è, nel caso di specie, tecnicamente ed economicamente
fattibile e che l’impianto utilizza la migliore tecnica disponibile. - L’autorità competente comunica al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, nella
relazione di cui al comma 18, le deroghe autorizzate ai sensi dei commi 12 e 13. - Se due o più attività effettuate nello stesso stabilimento superano singolarmente le soglie di cui al
comma 2, l’autorità competente può:
(comma così modificato dall’art. 24 del d.lgs. n. 46 del 2014)
a) applicare i valori limite previsti da tale comma a ciascuna singola attività o
b) applicare un valore di emissione totale, riferito alla somma delle emissioni di tali attività,
non superiore a quello che si avrebbe applicando quanto previsto dalla lettera a); la presente
opzione non si estende alle emissioni delle sostanze indicate nel comma 17. - (abrogato dall’art. 34, comma 1, d.lgs. n. 46 del 2014)
te dal comma 8, le emissioni totali non superino quelle che si sarebbero prodotte in caso di applicazione
delle prescrizioni della parte III dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto. - La parte I dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto stabilisce appositi valori limite di
emissione per le sostanze caratterizzate da particolari rischi per la salute e l’ambiente. - Le autorità competenti trasmettono al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare,
ogni tre anni ed entro il 30 aprile, a partire dal 2005, una relazione relativa all’applicazione del presente
articolo, in conformità a quanto previsto dalla decisione della Commissione europea 2010/681/UE del 9
novembre 2010. Copia della relazione è inviata dalle autorità competenti alla regione o alla provincia
autonoma. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare invia tali informazioni alla
Commissione europea.
(comma così modificato dall’art. 24 del d.lgs. n. 46 del 2014)
18-bis. Con apposito decreto, da adottare ai sensi dell’articolo 281, comma 6, si provvede ad inserire
all’Allegato III alla Parte Quinta una specifica disciplina delle attività di relazione e di comunicazione alla
Commissione europea in merito all’applicazione del presente articolo, in conformità ai provvedimenti
comunitari di attuazione dell’articolo 72 della direttiva 2010/75/UE. Il comma 18 non trova applicazione a
decorrere dalla data prevista dal predetto decreto.
(comma introdotto dall’art. 24 del d.lgs. n. 46 del 2014) - (abrogato)
- I gestori degli stabilimenti costituiti da uno o più impianti a ciclo chiuso di pulizia a secco di tessuti e di
pellami, escluse le pellicce, e delle pulitintolavanderie a ciclo chiuso, per i quali l’autorità competente non
abbia adottato autorizzazioni di carattere generale, comunicano a tali autorità di aderire all’autorizzazione
di cui alla parte VII dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto. E’ fatto salvo il potere delle
medesime autorità di adottare successivamente nuove autorizzazioni di carattere generale, ai sensi
dell’articolo 272, l’obbligatoria adesione alle quali comporta, per il soggetto interessato, la decadenza di
quella prevista dalla parte VII dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto relativamente al
territorio a cui tali nuove autorizzazioni si riferiscono. A tali attività non si applicano le prescrizioni della
parte I, paragrafo 3, punti 3.2, 3.3. e 3.4 dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto. - Costituisce modifica sostanziale, ai sensi del presente articolo:
a) per le attività di ridotte dimensioni, una modifica del consumo massimo teorico di solventi
che comporta un aumento delle emissioni di composti organici volatili superiore al venticinque
per cento;
b) per tutte le altre attività, una modifica del consumo massimo teorico di solventi che
comporta un aumento delle emissioni di composti organici volatili superiore al dieci per cento;
c) qualsiasi modifica che, a giudizio dell’autorità competente, potrebbe avere effetti negativi
significativi sulla salute umana o sull’ambiente;
d) qualsiasi modifica del consumo massimo teorico di solventi che comporti la variazione dei
valori limite applicabili; - Per attività di ridotte dimensioni, ai sensi del comma 2 1, si intendono le attività di cui alla parte III,
punti 1, 3, 4, 5, 8, 10, 13,16 o 17 dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto aventi un consumo
massimo teorico di solventi inferiore o uguale alla più bassa tra le soglie di consumo ivi indicate in terza
colonna e le altre attività di cui alla parte III del medesimo Allegato III aventi un consumo massimo teorico
di solventi inferiore a 10 tonnellate l’anno. - Controllo delle emissioni di cov derivanti dal deposito della benzina e dalla sua
distribuzione dai terminali agli impianti di distribuzione - L’Allegato VII alla parte quinta del presente decreto stabilisce le prescrizioni che devono essere
rispettate ai fini del controllo delle emissioni di COV relativamente:
a) agli impianti di deposito presso i terminali;
b) agli impianti di caricamento di benzina presso i terminali;
c) agli impianti adibiti al deposito temporaneo di vapori presso i terminali;
d) alle cisterne mobili e ai veicoli cisterna:
e) agli impianti di deposito presso gli impianti di distribuzione dei carburanti;
f) alle attrezzature per le operazioni di trasferimento della benzina presso gli impianti di
distribuzione e presso terminali in cui è consentito il deposito temporaneo di vapori. - Per impianti di deposito ai sensi del presente articolo si intendono i serbatoi fissi adibiti allo stoccaggio di
benzina. Per tali impianti di deposito situati presso i terminali le pertinenti prescrizioni dell’Allegato VII alla
parte quinta del presente decreto costituiscono le misure che i gestori devono adottare ai sensi dell’articolo
269, comma 10. Con apposito provvedimento l’autorità competente può disporre deroghe a tali
prescrizioni, relativamente agli obblighi di rivestimento, ove necessario ai fini della tutela di aree di
particolare pregio sotto il profilo paesaggistico. - Per impianti di distribuzione, ai sensi del presente articolo, si intendono gli impianti in cui la benzina
viene erogata ai serbatoi di tutti i veicoli a motore da impianti di deposito. - Nei terminali all’interno dei quali è movimentata una quantità di benzina inferiore a 10.000
tonnellate/anno e la cui costruzione è stata autorizzata prima del 3 dicembre 1997, ai sensi della normativa
vigente al momento dell’autorizzazione, gli impianti di caricamento si adeguano alle disposizioni della parte
II, paragrafo 2, dell’Allegato VII alla parte quinta del presente decreto entro il 17 maggio 2010. Fino alla
data di adeguamento deve essere garantita l’agibilità delle operazioni di caricamento anche per i veicolicisterna
con caricamento dall’alto. Per quantità movimentata si intende la quantità totale annua massima di
benzina caricata in cisterne mobili dagli impianti di deposito del terminale nei tre anni precedenti il 17
maggio 2000. - Le prescrizioni di cui alla parte II, punto 3.2, dell’Allegato VII alla parte quinta del presente decreto si
applicano ai veicoli cisterna collaudati dopo il 17 novembre 2000 e si estendono agli altri veicoli cisterna a
partire dal 17 maggio 2010. Tali prescrizioni non si applicano ai veicoli cisterna a scomparti tarati,
collaudati dopo il 1° gennaio 1990 e attrezzati con un dispositivo che garantisca la completa tenuta di
vapori durante la fase di caricamento. A tali veicoli cisterna a scomparti tarati deve essere consentita
l’agibilità delle operazioni di caricamento presso gli impianti di deposito dei terminali. - Gli stabilimenti in cui sono presenti gli impianti di cui al comma 1, lettera b), sono soggetti, ove
producano emissioni in atmosfera e non risultino adeguati alle prescrizioni di cui all’allegato VII alla parte
quinta del presente decreto, all’autorizzazione di cui all’articolo 269.
(comma aggiunto dall’art. 3, comma 10, d.lgs. n. 128 del 2010, poi così modificato dall’art. 36, comma 7,
legge n. 134 del 2012) - Recupero di cov prodotti durante le operazioni di rifornimento degli autoveicoli presso gli
impianti di distribuzione carburanti - I distributori degli impianti di distribuzione dei carburanti devono essere attrezzati con sistemi di
recupero dei vapori di benzina che si producono durante le operazioni di rifornimento degli autoveicoli. Gli
impianti di distribuzione, i distributori e i sistemi di recupero dei vapori devono essere conformi alle
pertinenti prescrizioni dell’Allegato VIII alla parte quinta del presente decreto, relative ai requisiti di
efficienza, ai requisiti costruttivi, ai requisiti di installazione, ai controlli periodici ed agli obblighi di
documentazione.
(comma così modificato dall’art. 3, comma 11, d.lgs. n. 128 del 2010) - Ai fini del presente articolo si intende per:
a) impianti di distribuzione: ogni impianto in cui la benzina viene erogata ai serbatoi degli
autoveicoli da impianti di deposito;
b) impianti di deposito: i serbatoi fìssi adibiti allo stoccaggio di benzina presso gli impianti di
distribuzione;
c) distributore: ogni apparecchio finalizzato all’erogazione di benzina; il distributore deve
essere dotato di idonea pompa di erogazione in grado di aspirare dagli impianti di deposito o,
in alternativa, essere collegato a un sistema di pompaggio centralizzato; se inserito in un
impianto di distribuzione di carburanti in rapporto con il pubblico, il distributore deve essere
inoltre dotato di un idoneo dispositivo per l’indicazione ed il calcolo delle quantità di benzina
erogate;
d) sistema di recupero dei vapori: l’insieme dei dispositivi atti a prevenire l’emissione in
atmosfera di COV durante i rifornimenti di benzina di autoveicoli. Tale insieme di dispositivi
comprende pistole di erogazione predisposte per il recupero dei vapori, tubazioni flessibili
coassiali o gemellate, ripartitori per la separazione della linea dei vapori dalla linea di
erogazione del carburante, collegamenti interni ai distributori, linee interrate per il passaggio
dei vapori verso i serbatoi, e tutte le apparecchiature e i dispositivi atti a garantire il
funzionamento degli impianti in condizioni di sicurezza ed efficienza. - I dispositivi componenti i sistemi di recupero dei vapori devono essere omologati dal Ministero
dell’interno, a cui il costruttore presenta apposita istanza corredata della documentazione necessaria ad
identificare i dispositivi e dalla certificazione di cui al paragrafo 2, punto 2.3, dell’Allegato VIII alla parte
quinta del presente decreto. Ai fini del rilascio dell’omologazione, il Ministero dell’interno verifica la
rispondenza dei dispositivi ai requisiti di efficienza di cui al comma 1 ed ai requisiti di sicurezza antincendio
previsti dalla vigente normativa. In caso di mancata pronuncia l’omologazione si intende negata.
(comma così modificato dall’art. 3, comma 11, d.lgs. n. 128 del 2010) - I dispositivi componenti i sistemi di recupero dei vapori che sono stati omologati delle competenti
autorità di altri Paesi appartenenti all’Unione europea possono essere utilizzati per attrezzare i distributori
degli impianti di distribuzione, previo riconoscimento da parte del Ministero dell’interno, a cui il costruttore
presenta apposita istanza, corredata dalla documentazione necessaria ad identificare i dispositivi, dalle
certificazioni di prova rilasciate dalle competenti autorità estere e da una traduzione giurata in lingua
italiana di tali documenti e certificazioni. Ai fini del riconoscimento, il Ministero dell’interno verifica i
documenti e le certificazioni trasmessi e la rispondenza dei dispositivi ai requisiti di sicurezza antincendio
previsti dalla vigente normativa. In caso di mancata pronuncia il riconoscimento si intende negato.
(comma così modificato dall’art. 3, comma 11, d.lgs. n. 128 del 2010) - Durante le operazioni di rifornimento degli autoveicoli i gestori degli impianti di distribuzione devono
mantenere in funzione i sistemi di recupero dei vapori di cui al comma 1. - Poteri di ordinanza
- In caso di inosservanza delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione, ferma restando l’applicazione
delle sanzioni di cui all’articolo 279 e delle misure cautelari disposte dall’autorità giudiziaria, l’autorità
competente procede, secondo la gravità dell’infrazione:
a) alla diffida, con l’assegnazione di un termine entro il quale le irregolarità devono essere
eliminate;
b) alla diffida ed alla contestuale temporanea sospensione dell’autorizzazione con riferimento
agli impianti e alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, ove
si manifestino situazioni di pericolo per la salute o per l’ambiente;
c) alla revoca dell’autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività per i quali vi è
stata violazione delle prescrizioni autorizzative, in caso di mancato adeguamento alle
prescrizioni imposte con la diffida o qualora la reiterata inosservanza delle prescrizioni
contenute nell’autorizzazione determini situazioni di pericolo o di danno per la salute o per
l’ambiente.
(lettere b) e c) così sostituite dall’art. 3, comma 12, d.lgs. n. 128 del 2010) - Sanzioni
(articolo così modificato dall’art. 3, comma 13, d.lgs. n. 128 del 2010) - Fuori dai casi per cui trova applicazione l’articolo 6, comma 13, cui eventuali sanzioni sono applicate ai
sensi dell’articolo 29-quattuordecies,, chi inizia a installare o esercisce uno stabilimento in assenza della
prescritta autorizzazione ovvero continua l’esercizio con l’autorizzazione scaduta, decaduta, sospesa o
revocata è punito con la pena dell’arresto da due mesi a due anni o dell’ammenda da 258 euro a 1.032
euro. Con la stessa pena è punito chi sottopone uno stabilimento ad una modifica sostanziale senza
l’autorizzazione prevista dall’articolo 269, comma 8. Chi sottopone uno stabilimento ad una modifica non
sostanziale senza effettuare la comunicazione prevista dall’articolo 269, comma 8, è assoggettato ad una
sanzione amministrativa pecuniaria pari a 1.000 euro, alla cui irrogazione provvede l’autorità competente.
(comma così modificato dall’art. 11, comma 4, d.lgs. n. 46 del 2014) - Chi, nell’esercizio di uno stabilimento, viola i valori limite di emissione o le prescrizioni stabiliti
dall’autorizzazione, dagli Allegati I, II, III o V alla parte quinta del presente decreto, dai piani e dai
programmi o dalla normativa di cui all’articolo 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall’autorità
competente ai sensi del presente titolo è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda fino a 1.032
euro. Se i valori limite o le prescrizioni violati sono contenuti nell’autorizzazione integrata ambientale si
applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione. - Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 7, chi mette in esercizio un
impianto o inizia ad esercitare un’attività senza averne dato la preventiva comunicazione prescritta ai sensi
dell’articolo 269, comma 6, o ai sensi dell’articolo 272, comma 1, è punito con l’arresto fino ad un anno o
con l’ammenda fino a 1.032 euro.
(comma così modificato dall’art. 11, comma 4, d.lgs. n. 46 del 2014) - Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 8, chi non comunica all’autorità
competente i dati relativi alle emissioni ai sensi dell’articolo 269, comma 6, è punito con l’arresto fino a sei
mesi o con l’ammenda fino a 1.032 euro.
(comma così modificato dall’art. 11, comma 4, d.lgs. n. 46 del 2014) - Nei casi previsti dal comma 2 si applica sempre la pena dell’arresto fino ad un anno se il superamento
dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell’aria previsti
dalla vigente normativa. - Chi, nei casi previsti dall’articolo 281, comma 1, non adotta tutte le misure necessarie ad evitare un
aumento anche temporaneo delle emissioni è punito con la pena dell’arresto fino ad un anno o
dell’ammenda fino a 1.032 euro. - Per la violazione delle prescrizioni dell’articolo 276, nel caso in cui la stessa non sia soggetta alle sanzioni
previste dai commi da 1 a 6, e per la violazione delle prescrizioni dell’articolo 277 si applica una sanzione
amministrativa pecuniaria da 15.493 euro a 154.937 euro. All’irrogazione di tale sanzione provvede, ai
sensi degli articoli 17 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, la regione o la diversa autorità
indicata dalla legge regionale. La sospensione delle autorizzazioni in essere è sempre disposta in caso di
recidiva. - Abrogazioni
- Sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto preveda l’ulteriore vigenza e fermo
restando quanto stabilito dall’articolo 14 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351:
a) il d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203;
b) l’articolo 4 della legge 4 novembre 1997, n. 413;
c) l’articolo 12, comma 8, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387;
d) il decreto del Ministro dell’ambiente 10 marzo 1987, n. 105;
e) il decreto del Ministro dell’ambiente 8 maggio 1989;
f) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 luglio 1989;
g) il decreto del Ministro dell’ambiente 12 luglio 1990;
h) il d.P.R. 25 luglio 1991;
i) il decreto del Ministro dell’ambiente 21 dicembre 1995;
l) il decreto del Ministro dell’ambiente del 16 maggio 1996;
m) il decreto del Ministro dell’ambiente 20 gennaio 1999, n. 76;
n) il decreto del Ministro dell’ambiente 21 gennaio 2000, n. 107;
o) il decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 16 gennaio
2004, n. 44. - Disposizioni transitorie e finali
(articolo così modificato dall’art. 3, comma 14, d.lgs. n. 128 del 2010) - I gestori degli stabilimenti autorizzati, anche in via provvisoria o in forma tacita, ai sensi del d.P.R. 24
maggio 1988, n. 203, ad esclusione di quelli dotati di autorizzazione generale che sono sottoposti alla
disciplina di cui all’articolo 272, comma 3, devono presentare una domanda di autorizzazione ai sensi
dell’articolo 269 entro i termini di seguito indicati. Le regioni e le province autonome adottano, nel rispetto
di tali termini, appositi calendari per la presentazione delle domande; in caso di mancata adozione dei
calendari, la domanda di autorizzazione deve essere comunque presentata nei termini stabiliti dal presente
comma. La mancata presentazione della domanda nei termini, inclusi quelli fissati dai calendari, comporta
la decadenza della precedente autorizzazione. L’autorità competente si pronuncia in un termine pari a otto
mesi o, in caso di integrazione della domanda di autorizzazione, pari a dieci mesi dalla ricezione della
domanda stessa. Se la domanda è presentata nei termini, l’esercizio degli stabilimenti può essere
proseguito fino alla pronuncia dell’autorità competente. In caso di stabilimenti autorizzati in via provvisoria
o in forma tacita, il gestore deve adottare, fino alla pronuncia dell’autorità competente, tutte le misure
necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo delle emissioni. La domanda di autorizzazione di cui
al presente comma deve essere presentata entro i seguenti termini:
(comma così modificato dall’art. 11, comma 4, lettera c), d.P.R. n. 59 del 2013)
a) tra la data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto ed il 31 dicembre
2011, per stabilimenti anteriori al 1988;
b) tra il 1° gennaio 2012 ed il 31 dicembre 2013, per stabilimenti anteriori al 2006 che siano
stati autorizzati in data anteriore al 1° gennaio 2000;
c) tra il 1° gennaio 2014 ed il 31 dicembre 2015, per stabilimenti anteriori al 2006 che siano
stati autorizzati in data successiva al 31 dicembre 1999. - Non sono sottoposti alla procedura autorizzativa prevista dal comma 1, gli stabilimenti per cui
l’autorizzazione è stata rinnovata ai sensi dell’articolo 269, commi 7 o 8. Se uno stabilimento anteriore al
1988 è sottoposto ad una modifica sostanziale, ai sensi dell’articolo 269, comma 8, prima del termine
previsto dal comma 1, l’autorità competente procede, in ogni caso, al rinnovo dell’autorizzazione. - I gestori degli stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente
decreto che ricadono nel campo di applicazione del presente titolo e che non ricadevano nel campo di
applicazione del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, si adeguano alle disposizioni del presente titolo entro il 1°
settembre 2013 o nel più breve termine stabilito dall’autorizzazione alle emissioni.
Se lo stabilimento è soggetto a tale autorizzazione la relativa domanda deve essere presentata, ai sensi
dell’articolo 269 o dell’articolo 272, commi 2 e 3, entro il 31 luglio 2012. Dopo la presentazione della
domanda, le condizioni di esercizio ed i combustibili utilizzati non possono essere modificati fino
all’ottenimento dell’autorizzazione. In caso di mancata presentazione della domanda entro il termine
previsto o in caso di realizzazione di modifiche prima dell’ottenimento dell’autorizzazione, lo stabilimento si
considera in esercizio senza autorizzazione alle emissioni. Se la domanda è presentata nel termine previsto,
l’esercizio può essere proseguito fino alla pronuncia dell’autorità competente. Ai soli fini della
determinazione dei valori limite e delle prescrizioni di cui agli articoli 271 e 272, tali stabilimenti si
considerano nuovi. La procedura prevista dal presente articolo si applica anche in caso di stabilimenti in
esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto che ricadevano nel campo di
applicazione del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, ma erano esentati dall’autorizzazione ivi disciplinata e che,
per effetto di tale parte quinta, siano soggetti all’autorizzazione alle emissioni in atmosfera.
(comma così modificato dall’art. 11, comma 4, lettera c), d.P.R. n. 59 del 2013) - Per gli stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto che
ricadono nel campo di applicazione del presente titolo e che ricadevano nel campo di applicazione della
legge 13 luglio 1966, n. 615, del d.P.R. 22 dicembre 1970, n. 1391, o del titolo II del decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002, aventi potenza termica nominale inferiore a 10 MW,
l’autorità competente, ai fini dell’applicazione del comma 3, adotta le autorizzazioni generali di cui
all’articolo 272, comma 2, entro cinque anni da tale data. In caso di mancata adozione dell’autorizzazione
generale, nel termine prescritto, la stessa è rilasciata con apposito decreto del Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare e i gestori comunicano la propria adesione all’autorità competente o
all’autorità da questa delegata; è fatto salvo il potere dell’autorità competente di adottare successivamente
nuove autorizzazioni di carattere generale, ai sensi dell’articolo 272, l’obbligatoria adesione alle quali
comporta, per il soggetto interessato, la decadenza di quella adottata dal Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare.
(comma così modificato dall’art. 11, comma 4, lettera c), d.P.R. n. 59 del 2013) - Le integrazioni e le modifiche degli allegati alle norme in materia di tutela dell’aria e della riduzione delle
emissioni in atmosfera del presente decreto sono adottate con decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro dello sviluppo
economico e, per quanto di competenza, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la
Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
(comma così sostituito dall’art. 24, comma 1, lettera h), legge n. 35 del 2013) - Alla modifica ed integrazione degli Allegati alla parte quinta del presente decreto, al fine di dare
attuazione alle direttive comunitarie per le parti in cui le stesse comportino modifiche delle modalità
esecutive e delle caratteristiche di ordine tecnico stabilite dalle norme vigenti, si provvede ai sensi
dell’articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11. - Le domande di autorizzazione, i provvedimenti adottati dall’autorità competente e i risultati delle attività
di controllo, ai sensi del presente titolo, nonché gli elenchi delle attività autorizzate in possesso dell’autorità
competente sono messi a disposizione del pubblico ai sensi di quanto previsto dal decreto legislativo 19
agosto 2005, n. 195. - (abrogato dall’art. 11, comma 4, lettera c), d.P.R. n. 59 del 2013)
- Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze, è istituita, senza oneri a carico della finanza pubblica, una commissione per
la raccolta, l’elaborazione e la diffusione, tra le autorità competenti, dei dati e delle informazioni rilevanti ai
fini dell’applicazione della parte quinta del presente decreto e per la valutazione delle migliori tecniche
disponibili di cui all’articolo 268, comma 1, lettera aa). La commissione è composta da un rappresentante
nominato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con funzioni di presidente, un
rappresentante nominato dal Ministro delle attività produttive, un rappresentante nominato dal Ministro
della salute e cinque rappresentanti nominati dalla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Alle riunioni della Commissione possono partecipare uno o più
rappresentanti di ciascuna regione o provincia autonoma. Il decreto istitutivo disciplina anche le modalità di
funzionamento della commissione, inclusa la periodicità delle riunioni, e le modalità di partecipazione di
soggetti diversi dai componenti. Ai componenti della commissione e agli altri soggetti che partecipano alle
riunioni della stessa non spetta la corresponsione di compensi, indennità, emolumenti a qualsiasi titolo
riconosciuti o rimborsi spese. - A fini di informazione le autorità competenti rendono disponibili al Ministero dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare, in formato digitale, le autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 269 e 272. - (abrogato dall’art. 11, comma 4, lettera c), d.P.R. n. 59 del 2013)
Titolo II – Impianti termici civili - Campo di applicazione
(articolo così sostituito dall’art. 3, comma 15, d.lgs. n. 128 del 2010) - Il presente titolo disciplina, ai fini della prevenzione e della limitazione dell’inquinamento atmosferico, gli
impianti termici civili aventi potenza termica nominale inferiore a 3 MW. Sono sottoposti alle disposizioni
del titolo I gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale uguale o superiore. - Un impianto termico civile avente potenza termica nominale uguale o superiore a 3 MW si considera in
qualsiasi caso come un unico impianto ai fini dell’applicazione delle disposizioni del titolo I. - Definizioni
- Ai fini del presente titolo si applicano le seguenti definizioni:
a) impianto termico: impianto destinalo alla produzione di calore costituito da uno o più
generatori di calore e da un unico sistema di distribuzione e utilizzazione di tale calore,
nonché da appositi dispositivi di regolazione e di controllo;
b) generatore di calore: qualsiasi dispositivo di combustione alimentato con combustibili al
fine di produrre calore, costituito da un focolare ed eventualmente uno scambiatore di calore;
(lettera così sostituita dall’art. 3, comma 16, d.lgs. n. 128 del 2010)
c) focolare: parte di un generatore di calore nella quale avviene il processo di combustione;
d) impianto termico civile: impianto termico la cui produzione di calore è esclusivamente
destinata, anche in edifici ad uso non residenziale, al riscaldamento o alla climatizzazione
invernale o estiva di ambienti o al riscaldamento di acqua per usi igienici e sanitari; l’impianto
termico civile è centralizzato se serve tutte le unità dell’edificio o di più edifici ed è individuale
negli altri casi;
(lettera così sostituita dall’art. 3, comma 16, d.lgs. n. 128 del 2010)
e) potenza termica nominale dell’impianto: la somma delle potenze termiche nominali dei
singoli focolari costituenti l’impianto;
f) potenza termica nominale del focolare: il prodotto del potere calorifico inferiore del
combustibile utilizzato e della portata massima di combustibile bruciato all’interno del
focolare, espresso in Watt termici o suoi multipli;
g) valore di soglia: potenza termica nominale dell’impianto pari a 0.035MW;
h) modifica dell’impianto: qualsiasi intervento che sia effettuato su un impianto già installato
e che richieda la dichiarazione di conformità di cui all’articolo 7 del decreto ministeriale 22
gennaio 2008, n. 37;
(lettera così sostituita dall’art. 3, comma 16, d.lgs. n. 128 del 2010)
i) autorità competente: l’autorità responsabile dei controlli, gli accertamenti e le ispezioni
previsti dall’articolo 9 e dall’allegato L del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e dal
d.P.R. 26 agosto 1993, n. 412 o la diversa autorità indicata dalla legge regionale;
(lettera così sostituita dall’art. 3, comma 16, d.lgs. n. 128 del 2010)
l) installatore: il soggetto indicato dall’articolo 3 del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n.
37;
(lettera così sostituita dall’art. 3, comma 16, d.lgs. n. 128 del 2010)
m) responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto: il soggetto indicato
dall’articolo 11. comma 1, del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37;
n) conduzione di un impianto termico: insieme delle operazioni necessarie al fine di assicurare
la corretta combustione nei focolari e l’adeguamento del regime dell’impianto termico alla
richiesta di calore. - Installazione o modifica
(articolo così sostituito dall’art. 3, comma 17, d.lgs. n. 128 del 2010) - Nel corso delle verifiche finalizzate alla dichiarazione di conformità prevista dal decreto ministeriale 22
gennaio 2008, n. 37, per gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia,
l’installatore verifica e dichiara anche che l’impianto è conforme alle caratteristiche tecniche di cui
all’articolo 285 ed è idoneo a rispettare i valori limite di cui all’articolo 286. Tali dichiarazioni devono essere
espressamente riportate in un atto allegato alla dichiarazione di conformità, messo a disposizione del
responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto da parte dell’installatore entro 30 giorni dalla
conclusione dei lavori. L’autorità che riceve la dichiarazione di conformità ai sensi del decreto ministeriale
22 gennaio 2008, n. 37, provvede ad inviare tale atto all’autorità competente. In occasione della
dichiarazione di conformità, l’installatore indica al responsabile dell’esercizio e della manutenzione
dell’impianto l’elenco delle manutenzioni ordinarie e straordinarie necessarie ad assicurare il rispetto dei
valori limite di cui all’articolo 286, affinché tale elenco sia inserito nel libretto di centrale previsto dal d.P.R.
26 agosto 1993, n. 412. Se il responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto non è ancora
individuato al momento dell’installazione, l’installatore, entro 30 giorni dall’installazione, invia l’atto e
l’elenco di cui sopra al soggetto committente, il quale li mette a disposizione del responsabile dell’esercizio
e della manutenzione dell’impianto entro 30 giorni dalla relativa individuazione. - Per gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia, in esercizio alla
data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, il libretto di centrale previsto dall’articolo
11 del d.P.R. 26 agosto 1993, n. 412 deve essere integrato, a cura del responsabile dell’esercizio e della
manutenzione dell’impianto, entro il 31 dicembre 2012, da un atto in cui si dichiara che l’impianto è
conforme alle caratteristiche tecniche di cui all’articolo 285 ed è idoneo a rispettare i valori limite di cui
all’articolo 286. Entro il 31 dicembre 2012, il libretto di centrale deve essere inoltre integrato con
l’indicazione delle manutenzioni ordinarie e straordinarie necessarie ad assicurare il rispetto dei valori limite
di cui all’articolo 286. Il responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto provvede ad inviare
tali atti integrativi all’autorità competente entro 30 giorni dalla redazione. - Caratteristiche tecniche
(articolo sostituito dall’art. 34, comma 52, legge n. 221 del 2012, poi dall’art. 11, comma 9, legge n. 116
del 2014) - Gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia devono rispettare le
caratteristiche tecniche previste dalla parte II dell’allegato IX alla presente parte pertinenti al tipo di
combustibile utilizzato. I piani e i programmi di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa possono
imporre ulteriori caratteristiche tecniche, ove necessarie al conseguimento e al rispetto dei valori e degli
obiettivi di qualità dell’aria. - Valori limite di emissione
(articolo così sostituito dall’art. 3, comma 19, d.lgs. n. 128 del 2010) - Le emissioni in atmosfera degli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di
soglia devono rispettare i valori limite previsti dalla parte III dell’Allegato IX alla parte quinta del presente
decreto e i più restrittivi valori limite previsti dai piani e dai programmi di qualità dell’aria previsti dalla
vigente normativa, ove necessario al conseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità
dell’aria. - I valori di emissione degli impianti di cui al comma 1 devono essere controllati almeno annualmente dal
responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto nel corso delle normali operazioni di controllo
e manutenzione. I valori misurati, con l’indicazione delle relative date, dei metodi di misura utilizzati e del
soggetto che ha effettuato la misura, devono essere allegati al libretto di centrale previsto dal d.P.R. 26
agosto 1993, n. 412. Tale controllo annuale dei valori di emissione non è richiesto nei casi previsti dalla
parte III, sezione 1 dell’Allegato IX alla parte quinta del presente decreto. Al libretto di centrale devono
essere allegati altresì i documenti o le dichiarazioni che attestano l’espletamento delle manutenzioni
necessarie a garantire il rispetto dei valori limite di emissione previste dal libretto di centrale. - Ai fini del campionamento, dell’analisi e della valutazione delle emissioni degli impianti termici di cui al
comma 1 si applicano i metodi previsti nella parte III dell’Allegato IX alla parte quinta del presente decreto. - A decorrere dal 29 ottobre 2006, l’installatore, contestualmente all’installazione o alla modifica
dell’impianto, verifica il rispetto dei valori limite di emissione previsti dal presente articolo. La
documentazione relativa a tale verifica è messa a disposizione del responsabile dell’esercizio e della
manutenzione dell’impianto che la allega al libretto di centrale previsto dal d.P.R. 26 agosto 1993, n. 412.
Tale verifica non è richiesta nei casi previsti dalla parte III, sezione 1, dell’Allegato IX VIII alla parte quinta
del presente decreto. - Abilitazione alla conduzione
(articolo così modificato dall’art. 3, comma 20, d.lgs. n. 128 del 2010) - Il personale addetto alla conduzione degli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore a
0.232 MW deve essere munito di un patentino di abilitazione rilasciato da una autorità individuata dalla
legge regionale, la quale disciplina anche le opportune modalità di formazione nonché le modalità di
compilazione, tenuta e aggiornamento di un registro degli abilitati alla conduzione degli impianti termici. I
patentini possono essere rilasciati a persone aventi età non inferiore a diciotto anni compiuti. Il registro
degli abilitati alla conduzione degli impianti termici è tenuto presso l’autorità che rilascia il patentino o
presso la diversa autorità indicata dalla legge regionale e, in copia, presso l’autorità competente e presso il
comando provinciale dei vigili del fuoco. - Resta fermo quanto previsto dall’articolo 11, comma 3, del d.P.R. 26 agosto 1993, n. 412.
- Ai fini del comma 1 sono previsti due gradi di abilitazione. Il patentino di primo grado abilita alla
conduzione degli impianti termici per il cui mantenimento in funzione è richiesto il certificato di abilitazione
alla condotta dei generatori di vapore a norma del regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, e il patentino di
secondo grado abilita alla conduzione degli altri impianti. Il patentino di primo grado abilita anche alla
conduzione degli impianti per cui è richiesto il patentino di secondo grado. - Il possesso di un certificato di abilitazione di qualsiasi grado per la condotta dei generatori di vapore, ai
sensi del regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, consente, ove previsto dalla legge regionale, il rilascio del
patentino senza necessità dell’esame di cui al comma 1. - Il patentino può essere in qualsiasi momento revocato in caso di irregolare conduzione dell’impianto. A
tal fine l’autorità competente comunica all’autorità che ha rilasciato il patentino i casi di irregolare
conduzione accertati. Il provvedimento di sospensione o di revoca del certificato di abilitazione alla
condotta dei generatori di vapore ai sensi degli articoli 31 e 32 del regio decreto 12 maggio 1927, n. 824,
non ha effetto sul patentino di cui al presente articolo. - Fino all’entrata in vigore delle disposizioni regionali di cui al comma 1, la disciplina dei corsi e degli esami
resta quella individuata ai sensi del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 12 agosto
1968. - Controlli e sanzioni
(articolo così modificato dall’art. 3, comma 21, d.lgs. n. 128 del 2010) - E’ punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a
duemilacinquecentottantadue euro l’installatore che non redige o redige in modo incompleto l’atto di cui
all’articolo 284, comma 1, o non lo mette a disposizione del responsabile dell’esercizio e della
manutenzione dell’impianto o del soggetto committente nei termini prescritti o non lo trasmette unitamente
alla dichiarazione di conformità nei casi in cui questa è trasmessa ai sensi del decreto ministeriale 22
gennaio 2008, n. 37. Con la stessa sanzione è punito il soggetto committente che non mette a disposizione
del responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto l’atto e l’elenco dovuti nei termini
prescritti. Con la stessa sanzione è punito il responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto
che non redige o redige in modo incompleto l’atto di cui all’articolo 284, comma 2, o non lo trasmette
all’autorità competente nei termini prescritti. - In caso di esercizio di un impianto termico civile non conforme alle caratteristiche tecniche di cui
all’articolo 285, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da 516 euro a 2.582 euro:
a) l’installatore, nei casi disciplinati all’articolo 284, comma 1;
b) il responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto, nei casi soggetti all’articolo
284, comma 2. - Nel caso in cui l’impianto non rispetti i valori limite di emissione di cui all’articolo 286, comma 1, sono
puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da 516 euro a 2.582:
a) il responsabile dell’esercizio e della manutenzione, in tutti i casi in cui l’impianto non è
soggetto all’obbligo di verifica di cui all’articolo 286, comma 4;
b) l’installatore e il responsabile dell’esercizio e della manutenzione, se il rispetto dei valori
limite non è stato verificato ai sensi dell’articolo 286, comma 4, o non è stato dichiarato
nell’atto di cui all’articolo 284, comma 1;
c) l’installatore, se il rispetto dei valori limite è stato verificato ai sensi dell’articolo 286,
comma 4, e dichiarato nell’atto di cui all’articolo 284, comma 1, e se dal libretto di centrale
risultano regolarmente effettuati i controlli e le manutenzioni prescritti dalla parte quinta del
presente decreto e dal d.P.R. 26 agosto 1993, n. 412, purché non sia superata la durata
stabilita per il ciclo di vita dell’impianto:
d) il responsabile dell’esercizio e della manutenzione, se il rispetto dei valori limite è stato
verificato ai sensi dell’articolo 286, comma 4, e dichiarato nell’atto di cui all’articolo 284,
comma 1, e se dal libretto di centrale non risultano regolarmente effettuati i controlli e le
manutenzioni prescritti o è stata superata la durata stabilita per il ciclo di vita dell’impianto. - Con una sanzione amministrativa pecuniaria da 516 euro a 2.582 euro è punito il responsabile
dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto che non effettua il controllo annuale delle emissioni ai
sensi dell’articolo 286, comma 2, o non allega al libretto di centrale i dati ivi previsti. - Ferma stando l’applicazione delle sanzioni previste dai commi precedenti e delle sanzioni previste per la
produzione di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni, l’autorità competente, ove accerti che l’impianto
non rispetta le caratteristiche tecniche di cui all’articolo 285 o i valori limite di emissione di cui all’articolo
286 o quanto disposto dall’articolo 293, impone, con proprio provvedimento, al contravventore di
procedere all’adeguamento entro un determinato termine oltre il quale l’impianto non può essere utilizzato.
In caso di mancato rispetto del provvedimento adottato dall’autorità competente si applica l’articolo 650 del
codice penale. - All’irrogazione delle sanzioni amministrative previste dal presente articolo, ai sensi degli articoli 17 e
seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, provvede l’autorità competente di cui all’articolo 283,
comma 1, lettera i), o la diversa autorità indicata dalla legge regionale. - Chi effettua la conduzione di un impianto termico civile di potenza termica nominale superiore a 0.232
MW senza essere munito, ove prescritto, del patentino di cui all’articolo 287 è punito con una sanzione
amministrativa pecuniaria da quindici euro a quarantasei euro, alla cui irrogazione provvede l’autorità
indicata dalla legge regionale. - I controlli relativi al rispetto del presente titolo sono effettuati dall’autorità competente in occasione delle
ispezioni effettuate ai sensi dell’allegato L al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, anche avvalendosi
degli organismi ivi previsti, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente. - Abrogazioni
- Sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l’ulteriore vigenza, la legge 13
luglio 1966, n. 615, ed il d.P.R. 22 dicembre 1970, n. 1391. - Disposizioni transitorie e finali
(articolo così modificato dall’art. 3, comma 22, d.lgs. n. 128 del 2010) - (abrogato)
- L’installazione di impianti termici civili centralizzati può essere imposta dai regolamenti edilizi comunali
relativamente agli interventi di ristrutturazione edilizia ed agli interventi di nuova costruzione qualora tale
misura sia individuata dai piani e dai programmi previsti di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa,
come necessaria al conseguimento dei valori di qualità dell’aria. - La legge 13 luglio 1966, n. 615, il d.P.R. 22 dicembre 1970, n. 1391, e il titolo II del decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002 continuano ad applicarsi agli impianti termici
assoggettati al titolo I della parte quinta al del presente decreto, fino alla data in cui è effettuato
l’adeguamento disposto dalle autorizzazioni rilasciate ai sensi dell’articolo 281, comma 3. - Con decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con i Ministri della salute e dello sviluppo economico,
da adottare entro il 31 dicembre 2010, sono disciplinati i requisiti, le procedure e le competenze per il
rilascio di una certificazione dei generatori di calore, con priorità per quelli aventi potenza termica nominale
inferiore al valore di soglia di 0,035 MW, alimentati con i combustibili individuati alle lettere f), g) e h) della
parte I, sezione 2, dell’allegato X alla parte quinta del presente decreto. Nella certificazione si attesta
l’idoneità dell’impianto ad assicurare specifiche prestazioni emissive, con particolare riferimento alle
emissioni di polveri e di ossidi di azoto, e si assegna, in relazione ai livelli prestazionali assicurati, una
specifica classe di qualità. Tale decreto individua anche le prestazioni emissive di riferimento per le diverse
classi, i relativi metodi di prova e le verifiche che il produttore deve effettuare ai fini della certificazione,
nonché indicazioni circa le corrette modalità di installazione e gestione dei generatori di calore. A seguito
dell’entrata in vigore del decreto, i piani di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa possono imporre
limiti e divieti all’utilizzo dei generatori di calore non aventi la certificazione o certificati con una classe di
qualità inferiore, ove tale misura sia necessaria al conseguimento dei valori di qualità dell’aria. I programmi
e gli strumenti di finanziamento statali e regionali diretti ad incentivare l’installazione di generatori di calore
a ridotto impatto ambientale assicurano priorità a quelli certificati con una classe di qualità superiore.
Titolo III – Combustibili - Campo di applicazione
- Il presente titolo disciplina, ai fini della prevenzione e della limitazione dell’inquinamento atmosferico, le
caratteristiche merceologiche dei combustibili che possono essere utilizzati negli impianti di cui ai titoli I e
II della parte quinta del presente decreto, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al
valore di soglia, e le caratteristiche merceologiche del gasolio marino. Il presente titolo stabilisce inoltre le
condizioni di utilizzo dei combustibili, comprese le prescrizioni finalizzate ad ottimizzare il rendimento di
combustione, e i metodi di misura delle caratteristiche merceologiche. - Definizioni
- Ai fini del presente titolo si applicano, ove non altrimenti disposto, le definizioni di cui al titolo I ed al
titolo II della parte quinta del presente decreto. - In aggiunta alle definizioni del comma 1, si applicano le seguenti definizioni:
a) olio combustibile pesante: qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio del codice NC
2710 1951 – 2710 1969 ovvero qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il
gasolio di cui alle lettere b) e d), che, per i suoi limiti di distillazione, rientra nella categoria di
oli pesanti destinati ad essere usati come combustibile e di cui meno del sessantacinque per
cento in volume, comprese le perdite, distilla a 250 °C secondo il metodo ASTM D86, anche
se la percentuale del distillato a 250° C non può essere determinata secondo il predetto
metodo;
b) gasolio: qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio del codice NC 2710 1945 – 2710
1949, ovvero qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio che, per i suoi limiti di
distillazione, rientra nella categoria dei distillati medi destinati ad essere usati come
combustibile o carburante e di cui almeno l’ottantacinque per cento in volume, comprese le
perdite, distilla a 350 °C secondo il metodo ASTM D86;
c) metodo ASTM: i metodi stabiliti dalla «American Society for Testing and Materials»
nell’edizione 1976 delle definizioni e delle specifiche tipo per il petrolio e i prodotti lubrificanti;
d) gasolio marino: qualsiasi combustibile per uso marittimo che corrisponde alla definizione di
cui alla lettera b) ovvero che ha una viscosità o densità che rientra nei limiti della viscosità o
densità definiti per i distillati marini nella tabella dell’ISO 8217 – 1996, ad esclusione di quello
utilizzato per le imbarcazioni destinate alla navigazione interna, per il quale valgono le
disposizioni di cui al decreto legislativo 21 marzo 2005, n. 66, e ad esclusione di quello
utilizzato dalle navi che provengono direttamente da un Paese non appartenente all’Unione
europea;
e) navigazione interna: navigazione su laghi, fiumi, canali e altre acque interne.
f) depositi fiscali: impianti in cui vengono fabbricati, trasformati, detenuti, ricevuti o spediti i
combustibili oggetto della parte quinta del presente decreto, sottoposti ad accisa; ricadono in
tale definizione anche gli impianti di produzione dei combustibili.
g) combustibile sottoposto ad accisa: combustibile al quale si applica il regime fiscale delle
accise. - Combustibili consentiti
- Negli impianti disciplinati dal titolo I e dal titolo II della parte quinta del presente decreto, inclusi gli
impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, possono essere utilizzati
esclusivamente i combustibili previsti per tali categorie di impianti dall’Allegato X alla parte quinta del
presente decreto, alle condizioni ivi previste. I materiali e le sostanze elencati nell’allegato X alla parte
quinta del presente decreto non possono essere utilizzati come combustibili ai sensi del presente titolo se
costituiscono rifiuti ai sensi della parte quarta del presente decreto. è soggetta alla normativa vigente in
materia di rifiuti la combustione di materiali e sostanze che non sono conformi all’allegato X alla parte
quinta del presente decreto o che comunque costituiscono rifiuti ai sensi della parte quarta del presente
decreto. Agli impianti di cui alla parte I, lettere e) ed f), dell’Allegato IV alla parte quinta del presente
decreto si applicano le prescrizioni dell’Allegato X alla parte quinta del presente decreto relative agli
impianti disciplinati dal titolo II della parte quinta del presente decreto. Il gasolio marino deve essere
conforme a quanto previsto dalla parte I, sezione 3, dell’Allegato X alla parte quinta del presente decreto.
(comma così modificato dall’art. 3, comma 23, d.lgs. n. 128 del 2010) - Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri
delle attività produttive e della salute, previa autorizzazione della Commissione europea, possono essere
stabiliti valori limite massimi per il contenuto di zolfo negli oli combustibili pesanti o nel gasolio, incluso
quello marino, più elevati rispetto a quelli fissati nell’Allegato X alla parte quinta del presente decreto
qualora, a causa di un mutamento improvviso nell’approvvigionamento del petrolio greggio, di prodotti
petroliferi o di altri idrocarburi, non sia possibile rispettare tali valori limite. - Prescrizioni per il rendimento di combustione
(articolo così modificato dall’art. 3, comma 24, d.lgs. n. 128 del 2010) - Al fine di ottimizzare il rendimento di combustione, gli impianti disciplinati dal titolo I della parte quinta
del presente decreto, con potenza termica nominale pari o superiore a 6 MW, devono essere dotati di
rilevatori della temperatura nell’effluente gassoso nonché di un analizzatore per la misurazione e la
registrazione in continuo dell’ossigeno libero e del monossido di carbonio. I suddetti parametri devono
essere rilevati nell’effluente gassoso all’uscita dell’impianto. Tali impianti devono essere inoltre dotati, ove
tecnicamente fattibile, di regolazione automatica del rapporto aria-combustibile. Ai fini dell’applicazione del
presente comma si fa riferimento alla potenza termica nominale di ciascun focolare, anche nei casi in cui
più impianti siano considerati, ai sensi dell’articolo 270, comma 4, o dell’articolo 273, comma 9, o
dell’articolo 282, comma 2, come un unico impianto. - Nel caso di impianti di combustione per i quali l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera o
l’autorizzazione integrata ambientale prescriva un valore limite di emissione in atmosfera per il monossido
di carbonio e la relativa misurazione in continuo, quest’ultima tiene luogo della misurazione del medesimo
prescritta al comma 1. Il comma 1 non si applica agli impianti elencati nell’articolo 273, comma 15, anche
di potenza termica nominale inferiore a 50MW. - Al fine di ottimizzare il rendimento di combustione, gli impianti disciplinati dal titolo II della parte quinta
del presente decreto, di potenza termica nominale per singolo focolare superiore a 1,16 MW, devono
essere dotati di rilevatori della temperatura negli effluenti gassosi nonché di un analizzatore per la
misurazione e la registrazione in continuo dell’ossigeno libero e del monossido di carbonio. I suddetti
parametri devono essere rilevati nell’effluente gassoso all’uscita del focolare. Tali impianti devono essere
inoltre dotati, ove tecnicamente fattibile, di regolazione automatica del rapporto aria-combustibile. - Raccolta e trasmissione di dati relativi al tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi
- Al fine di consentire l’elaborazione della relazione di cui al comma 4, il controllo delle caratteristiche
dell’olio combustibile pesante, del gasolio e del gasolio marino prodotti o importati, e destinati alla
commercializzazione sul mercato nazionale, è effettuato dai laboratori chimici delle dogane o, ove istituiti,
dagli uffici delle dogane nel cui ambito operano i laboratori chimici delle dogane. Il campionamento è
effettuato con una frequenza adeguata e secondo modalità che assicurino la rappresentatività dei campioni
rispetto al combustibile controllato. Entro il 31 marzo di ogni anno gli esiti di tali controlli effettuati nel
corso dell’anno precedente sono messi a disposizione dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale (APAT) e del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Entro il 31 marzo di ogni anno, i gestori dei depositi fiscali che importano i combustibili di cui comma 1
da Paesi terzi o che li ricevono da Paesi membri dell’Unione europea e i gestori degli impianti di produzione
dei medesimi combustibili inviano all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT) e al
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, osservando le modalità e utilizzando i moduli
indicati nella parte 1, sezione 3, appendice 1, dell’Allegato X alla parte quinta del presente decreto, i dati
concernenti i quantitativi e il contenuto di zolfo di tali combustibili prodotti o importati, e destinati alla
commercializzazione sul mercato nazionale, nel corso dell’anno precedente. I dati si riferiscono ai
combustibili immagazzinati nei serbatoi in cui sono sottoposti ad accertamento volto a verificarne la
quantità e la qualità ai fini della classificazione fiscale. Entro il 31 marzo di ogni anno, i gestori dei grandi
impianti di combustione che importano olio combustibile pesante da Paesi terzi o che lo ricevono da Paesi
membri dell’Unione europea inviano all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT) e
al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, osservando le modalità e utilizzando i
moduli indicati nella parte I, sezione 3, appendice 1 dell’Allegato X alla parte quinta del presente decreto, i
dati concernenti i quantitativi di olio combustibile pesante importati nell’anno precedente e il relativo
contenuto di zolfo. - Entro il 31 marzo di ogni anno, i gestori degli impianti di cui alla parte I, sezione 3, punto 1.2,
dell’Allegato X alla parte quinta del presente decreto inviano all’Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale (APAT) e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, osservando le
modalità e utilizzando i moduli indicati da tale sezione nell’appendice 2, i dati inerenti i quantitativi ed il
tenore di zolfo dell’olio combustibile pesante utilizzato nel corso dell’anno precedente. - Entro il 31 maggio di ogni anno l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT), sulla
base dei risultati dei controlli di cui al comma 1 e dei dati di cui ai commi 2 e 3, trasmette al Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare una relazione circa il tenore di zolfo dei combustibili di
cui al comma 1 prodotti, importati e utilizzati nell’anno civile precedente e circa i casi di applicazione delle
deroghe di cui alla parte I, sezione 3, punto 1.2, dell’Allegato X alla parte quinta del presente decreto. - Entro il 30 giugno di ciascun anno il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare invia
alla Commissione europea un documento elaborato sulla base della relazione di cui al comma 4. - Non sono soggetti al presente articolo i combustibili destinati alla trasformazione prima della
combustione finale e i combustibili usati a fini di trasformazione nell’industria della raffinazione. - Sanzioni
- Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 4, chi effettua la combustione di
materiali o sostanze non conformi alle prescrizioni del presente titolo, ove gli stessi non costituiscano rifiuti
ai sensi della vigente normativa, è punito:
(alinea così modificato dall’art. 11, comma 5, d.lgs. n. 46 del 2014)
a) in caso di combustione effettuata presso gli impianti di cui al titolo I della parte quinta del
presente decreto, con l’arresto fino a due anni o con l’ammenda da 258 euro a 1.032 euro;
b) in caso di combustione effettuata presso gli impianti di cui al titolo II della parte quinta del
presente decreto, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di
soglia, con una sanzione amministrativa pecuniaria da 200 euro a 1.000 euro; a tale
sanzione, da irrogare ai sensi dell’articolo 288, comma 6, non si applica il pagamento in
misura ridotta di cui all’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689; la sanzione non si
applica se, dalla documentazione relativa all’acquisto di tali materiali o sostanze, risultano
caratteristiche merceologiche conformi a quelle dei combustibili consentiti nell’impianto,
ferma restando l’applicazione dell’articolo 515 del codice penale e degli altri reati previsti dalla
vigente normativa.
(lettera così modificata dall’art. 3, comma 25, d.lgs. n. 128 del 2010) - La sanzione prevista dal comma 1, lettera b), si applica anche a chi effettua la combustione di gasolio
marino non conforme alle prescrizioni del presente titolo. In tal caso l’autorità competente all’irrogazione è
la regione o la diversa autorità indicata dalla legge regionale. - I controlli sul rispetto delle disposizioni del presente titolo sono effettuati, per gli impianti di cui al titolo I
della parie quinta del presente decreto, dall’autorità di cui all’articolo 268, comma 1, lettera p), e per gli
impianti di cui al titolo II della parte quinta del presente decreto, dall’autorità di cui all’articolo 283, comma
1, lettera i). - In caso di mancato rispetto delle prescrizioni di cui all’articolo 294, il gestore degli impianti disciplinati
dal titolo I della parte quinta del presente decreto è punito con l’arresto fino a un anno o con l’ammenda
fino a 1.032 euro. Per gli impianti disciplinati dal titolo II della parte quinta del presente decreto si applica
la sanzione prevista dall’articolo 288, comma 2; la medesima sanzione, in caso di mancato rispetto delle
prescrizioni di cui all’articolo 294, si applica al responsabile per l’esercizio e la manutenzione se ricorre il
caso previsto dall’ultimo periodo dell’articolo 284, comma 2. - In caso di mancata trasmissione dei dati di cui all’articolo 295, commi 2 e 3, nei termini prescritti, il
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche ai fini di quanto previsto dall’articolo
650 del codice penale, ordina ai soggetti inadempienti di provvedere. - Abrogazioni
- Sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l’ulteriore vigenza, l’articolo 2,
comma 2, della legge 8 luglio 1986, n. 349, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 settembre
2001, n. 395, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002 e l’articolo 2 del decretolegge
7 marzo 2002, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 maggio 2002, n. 82. - Disposizioni transitorie e finali
- Le disposizioni del presente titolo relative agli impianti disciplinati dal titolo I della parte quinta del
presente decreto si applicano agli impianti termici civili di cui all’articolo 290, comma 3, a partire dalla data
in cui è effettuato l’adeguamento disposto dalle autorizzazioni rilasciate ai sensi dell’articolo 281, comma 3.
(comma così modificato dall’art. 3, comma 26, d.lgs. n. 128 del 2010) - Alla modifica e all’integrazione dell’Allegato X alla parte quinta del presente decreto si provvede con le
modalità previste dall’articolo 281, commi 5 e 6. All’integrazione di tale Allegato si procede per la prima
volta entro un anno dall’entrata in vigore della parte quinta del presente decreto.
2-bis. Entro il 30 giugno di ciascun anno il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e
del mare invia alla Commissione europea, sulla base di una relazione trasmessa dall’APAT entro il mese
precedente, un rapporto circa il tenore di zolfo dell’olio combustibile pesante, del gasolio e dei combustibili
per uso marittimo utilizzati nell’anno civile precedente. I soggetti di cui all’articolo 296, commi 2 e 9, i
laboratori chimici delle dogane o, ove istituiti, gli uffici delle dogane nel cui ambito operano i laboratori
chimici delle dogane, i gestori dei depositi fiscali, i gestori degli impianti di produzione di combustibili e i
gestori dei grandi impianti di combustione trasmettono all’APAT ed al Ministero, nei casi, nei tempi e con le
modalità previsti nella parte I, sezione 3, dell’Allegato X alla parte quinta, i dati e le informazioni necessari
ad elaborare la relazione.
(comma aggiunto dall’art. 1, comma 6, legge n. 205 del 2007)
2-ter. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministro della salute ed il Ministro dello sviluppo economico ed il Ministro delle politiche agricole e forestali
è istituita, nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e,
comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, una commissione per l’esame
delle proposte di integrazione ed aggiornamento dell’Allegato X alla parte quinta del presente decreto,
presentate dalle amministrazioni dello Stato e dalle regioni. La commissione è composta da due
rappresentanti di ciascuno di tali Ministeri e da un rappresentante del Dipartimento affari regionali della
Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ai componenti della Commissione non sono dovuti compensi, né
rimborsi spese.
(comma aggiunto dall’art. 3, comma 26, d.lgs. n. 128 del 2010)
Parte Quinta-bis – Disposizioni per particolari installazioni
(parte introdotta dall’art. 7, comma 1, d.lgs. n. 46 del 2014)
Titolo I – Attività di produzione di biossido di titanio e solfati di calcio
298-bis. Disposizioni particolari per installazioni e stabilimenti che producono biossido di
titanio e solfati di calcio - Sono vietati, con riferimento alle sostanze relative ai processi di produzione di biossido di titanio,
l’immersione, l’iniezione e lo scarico in qualsiasi corpo d’acqua e nel mare dei seguenti rifiuti:
a) rifiuti solidi, in particolare i residui insolubili del minerale che non vengono attaccati
dall’acido solforico o dal cloro nel procedimento di fabbricazione; il vetriolo verde, ossia il
solfato ferroso cristallizzato (FeSO4H2O; i cloruri metallici e idrossidi metallici (stanze di
filtrazione) provenienti in forma solida dalla fabbricazione del tetracloruro di titanio; i residui
di coke provenienti dalla fabbricazione del tetracloruro di titanio;
b) le acque madri provenienti dalla fase di filtrazione successiva all’idrolisi della soluzione di
solfato di 1titanio e da installazioni che utilizzano il procedimento al solfato; sono compresi i
rifiuti acidi associati a tali acque madri, contenenti complessivamente più dello 0,5 per cento
di acido solforico libero nonché vari metalli pesanti; sono e comprese le acque madri che
sono state diluite fino a contenere lo 0,5 per cento o meno di acido solforico libero;
c) i rifiuti provenienti da installazioni che utilizzano il procedimento con cloruro, contenenti più
dello 0,5 per cento di acido cloridrico, nonché vari metalli pesanti; sono compresi i rifiuti acidi
che sono stati diluiti fino a contenere lo 0,5 per cento o meno di acido cloridrico libero;
d) i sali di filtrazione, i fanghi ed i rifiuti liquidi ottenuti dal trattamento (concentrazione o
neutralizzazione) dei rifiuti di cui alle lettere b) e c) e contenenti vari metalli pesanti; sono
esclusi i rifiuti neutralizzati e filtrati o decantati che contengono metalli pesanti solo in tracce
e che, prima di qualsiasi diluizione, hanno un valore di pH superiore a 5,5.
1-bis. Il gestore delle installazioni e degli stabilimenti che producono biossido di titanio informa
immediatamente l’autorità competente in caso di violazione delle condizioni di autorizzazione, adottando
nel contempo le misure necessarie a ripristinare la conformità nel più breve tempo possibile.
(comma introdotto dall’art. 18, comma 1, della legge n. 167 del 2017)
1-ter. In caso di violazione delle condizioni di autorizzazione, l’autorità competente impone al gestore di
adottare ogni misura complementare appropriata che ritiene necessaria per ripristinare la conformità,
disponendo la sospensione dell’esercizio della parte interessata laddove la violazione determini un pericolo
immediato per la salute umana o minacci di provocare ripercussioni serie e immediate sull’ambiente, finché
la conformità non sia ripristinata con l’applicazione delle misure adottate ai sensi del presente comma e del
comma 1-bis.
(comma introdotto dall’art. 18, comma 1, della legge n. 167 del 2017) - Per le installazioni e gli stabilimenti che producono biossido di titanio, le emissioni nelle acque e
nell’atmosfera devono rispettare i valori limite di emissione previsti all’Allegato I, parti 1 e 2, alla Parte
Quinta-bis. Le autorizzazioni prevedono inoltre opportune misure per prevenire l’emissione di aerosol acidi
dalle installazioni. - Le autorità competenti per il controllo effettuano ispezioni e prelievi di campioni 3.relativamente alla
emissioni nelle acque, alle emissioni nell’atmosfera, agli stoccaggi ed alle lavorazioni presso le installazioni
e gli stabilimenti che producono biossido di titanio. Tale controllo comprende almeno il controllo delle
emissioni di cui all’Allegato I, Parte 3.3, alla Parte Quinta-bis. Il controllo è effettuato conformemente alle
norme CEN oppure, se non sono disponibili norme CEN, conformemente a norme ISO, nazionali o
internazionali che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica.
(comma così modificato dall’art. 18, comma 1, della legge n. 167 del 2017)
3-bis. Alle installazioni e agli stabilimenti che producono biossido di titanio si applicano le disposizioni
dell’articolo 29-undecies.
(comma introdotto dall’art. 18, comma 1, della legge n. 167 del 2017) - Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare integra la relazione di cui all’articolo 29-
terdecies, comma 2, con i dati relativi all’attuazione del presente articolo, secondo le modalità fissate dalla
normativa comunitaria e sulla base di rapporti di cui al comma 5 che le regioni e le province autonome
forniscono entro il 30 aprile di ogni anno. - Il rapporto di cui al comma 4, elaborato sulla base dei controlli di cui al comma 3 e dei dati di cui al
comma 6, deve contenere almeno, con riferimento a ciascuna risorsa ambientale interessata, le seguenti
informazioni:
a) una descrizione del luogo di campionamento e delle sue caratteristiche permanenti,
unitamente ad altre notizie di tipo amministrativo e geografico;
b) l’indicazione dei metodi di campionamento e analisi usati;
c) i risultati delle analisi;
d) le modifiche apportate alla frequenza di campionamento e di analisi ed al luogo di
campionamento. - I gestori delle installazioni e degli stabilimenti che producono biossido di titanio trasmettono alle regioni
e alla province autonome, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione contenente i dati necessari per il
rapporto di cui al comma 5 con riferimento alle emissioni, agli stoccaggi e alle lavorazioni di cui al comma
3, indicando anche la tipologia e sui quantitativi di rifiuti prodotti e/o scaricati o stoccati nell’anno civile
precedente.
6-bis. Fatto salvo quanto disposto dal decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel
supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, l’autorità competente, in sede
di valutazione di compatibilità ambientale, può non applicare i valori di concentrazione soglia di
contaminazione, indicati nella tabella 1 dell’allegato 5 al titolo V della parte quarta del presente decreto,
agli analiti presenti nei solfati di calcio, ottenuti da neutralizzazione di correnti acide liquide o gassose
generati da lavorazioni industriali, utilizzati nell’attività di recupero ambientale, qualora sia dimostrata,
secondo le metodiche previste dal citato decreto ministeriale, l’assenza di cedibilità dei suddetti analiti.
(comma aggiunto dall’art. 50, comma 1, legge n. 221 del 2015)
6-ter. Fatto salvo l’obbligo di sottoporre i solfati di calcio destinati all’attività di recupero ambientale a test
di cessione secondo le metodiche e i limiti di cui all’allegato 3 del decreto del Ministro dell’ambiente 5
febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998,
l’autorità competente, nell’autorizzare l’utilizzo dei solfati di calcio, ottenuti da neutralizzazione di correnti
acide liquide o gassose generati da lavorazioni industriali, nell’attività di recupero ambientale, può
derogare, sulla base delle caratteristiche del sito, alle concentrazioni limite di cloruri di cui al citato allegato
3, qualora tale deroga non costituisca un pericolo per la salute dell’uomo e non rechi pregiudizio
all’ambiente.
(comma aggiunto dall’art. 50, comma 1, legge n. 221 del 2015)
Parte sesta – Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente
Titolo I – Ambito di applicazione
298-bis. Principi generali
(articolo introdotto dall’art. 25, comma 1, legge n. 97 del 2013) - La disciplina della parte sesta del presente decreto legislativo si applica:
a) al danno ambientale causato da una delle attività professionali elencate nell’allegato 5 alla
stessa parte sesta e a qualsiasi minaccia imminente di tale danno derivante dalle suddette
attività;
b) al danno ambientale causato da un’attività diversa da quelle elencate nell’allegato 5 alla
stessa parte sesta e a qualsiasi minaccia imminente di tale danno derivante dalle suddette
attività, in caso di comportamento doloso o colposo. - La riparazione del danno ambientale deve avvenire nel rispetto dei principi e dei criteri stabiliti nel titolo
II e nell’allegato 3 alla parte sesta, ove occorra anche mediante l’esperimento dei procedimenti finalizzati a
conseguire dal soggetto che ha causato il danno, o la minaccia imminente di danno, le risorse necessarie a
coprire i costi relativi alle misure di riparazione da adottare e non attuate dal medesimo soggetto. - Restano disciplinati dal titolo V della parte quarta del presente decreto legislativo gli interventi di
ripristino del suolo e del sottosuolo progettati ed attuati in conformità ai principi ed ai criteri stabiliti al
punto 2 dell’allegato 3 alla parte sesta nonché gli interventi di riparazione delle acque sotterranee
progettati ed attuati in conformità al punto 1 del medesimo allegato 3, o, per le contaminazioni antecedenti
alla data del 29 aprile 2006, gli interventi di riparazione delle acque sotterranee che conseguono gli
obiettivi di qualità nei tempi stabiliti dalla parte terza del presente decreto. - Competenze ministeriali
- Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita le funzioni e i compiti spettanti
allo Stato in materia di tutela, prevenzione e riparazione dei danni all’ambiente.
(comma così modificato dall’art. 25, comma 1, legge n. 97 del 2013) - L’azione ministeriale si svolge normalmente in collaborazione con le regioni, con gli enti locali e con
qualsiasi soggetto di diritto pubblico ritenuto idoneo. - L’azione ministeriale si svolge nel rispetto della normativa comunitaria vigente in materia di prevenzione
e riparazione del danno ambientale, delle competenze delle regioni, delle province autonome di Trento e di
Bolzano e degli enti locali con applicazione dei princìpi costituzionali di sussidiarietà e di leale
collaborazione. - Per le finalità connesse all’individuazione, all’accertamento ed alla quantificazione del danno ambientale,
il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare si avvale, in regime convenzionale, di
soggetti pubblici e privati di elevata e comprovata qualificazione tecnico-scientifica operanti sul territorio,
nei limiti delle disponibilità esistenti. - Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze
e delle attività produttive, stabilisce i criteri per le attività istruttorie volte all’accertamento del danno
ambientale ai sensi del titolo III della parte sesta del presente decreto. I relativi oneri sono posti a carico
del responsabile del danno.
(comma così modificato dall’art. 25, comma 1, legge n. 97 del 2013) - Ai fini dell’attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo, il Ministro dell’economia e delle
finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le necessarie variazioni di bilancio. - Danno ambientale
- È danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa
naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima. - Ai sensi della direttiva 2004/35/CE costituisce danno ambientale il deterioramento, in confronto alle
condizioni originarie, provocato:
a) alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria di cui alla
legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica, che
recepisce le direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979; 85/411/CEE della
Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991 ed attua
le convenzioni di Parigi del 18 ottobre 1950 e di Berna del 19 settembre 1979, e di cui al
d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, recante regolamento recante attuazione della direttiva
92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora
e della fauna selvatiche, nonché alle aree naturali protette di cui alla legge 6 dicembre 1991,
n. 394, e successive norme di attuazione;
b) alle acque interne, mediante azioni che incidano in modo significativamente negativo sullo
stato ecologico, chimico e/o quantitativo oppure sul potenziale ecologico delle acque
interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE ad eccezione degli effetti negativi cui si
applica l’articolo 4, paragrafo 7, di tale direttiva;
c) alle acque costiere ed a quelle ricomprese nel mare territoriale mediante le azioni
suddette, anche se svolte in acque internazionali;
d) al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti
nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell’introduzione nel suolo, sul suolo o nel
sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l’ambiente. - Attuazione del principio di precauzione
- In applicazione del principio di precauzione di cui all’articolo 174, paragrafo 2, del Trattato CE, in caso di
pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l’ambiente, deve essere assicurato un alto livello
di protezione. - L’applicazione del principio di cui al comma 1 concerne il rischio che comunque possa essere individuato
a sèguito di una preliminare valutazione scientifica obiettiva. - L’operatore interessato, quando emerga il rischio suddetto, deve informarne senza indugio, indicando
tutti gli aspetti pertinenti alla situazione, il comune, la provincia, la regione o la provincia autonoma nel cui
territorio si prospetta l’evento lesivo, nonché il Prefetto della provincia che, nelle ventiquattro ore
successive, informa il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in applicazione del principio di
precauzione, ha facoltà di adottare in qualsiasi momento misure di prevenzione, ai sensi dell’articolo 304,
che risultino:
a) proporzionali rispetto al livello di protezione che s’intende raggiungere;
b) non discriminatorie nella loro applicazione e coerenti con misure analoghe già adottate;
c) basate sull’esame dei potenziali vantaggi ed oneri;
d) aggiornabili alla luce di nuovi dati scientifici. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare promuove l’informazione del pubblico
quanto agli effetti negativi di un prodotto o di un processo e, tenuto conto delle risorse finanziarie previste
a legislazione vigente, può finanziare programmi di ricerca, disporre il ricorso a sistemi di certificazione
ambientale ed assumere ogni altra iniziativa volta a ridurre i rischi di danno ambientale. - Definizioni
- Lo stato di conservazione di una specie è considerato favorevole quando:
a) i dati relativi alla sua popolazione mostrano che essa si sta mantenendo, a lungo termine,
come componente vitale dei suoi habitat naturali;
b) l’area naturale della specie non si sta riducendo né si ridurrà verosimilmente in un futuro
prevedibile;
c) esiste, e verosimilmente continuerà ad esistere, un habitat sufficientemente ampio per
mantenerne la popolazione a lungo termine. - Lo stato di conservazione di un habitat naturale è considerato favorevole quando:
a) la sua area naturale e le zone in essa racchiuse sono stabili o in aumento;
b) le strutture e le funzioni specifiche necessarie per il suo mantenimento a lungo termine
esistono e continueranno verosimilmente a esistere in un futuro prevedibile; e
c) lo stato di conservazione delle sue specie tipiche è favorevole, ai sensi del comma 1. - Per “acque” si intendono tutte le acque cui si applica la parte terza del presente decreto.
- Per “operatore” s’intende qualsiasi persona, fisica o giuridica, pubblica o privata, che esercita o controlla
un’attività professionale avente rilevanza ambientale oppure chi comunque eserciti potere decisionale sugli
aspetti tecnici e finanziari di tale attività, compresi il titolare del permesso o dell’autorizzazione a svolgere
detta attività. - Per “attività professionale” s’intende qualsiasi azione, mediante la quale si perseguano o meno fini di
lucro, svolta nel corso di un’attività economica, industriale, commerciale, artigianale, agricola e di
prestazione di servizi, pubblica o privata. - Per “emissione” s’intende il rilascio nell’ambiente, a seguito dell’attività umana, di sostanze, preparati,
organismi o microrganismi. - Per “minaccia imminente” di danno si intende il rischio sufficientemente probabile che stia per verificarsi
uno specifico danno ambientale. - Per “misure di prevenzione” si intendono le misure prese per reagire a un evento, un atto o
un’omissione che ha creato una minaccia imminente di danno ambientale, al fine di impedire o minimizzare
tale danno. - Per “ripristino”, anche “naturale”, s’intende: nel caso delle acque, delle specie e degli habitat protetti, il
ritorno delle risorse naturali o dei servizi danneggiati alle condizioni originarie; nel caso di danno al terreno,
l’eliminazione di qualsiasi rischio di effetti nocivi per la salute umana e per la integrità ambientale. In ogni
caso il ripristino deve consistere nella riqualificazione del sito e del suo ecosistema, mediante qualsiasi
azione o combinazione di azioni, comprese le misure di attenuazione o provvisorie, dirette a riparare,
risanare o, qualora sia ritenuto ammissibile dall’autorità competente, sostituire risorse naturali o servizi
naturali danneggiati. - Per “risorse naturali” si intendono specie e habitat naturali protetti, acqua e terreno.
- Per “servizi” e “servizi delle risorse naturali” si intendono le funzioni svolte da una risorsa naturale a
favore di altre risorse naturali e/o del pubblico. - Per “condizioni originarie” si intendono le condizioni, al momento del danno, delle risorse naturali e dei
servizi che sarebbero esistite se non si fosse verificato il danno ambientale, stimate sulla base delle migliori
informazioni disponibili. - Per “costi” s’intendono gli oneri economici giustificati dalla necessità di assicurare un’attuazione
corretta ed efficace delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto, compresi i costi per
valutare il danno ambientale o una sua minaccia imminente, per progettare gli interventi alternativi, per
sostenere le spese amministrative, legali e di realizzazione delle opere, i costi di raccolta dei dati ed altri
costi generali, nonché i costi del controllo e della sorveglianza. - Esclusioni
- La parte sesta del presente decreto:
a) non riguarda il danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno cagionati da:
1) atti di conflitto armato, sabotaggi, atti di ostilità, guerra civile, insurrezione;
2) fenomeni naturali di carattere eccezionale, inevitabili e incontrollabili;
b) non si applica al danno ambientale o a minaccia imminente di tale danno provocati da un
incidente per il quale la responsabilità o l’indennizzo rientrino nell’ambito d’applicazione di
una delle convenzioni internazionali elencate nell’allegato 1 alla parte sesta del presente
decreto cui la Repubblica italiana abbia aderito;
c) non pregiudica il diritto del trasgressore di limitare la propria responsabilità
conformemente alla legislazione nazionale che dà esecuzione alla convenzione sulla
limitazione della responsabilità per crediti marittimi (LLMC) del 1976, o alla convenzione di
Strasburgo sulla limitazione della responsabilità nella navigazione interna (CLNI) del 1988;
d) non si applica ai rischi nucleari relativi all’ambiente né alla minaccia imminente di tale
danno causati da attività disciplinate dal Trattato istitutivo della Comunità europea
dell’energia atomica o causati da un incidente o un’attività per i quali la responsabilità o
l’indennizzo rientrano nel campo di applicazione di uno degli strumenti internazionali elencati
nell’allegato 2 alla parte sesta del presente decreto;
e) non si applica alle attività svolte in condizioni di necessità ed aventi come scopo esclusivo
la difesa nazionale, la sicurezza internazionale o la protezione dalle calamità naturali;
f) non si applica al danno causato da un’emissione, un evento o un incidente verificatisi prima
della data di entrata in vigore della parte sesta del presente decreto;
(lettera modificata dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c), legge n. 166 del 2009, poi così
modificata dall’art. 25, comma 1, legge n. 97 del 2013)
g) non si applica al danno in relazione al quale siano trascorsi più di trent’anni dall’emissione,
dall’evento o dall’incidente che l’hanno causato;
h) non si applica al danno ambientale o alla minaccia imminente di tale danno causa ti da
inquinamento di carattere diffuso, se non sia stato possibile accertare in alcun modo un nesso
causale tra il danno e l’attività di singoli operatori;
i) (lettera abrogata dall’art. 25, comma 1, legge n. 97 del 2013)
Titolo II – Prevenzione e ripristino ambientale - Azione di prevenzione
- Quando un danno ambientale non si è ancora verificato, ma esiste una minaccia imminente che si
verifichi, l’operatore interessato adotta, entro ventiquattro ore e a proprie spese, le necessarie misure di
prevenzione e di messa in sicurezza. - L’operatore deve far precedere gli interventi di cui al comma 1 da apposita comunicazione al comune,
alla provincia, alla regione, o alla provincia autonoma nel cui territorio si prospetta l’evento lesivo, nonché
al Prefetto della provincia che nelle ventiquattro ore successive informa il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare. Tale comunicazione deve avere ad oggetto tutti gli aspetti pertinenti della
situazione, ed in particolare le generalità dell’operatore, le caratteristiche del sito interessato, le matrici
ambientali presumibilmente coinvolte e la descrizione degli interventi da eseguire. La comunicazione, non
appena pervenuta al comune, abilita immediatamente l’operatore alla realizzazione degli interventi di cui al
comma 1. Se l’operatore non provvede agli interventi di cui al comma 1 e alla comunicazione di cui al
presente comma, l’autorità preposta al controllo o comunque il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare irroga una sanzione amministrativa non inferiore a 1.000 euro né superiore a 3.000
euro per ogni giorno di ritardo. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in qualsiasi momento, ha facoltà di:
a) chiedere all’operatore di fornire informazioni su qualsiasi minaccia imminente di danno
ambientale o su casi sospetti di tale minaccia imminente;
b) ordinare all’operatore di adottare le specifiche misure di prevenzione considerate
necessarie, precisando le metodologie da seguire;
c) adottare egli stesso le misure di prevenzione necessarie. - Se l’operatore non si conforma agli obblighi previsti al comma 1 o al comma 3, lettera b), o se esso non
può essere individuato, o se non è tenuto a sostenere i costi a norma della parte sesta del presente
decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha facoltà di adottare egli stesso le
misure necessarie per la prevenzione del danno, approvando la nota delle spese, con diritto di rivalsa
esercitabile verso chi abbia causato o concorso a causare le spese stesse, se venga individuato entro il
termine di cinque anni dall’effettuato pagamento. - Ripristino ambientale
- Quando si è verificato un danno ambientale, l’operatore deve comunicare senza indugio tutti gli aspetti
pertinenti della situazione alle autorità di cui all’articolo 304, con gli effetti ivi previsti, e, se del caso, alle
altre autorità dello Stato competenti, comunque interessate. L’operatore ha inoltre l’obbligo di adottare
immediatamente:
a) tutte le iniziative praticabili per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo,
con effetto immediato, qualsiasi fattore di danno, allo scopo di prevenire o limitare ulteriori
pregiudizi ambientali ed effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi,
anche sulla base delle specifiche istruzioni formulate dalle autorità competenti relativamente
alle misure di prevenzione necessarie da adottare;
b) le necessarie misure di ripristino di cui all’articolo 306. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in qualsiasi momento, ha facoltà di:
a) chiedere all’operatore di fornire informazioni su qualsiasi danno verificatosi e sulle misure
da lui adottate immediatamente ai sensi del comma 1;
b) adottare, o ordinare all’operatore di adottare, tutte le iniziative opportune per controllare,
circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di
danno, allo scopo di prevenire o limitare ulteriori pregiudizi ambientali e effetti nocivi per la
salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi;
c) ordinare all’operatore di prendere le misure di ripristino necessarie;
d) adottare egli stesso le suddette misure. - Se l’operatore non adempie agli obblighi previsti al comma 1 o al comma 2, lettera b) o c), o se esso
non può essere individuato o se non è tenuto a sostenere i costi a norma della parte sesta del presente
decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha facoltà di adottare egli stesso tali
misure, approvando la nota delle spese, con diritto di rivalsa esercitabile verso chi abbia causato o
comunque concorso a causare le spese stesse, se venga individuato entro il termine di cinque anni
dall’effettuato pagamento. - Determinazione delle misure per il ripristino ambientale
- Gli operatori individuano le possibili misure per il ripristino ambientale che risultino conformi all’allegato
3 alla parte sesta del presente decreto e le presentano per l’approvazione al Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare senza indugio e comunque non oltre trenta giorni dall’evento dannoso, a
meno che questi non abbia già adottato misure urgenti, a norma articolo 305, commi 2 e 3. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare decide quali misure di ripristino attuare, in
modo da garantire, ove possibile, il conseguimento del completo ripristino ambientale, e valuta
l’opportunità di addivenire ad un accordo con l’operatore interessato nel rispetto della procedura di cui
all’articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241. - Se si è verificata una pluralità di casi di danno ambientale e l’autorità competente non è in grado di
assicurare l’adozione simultanea delle misure di ripristino necessarie, essa può decidere quale danno
ambientale debba essere riparato a titolo prioritario. Ai fini di tale decisione, l’autorità competente tiene
conto, fra l’altro, della natura, entità e gravità dei diversi casi di danno ambientale in questione, nonché
della possibilità di un ripristino naturale. - Nelle attività di ripristino ambientale sono prioritariamente presi in considerazione i rischi per la salute
umana. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare invita i soggetti di cui agli articoli 12 e 7,
comma 4, della direttiva 2004/35/CE, nonché i soggetti sugli immobili dei quali si devono effettuare le
misure di ripristino a presentare le loro osservazioni nel termine di dieci giorni e le prende in
considerazione in sede di ordinanza. Nei casi di motivata, estrema urgenza l’invito può essere incluso
nell’ordinanza, che in tal caso potrà subire le opportune riforme o essere revocata tenendo conto dello
stato dei lavori in corso.
306-bis. Determinazione delle misure per il risarcimento del danno ambientale e il ripristino
ambientale dei siti di interesse nazionale
(articolo introdotto dall’art. 31, comma 1, legge n. 221 del 2015) - Nel rispetto dei criteri di cui al comma 2 e tenuto conto del quadro comune da rispettare di cui
all’allegato 3 alla presente parte sesta, il soggetto nei cui confronti il Ministero dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare ha avviato le procedure di bonifica e di riparazione del danno ambientale di siti
inquinati di interesse nazionale ai sensi dell’articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, dell’articolo 17 del
decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonché ai sensi del titolo V della parte quarta e della parte sesta
del presente decreto, ovvero ha intrapreso la relativa azione giudiziaria, può formulare una proposta
transattiva. - La proposta di transazione di cui al comma 1:
a) individua gli interventi di riparazione primaria, complementare e compensativa;
b) ove sia formulata per la riparazione compensativa, tiene conto del tempo necessario per
conseguire
l’obiettivo della riparazione primaria o della riparazione primaria e complementare;
c) ove i criteri risorsa-risorsa e servizio-servizio non siano applicabili per la determinazione
delle misure complementari e compensative, contiene una liquidazione del danno mediante
una valutazione economica;
d) prevede comunque un piano di monitoraggio e controllo qualora all’impossibilità della
riparazione primaria corrisponda un inquinamento residuo che comporta un rischio per la
salute e per l’ambiente;
e) tiene conto degli interventi di bonifica già approvati e realizzati ai sensi del titolo V della
parte quarta del presente decreto;
f) in caso di concorso di più soggetti nell’aver causato il danno e negli obblighi di bonifica,
può essere formulata anche da alcuni soltanto di essi con riferimento all’intera obbligazione,
salvo il regresso nei confronti degli altri concorrenti;
g) contiene l’indicazione di idonee garanzie finanziarie. - Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, dichiara ricevibile
la proposta di transazione, verificato che ricorrono i requisiti di cui al comma 2, ovvero respinge la proposta
per assenza dei medesimi requisiti. - Nel caso in cui dichiari ricevibile la proposta di transazione, il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare convoca, entro trenta giorni, una conferenza di servizi alla quale partecipano la
regione e gli enti locali territorialmente coinvolti, che acquisisce il parere dell’Istituto superiore per la
protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e dell’Istituto superiore di sanità. In ogni caso il parere tiene
conto della necessità che gli interventi proposti, qualora non conseguano il completo ripristino dello stato
dei luoghi, assicurino comunque la funzionalità dei servizi e delle risorse tutelate e colpite dall’evento
lesivo. Della conferenza di servizi è data adeguata pubblicità al fine di consentire a tutti i soggetti
interessati di formulare osservazioni. - La conferenza di servizi, entro centottanta giorni dalla convocazione, approva, respinge o modifica la
proposta di transazione. La deliberazione finale è comunicata al proponente per l’accettazione, che deve
intervenire nei successivi sessanta giorni. Le determinazioni assunte all’esito della conferenza sostituiscono
a tutti gli effetti ogni atto decisorio comunque denominato di competenza delle amministrazioni
partecipanti alla predetta conferenza o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti. - Sulla base della deliberazione della conferenza accettata dall’interessato, il Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare predispone uno schema di transazione sul quale è acquisito il parere
dell’Avvocatura generale dello Stato, che lo valuta anche tenendo conto dei presumibili tempi processuali e,
ove possibile, dei prevedibili esiti del giudizio pendente o da instaurare. - Acquisito il parere di cui al comma 6, lo schema di transazione, sottoscritto per accettazione dal
proponente, è adottato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e
sottoposto al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della
legge 14 gennaio 1994, n. 20. - Nel caso di inadempimento, anche parziale, da parte dei soggetti privati, delle obbligazioni dagli stessi
assunte in sede di transazione nei confronti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, quest’ultimo, previa diffida ad adempiere nel termine di trenta giorni e previa escussione delle
garanzie finanziarie prestate, può dichiarare risolto il contratto di transazione. In tal caso, le somme
eventualmente già corrisposte dai contraenti sono trattenute dal Ministero in acconto dei maggiori importi
definitivamente dovuti per i titoli di cui al comma 1. - Notificazione delle misure preventive e di ripristino
- Le decisioni che impongono misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino, adottate ai sensi della
parte sesta del presente decreto, sono adeguatamente motivate e comunicate senza indugio all’operatore
interessato con indicazione dei mezzi di ricorso di cui dispone e dei termini relativi. - Costi dell’attività di prevenzione e di ripristino
- L’operatore sostiene i costi delle iniziative statali di prevenzione e di ripristino ambientale adottate
secondo le disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto. - Fatti salvi i commi 4, 5 e 6, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare recupera,
anche attraverso garanzie reali o fideiussioni bancarie a prima richiesta e con esclusione del beneficio della
preventiva escussione, dall’operatore che ha causato il danno o l’imminente minaccia, le spese sostenute
dallo Stato in relazione alle azioni di precauzione, prevenzione e ripristino adottate a norma della parte
sesta del presente decreto. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare determina di non recuperare la totalità dei
costi qualora la spesa necessaria sia maggiore dell’importo recuperabile o qualora l’operatore non possa
essere individuato. - Non sono a carico dell’operatore i costi delle azioni di precauzione, prevenzione e ripristino adottate
conformemente alle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto se egli può provare che il
danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno:
a) è stato causato da un terzo e si è verificato nonostante l’esistenza di misure di sicurezza
astrattamente idonee;
b) è conseguenza dell’osservanza di un ordine o istruzione obbligatori impartiti da una
autorità pubblica, diversi da quelli impartiti a seguito di un’emissione o di un incidente
imputabili all’operatore; in tal caso il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare adotta le misure necessarie per consentire all’operatore il recupero dei costi sostenuti. - L’operatore non è tenuto a sostenere i costi delle azioni di cui al comma 5 intraprese conformemente
alle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto qualora dimostri che non gli è attribuibile un
comportamento doloso o colposo e che l’intervento preventivo a tutela dell’ambiente è stato causato da:
a) un’emissione o un evento espressa mente consentiti da un’autorizzazione conferita ai sensi
delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari recanti attuazione delle misure legislative
adottate dalla Comunità europea di cui all’allegato 5 della parte sesta del presente decreto,
applicabili alla data dell’emissione o dell’evento e in piena conformità alle condizioni ivi
previste;
b) un’emissione o un’attività o qualsiasi altro modo di utilizzazione di un prodotto nel corso di
un’attività che l’operatore dimostri non essere stati considerati probabile causa di danno
ambientale secondo lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento del rilascio
dell’emissione o dell’esecuzione dell’attività. - Le misure adottate dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in attuazione delle
disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto lasciano impregiudicata la responsabilità e l’obbligo
risarcitorio del trasgressore interessato. - Richiesta di intervento statale
- Le regioni, le province autonome e gli enti locali, anche associati, nonché le persone fisiche o giuridiche
che sono o che potrebbero essere colpite dal danno ambientale o che vantino un interesse legittimante la
partecipazione al procedimento relativo all’adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di
ripristino previste dalla parte sesta del presente decreto possono presentare al Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare, depositandole presso le Prefetture – Uffici territoriali del Governo,
denunce e osservazioni, corredate da documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno
ambientale o di minaccia imminente di danno ambientale e chiedere l’intervento statale a tutela
dell’ambiente a norma della parte sesta del presente decreto. - Le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente, di cui all’articolo 13 della
legge 8 luglio 1986, n. 349, sono riconosciute titolari dell’interesse di cui al comma 1. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare valuta le richieste di intervento e le
osservazioni ad esse allegate afferenti casi di danno o di minaccia di danno ambientale e informa senza
dilazione i soggetti richiedenti dei provvedimenti assunti al riguardo. - In caso di minaccia imminente di danno, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare,
nell’urgenza estrema, provvede sul danno denunciato anche prima d’aver risposto ai richiedenti ai sensi del
comma 3. - Ricorsi
- I soggetti di cui all’articolo 309, comma 1, sono legittimati ad agire, secondo i princìpi generali, per
l’annullamento degli atti e dei provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni di cui alla parte sesta
del presente decreto nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare e per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell’attivazione, da parte del
medesimo Ministro, delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale. - Nell’ipotesi di cui al comma 1, il ricorso al giudice amministrativo può essere preceduto da una
opposizione depositata presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare o inviata
presso la sua sede a mezzo di posta raccomandata con avviso di ricevimento entro trenta giorni dalla
notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell’atto. In caso di inerzia del Ministro, analoga
opposizione può essere proposta entro il suddetto termine decorrente dalla scadenza del trentesimo giorno
successivo all’effettuato deposito dell’opposizione presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare.
(comma così modificato dall’art. 4, Allegato 4, del d.lgs. n. 104 del 2010) - Se sia stata presentata l’opposizione e non ancora il ricorso al giudice amministrativo, quest’ultimo è
proponibile entro il termine di sessanta giorni decorrenti dal ricevimento della decisione di rigetto
dell’opposizione oppure dal trentunesimo giorno successivo alla presentazione dell’opposizione se il Ministro
non si sia pronunciato. - Resta ferma la facoltà dell’interessato di ricorrere in via straordinaria al Presidente della Repubblica nel
termine di centoventi giorni dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell’atto o
provvedimento che si ritenga illegittimo e lesivo.
Titolo III – Risarcimento del danno ambientale - Azione risarcitoria in forma specifica
(rubrica così modificata dall’art. 25, comma 1, legge n. 97 del 2013) - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare agisce, anche esercitando l’azione civile in
sede penale, per il risarcimento del danno ambientale in forma specifica e, se necessario, per equivalente
patrimoniale, oppure procede ai sensi delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto. - Quando si verifica un danno ambientale cagionato dagli operatori le cui attività sono elencate
nell’allegato 5 alla presente parte sesta, gli stessi sono obbligati all’adozione delle misure di riparazione di
cui all’allegato 3 alla medesima parte sesta secondo i criteri ivi previsti, da effettuare entro il termine
congruo di cui all’articolo 314, comma 2, del presente decreto. Ai medesimi obblighi è tenuto chiunque
altro cagioni un danno ambientale con dolo o colpa. Solo quando l’adozione delle misure di riparazione
anzidette risulti in tutto o in parte omessa, o comunque realizzata in modo incompleto o difforme dai
termini e modalità prescritti, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare determina i
costi delle attività necessarie a conseguirne la completa e corretta attuazione e agisce nei confronti del
soggetto obbligato per ottenere il pagamento delle somme corrispondenti.
(comma così sostituito dall’art. 25, comma 1, legge n. 97 del 2013) - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede in applicazione dei criteri
enunciati negli allegati 3 e 4 della presente parte sesta alla determinazione delle misure di riparazione da
adottare e provvede con le procedure di cui al presente titolo III all’accertamento delle responsabilità
risarcitorie. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro
dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
disposizione, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, in
conformità a quanto previsto dal punto 1.2.3 dell’allegato 3 alla presente parte sesta i criteri ed i metodi,
anche di valutazione monetaria, per determinare la portata delle misure di riparazione complementare e
compensativa. Tali criteri e metodi trovano applicazione anche ai giudizi pendenti non ancora definiti con
sentenza passata in giudicato alla data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo precedente. Nei
casi di concorso nello stesso evento di danno, ciascuno risponde nei limiti della propria responsabilità
personale. Il relativo debito si trasmette, secondo le leggi vigenti, agli eredi, nei limiti del loro effettivo
arricchimento.
(comma così sostituito dall’art. 25, comma 1, legge n. 97 del 2013) - Istruttoria per l’emanazione dell’ordinanza ministeriale
- L’istruttoria per l’emanazione dell’ordinanza ministeriale di cui all’articolo 313 si svolge ai sensi della
legge 7 agosto 1990, n. 241. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l’accertamento dei fatti, per
l’individuazione dei trasgressori, per l’attuazione delle misure a tutela dell’ambiente e per il risarcimento dei
danni, può delegare il Prefetto competente per territorio ed avvalersi, anche mediante apposite
convenzioni, della collaborazione delle Avvocature distrettuali dello Stato, del Corpo forestale dello Stato,
dell’Arma dei carabinieri, della Polizia di Stato, della Guardia di finanza e di qualsiasi altro soggetto pubblico
dotato di competenza adeguata. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l’accertamento delle cause del danno
e per la sua quantificazione, da effettuare in applicazione delle disposizioni contenute negli Allegati 3 e 4
alla parte sesta del presente decreto, può disporre, nel rispetto del principio del contraddittorio con
l’operatore interessato, apposita consulenza tecnica svolta dagli uffici ministeriali, da quelli di cui al comma
2 oppure, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente, da liberi professionisti. - Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di procedere ad ispezioni
documentali, verificazioni e ricerche anche in apparecchiature informatiche e ad ogni altra rilevazione
ritenuta utile per l’accertamento del fatto dannoso e per l’individuazione dei trasgressori, può disporre
l’accesso di propri incaricati nel sito interessato dal fatto dannoso. Gli incaricati che eseguono l’accesso
devono essere muniti di apposita autorizzazione che ne indica lo scopo, rilasciata dal capo dell’ufficio da cui
dipendono. Per l’accesso a locali che siano adibiti ad abitazione o all’esercizio di attività professionali è
necessario che l’Amministrazione si munisca dell’autorizzazione dell’autorità giudiziara competente. In ogni
caso, dell’accesso nei luoghi di cui al presente comma dovrà essere informato il titolare dell’attività o un
suo delegato, che ha il diritto di essere presente, anche con l’assistenza di un difensore di fiducia, e di
chiedere che le sue dichiarazioni siano verbalizzate. - In caso di gravi indizi che facciano ritenere che libri, registri, documenti, scritture ed altre prove del fatto
dannoso si trovino in locali diversi da quelli indicati nel comma 4, il Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare può chiedere l’autorizzazione per la perquisizione di tali locali all’autorità giudiziaria
competente. - E’ in ogni caso necessaria l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria competente per procedere, durante
l’accesso, a perquisizioni personali e all’apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili,
ripostigli e simili e per l’esame dei documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali sia stato
eccepito il segreto professionale. - Di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni
eseguite, le richieste fatte all’interessato o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute, nonché le sue
dichiarazioni. Il verbale deve essere sottoscritto dall’interessato o da chi lo rappresenta oppure deve
indicare il motivo della mancata sottoscrizione. L’interessato ha diritto di averne copia. - I documenti e le scritture possono essere sequestrati soltanto se non sia possibile riprodurne o farne
constare agevolmente il contenuto rilevante nel verbale, nonché in caso di mancata sottoscrizione o di
contestazione del contenuto del verbale; tuttavia gli agenti possono sempre acquisire dati con strumenti
propri da sistemi meccanografici, telematici, elettronici e simili. - Ordinanza
- Qualora all’esito dell’istruttoria di cui all’articolo 312 sia stato accertato un fatto che abbia causato danno
ambientale ed il responsabile non abbia attivato le procedure di ripristino ai sensi del titolo V della parte
quarta del presente decreto oppure ai sensi degli articoli 304 e seguenti, il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, con ordinanza immediatamente esecutiva, ingiunge a coloro che, in base al
suddetto accertamento, siano risultati responsabili del fatto il ripristino ambientale a titolo di risarcimento
in forma specifica entro un termine fissato. - Qualora il responsabile del fatto che ha provocato danno ambientale non provveda in tutto o in parte al
ripristino nel termine ingiunto, o all’adozione delle
misure di riparazione nei termini e modalità prescritti, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare determina i costi delle attività necessarie a conseguire la completa attuazione delle misure
anzidette secondo i criteri definiti con il decreto di cui al comma 3 dell’articolo 311 e, al fine di procedere
alla realizzazione delle stesse, con ordinanza ingiunge il pagamento, entro il termine di sessanta giorni
dalla notifica, delle somme corrispondenti.
(comma così modificato dall’art. 25, comma 1, legge n. 97 del 2013) - Con riguardo al risarcimento del danno in forma specifica, l’ordinanza è emessa nei confronti del
responsabile del fatto dannoso nonché, in solido, del soggetto nel cui effettivo interesse il comportamento
fonte del danno è stato tenuto o che ne abbia obiettivamente tratto vantaggio sottraendosi, secondo
l’accertamento istruttorio intervenuto, all’onere economico necessario per apprestare, in via preventiva, le
opere, le attrezzature, le cautele e tenere i comportamenti previsti come obbligatori dalle norme applicabili. - L’ordinanza è adottata nel termine perentorio di centottanta giorni decorrenti dalla comunicazione ai
soggetti di cui al comma 3 dell’avvio dell’istruttoria, e comunque entro il termine di decadenza di due anni
dalla notizia del fatto, salvo quando sia in corso il ripristino ambientale a cura e spese del trasgressore. In
tal caso i medesimi termini decorrono dalla sospensione ingiustificata dei lavori di ripristino oppure dalla
loro conclusione in caso di incompleta riparazione del danno. Alle attestazioni concernenti la sospensione
dei lavori e la loro incompletezza provvede il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
con apposito atto di accertamento. - Nei termini previsti dai commi 1 e 3 dell’articolo 2947 del codice civile, il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare può adottare ulteriori provvedimenti nei confronti di trasgressori
successivamente individuati. - Nel caso di danno provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, anziché ingiungere il pagamento del risarcimento per
equivalente patrimoniale, invia rapporto all’Ufficio di Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale
della Corte dei conti competente per territorio. - Nel caso di intervenuto risarcimento del danno, sono esclusi, a seguito di azione concorrente da parte di
autorità diversa dal Ministro dell’ambiente e della tutela territorio, nuovi interventi comportanti aggravio di
costi per l’operatore interessato. Resta in ogni caso fermo il diritto dei soggetti danneggiati dal fatto
produttivo di danno ambientale, nella loro salute o nei beni di loro proprietà, di agire in giudizio nei
confronti del responsabile a tutela dei diritti e degli interessi lesi. - Contenuto dell’ordinanza
- L’ordinanza contiene l’indicazione specifica del fatto, commissivo o omissivo, contestato, nonché degli
elementi di fatto ritenuti rilevanti per l’individuazione e la quantificazione del danno e delle fonti di prova
per l’identificazione dei trasgressori. - L’ordinanza fissa un termine, anche concordato con il trasgressore in applicazione dell’articolo 11 della
legge 7 agosto 1990, n. 241, per il ripristino dello stato dei luoghi a sue spese, comunque non inferiore a
due mesi e non superiore a due anni, salvo ulteriore proroga da definire in considerazione dell’entità dei
lavori necessari. - La quantificazione del danno deve comprendere il pregiudizio arrecato alla situazione ambientale con
particolare riferimento al costo necessario per il suo ripristino.
(comma così modificato dall’art. 25, comma 1, legge n. 97 del 2013) - In caso di sentenza di condanna in sede penale o di emanazione del provvedimento di cui all’articolo 444
del codice di procedura penale, la cancelleria del giudice che ha emanato la sentenza o il provvedimento
trasmette copia degli stessi al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare entro cinque
giorni dalla loro pubblicazione. - Le regioni, le province autonome e gli altri enti territoriali, al fine del risarcimento del danno ambientale,
comunicano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare le sanzioni amministrative,
entro dieci giorni dall’avvenuta irrogazione. - Le ordinanze ministeriali di cui agli articoli 304, comma 3, e 313 indicano i mezzi di ricorso ed i relativi
termini. - Effetti dell’ordinanza sull’azione giudiziaria
- Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare che abbia adottato l’ordinanza di cui
all’articolo 313 non può né proporre né procedere ulteriormente nel giudizio per il risarcimento del danno
ambientale, salva la possibilità dell’intervento in qualità di persona offesa dal reato nel giudizio penale. - Ricorso avverso l’ordinanza
- Il trasgressore, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza di cui
all’articolo 313, può ricorrere al Tribunale amministrativo regionale competente in relazione al luogo nel
quale si è prodotto il danno ambientale.
(comma così modificato dall’art. 4, Allegato 4, del d.lgs. n. 104 del 2010) - Il trasgressore può far precedere l’azione giurisdizionale dal ricorso in opposizione di cui all’articolo 310,
commi 2 e 3. - Il trasgressore può proporre altresì ricorso al Presidente della Repubblica nel termine di centoventi giorni
dalla ricevuta notificazione o comunicazione dell’ordinanza o dalla sua piena conoscenza. - Riscossione dei crediti e fondo di rotazione
- Per la riscossione delle somme costituenti credito dello Stato ai sensi delle disposizioni di cui alla parte
sesta del presente decreto, nell’ammontare determinato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare o dal giudice, si applicano le norme di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112. - Nell’ordinanza o nella sentenza può essere disposto, su richiesta dell’interessato che si trovi in condizioni
economiche disagiate, che gli importi dovuti vengano pagati in rate mensili non superiori al numero di
venti; ciascuna rata non può essere inferiore comunque ad euro 5.000. - In ogni momento il debito può essere estinto mediante un unico pagamento.
- Il mancato adempimento anche di una sola rata alla sua scadenza comporta l’obbligo di pagamento del
residuo ammontare in unica soluzione. - Le somme derivanti dalla riscossione dei crediti in favore dello Stato per il risarcimento del danno
ambientale disciplinato dalla presente parte sesta, ivi comprese quelle derivanti dall’escussione di
fidejussioni a favore dello Stato, assunte a garanzia del risarcimento medesimo, sono versate all’entrata del
bilancio dello Stato per essere integralmente riassegnate con decreto del Ministro dell’economia e delle
finanze ad un pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, per essere destinate alla realizzazione delle misure di prevenzione e riparazione in
conformità alle previsioni della direttiva 2004/35/CE ed agli obblighi da essa derivanti.
(comma così sostituito dall’art. 25, comma 1, legge n. 97 del 2013) - (abrogato dall’art. 5-bis, comma 1, lettera e), legge n. 166 del 2009)
- Norme transitorie e finali
- Nelle more dell’adozione del decreto di cui all’articolo 317, comma 6, continua ad applicarsi il decreto del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 14 ottobre 2003. - Sono abrogati:
a) l’articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, ad eccezione del comma 5;
b) l’articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
c) l’articolo 1, commi 439, 440, 441, 442 e 443 della legge 23 dicembre 2005, n. 266. - In attuazione dell’articolo 14 della direttiva 2004/35/CE, con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, adottato su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto
con i Ministri dell’economia e delle finanze e delle attività produttive, sono adottate misure per la
definizione di idonee forme di garanzia e per lo sviluppo dell’offerta dei relativi strumenti, in modo da
consentirne l’utilizzo da parte degli operatori interessati ai lini dell’assolvimento delle responsabilità ad essi
incombenti ai sensi della parte sesta del presente decreto. - Quando un danno ambientale riguarda o può riguardare una pluralità di Stati membri dell’Unione
europea, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare coopera, anche attraverso un
appropriato scambio di informazioni, per assicurare che sia posta in essere un’azione di prevenzione e, se
necessario, di riparazione di tale danno ambientale. In tale ipotesi, quando il danno ambientale ha avuto
origine nel territorio italiano, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare fornisce
informazioni sufficienti agli Stati membri potenzialmente esposti ai suoi effetti. Se il Ministro individua entro
i confini del territorio nazionale un danno la cui causa sì è invece verificata al di fuori di tali confini, esso ne
informa la Commissione europea e qualsiasi altro Stato membro interessato; il Ministro può raccomandare
l’adozione di misure di prevenzione o di riparazione e può cercare, ai sensi della parte sesta del presente
decreto, di recuperare i costi sostenuti in relazione all’adozione delle misure di prevenzione o riparazione.
Parte sesta-bis. – Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di
tutela ambientale.
318-bis. Ambito di applicazione - Le disposizioni della presente parte si applicano alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale
previste dal presente decreto che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle
risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette.
318-ter. Prescrizioni - Allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata, l’organo di vigilanza, nell’esercizio delle funzioni di
polizia giudiziaria di cui all’articolo 55 del codice di procedura penale, ovvero la polizia giudiziaria impartisce
al contravventore un’apposita prescrizione asseverata tecnicamente dall’ente specializzato competente
nella materia trattata, fissando per la regolarizzazione un termine non superiore al periodo di tempo
tecnicamente necessario. In presenza di specifiche e documentate circostanze non imputabili al
contravventore che determinino un ritardo nella regolarizzazione, il termine può essere prorogato per una
sola volta, a richiesta del contravventore, per un periodo non superiore a sei mesi, con provvedimento
motivato che è comunicato immediatamente al pubblico ministero. - Copia della prescrizione è notificata o comunicata anche al rappresentante legale dell’ente nell’ambito o
al servizio del quale opera il contravventore. - Con la prescrizione l’organo accertatore può imporre specifiche misure atte a far cessare situazioni di
pericolo ovvero la prosecuzione di attività potenzialmente pericolose. - Resta fermo l’obbligo dell’organo accertatore di riferire al pubblico ministero la notizia di reato relativa
alla contravvenzione, ai sensi dell’articolo 347 del codice di procedura penale.
318-quater. Verifica dell’adempimento - Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione ai sensi dell’articolo 318-ter,
l’organo accertatore verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati
dalla prescrizione. - Quando risulta l’adempimento della prescrizione, l’organo accertatore ammette il contravventore a
pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari a un quarto del massimo
dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla scadenza del
termine fissato nella prescrizione, l’organo accertatore comunica al pubblico ministero l’adempimento della
prescrizione nonché l’eventuale pagamento della predetta somma. - Quando risulta l’inadempimento della prescrizione, l’organo accertatore ne da’ comunicazione al pubblico
ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella stessa
prescrizione.
318-quinquies. Notizie di reato non pervenute dall’organo accertatore - Se il pubblico ministero prende notizia di una contravvenzione di propria iniziativa ovvero la riceve da
privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio diversi dall’organo di vigilanza e dalla polizia
giudiziaria, ne da’ comunicazione all’organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria affinché provveda agli
adempimenti di cui agli articoli 318-ter e 318-quater. - Nel caso previsto dal comma 1, l’organo di vigilanza o la polizia giudiziaria informano il pubblico
ministero della propria attività senza ritardo.
318-sexies. Sospensione del procedimento penale - Il procedimento per la contravvenzione è sospeso dal momento dell’iscrizione della notizia di reato nel
registro di cui all’articolo 335 del codice di procedura penale fino al momento in cui il pubblico ministero
riceve una delle comunicazioni di cui all’articolo 318-quater, commi 2 e 3, del presente decreto. - Nel caso previsto dall’articolo 318-quinquies, comma 1, il procedimento rimane sospeso fino al termine
indicato al comma 1 del presente articolo. - La sospensione del procedimento non preclude la richiesta di archiviazione. Non impedisce, inoltre,
l’assunzione delle prove con incidente probatorio, né gli atti urgenti di indagine preliminare, né il sequestro
preventivo ai sensi degli articoli 321 e seguenti del codice di procedura penale.
318-septies. Estinzione del reato - La contravvenzione si estingue se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall’organo di
vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dall’articolo 318-quater, comma 2. - Il pubblico ministero richiede l’archiviazione se la contravvenzione è estinta ai sensi del comma 1.
- L’adempimento in un tempo superiore a quello indicato dalla prescrizione, ma che comunque risulta
congruo a norma dell’articolo 318-quater, comma 1, ovvero l’eliminazione delle conseguenze dannose o
pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall’organo di vigilanza sono
valutati ai fini dell’applicazione dell’articolo 162-bis del codice penale. In tal caso, la somma da versare è
ridotta alla metà del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa.
Art. 318-octies. Norme di coordinamento e transitorie - Le norme della presente parte non si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore
della medesima parte».
Allegati:
- alla Parte seconda
- alla Parte terza
- alla Parte quarta
- alla Parte quinta
- alla Parte quinta-bis
- alla Parte sesta